Li prodigi della divina grazia, libretto, Roma, Zempel, 1742 (La conversione di San Guglielmo duca d’Aquitania)

 San Guglielmo solo e poi Demonio
 
 SAN GUGLIELMO
 Fin dove il mar s'estende e l'ampio lido,
315fin dove giunge il mondo,
 vorrei, che l'alto grido
 giungesse pur del mio dolor profondo.
 DEMONIO
 Qual singulto dolente
 in quest'antro rimbomba? E tu chi sei,
320che in questi orror turbi i silenzi miei?
 SAN GUGLIELMO
 Tra gli uomini il più reo qui vedi, o padre;
 e qui a scoprir vengh'io
 il mio rossor col pentimento mio.
 DEMONIO
 Peccasti? parla pur.
 SAN GUGLIELMO
                                       Io non l'ascondo.
 DEMONIO
325Dove peccasti mai?
 SAN GUGLIELMO
                                      In faccia al mondo.
 DEMONIO
 E vuoi, che oscuro il tuo pentir si renda?
 Là, dove errasti, il tuo peccato emenda.
 SAN GUGLIELMO
 Più libero qui bramo, a tutti ignoto
 l'ira placar della giustizia offesa.
 DEMONIO
330Quando non sia l'errore ad altri noto,
 chi d'un publico fallo
 si riconosce autor, dell'altrui danno
 reo non si scusa. Onde a purgar l'errore,
 dove il fallo seguì, segua il dolore.
 SAN GUGLIELMO
335Ma se il mondo o deride,
 o all'intrapreso ben l'insidie tende,
 chi mai sicuro il pentimento rende?
 DEMONIO
 Non è ragion che vaglia,
 per sospetto di tema
340il fuggire il vigor d'una battaglia.
 
    Se mai viene in campo armato
 non s'arresta a un vil cimento,
 né si spoglia d'ardimento
 un intrepido guerrier.
 
345   Nella guerra col peccato,
 se t'ingombra un vil timore,
 non saprai con bel valore
 un assalto sostener.