Il filosofo di campagna, libretto, Vienna, Ghelen, 1768

 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m'inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
1190questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altri non v'è che io
 ed un uomo da ben qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LA LENA
1195Sono fanciulla ancora
 ma d'esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza ell'è assai franca.
 EUGENIA
 D'una grazia pregarvi
 vorrei se non sdegnate.
 LA LENA
1200Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LA LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
1205pastorella gentil, il di lei sposo.
 LA LENA
 Da vero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto;
 perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
1210son contratti i sponsali.
 Correr una buggia lasciar non voglio.
 LA LENA
 Me n'avvidi che v'era qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
 Che sì, che al genitore
1215l'avete fatta bella?
 EUGENIA
 In caso di marito
 il padre ha i dritti suoi;
 ma alla fine ci abbiamo da star noi.
 
    Il marito è un brutto imbroglio
1220di diversa qualità.
 
    Chi è seccante, chi è noioso,
 chi severo e chi geloso,
 chi bisticcia e chi canzona,
 chi bestemmia e chi bastona.
1225S'urta sempre in qualche scoglio
 e il rimedio non si dà.
 
    Io l'ho scelto a gusto mio,
 tutto vezzi e tutto brio,
 milordino, galantino
1230tutto amore e fedeltà.
 
    E la scelta del cuor mio
 non la lascio in verità. (Entra da Nardo)