Semiramide, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1771

 SCENA VIII
 
 Orti pensili.
 
 SCITALCE e SIBARI
 
 SCITALCE
 Come? E tu non ravvisi
 Semiramide in Nino!
 
 SIBARI
 (Dei! La conobbe). Ah no. Se fosse tale
225al germano Mirteo nota sarebbe.
 SCITALCE
 No, che bambino ei crebbe
 nella reggia de' Battri.
 SIBARI
                                           In Asia ognuno
 la crede estinta.
 SCITALCE
                                Ah più d'ogn'altro amico
 io crederlo dovrei. Tutto fu vero
230quanto svelasti a me. Nel luogo andai
 destinato da lei. Venne l'infida,
 meco fuggì ma poi
 non lungi dalla reggia
 l'insidie ritrovai. Cinto d'armati
235v'era il rivale.
 SIBARI
                            E il conoscesti? (Con timore)
 SCITALCE
                                                          Almeno
 potrei sfogarmi in lui.
 SIBARI
 (Torniamo a respirar; non sa ch'io fui).
 SCITALCE
 Da quel momento, oh dio
 pace non so trovar. Sempre ho sugli occhi
240sempre il tuo foglio, il mio schernito foco,
 la sponda, il fiume, il tradimento, il loco.
 SIBARI
 Il foglio mio! Forse lo serbi?
 SCITALCE
                                                      Il serbo
 per gloria tua, per mia difesa.
 SIBARI
                                                         Ah pensa
 alla mia sicurezza. E' qui Mirteo:
245potria per la germana
 vendicarsi con me.
 SCITALCE
                                     Va' pur sicuro,
 a tutti il celerò. Ma corrisponda
 alla mia la tua fè: non dir che Idreno
 in Egitto mi finsi.
 SIBARI
                                    Io tel prometto.
250Addio. (Torbido è il mar, il tempo è nero).
 Bisogna in tanto rischio un gran nocchiero. (Parte)