L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 SCENA VII
 
 FABRIZIO, poi madama LINDORA che ritorna
 
 FABRIZIO
 Non ne potevo più. Tormento e doglie
 non sono per mancar a quel meschino
670cui toccherà sì fatta donna in moglie...
 LINDORA
 Mi avete sì oltraggiata
 che già m'ero scordata
 che il principe d'Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitare all'improviso
675stasera una commedia.
 FABRIZIO
                                             Io non ne so...
 LINDORA
 Io vi concerterò!
 Giacinto è destinato
 a far da innamorato,
 da innamorata dovrò far io stessa
680e Lauretta da serva;
 il conte mio farà da genitore
 e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
 Da servitor?
 LINDORA
                          Perché? Non vi spaventi,
 benché sia grand'impegno
685far ridere la gente ch'abbia ingegno.
 FABRIZIO
 Mi dispiace il parlar all'improviso;
 se fosse una commedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante. (Parte)
 LINDORA
690Certo non dice mal; sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui;
 se un'opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella,
 quel che ha fallato è il mastro di capella».
695Questo la buona musica ognor vanta
 e che il diffetto vien da chi la canta.
 Infine l'impresario,
 senza saper qual sia vera cagione,
 se ne va dolcemente in perdizione. (Parte)