L’Arcadia in Brenta, libretto, Bonn, Rommerskirchen, 1757

 Porta la mia poltrona.
 LINDORA
 Compatisca signor.
 FABRIZIO
                                      Ella è padrona. (Torna il servo colla poltrona)
820Eccola, se ne servi.
 LINDORA
                                     Oh peggio, peggio.
 No no, non me ne curo;
 il guancial di vacchetta è troppo duro.
 FABRIZIO
 Eh corpo d’un giudio,
 ora la servo io. (Parte)
 LINDORA
                               Portate via
825la sedia ed il guanciale,
 quell’odor di vacchetta mi fa male. (Torna Fabrizio con un matarazzo)
 FABRIZIO
 Eccole un matarazzo;
 di più non posso far.
 LINDORA
                                        Quest’è uno strappazzo,
 lo conosco, lo so; no, non credevo
830dover soffrir cotanto;
 (io crepo dalle risa e fingo il pianto).
 
    Voglio andar... Non vuo’ più star,
 più beffata esser non vuo’.
 Signorsì, me n’anderò,
835sono tanto tenerina
 ch’ogni cosa mi scompone;
 e voi siete la cagione
 che m’ha fatto lagrimar.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO, poi FORESTO
 
 FABRIZIO
 Si contenga chi può. Corpo del diavolo
840non ne potevo più.
 FORESTO
                                     Signor Fabrizio,
 il prencipe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitar all’improvviso
 stassera una commedia.
 FABRIZIO
                                               Io non ne so.
 FORESTO
 Non temete, ch’io vi concerterò.
845Son io destinato
 a far da innamorato;
 da innamorata dovrà far madama,
 Lauretta fa la serva; il nostro conte
 farà da genitore
850e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
 Da servitor?
 FORESTO
                          Cioè la parte buffa.
 FABRIZIO
 Il buffo dovrò far? Quest’è un mestiere
 che è difficile assai,
 per far rider i pazzi
855non vi vuol grand’ingegno
 ma far rider i savi è grand’impegno.
 FORESTO
 Già s’avvanza la notte,
 andatevi a vestir, ch’io venirò.
 FABRIZIO
 Farò quel che potrò;
860mi dispiace il parlar all’improvviso.
 Se fosse una commedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 FORESTO solo
 
 FORESTO
 Certo non dice mal, sogliono tutti
865gettar la colpa su la schiena altrui.
 Se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella,
 quel ch’ha fallato è il mastro di capella».
 E questo d’aver fatto
870gran musica si vanta
 e che il difetto vien da chi la canta.
 Infine l’impresario
 senza saper qual siasi la cagione
 se ne va dolcemente in perdizione.
 
875   Quanti mai ci son nel mondo
 che col nome d’impresari
 van facendo gran lunari
 per poterli sostentar.
 
    Ma se l’opera va male
880tutto quanto è rovinato,
 ma per chi ha faticato
 egli è male assai peggior.
 
 SCENA X
 
 Sala. Sinfonia che precede la commedia.
 
 FORESTO col nome di Cinzio e FABRIZIO da Pulcinella, LAURETTA da Colombina, LINDORA col nome di Diana e infine il CONTE da Pantalone
 
