L’olimpiade (Pergolesi), libretto, Venezia, Rossetti, 1738

 ECCLITICO
190Di denar come state?
 ERNESTO
                                          Quando occorra,
 io vuoterò l’erario.
 CECCO
 Io sacrificherò tutto il salario.
 ECCLITICO
 Andiamo; ho un machinista
 che prodigi sa far. Con il mio ingegno
195oggi di far m’impegno
 che il signor Buonafede, o sia baggiano,
 le tre donne ci dia colla sua mano.
 CECCO
 Oh bravo!
 ERNESTO
                      E come mai?
 ECCLITICO
                                                Tutto saprete.
 Preparate monete,
200preparate di far quel che dirò
 e la parola mia vi manterrò.
 
    Un poco di denaro
 e un poco di giudizio
 per far questo servizio,
205vi vuole già si sa.
 
    Contento voi sarete;
 ma prima riflettete
 che il stolido e l’avaro
 mai nulla ottenerà.
 
 SCENA V
 
 ERNESTO e CECCO
 
 CECCO
210Costui dovrebbe al certo
 esser ricco sfondato.
 ERNESTO
                                        E a che motivo?
 CECCO
 Perché a far il mezzano
 egli non ha difficoltade alcuna.
 Ed è questo un mestier che fa fortuna.
 ERNESTO
215Tu dici male; Ecclitico è sagace.
 E se in ciò noi compiace
 il fa perché Clarice ei spera e l’ama.
 CECCO
 Ho inteso, ho inteso. Ei brama
 render contenti i desideri suoi
220e vuol far il piacer pagar a noi.
 ERNESTO
 Orsù, taci e rammenta
 chi son io, chi sei tu.
 CECCO
 Per cent’anni, padron, non parlo più.
 ERNESTO
 Vado in questo momento
225denaro a proveder. Tu va’, m’attenda
 d’Ecclitico all’albergo, ove domani,
 mercé il di lui talento,
 spero che l’amor mio sarà contento.
 
    Begl’occhi vezzosi
230dell’idolo amato
 brillate amorosi,
 sperate che il fato
 cangiar si dovrà.
 
    Bei labbri ridenti
235del viso che adoro,
 sarete contenti
 che il nostro ristoro
 lontan non sarà.