L’Arcadia in Brenta, libretto, Verona, Saracco, 1752

 SCENA X
 
 Sala.
 
 GIACINTO con il nome di Cintio e FABRIZIO da Pulcinella, poi LAURETTA da Colombina, LINDORA con il nome di Diana, infine il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
 Seguimi Pulcinella.
 FABRIZIO
                                      Eccome cà.
 GIACINTO
985Siccome un'atra nube
 s'oppone al sole e l'ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol cui l'altro cede,
 l'occhio mio più non vede, ond'è ch'afflitto
990i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parle tudisca, io non t'intendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 GIACINTO
995Finger dei che vi sia.
 Invece della porta
 in un quadro si batte o 'n una sedia,
 come i comici fanno alla comedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
1000pe che da tozzollare aggio alla porta?
 GIACINTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà sulla strada?
 GIACINTO
 È ver, non sta bene
 che facciano l'amor sopra la strada
1005civili, onesti amanti
 ma ciò sogliono usar i comedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì tozzolerò ma se quarcuno
 quand'ho battuto io battesse a me?
 GIACINTO
 Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
1010O de casa.
 LAURA
                      Chi batte.
 FABRIZIO
                                           Songo io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Padron chessa è per me. (A Giacinto)
 GIACINTO
                                                Chi siete voi
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
1015Di Diana cameriera.
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 LAURA
                                         Ora la servo.
 FABRIZIO
 Senteme peccerella
1020viencenne ancora tu,
 ch'a nce devertarimo fra de nu.
 LAURA
 Sì sì questa è l'usanza,
 se i padroni fra lor fanno l'amore,
 fa l'amor colla serva il servitore.
 
1025   Il padron colla padrona
 fa l'amor con nobiltà.
 Noi andiamo giù alla buona
 senza tanta civiltà.
 
    Dicon quelli: «Idolo mio
1030peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senz'altre pene:
 «Mi vuoi ben, ti voglio bene»
 e facciamo presto presto
 tutto quel che s'ha da far.
 
1035   Dicon lor ch'è un gran tormento
 quell'amor ch'accende il core,
 diciam noi ch'è un gran contento
 quel ch'al cor ci reca amore.
 Ma il divario da che viene?
1040Perch'han quei mille riguardi
 penan molto e parlan tardi.
 Noi diciam quel che conviene
 senza tanto sospirar. (Si ritira fingendo chiamar Diana)
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
1045A chi non piacerebbe Menarella?
 GIACINTO
 Ecco viene quel bel che m'innamora.
 FABRIZIO
 Con issa vene Menarella ancora. (Vengono Lindora e Laura)
 GIACINTO
 Venite idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
1050Vengo, vengo mio bene, eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro. (A Lindora)
 LINDORA
 Per voi languisco e moro. (A Giacinto)
 FABRIZIO
 Ah tu si' la mia bella. (A Laura)
 LAURA
 Ah voi siete il mio caro Pulcinella. (A Fabrizio)
 GIACINTO
1055A voi donato ho il core. (A Lindora)
 LINDORA
 Ardo per voi d'amore. (A Giacinto)
 FABRIZIO
 Per te me sento lo Vesuvio in pietto. (A Laura)
 LAURA
 Coto è il mio core al foco dell'affetto. (A Fabrizio)
 GIACINTO
 
    Vezzosetta mia diletta. (A Lindora)
 
 FABRIZIO
 
1060Menarella mia caretta. (A Laura)
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio. (A Giacinto)
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio. (A Fabrizio)
 
 LINDORA, LAURA A DUE
 
 Che contento, che diletto,
 vien mio bene a questo petto.
 
 TUTTI A QUATTRO
 
1065Io ti voglio un po' abbracciar. (Viene il conte da Pantalone)
 
 CONTE
 
    Ola, ola cosa feu?
 Abbrazai? Cagadonai!
 Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m'inchino al genitore. (Le fanno una riverenza)
 
 LAURA
 
1070Serva sua signor padrone.
 
 GIACINTO
 
 Riverisco mio signore. (Lo salutano)
 
 FABRIZIO
 
 Te so' schiavo Pantalone.
 
 CONTE
 
 El ziradonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
1075   Vuol ch'io vada? (Al conte)
 
 CONTE
 
                                     Mi ve mando. (A Giacinto)
 
 FABRIZIO
 
 Vaco anch'io. (Al conte)
 
 CONTE
 
                            Mi v'ho mandao. (A Fabrizio)
 
 GIACINTO
 
 Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella. (Al conte)
 
 LINDORA, LAURA A DUE
 
 Io contenta venirò. (A Giacinto, a Fabrizio)
 
 CONTE
 
1080Via tiolé sto canelao. (A Giacinto e Fabrizio)
 Co le putte o questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre per pietà.
 
 LAURA
 
 Gnor padron per carità. (S’inginocchiano)
 
 GIACINTO
 
 Deh vi supplico ancor io.
 
 FABRIZIO
 
1085Pantalon, patrone mio.
 
 CONTE
 
 Duro star no posso più.
 Via mattazzi levé su.
 
 A QUATTRO
 
    Io vi prego.
 
 CONTE
 
                           Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro.
 
 CONTE
 
                           Vegnì qua.
 
1090   Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venizian,
 m'avé messo a compassion.
 
 QUATTRO
 
 Viva, viva Pantalon.
 
 CINQUE
 
    Viva, viva quel diletto
1095che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo