Semiramide, libretto, Stoccarda, Cotta, 1762

 SCENA V
 
 TAMIRI, MIRTEO ed IRCANO
 
 TAMIRI
 Più che ad ogni altro spiace
 la dimora a Scitalce; ei pensa e tace.
 IRCANO
 Non curar di quel folle
 Godi di tua ventura
175che l'amor t'assicura oggi d'Ircano.
 Non rispondi? Ne temi? Ecco la mano.
 MIRTEO
 Che fai? Non ti rammenti
 il comando reale?
 IRCANO
                                   E il re qual dritto
 ha di fraporre a' miei cortesi affetti
180o limiti o dimore?
 TAMIRI
 Che? Tu conosci amor? Il tuo piacere
 è domar combattendo uomini e fere.
 IRCANO
 È ver, ma il tuo sembiante
 non mi spiace però; godo in mirarti
185e curioso il guardo
 più dell'usato intorno a te s'arresta.
 TAMIRI
 Gran sorte inver del mio sembiante è questa!
 
    Che quel cor, quel ciglio altero
 senta amor, goda in mirarmi
190non lo credo, non lo spero;
 tu vuoi farmi insuperbir.
 
    O pretendi allor che torni
 ai selvaggi tuoi soggiorni
 rammentar così per gioco
195l'amoroso mio martir. (Parte)