 FORESTO
 Seguimi, Pulcinella.
 FABRIZIO
                                       Eccome cà.
 FORESTO
 Siccome un’atra nube
885s’oppone al sole e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
 l’occhio mio più non vede, ond’è che afflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
890Tu me parli tidisca, io non t’intendo.
 FORESTO
 Fedelissimo servo,
 batti tu a quella porta.
 FABRIZIO
 A quale porta?
 FORESTO
                              A quella.
 FABRIZIO
                                                 Io non la vedo.
 FORESTO
 Finger dei che vi sia.
895Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla commedia.
 FABRIZIO
 Aggio caputo ma famme na grazia,
 pe che da tozzolare aggio alla porta?
 FORESTO
900Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar.
 FABRIZIO
                                         Cà sulla strada?
 FORESTO
 È ver, non istà bene
 che facciano l’amor sopra la strada
 civili, onesti amanti.
905Ma ciò sogliono usar i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, tozzolerò ma se qualcuno,
 quando ho battuto io, battesse a me?
 FORESTO
 Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
 O de casa.
 LAURA
                      Chi batte? (Di dentro)
 FABRIZIO
                                            Songo io.
 LAURA
910Serva sua, signor mio.
 FABRIZIO
 Patron, chessa è per me.
 FORESTO
                                               Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURA
 Io son Colombina Menarella.
 FORESTO
 Di Diana cameriera?
 LAURA
915Per servir vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 FORESTO
                                       Deh, vi prego.
 Chiamatela di grazia.
 CONTE
                                          Colombina. (Di dentro da Pantalone)
 LAURA
 Oimè; quest’è il padrone.
 FABRIZIO
 Mannaggia a Pantalone.
 FORESTO
920Ritiriamoci tosto. (Si ritira)
 FABRIZIO
 Puoss’esse Pantalone fatto arrosto. (Si ritira)
 CONTE
 Cossa xe, fantolina,
 cossa xe, Colombina,
 cossa fasto qua in strada?
 LAURA
925Ero venuta per il chincagliere.
 CONTE
 Qualche merletto se ti vo’ comprar,
 de’ bindelli, degli aghi o un specchio fin,
 co se tratta de ti,
 cocoletta anderò a comprarlo mi.
 LAURA
930Caro signor padrone
 mi fate troppo onore.
 FORESTO
 È andato.
 FABRIZIO
                     Fosse acciso.
 FORESTO
 Chiamatela di grazia.
 LAURA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme peccerella,
935vincene ancora tu,
 ch’a nce devertarimo fra de nuie.
 LAURA
 Sì sì, questa è l’usanza,
 se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servitore.
 
940   Il padron colla padrona
 fa l’amor con nobiltà.
 Noi andiamo giù alla bona
 senza tanta civiltà.
 
    Dicon quelli: «Idolo mio,
945peno, moro, smanio, oh dio!»
 Noi diciam senz’altre pene:
 «Mi vuoi bene, ti voglio bene»
 e in tal modo
 ogni duol si fa passar. (Si ritira fingendo chiamar Diana)
 
 FORESTO
950Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piaceresti o Menarella?
 FORESTO
 Ecco, viene quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
 Con essa vien Menerella ancora. (Vengono Lindora e Lauretta)
 FORESTO
 Venite, idolo mio,
955venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo, vengo, mio bene, eccomi qua.
 FORESTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
 Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
 Ah tu sei la mia bella. (A Lauretta)
 LAURA
960Ah voi siete il mio caro Pulcinella.
 FORESTO
 A voi donato ho il core. (A Lindora)
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
 Per te me sento lo Vesuvio in petto. (A Laura)
 LAURA
 Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 FORESTO
 
965   Vezzosetta mia diletta. (A Lindora)
 
 FABRIZIO
 
 Menarella mia carella.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURA
 
 Pulcinella bello mio.
 
 LINDORA
 
 Che contento, che diletto.
 
 LAURA
 
970Vieni mio bene e del mio affetto...
 
 A QUATTRO
 
 Contrasegno ti vuo’ dar. (Viene da Pantalone)
 
 PANTALONE
 
    Ola, ola, cosa feu?
 Cagadonai?
 Via caveve, via de qua.
 
 LINDORA
 
975   Io m’inchino al genitore.
 
 LAURA
 
 Serva sua, signor padrone.
 
 FORESTO
 
 Riverisco mio signore.
 
 FABRIZIO
 
 Te so’ schiavo Pantalone.
 
 PANTALONE
 
 El ziradonarve attorno,
980tutti andeve a far squartar.
 
 FORESTO
 
    Vuol ch’io vada?
 
 PANTALONE
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch’io?
 
