L’Arcadia in Brenta, libretto, Cremona, Ricchini, 1754

 LINDORA
                                                Obligatissima,
 voi siete un po’ vecchietto,
 io voglio che mi serva un giovinetto.
 FABRIZIO
175Adunque se io son vecchio,
 perché viene da me?
 LINDORA
                                         Per tormi spasso...
 FABRIZIO
 Spasso de’ fatti miei?
 LINDORA
 No no, che ammiro in lei
 di Brenta il primo onore,
180d’Arcadia il gran pastore;
 gentil signor Fabrizio,
 senza diffetto alcun...
 FABRIZIO
                                         Senza giudizio...
 LINDORA
 Eh! Che dite?
 FABRIZIO
                             Conosco il merto mio.
 LINDORA
 Quando lo dite voi, lo dico anch’io.
 FABRIZIO
185Dunque?...
 LINDORA
                        Dunque men vado
 a ritrovar le belle
 di questa vostra Arcadia pastorelle.
 
    Riverente a lei m’inchino;
 eh! braccieri, qui la mano,
190venga presto... Andate piano,
 venga poi... Non mi stroppiate,
 correr troppo voi mi fate.
 Mi vien mal... Non posso più.
 
    Via bel bello, andiamo avvanti,
195le son serva, addio monsiù. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Che gente da cavezza!
 Mi vuol mangiare addosso e poi mi sprezza.
 Ma cresce la brigata,
 son venduti i cavalli,
200manca il dennar e la carozza è andata. (Osservando il fiume)
 Viene il conte Bellezza... Allegramente;
 già non importa niente.
 Venga pur tutto il mondo,
 alla mia casa ho da veder il fondo.
 
 SCENA VII
 
 Arriva un borchiello con entro il conte BELLEZZA che sbarca su la riva. FABRIZIO e conte Bellezza
 
 FABRIZIO
205(Poh! Che gran signorone!
 Costui porre mi vuol in soggezione).
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
 che prostrato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
210l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato...
 CONTE
 La fama ha pubblicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
 l’eco intorno rimbomba
215il nome alto sovrano
 di Fabrizio Fabron da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei...
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
 anzi sospirarei,
220ben che il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah, mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,
225prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S’accomodi...
 CONTE
                           La fama
 poco disse finor di voi parlando,
230voi cantando, esaltando,
 veggo più, veggo molto
 in quel amabil volto
 che con raggi di placido splendore
 nudrite in sen un generoso core.
 FABRIZIO
235Signor lei mi confonde;
 vorrei dir ma non so,
 per andar alla breve, io tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace!
240Ella vuol favorirmi ed io mi arrendo.
 Ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda
 è tutta una facenda,
 se qui vuole restar mi farà onore,
245ceremonie non fo, son di buon core.
 CONTE
 Viva il bon cor; anch’io nelle persone
 odio l’affettazione.
 FABRIZIO
 Così mi piace... Vada pur... Pancrazio (Chiamando il servo)
 servi questo signor...
 CONTE
                                         L’esuberanza,
250anzi l’esorbitanza
 delle grazie, onde lei mi ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada. Basta così.
 CONTE
                                  Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non sia mai vero
 che io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
255Vada lei mio signore o che vada io.
 CONTE
 
    Fabrizio amabile
 io parto, addio,
 vi son servitor
 ma quel bel volto
260sì ben raccolto
 spiega l’idea
 del suo bel cor.
 (Pur non s’avede
 che ci è l’inganno,
265che gran piacer).
 
    L’uom di bon core
 amico garbato,
 vi sono obbligato.
 Lo dico da vero,
270credetelo a me. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
 Per dirla quasi via me n’andarei
 e l’Arcadia e i pastori piantarei
275ma diavolo si spende
 troppo a rotta di colo;
 voglio un po’ far il conto
 quanto ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora.
 
280   Quattrocento bei ducati...
 poverini sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati poverini.
 Trenta doppie, oh che animale!
285Cento scudi... oh che bestiale!
 Quanto fanno? Io non lo so.
 
