L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 SCENA X
 
 LICIDA ed ARISTEA
 
 LICIDA
870Che laberinto è questo! Io non l'intendo.
 Semiviva Aristea... Megacle afflitto...
 ARISTEA
 Oh dio!
 LICIDA
                  Ma già quell'alma
 torna agli usati uffici. Apri i bei lumi,
 principessa, ben mio.
 ARISTEA
                                          Sposo infedele! (Senza vederlo)
 LICIDA
875Ah non dirmi così. Di mia costanza
 ecco in pegno la destra. (La prende per mano)
 ARISTEA
                                              Almeno... Oh stelle! (S’avvede non esser Megacle)
 Megacle ov'è? (E ritira la mano)
 LICIDA
                              Partì.
 ARISTEA
                                           Partì l'ingrato!
 Ebbe cor di lasciarmi in questo stato!
 LICIDA
 Il tuo sposo restò.
 ARISTEA
                                   Dunque è perduta (S’alza con impeto)
880l'umanità, la fede,
 l'amore, la pietà? Se questi iniqui
 incenerir non sanno,
 numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?
 LICIDA
 Son fuor di me! Di', chi t'offese, o cara?
885Parla; brami vendetta? Ecco il tuo sposo,
 ecco Licida...
 ARISTEA
                           Oh dei!
 Tu quel Licida sei! Fuggi, t'invola,
 nasconditi da me. Per tua cagione,
 perfido, mi ritrovo a questo passo.
 LICIDA
890E qual colpa ho commessa? Io son di sasso!
 ARISTEA
 
    Tu me da me dividi,
 barbaro tu m'uccidi;
 tutto il dolor ch'io sento,
 tutto mi vien da te.
 
895   No, non sperar mai pace;
 odio quel cor fallace;
 oggetto di spavento
 sempre sarai per me. (Parte)