 PANTALONE
 
                             Mi v’ho mandao.
 
 FORESTO
 
 Anderò colla mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURA
 
985Io contenta venirò.
 
 PANTALONE
 
 Via tiolé sto canelao.
 Colle putte? Oh questo no.
 
 LINDORA
 
    Signor padre per pietà. (S’inginocchia)
 
 LAURA
 
 Gnor padron per carità. (S’inginocchia)
 
 FORESTO
 
990Deh vi supplico ancor io. (Fa lo stesso)
 
 FABRIZIO
 
 Pantalon patrone mio. (Fa lo stesso)
 
 PANTALONE
 
 Duro star no posso più.
 Via mattazzi levé su.
 
 A QUATTRO
 
    Io vi prego.
 
 PANTALONE
 
                           Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
995Vi scongiuro.
 
 PANTALONE
 
                           Vegnì qua.
 
    Cari fioi, deve la man.
 Alla fin son venezian,
 m’avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
 Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
1000   Viva, viva il dolce affetto;
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
 che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera.
 
 FABRIZIO, poi LAURETTA
 
 FABRIZIO
 Oimè! Dove m’ascondo?
1005Oimè, che son andato in precipizio;
 povera Arcadia! Povero Fabrizio!
 È finito il denaro;
 è venduto il vendibile. Ogni cosa
 alfin s’è terminata il giorno di ieri
1010e non v’è da mangiar pei forestieri.
 Oh sorte! Oh cielo! Oh fato!
 Io non so che mi far; son disperato.
 LAURA
 Signor Fabrizio d’ogni grazia adorno,
 io gli auguro buongiorno.
 FABRIZIO
1015Grazie a vossignoria.
 LAURA
 Che mai ha che mi pare
 alterato un tantin.
 FABRIZIO
                                    Mi duole il capo.
 LAURA
 Me ne dispiace, anch’io
 mi sento nello stomaco aggravata,
1020beverei volentier la ciccolata.
 FABRIZIO
 (La solita campana).
 LAURA
                                        Vuol far grazia
 d’ordinarla in cuccina.
 FABRIZIO
 (Certo tu non la bevi stamattina).
 
 SCENA II
 
 Madama LINDORA e detti
 
 LINDORA
 Signor Fabrizio amabile e garbato,
1025ella sia il ben levato.
 FABRIZIO
                                        Ancora lei.
 LINDORA
 Supplicarla vorrei
 ordinar mi sia data
 la mia collazioncina praticata.
 FABRIZIO
 E in che consiste la sua collazione?
 LINDORA
1030Per esempio un piccione,
 due quaglie, una pernice, un francolino
 e una mezza botteglia di buon vino.
 FABRIZIO
 Mia cara madamina
 io vi posso esibir la polentina.
 LINDORA
1035Sentite, tante e tante
 che fan le schizzignose come me
 mangian la polentina se ve n’è.
 
 SCENA III
 
 CONTE e detti
 
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume, (A Fabrizio)
 giacché nel principato
1040anco per questo dì fui confermato,
 impongo che si faccia
 una solenne strepitosa caccia.
 I cacciator son lesti,
 sono i cani ammaniti, altro non manca
1045che il generoso core
 d’ospite così degno
 supplisca dal suo canto al grande impegno.
 FABRIZIO
 Come sarebbe a dir?
 CONTE
                                         Poco e polito.
 Un sferico pasticcio,
1050due volatili alessi,
 un quadrupede arrosto,
 torta, latte, insalata e pochi frutti
 e poi il di lei bel cor contenta tutti.
 FABRIZIO
 Ah non vi vuol altro? Ei sarà servito,
1055stamane il desinar sarà compito.
 