    I zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento!
290Basta, il conto è bello e fatto,
 perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Madama LINDORA, poi il conte BELLEZZA, indi FABRIZIO
 
 LINDORA
 Dov’è Laura e Rosanna?
 Dove mai son? Vorrei sedere un poco.
 Chi è di là? V’è nessuno?
 CONTE
295Madama vi son io.
 LINDORA
 Da seder... Oh perdoni;
 non l’avevo veduto.
 CONTE
 A tempo son venuto,
 s’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi.
 CONTE
300Anzi al provido ciel le grazie mando.
 Perché degno mi fe’ d’un suo comando.
 Tal gli è il conte Bellezza servitore
 obbligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
305Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterli baciar la bianca mano...
 LINDORA
 Olà...
 CONTE
              Che cosa è stato?
 LINDORA
 Voi m’avete toccato
 con troppa confidenza;
310questa con le mie pari è un’insolenza.
 CONTE
 Leggerissimamente
 alzo la latea delicata mano
 e con l’avida bocca...
 LINDORA
 No no, che se mi tocca
315l’acuto pelo che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svenimento.
 CONTE
 Lo farò con tal arte
 che voi ne stupirete;
 siate pietosa, oh dio, se bella siete.
 LINDORA
320(Rider mi fa).
 CONTE
                             Prostrato
 mia bella al vostro piede,
 vi domando pietà, grazia e mercede.
 LINDORA
 Son stanca.
 CONTE
                        Riposate
 la man sovra il mio braccio...
 LINDORA
325Che ruvido panaccio...
 CONTE
 Vi porrò il fazzoletto.
 LINDORA
 Non mi par troppo netto.
 Vi vorrei compiacere
 ma la mia compassione...
 CONTE
330Trovata ho una invenzione
 che non vi spiacerà; la bella mano
 alzate da voi stessa
 e mentre ella s’appressa al labro mio
 il labro inchino e me gli accosto anch’io.
 LINDORA
335Mi contento.
 CONTE
                          Sian grazie dunque al fato,
 generosa madama io son beato;
 eccomi, alzate un poco;
 ancora un poco più...
 LINDORA
                                         Voi mi stancate.
 CONTE
 Ma se non vi fermate,
340per un momento solo...
 FABRIZIO (Esce fretoloso)
 Signor conte Bellezza mi consolo.
 CONTE
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
 per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
345È gentilezza vostra.
 (Ah, che più goderei
 il bramato piacer de’ labbri miei).
 FABRIZIO
 A voi principe degno (Presenta un serto di fiori al conte)
 del suo rispetto in segno
350manda l’Arcadia vostra
 questo serto di fiori.
 LINDORA
 Ahi mi fate morir con questi odori.
 CONTE
 Oh che serto fatale!
 LINDORA
 Mi sento venir male.
 FABRIZIO
355Presto presto tabacco...
 LINDORA
                                            Sì, tabacco...
 FABRIZIO
 Prenda.
 LINDORA
                  È troppo granito.
 CONTE (Presentando la scatola)
 Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FABRIZIO
 Prenda, prenda di questo. (Presentandogli un’altra scatola)
360È foglia schietta, schietta, leggerissima.
 LINDORA
 Questo mi piace assai, obbligatissima.
 FABRIZIO (Al conte che prende tabaco anch’esso)
 Comanda?
 CONTE
                       Mi fa grazia.
 
 FABRIZIO
 Anzi lei mi fa onore.
 (Addesso addesso rider vo’ di core).
 
365   Vada, vada.
 
 CONTE
 
                            Vada lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
 Anzi lei. Vada, eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO, CONTE A DUE
 
 Viva viva.
 
 LINDORA
 
                      Grazie, eccì.
 Ahi! Eccì. Ahi! Eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto. Eccì.
 
 FABRIZIO
 
370Che bel garbo! Son qua io.
 Forti. Eccì.
 
 CONTE
 
                       Alto. Eccì.
 
 LINDORA
 
 Aiutatemi. Eccì.
 
