Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

 SCENA PRIMA
 
 Parte interna della fortezza, nella quale è ritenuto prigione Arbace.
 
 ARBACE, poi ARTASERSE
 
 ARTASERSE
 Arbace.
 ARBACE
                  Oh dei, che miro! In questo albergo
 di mestizia e d'orror chi mai ti guida?
 ARTASERSE
1025La pietà, l'amicizia.
 ARBACE
                                       A funestarti
 perché vieni, o signor?
 ARTASERSE
                                            Vengo a salvarti.
 ARBACE
 A salvarmi!
 ARTASERSE
                         Non più. Per questa via,
 che in solitaria parte
 termina della reggia, i passi affretta;
1030fuggi cauto da questo
 in altro regno e quivi
 rammentati Artaserse, amalo e vivi.
 ARBACE
 Mio re, se reo mi credi,
 perché vieni a salvarmi? E se innocente,
1035perché debbo fuggir?
 ARTASERSE
                                          Se reo tu sei,
 io ti rendo una vita
 che a me donasti. E se innocente, io t'offro
 quello scampo che solo
 puoi tacendo ottener. Fuggi, risparmia
1040d'un amico all'affetto
 d'ucciderti il dolor. Placa i tumulti
 di quest'alma agitata.
 ARBACE
 Ma potrebbe il tuo dono
 un giorno esser palese. E allora...
 ARTASERSE
                                                              Ah parti;
1045amico io te ne priego e se pregando
 nulla ottener poss'io, re tel comando.
 ARBACE
 Ubbidisco al mio re. Possa una volta
 esserti grato Arbace. Ascolti intanto
 il cielo i voti miei;
1050regni Artaserse e gli anni
 del suo regno felice
 distinguano i trionfi. Allori e palme
 tutto il mondo vassallo a lui raccolga.
 Lentamente ravvolga
1055i suoi giorni la parca e resti a lui
 quella pace ch'io perdo,
 che non spero trovar fino a quel giorno
 che alla patria e all'amico io non ritorno.
 
    L'onda dal mar divisa
1060bagna la valle, il monte,
 va passaggiera in fiume;
 va prigioniera in fonte,
 mormora sempre e geme
 fin che non torna al mar.
 
1065   Al mar dov'ella nacque,
 dove acquistò gli umori,
 dove dai lunghi errori
 spera di riposar. (Parte)