Il prigionier superbo, libretto, Napoli, 1733

 SCENA VI
 
 ROSMENE e detti, VIRIDATE in disparte
 
 ROSMENE
 Del real padre al cenno
530ecco Rosmene.
 VIRIDATE
                              (Io seguo
 l'orme de la mia luce).
 SOSTRATE
 Figlia, pria ch'io favelli,
 sai tu qual devi ubbidienza al mio
 risoluto voler?
 ROSMENE
                             Legge più sacra
535non ebbi mai.
 SOSTRATE
                             Su questa destra in cui
 ancor v'è l'orma del mio scettro, giura
 inviolabil fede.
 METALCE
                               (In sen mi sento
 già lieto il cor).
 ROSMENE
                               La giuro;
 ed umile sigillo il giuramento.
 SOSTRATE
540Metalce, il goto vincitor, mi scioglie
 dal piede i lacci. Gran mercé! mi rende
 la norveggia corona.
 Eccelso dono! Avvampa
 per te di puro amor...
 METALCE
                                          Sostrate, basta:
545a lei che l'alma adora
 dicesti assai.
 SOSTRATE
                           Ma non è tutto ancora.
 VIRIDATE
 (Misero me, che ascolto!)
 SOSTRATE
                                                 Alla tua mano
 ei la sua destra d'annodare ambisce.
 Guardami figlia in volto. Inoridisce (S’alza)
550all'audace richiesta il cor d'un padre.
 Pensa che quella destra
 a me rapì lo scettro:
 pensa qual tu nascesti, e quale io sia,
 e temi in quella man la rabbia mia.
 VIRIDATE
555(Respira il cor).
 METALCE
                                (Son morto).
 Tanto dunque, o superbo,
 me presente s'ardisce?
 SOSTRATE
 Metalce, ecco il tuo dono al piè mi getto,
 lo premo, lo calpesto. (Getta al suolo la corona, e la calpesta)
560Del mio gran core un atto illustre è questo.
 METALCE
 Olà! sugli occhi miei
 il superbo si sveni.
 VIRIDATE
                                     Ah! ciò non sia. (Impugna la spada, e si pone in difesa di Sostrate)
 ROSMENE
 Deh! Cieli!
 METALCE
                        E che! tant'oltre
 puoi osare, o fellone? Ambo svenati
565cadano a questo piè.
 ROSMENE
                                        Pria di Rosmene
 non cadranno, o inumano.
 Io farò loro scudo
 del collo inerme e del mio petto ignudo. (Si pone Rosmene davanti a Sostrate e Viridate)
 METALCE
 Così sprezzato io son? Costei si svella
570dai protervi rubbelli, e a la più orrenda
 carcere or sian condotti i rei felloni.
 ROSMENE
 Ah! Metalce, se 'l brami,
 ecco il mio sangue.
 METALCE
                                     No, moran gl'infami. (Sono posti in ceppi Sostrate e Viridate)
 
    Trucidati a queste piante,
575empio padre, ardito amante,
 vi trarrà il mio giusto sdegno:
 e nel vostro sangue indegno
 l'ira mia s'estinguerà.
 
    Fra i tormenti più spietati
580spirar l'alma, o scelerati,
 oggi il mondo vi vedrà.