L’olimpiade (Pergolesi), libretto, Roma, 1735

 SCENA XV
 
 LICIDA
 
 LICIDA
 Con questo ferro, indegno, (Snuda la spada)
 il sen ti passerò... Folle che dico?
 Che fo? Con chi mi sdegno? Il reo son io,
980io son lo scelerato. In queste vene
 con più ragion l'immergerò. Sì, mori
 Licida sventurato... Ah perché tremi
 timida man? Che ti ritiene? Ah questa
 è ben miseria estrema. Odio la vita;
985m'atterrisce la morte; e sento intanto
 stracciarmi a brano a brano
 in mille parti il cor. Rabbia, vendetta,
 tenerezza, amicizia,
 pentimento, pietà, vergogna, amore
990mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide
 anima lacerata
 da tanti affetti e sì contrari. Io stesso
 non so come si possa
 minacciando tremar, arder gelando,
995piangere in mezzo all'ire,
 bramar la morte, e non saper morire.
 
    Gemo in un punto e fremo;
 fosco mi sembra il giorno;
 ho cento larve intorno;
1000ho mille furie in sen.
 
    Con la sanguigna face
 m'arde Megera il petto;
 m'empie ogni vena Aletto
 del freddo suo velen. (Parte)
 
 Fine dell’atto secondo