Il prigionier superbo, libretto, Napoli, 1733

 SCENA IV
 
 Camera reggia.
 
 ROSMENE poi VIRIDATE
 
 ROSMENE
 
    Fra tanti affanni miei
 chi mi consiglia, e dice,
100che far mai deggio o dei?
 Troppo infelice figlia,
 misero genitor!
 
 Sventurata Rosmene,
 soggetta ad un tiranno
105che ristretto in catene,
 cinto da inique squadre
 opprime ingiustamente il mio gran padre.
 VIRIDATE
 Principessa Rosmene, ecco a' tuoi piedi,
 non già più vincitor, né più nemico
110il più fedele amante...
 ROSMENE
                                           Usurpi ancora,
 traditor, questo nome? Eh! Viridate,
 tempo è di sdegni e non d'amori: ostenta
 il carattere austero
 di vincitor nemico, e a me t'invola.
 VIRIDATE
115L'essere tuo nemico
 fu necessario impegno
 di sostenere il re Metalce al regno;
 ma sempre impressa al core, e in seno accolta
 io l'immago portai del tuo sembiante.
 ROSMENE
120Che caro amante! In seno,
 della figlia portar l'immago impressa,
 e poi togliere al padre
 e regno e libertà!
 VIRIDATE
                                  Di questo, incolpa...
 ROSMENE
 Viridate, non più: del tuo delitto
125più accende i sdegni miei la tua discolpa!
 O parti, o taci.
 VIRIDATE
                             Ah! bella mia nemica,
 giusti sono i tuoi sdegni, e sallo il cielo
 s'io morrei per placarti.
 Deh! almeno...
 ROSMENE
                              Viridate! o taci, o parti.
 VIRIDATE
 
130   Parto. Non ti sdegnar:
 ma se di te mi privi
 perché mi vuoi lasciar;
 ch'io parta non mi dir,
 dimmi ch'io mora.
 
135   Merito i sdegni tuoi:
 punisci il mio fallir:
 ma ti rammenta poi
 che il cor t'adora.