L’Arcadia in Brenta, libretto, Londra, Woodfall, 1755

 SCENA VIII
 
 Gran sala in casa di Fabrizio.
 
 GIACINTO sotto nome di Cintio, FABRIZIO da Pulcinella, LAURA da Colombina, madama LINDORA da Diana e il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
 Sieguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                         Eccome cà.
 GIACINTO
 Siccome un'atra nube
 s'oppone al sole e l'ampia terra oscura,
595così da quelle mura
 coperto è il mio bel sole, onde è che afflitto
 i nuovi raggi del mio bene attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parli in inglese, io non t'intiendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo,
600batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 GIACINTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 GIACINTO
 Finger dei che ci sia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia;
 pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
605Acciò che la mia bella
 venga meco a parlare.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò; ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse a me?
 GIACINTO
 Non temer, son per te.
 FABRIZIO
610O de casa.
 LAURA
                      Chi batte? (Di dentro)
 FABRIZIO
                                            Sono io.
 LAURA
 Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chissa è per me.
 GIACINTO
                                               Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
615Di Diana cameriera?
 LAURA
 Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 CONTE
                                         Colombina. (Di dentro)
 LAURA
 Ohimè! Questo è il padrone.
 FABRIZIO
620Mannaggia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto. (Giacinto e Fabrizio si ritirano)
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arosto.
 CONTE
 Cosa xe, fantolina?
 Cosa xe, Colombina?
625Cosa fastu qua in strada?
 LAURA
 Ero sortita per comprare i spilli.
 CONTE
 Se ti ha qualche cosa da comprar,
 se ben che mi son vecchio e poco bon,
 co se tratta de ti,
630v'andrò, mia cocoletta, a comprar mi.
 LAURA
 Caro signor padrone,
 mi fate troppo onore.
 CONTE
 Caro quel sesto,
 caro quel viso bello,
635per te, viscere mie, perdo il cervello.
 
    Per te, mia coccoletta,
 amor dentro nel petto
 suonando il ciufoletto,
 la bella furlanetta,
640con piacer mi fa ballar.
 
    Via, para, senti;
 ah viscerette care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
 È andato.
 FABRIZIO
                     Fosse acciso.
 GIACINTO
645Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme, peccerella.
 Viennece ancora tu
 e faremo all'amore tra de nu.
 LAURA
 Sì sì, questa è l'usanza,
650se i padroni fra lor fanno all'amore,
 fa l'amor colla serva il servitore.
 
    Il padron colla padrona
 fa l'amor con nobiltà;
 noi andiamo più alla buona
655senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senza altre pene:
 «Mi vuoi ben? Ti voglio bene»
660e facciamo presto presto
 tutto quel che s'ha da far.
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella.
 GIACINTO
 Ecco, viene quel bel che m'innamora.
 FABRIZIO
665Con essa vene Menarella ancora.
 GIACINTO
 Venite, idolo mio,
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio ben, eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
670Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
 Ah, tu sei la mia bella.
 LAURA
 E tu sei il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 A voi donato ho il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d'amore.
 FABRIZIO
675Per te me sento lo Vesuvio in petto.
 LAURA
 Cotto è il mio core al foco dell'affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta, mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella, mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
680Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Che contento! Che diletto!
 
 GIACINTO, FABRIZIO
 
 Vien, mio bene, a questo petto;
 io ti voglio un po' abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola, ola, cosa feu?
685Abbrazzai? Cagadonai?
 Via, caveve, via di qua.
 
 LINDORA
 
    Io m'inchino al genitore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 GIACINTO
 
 Riverisco, mio signore.
 
 FABRIZIO
 
690Te son schiavo, Pantalone.
 
 CONTE
 
 El ziradonarve attorno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol che io vada?
 
 CONTE
 
                                      Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anche io?
 
 CONTE
 
                               Mi v'ho mandao.
 
 GIACINTO
 
695Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURA
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via, tiolé sto canelao;
 colle putte? Oh questo no.
 
 LINDORA
 
700   Signor padre, per pietà.
 
 LAURA
 
 Gnor padron, per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh, vi supplico ancora io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon, padrone mio.
 
 CONTE
 
 Duro star non posso più;
705via, mattazzi, levé su.
 
 TUTTI
 
    Io vi prego.
 
 CONTE
 
                           Zitti là.
 
 TUTTI
 
 Vi scongiuro.
 
 CONTE
 
                           Venì qua.
 
    Cari fioi, deve la man;
 alla fin son venezian;
710m'avé mosso a compassion.
 
 TUTTI
 
 Viva, viva Pantalon.
 
    Viva, viva il dolce affetto,
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
715che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo