L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 SCENA VI
 
 FABRIZIO e poi madama LINDORA
 
 FABRIZIO
 Mi ha madama Lindora
625reso orologio, scattola ed annello
 e mi ha quietato ancora,
 che ad un uomo civile
 passa presto la bile
 ma perché poi non v'era
630da cena questa sera
 ho le robbe suddette già impegnate
 e tutte le monete sono andate.
 Ma non importa, almen anch'io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
635un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA (Esce Lindora chiamando forte Fabrizio)
 Signor Fabrizio senta;
 senta signor Fabrizio...
 FABRIZIO
 Oh cielo mi perdoni.
 Non l'avevo sentita!
 LINDORA
640Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta infiammata;
 quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
 Cancaro! Se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volontieri.
645Ma questa sedia è dura indiavolata...
 Sul morbido seder sono avezzata.
 FABRIZIO (Al servo che porta un’altra sedia)
 Ehi dico, ehi reca tosto
 una sedia miglior.
 LINDORA
                                    Molto obligata.
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Ohibò è sì dura
650codesta imbotidura
 che io non posso sperar di starvi bene...
 FABRIZIO
 Porta la mia poltrona. (Al servo come sopra che porta la poltrona)
 Se ne servi...
 LINDORA
                           No no; peggio di prima.
 FABRIZIO
 Ma come devo far?...
 LINDORA
                                         Portate via
655la sedia ed il guanciale,
 che l'odor di vacchetta mi fa male.
 FABRIZIO (Il servo parte e porta un matarazzo)
 La servi il materazzo...
 LINDORA
 Ma questo è un ver strappazzo.
 Non mi credevo mai soffrir cotanto.
660(Io creppo dalle risa e fingo il pianto).
 
    Voglio andar... Non vo' più star;
 più beffata esser non vo';
 signorsì me n'anderò.
 Sono tanto tenerina
665che ogni cosa mi scompone
 e voi siete la cagione,
 che mi fate lagrimar.