 SCENA IV
 
 FORESTO e detti
 
 FORESTO
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 Ebben, che c’è di novo?
 FORESTO
 È un’ora che vi cerco e non vi trovo.
 Dove diavolo è
 il rosolio, il caffè?
1060Giacinto ne vorria, Rosanna il chiede
 e un cane che lo porti non si vede.
 FABRIZIO
 Oh cancaro, mi spiace! Presto, presto,
 Pancrazio dove sei! (Viene il servo)
 Apri l’orecchio bene,
1065servi questi signori come conviene.
 
    Io voglio sciallare,
 io voglio sguazzare,
 dirà chi vuol dire,
 non penso più in là.
 
1070   Vediamo, tacciamo,
 la moda seguiamo,
 si dice: «In cuccagna
 si beve, si magna»,
 la cosa mi va. (Parte col servo)
 
 SCENA V
 
 Il CONTE, madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 CONTE
1075Generoso è Fabrizio.
 LINDORA
                                         È di buon core.
 LAURA
 Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.
 FORESTO
 Signori miei disingannar vi voglio,
 il povero Fabrizio è disperato.
 Egli s’è rovinato.
1080Ordina di gran cose ma stamane
 non ha due soldi da comprarsi un pane.
 LAURA
 Ma la mia cioccolata?
 FORESTO
 Per stamattina è andata.
 CONTE
 La caccia e il desinar?
 FORESTO
                                           Convien sospendere,
1085finché si trovin quei che voglion spendere.
 LINDORA
 Ma il cappon vi sarà?
 FORESTO
                                          No certamente.
 LINDORA
 Come viver potrò senza ristoro?
 Ahimè, che languidezza! Io manco, io moro.
 CONTE
 Ah madama, madama,
1090eccovi sampereglie,
 spirito di melissa,
 acqua della regina,
 estratto di canella soprafina.
 LINDORA
 V’è alcuna spezieria?
 CONTE
                                         Sì, mia signora.
 LINDORA
1095Deh fatemi il piacer, contino mio,
 andatemi a pigliare
 della polvere d’oro,
 un cordiale di perle,
 un elixir gemmato
1100con qualche solutivo delicato.
 CONTE
 Per servirvi, madama, in un istante,
 pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 LAURA
 Eh madamina mia,
 so io che vi vorria
1105perché ogni vostro mal fosse guarito.
 LINDORA
 E che mai vi vorrebbe?
 LAURA
                                             Un bel marito.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA e FORESTO
 
 FORESTO
 Ma che vuol dir che spesso
 vi vengon svenimenti?
 LINDORA
                                            Io ve la dico
 appunto come sta, finto ho svenire
1110per obbligare il conte,
 ch’è tutto complimenti,
 a tenere per me i medicamenti.
 FORESTO
 Siete brava davvero.
 LINDORA
                                        Io tale sono
 qual esser deve al mondo
1115una donna di brio lieto e giocondo.
 FORESTO
 Eccolo ch’egli viene.
 LINDORA
                                       Andate, andate.
 FORESTO
 Egli v’ama il meschino e lo beffate.
 