 CONTE, FABRIZIO A DUE
 
    Che tabacco. Eccì, eccì.
 Maledetto, eccì, eccì.
375Che tormento che mi sento,
 più non posso, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
    Via madama non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente.
 
 LINDORA
 
 Acqua fresca per pietà.
 
 A TRE
 
380   Dunque andiamo in compagnia
 a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
    Vada, vada, eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
 Maledetto tabaccaccio.
 
 CONTE
 
385Oh che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 A TRE
 
 Facci grazia. Eccì, eccì.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Tutti
 
 CONTE
 Dai lacci neghittosi del silenzio
 scatenando la lingua,
390qual monarca di dive e semidei
 do glorioso principio a’ cenni miei.
 FABRIZIO
 Signor principe caro,
 il povero Fabrizio
 gli manda un memoriale in cui la prega
395comandar ai pastor che per servizio
 lascino qualche ninfa anche a Fabrizio.
 CONTE
 Giuste le preci son ma non è giusto
 delle ninfe arbitrar. Quella sia vostra
 che inclinata e proclive a voi si mostra.
 FABRIZIO
400Tutte vorranno me.
 ROSANNA
                                      Sarei contenta
 se del signor Fabrizio
 foss’io la ninfa eletta
 ma non vo’ disgustar la mia Lauretta.
 LAURETTA
 Eh no no, giacché vedo
405che a voi piace quel viso, io ve lo cedo.
 FABRIZIO
 E fra i due litiganti il terzo goda.
 Io sarò di madama,
 se mi vuol, se mi brama.
 LINDORA
 Vi domando perdono,
410non mi vuo’ scomodar di dove sono.
 FABRIZIO
 Dunque dovrò star senza?
 GIACINTO
 Voi dovete soffrire e aver pazienza.
 FABRIZIO
 (Maledetti, mi mangiano le coste
 e penar mi conviene).
 CONTE
415Dall’arcadico trono,
 a cui per vostro dono io sono alzato,
 due comandi vi do tutti in un fiato;
 primo: ciascuna ninfa
 scelga il pastor di tutti alla presenza
420ma non vuo’ che Fabrizio resti senza.
 Secondo: quel pastor che sarà eletto
 con qualche regaletto
 riconosca la ninfa
 e lei com’è il dovere
425del regalo disponga a suo piacere.
 FABRIZIO
 Bravo. Il giudice lodo.
 ROSANNA
 Di un tal comando io godo,
 potrò senza riguardi
 il mio genio svelar...
 GIACINTO
                                        Già mia voi siete?
 ROSANNA
430(Deh lasciate ch’io finga e non temete).
 FABRIZIO
 Lasciatela parlar...
 ROSANNA
                                    Se mi concede
 il sospirat’onore
 sarà il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
 E viva, ah che ne dite!
435Che gioia! Che diletto!
 Per la mia pastorella oggi v’accetto.
 LAURETTA
 Or che non v’è riparo,
 la maschera mi levo e parlo chiaro;
 vi ho scelto nel mio core
440di già per mio pastore
 e se voi non volete
 impazzir e crepar voi mi vedrete.
 ROSANNA
 Io Fabrizio pretendo.
 LAURETTA
 Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
445Signor principe questo è un brutto imbroglio.
 CONTE
 Dall’arcadico soglio
 così decido e voglio:
 per consolar delle due ninfe il core,
 abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
450E viva, e viva. Oh, bravo per mia fé!
 Son capace, lo giuro, anche per tre.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
 s’ella dice da vero e non ischerza,
 io fra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
455Venga la quarta ancor; mi fa servizio.
 Non mi perdo per poco; io son Fabrizio.
 GIACINTO
 Levatevi di qua,
 luogo per voi non v’è,
 una volta per uno, or tocca a me...
 CONTE
460Olà; suddito nostro
 fermatevi per ora;
 non è finito ancora; (A Fabrizio)
 se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
465(Ohimè sono imbrogliato;
 questo favor mi costarà salato!)
 GIACINTO
 Su via fatevi onore.
 FABRIZIO
 A voi Rosanna bella,
 mia cara pastorella,
470perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante vi presento. (Le dà un anello)
 ROSANNA
 È molto spiritoso e molto bello
 e brilla come a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
 Lauretta, poi che sono
475vostro pastor eletto,
 quest’orologio vi presento in dono. (Le dà un orologio)
 LAURETTA
 Il vostro dono accetto
 e contemplar prometto
 in lui la vostr’amabile figura,
480perché siete assai tondo per natura.
 FABRIZIO
 Obbligato. A madama,
 perché si guardi dalla stranutiglia,
 le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
 Ed io, che vi amo tanto, bramerei
485che in questa tabacchiera,
 per poterne goder a tutte l’ore,
 fosse polverizato il vostro core.
 FABRIZIO
 Che bontà! Che finezze!
 CONTE
                                              Or di quei doni
 ne disponga ciascuno a suo talento
490e faccia al donator il complimento.
 ROSANNA
 Io pongo questo annello
 nelle man di Giacinto
 e dico al donatore
 che lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
495Come!
 LAURETTA
                Quest’orologio
 a Giacinto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n’importa un fico.
 FABRIZIO
 Che! Che?
 LINDORA
                       La tabacchiera
500al principe presento e mio pastore,
 perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l’ha donato è un animale.
 CONTE
 Oh portentosi detti!
 FABRIZIO
 Che siate tutti cinque maledetti.
 
