L’Arcadia in Brenta, libretto, Leida, Luzac, 1752

 SCENA VII
 
 FABRIZIO, poi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben. Lo so che mi rovino.
890Ma non importa. Almen anch'io godessi
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
 Signor Fabrizio. (Di lontano)
 FABRIZIO
                                  (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo flematica).
 LINDORA
                                                 Non sente?
 Signor Fabrizio. (Come sopra)
 FABRIZIO
                                  (E pure, se mi volesse,
895io non ricuserei
 di far un poco il cicisbeo con lei).
 LINDORA
 Si... gnor Fabri... zio. (Con caricatura)
 FABRIZIO
                                          Oh cielo! Mi perdoni.
 Non l'avevo sentita.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
900mi si è tutta enfiata;
 quas'in petto una vena m'è creppata.
 FABRIZIO
 Cancaro. Se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volontier ma questa sedia
 è dura indiavolata.
905Sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
 Ehi... Dico pian, non tema. Ehi reca tosto
 una sedia miglior. (Viene il servo)
 LINDORA
                                     Molt'obbligata. (Il servo va e torna con una sedia di damasco)
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbottitura
910ch'io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca, signor.
 FABRIZIO
                                       Ella è padrona. (Torna il servo colla poltrona)
 Eccola, se ne servi.
 LINDORA
                                     Oh peggio, peggio.
915No no no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh cospetto di Bacco,
 ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
920quell'odor di vacchetta ahi mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccole un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest'è un strappazzo,
 lo conosco, lo so; no, non credevo
 dover soffrir cotanto;
925ahi, che mi vien per il dolore il pianto.
 
    Voglio andar... Non vuo' più star,
 più beffata esser non vuo',
 signorsì, me n'anderò.
 Sono tanto tenerina
930ch'ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m'ha fatto lagrimar.
 
    Se sdegnarmi almen sapessi,
 vendicarmi or io vorrei.
935Ma senz'altro morirei,
 se m'avessi ad arrabiar.