L’olimpiade (Jommelli), libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1774

 SCENA IV
 
 ARGENE, poi AMINTA
 
 ARGENE
1005Eppure a mio dispetto
 sento pietade anch'io. Tento sdegnarmi,
 ne ho ragion, lo vorrei; ma in mezzo all'ira,
 mentre il labbro minaccia, il cor sospira.
 AMINTA
 Misero, dove fuggo? Oh dì funesto!
1010Oh Licida infelice!
 ARGENE
                                     È forse estinto?
 AMINTA
 No; ma il sarà fra poco.
 ARGENE
 Povero prence! oh dio!
 AMINTA
                                            Che giova il pianto?
 ARGENE
 Ed Aristea non giunse?
 AMINTA
 Giunse; ma nulla ottenne. Il re non vuole,
1015o non può compiacerla.
 ARGENE
 E Megacle?
 AMINTA
                        Il meschino
 ne' custodi s'avvenne
 che ne andavano in traccia. Or l'ascoltai
 chieder fra le catene
1020di morir per l'amico. E se non fosse
 ancor ei delinquente,
 ottenuto l'avria. Ma un reo per l'altro
 morir non può.
 ARGENE
                               L'ha procurato almeno.
 Oh forte! Oh generoso! Ed io l'ascolto
1025senza arrossir? Dunque ha più saldi nodi
 l'amistà che l'amore? Ah quali io sento
 d'un'emula virtù stimoli al fianco!
 Sì; rendiamoci illustri; infin che dura
 parli il mondo di noi; faccia il mio caso
1030meraviglia e pietà; né si ritrovi
 nell'universo tutto
 chi ripeta il mio nome a ciglio asciutto. (Parte)