 SCENA VIII
 
 Madama LINDORA, poi il CONTE con uno speziale con vari medicamenti
 
 LINDORA
 Io fo così; sian belli o siano brutti,
 per prendermi piacer, li burlo tutti.
 CONTE
1120Eccovi lo spezial, signora mia,
 ed ha mezza con lui la speziaria.
 LINDORA
 Il cordiale. (Al conte)
 CONTE
                        Il cordiale. (Allo speziale) Ecco il cordiale. (A madama)
 LINDORA
 Mezzo voi, mezzo io.
 CONTE
                                        Io non ho male.
 LINDORA
 Quando si serve dama,
1125ricusar non si può.
 CONTE
 Dite ben, dite bene, io beverò. (Ne geta mezzo in un bicchiere e lo beve, poi dà il resto a Lindora)
 LINDORA
 È gagliardo?
 CONTE
                          Un po’ troppo.
 LINDORA
 Ne vuo’ assaggiar un poco,
 ah no no, non lo voglio, è tutto foco.
1130Datemi l’elixir.
 CONTE
                               Eccolo qui.
 LINDORA
 Bevetene voi prima in quel bicchiere.
 CONTE
 Ma io...
 LINDORA
                 Ma voi non siete cavaliere?
 CONTE
 Vi domando perdono;
 vi servo, io bevo e cavalier io sono.
 LINDORA
1135Vi piace?
 CONTE
                     Niente affatto.
 Mi ha posto un mongibel nel corpo mio.
 LINDORA
 Dunque, quand’è così, non lo vogl’io.
 CONTE
 Ed io intanto l’ho preso.
 LINDORA
                                              Oimè mi sento
 lo stomaco pesante,
1140ha portato il purgante?
 CONTE
                                             Sì madama,
 è questo un solutivo
 che è molto operativo;
 e se voi vi sentite indigestione,
 in poch’ore farà l’operazione.
 LINDORA
1145Lasciatelo veder.
 CONTE
                                  Eccolo.
 LINDORA
                                                 È troppo
 per lo stomaco mio;
 mezzo voi il beverete e mezzo io.
 CONTE
 Bisogno non ne ho.
 LINDORA
                                      Che importa questo?
 Prendetelo e bevete,
1150se cavalier voi siete.
 CONTE
 Beverò, beverò sì madamina.
 (Lei ha mal ed io prendo medicina).
 LINDORA
 Oibò, nausea mi fa, no non lo voglio.
 CONTE
 Io sento un grande imbroglio
1155nello stomaco mio.
 LINDORA
 Conte soffrite voi, che soffro anch’io.
 CONTE
 
    Io mi sento un tale impiccio,
 entro me non so che sia
 aver preso per follia
1160tanti imbrogli per piacer. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Madama LINDORA, poi GIACINTO
 
 LINDORA
 Povero conte! Al certo mi fa ridere.
 GIACINTO
 Madama siete attesa.
 Avrete di già intesa
 la disgrazia dell’ospite compito
1165che per la bell’Arcadia è già fallito.
 Rosana, che non lungi ha la sua villa,
 tutti seco c’invita;
 colà l’Arcadia unita
 sarà con più giudizio
1170e con noi condurremo anco Fabrizio.
 LINDORA
 Oh povero Febrai,
 me ne dispiace assai ma non ci penso,
 non vuo’ prendermi affanno,
 s’egli è stato un baggian sarà suo danno.
 
1175   Non voglio affanni al core,
 non vuo’ pensare a guai,
 non ci ho pensato mai
 e non ci penserò.
 
    Io son d’un certo umore
1180che par che mesta sia
 e pur malinconia
 dentro il mio cor non ho.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO, poi ROSANNA
 
 ROSANNA
 Giacinto, il tutto è pronto.
 Preparato è il burchiello.
1185Mandati avanti ho i servitori miei;
 che veniste voi meco io bramerei.
 GIACINTO
 Non ricuso l’onor che voi mi fate.
 ROSANNA
 Anzi, se non sdegnate,
 quando nella mia casa voi sarete
1190io farovvi padron e disporrete...
 GIACINTO
 Io, Rosanna, perché?
 ROSANNA
                                         Perché se veri
 son quei detti di ieri...
 Basta, di più non dico.
 GIACINTO
 Sì, mia cara, v’intendo.
1195E da voi sol la mia fortuna attendo.
 
    L’amerò, sarò costante,
 fido sposo e fido amante
 sol per lei sospirerò,
 
    in sì caro e dolce oggetto
1200la mia grazia, il mio diletto,
 la mia pace troverò.
 
 SCENA XI
 
 ROSANNA sola
 
 ROSANNA
 Giacinto ha un certo brio
 che piace al genio mio.
 Per lui a poco a poco
1205m’accese il dolce foco in seno amore.
 L’amo, l’adoro e gli ho donato il core.
 
    Dal primo momento
 che presi ad amarlo,
 tal forza mi sento,
1210tal fede ho nel core
 che piena d’amore
 non posso lasciarlo