Il filosofo di campagna, libretto, Roma, Puccinelli, 1757 (La serva astuta)

 Bosco con veduta di casa rustica di Nardo.
 
 NARDO con due villani con vanghe e chitarrino in mano
 
 NARDO
 
    Amor se vuoi così
145quel che tu vuoi farò.
 Io m'accompagnarò,
 in pace e sanità!
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
150Penare? Signor no.
 Soffrir? Gridar? Oibò;
 
    voglio cantare, (Posa il chitarrino e prende la vanga)
 voglio sonare,
 voglio godere
155finché si può.
 
 Vanga mia benedetta,
 mio diletto conforto e mio sostegno,
 tu sei lo scettro e questi campi il regno.
 Quivi regnò mio padre,
160l'avolo, il bisavolo e il tritavolo
 e fur sudditi lor la zucca e il cavolo.
 Nelle città famose
 ogni generazion si cambia stato,
 se il padre ha accumulato
165con fatica, con arte e con periglio,
 distrugge i beni suoi prodigo il figlio.
 Qui dove non ci tiene
 il lusso, l'ambizione, la gola oppressi,
 sono gl'uomini ognor sempre l'istessi;
170non cambierei, lo giuro,
 co' piacer delle feste e de' teatri
 zappe, trebbie, rastei, vanghe ed aratri.
 
    Al lavoro, alla campagna,
 poi si gode, poi si magna
175con diletto e libertà.
 
    Oh che pane delicato
 se da noi fu coltivato!
 Presto presto a lavorare,
 a potare, a seminare
180e dipoi si mangierà,
 del buon vin si beverà. (Parte)