Il filosofo di campagna, libretto, Roma, Puccinelli, 1757 (La serva astuta)

 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
420Vada signor notaro a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
 a prender altri fogli, altri capitoli,
 per trovarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
425ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancor di più.
 RINALDO
 Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
430Me l'accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v'è una difficoltà; la mia figliuola
 a Nardo è già promessa,
 onde vosignoria,
 avrà capito già, puol andar via.
 RINALDO
435E ben io vi rispondo
 che a suo dispetto ancora
 Eugenia sposerò
 e da sua casa via la porterò.
 DON TRITEMIO
 
    La tenga, la sposi,
440bon prode gli faccia
 ma dote non speri
 d'avere da me.
 
    Ma quieto vi state?
 Che cosa pensate?
445Di me vi ridete?
 E voi pretendete
 signor mio garbato,
 mio carro impostore,
 dover contrastare
450e averla da fare
 con ciechi con sciocchi,
 sapete che i gatti
 aperto hanno gli occhi,
 non siam tanti matti,
455non siam tanti alocchi,
 così non sarà. (Parte)