L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Borghi, 1751

 SCENA X
 
 GIACINTO col nome di Cintio e FABRIZIO da Pulicinella, LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e infine il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccome cà.
 GIACINTO
950Sicome un'alta nube
 s'oppone al sole e l'ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol cui l'altro cede,
 l'occhio mio più non vede, ond'è che afflitto
955i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parla tedisca, io non t'intendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 GIACINTO
960Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma fame na grazia;
965pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà su la strada?
 GIACINTO
 È ver, non istà bene
 che facciano l'amor sopra la strada
970civili onesti amanti
 ma ciò sogliono usar i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozollerò ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse me?
 GIACINTO
 Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
975O de casa.
 LAURA
                      Chi batte?
 FABRIZIO
                                            Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chisa è per me.
 GIACINTO
                                              Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
980Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir a vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi priego.
 Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 CONTE
 Colombina.
 LAURA
                         Oimè questo è il padrone.
 FABRIZIO
985Managgia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto.
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arrosto.
 CONTE
 Cosa se, Colombina,
 cosa se, fantolina,
990cosa fasto in strada?
 LAURA
                                        Ero venuta
 per il spazzacamino.
 CONTE
 Se ti ha qualche cammin da governar,
 se ben che mi son veggio
 e non posso andar,
995co se tratta de ti, sì l'averia,
 coccoletta, chiamado mi.
 LAURA
 Caro signor padrone,
 mi fate vergognare.
 CONTE
 Caro quel caro viso bello
1000per te, viscere mie, perdo il cervello.
 
    Per ti, mia coccoletta,
 amor drento del petto
 sunando il ciufoletto,
 la bella furlanetta,
1005con piacer mi fa ballar.
 
    E via, senti, para, via.
 Ah viscerete care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
 È andato.
 FABRIZIO
                     Fosse acciso.
 GIACINTO
1010Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, piegorella,
 vienence ancora tu,
 che se devertiremmo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, quest'è l'usanza,
1015se i padroni fra lor fanno l'amore,
 fa l'amor colla serva il servitore.
 
    Il padron con la padrona
 fan l'amor con nobiltà.
 Noi andiamo già alla buona
1020senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, o dio».
 Noi diciam senz'altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»;
1025e facciamo presto presto
 tutto quel che s'ha da far.
 
    Dicon lor ch'è un gran tormento
 quell'amor che accende il core;
 diciam noi ch'è un gran contento
1030quel che al cor ci reca amore.
 Ma il divario da che viene,
 perché han quei mille riguardi,
 penan molto e parlan tardi.
 Noi diciam quel che conviene
1035senza tanto sospirar. (Parte)
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella?
 GIACINTO
 Ecco che vien quel bel che m'innamora.
 FABRIZIO
 Con essa viene Menarella ancora.
 GIACINTO
1040Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio ben; eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
1045Ah tu sei la mia bella.
 LAURA
 E voi siete il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 A voi ho donato il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d'amore.
 FABRIZIO
 Per te mi sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
1050Cotto è il mio core al foco dell'affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta, mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 A DUE
 
1055Che contento, che diletto.
 
 A QUATTRO
 
 Vien, mio bene, a questo petto,
 ch'io ti voglio un po' abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola, ola, cosa feu?
 Abbrazzai? Cagadonai?
1060Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m'inchino al genitore.
 
 GIACINTO
 
 La riverisco, o mio signore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 FABRIZIO
 
 Te so' schiavo, Pantalone.
 
 CONTE
 
1065El zirandonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol ch'io vada?
 
 CONTE
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch'io?
 
 CONTE
 
                             Mi t'ho mandao.
 
 GIACINTO
 
 Anderò con la mia bella.
 
 FABRIZIO
 
1070Anderò con Menarella.
 
 A DUE
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via, tolé sto canelao,
 colle putte? O questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre, per pietà.
 
 LAURA
 
1075Signor padron, per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh vi supplico ancor io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalone, padron mio.
 
 CONTE
 
 Duro star non posso più.
 Via, mattazzi, leveve su.
 
 A QUATTRO
 
1080   Io vi priego.
 
 CONTE
 
                             Zito là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 CONTE
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venezian,
 m'avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
1085Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto.
 Viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo