L’Arcadia in Brenta, libretto, Monaco di Baviera, Thuille, 1760

 SCENA III
 
 FABRIZIO, poi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Tutto va ben, lo so che mi rovino.
 Ma non importa. Almen anch'io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
 un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA
565Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Questa, a dir il vero,
 mi par troppo flemmatica).
 LINDORA
                                                     Non sente?
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 (Io non ricuserei
 di far un poco il cicisbeo con lei).
 LINDORA
 Si... gnor Fa... brizio. (Con caricatura)
 FABRIZIO
                                          Oh cielo! Mi perdoni,
570non l'avevo sentita.
 LINDORA
 Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta enfiata;
 quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
 Canchero. Se ne guardi.
 LINDORA
575Sederei volontieri
 ma questa sedia è dura indiavolata.
 Sul morbido seder son avvezzata.
 FABRIZIO
 Ehi... Ehi reca tosto
 una sedia miglior. (Dal servo li vien portato altra sedia)
 LINDORA
                                     Molt'obbligata.
 FABRIZIO
580Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Oibò, è sì dura
 cotesta imbottitura
 ch'io non posso sperar di starvi bene.
 FABRIZIO
 Rimediarvi conviene.
 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
585Compatisca, signor.
 FABRIZIO
                                       Ella è padrona.
 Eccola, se ne servi. (Il servo con la poltrona)
 LINDORA
                                      Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d'un giudio,
590ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
 la sedia ed il guanciale,
 quel odor di vacchetta mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccolle un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest'è un strapazzo,
595lo conosco, lo so, no, non credevo
 dover soffrir cotanto;
 (io crepo dalle risa e fingo pianto).
 
    Voglio andar... Non vuo' più star,
 più beffata esser non vuo'.
600Signorsì, me n'anderò.
 Sono tanto tenerina
 ch'ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m'ha fatto lacrimar. (Parte)