L’olimpiade (Jommelli), libretto, Stoccarda, Cotta, 1761

 SCENA VI
 
 Aspetto esteriore del gran tempio di Giove Olimpico, dal quale si scende per lunga e magnifica scala divisa in diversi piani. Piazza innanzi al medesimo con ara ardente nel mezzo. Bosco all’intorno de’ sacri ulivi silvestri, donde formavansi le corone per gli atleti vincitori.
 
 CLISTENE che scende dal tempio preceduto da numeroso popolo, da’ suoi custodi, da LICIDA in bianca veste, coronato di fiori, da ALCANDRO e dal coro de’ sacerdoti, de’ quali alcuni portano sopra bacili d’oro gli stromenti del sacrificio
 
 CORO
 
    I tuoi strali terror de' mortali
 ah sospendi, gran padre de' numi,
1145ah deponi, gran nume de' re.
 
 CLISTENE
 Giovane sventurato, ecco vicino
 de' tuoi miseri dì l'ultimo istante.
 Tanta pietade, e mi punisca Giove
 se adombro il ver, tanta pietà mi fai
1150che non oso mirarti. Il ciel volesse
 che potess'io dissimular l'errore.
 Ma non lo posso, o figlio. Io son custode
 della ragion del trono. Al braccio mio
 illesa altri la diede;
1155e renderla degg'io
 illesa, o vendicata a chi succede.
 Obbligo di chi regna
 necessario è così com'è penoso
 il dover con misura esser pietoso.
1160Pur se nulla ti resta
 a desiar, fuor che la vita, esponi
 libero il tuo desire. Esserne io giuro
 fedele esecutor. Quanto ti piace,
 figlio, prescrivi; e chiudi i lumi in pace.
 LICIDA
1165Padre, che ben di padre,
 non di giudice e re, que' detti sono,
 non merito perdono,
 non lo spero, nol chiedo e nol vorrei.
 Afflisse i giorni miei
1170di tal modo la sorte
 ch'io la vita pavento e non la morte.
 L'unico de' miei voti
 è il riveder l'amico
 pria di spirar. Già ch'ei rimase in vita,
1175l'ultima grazia imploro
 d'abbracciarlo una volta e lieto io moro.
 CLISTENE
 T'appagherò. Custodi, (Alle guardie)
 Megacle a me.
 ALCANDRO
                             Signor, tu piangi? E quale
 eccessiva pietà l'alma t'ingombra?
 CLISTENE
1180Alcandro, lo confesso,
 stupisco di me stesso. Il volto, il ciglio,
 la voce di costui nel cor mi desta
 un palpito improvviso
 che lo risente in ogni fibra il sangue.
1185Fra tutti i miei pensieri
 la cagion ne ricerco e non la trovo.
 Che sarà, giusti dei, questo ch'io provo!
 
    Non so donde viene
 quel tenero affetto,
1190quel moto che ignoto
 mi nasce nel petto,
 quel gel che le vene
 scorrendo mi va.
 
    Nel seno a destarmi
1195sì fieri contrasti
 non parmi che basti
 la sola pietà.