505   Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo.
 Che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo
 del mio paese,
510io fo le spese,
 io son padrone.
 Che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
515Eh padron mio
 basta così.
 
    La vuo’ finire,
 me ne vogl’ire,
 signore ninfe,
520siori pastori
 bon viaggio a loro.
 Che! Non gli piace?
 Se n’anderanno
 signori sì. (Parte)
 
 SCENA II
 
 Tutti fuori che Fabrizio
 
 LINDORA
525Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl’innamorati
 e credon col contante
 render la donna amante.
 Quando il genio non v’è, non fanno niente,
530si lascian nell’inganno
 e se si voglion rovinar lor danno.
 ROSANNA
 Ci siam preso piacere
 ma poi non è dovere
 spogliar Fabrizio affatto.
 LAURETTA
535Suo danno, s’egli è matto.
 GIACINTO
 È giusto di Rosanna il sentimento,
 a Fabrizio rendiam la robba sua
 e ci basti così il divertimento.
 CONTE
 Approvo quanto dice
540ed a recar la pace al sventurato
 sarà madama l’Iride felice. (Giacinto e il conte consegnano i regalli a Lindora)
 LINDORA
 Fate piano... di grazia... per pietà...
 Il grave peso, ohimè, mi opprimerà.
 CONTE
 Non temete madama
545e andiam per questi colli,
 co’ vostri bei colori,
 la vil bellezza a svergognar dei fiori. (Porge il braccio a Lindora)
 LAURETTA
 Eh signor conte mio,
 lei parte con madama,
550Rosanna se n’andrà col suo Giacinto;
 eh io restarò sola;
 lei di cavaleria non sa la scuola.
 CONTE
 Ha ragion; ha ragione;
 io sono un mentecato; io sono un bue,
555servirò, se il permette, a tutte due.
 Eccomi... Favorisca... Facci grazia...
 Su l’umil braccio appoggi pur la mano.
 LAURETTA
 Caminate più presto...
 LINDORA
                                            Andate piano.
 GIACINTO
 (Son godibili assai).
 ROSANNA
560(Più grazioso piacer non ebbi mai).
 LAURETTA
 Ma via, non vi movete?
 CONTE
                                             Eccomi lesto.
 LINDORA
 Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate...
 LAURETTA
 Con questo andar sì pian, voi mi ammazzate.
 GIACINTO
565(Oh belli!)
 ROSANNA
                       (Oh cari assai!)
 CONTE
                                                      Affé ch’io sono
 nel terribile impegno.
 Via madama più presto
 e voi cara Lauretta un tantin piano.
 LAURETTA
 Più piano di così mi vien la morte.
 LINDORA
570Vi dico che non posso andar sì forte.
 CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
 l’una tira e l’altra mola,
 non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano;
575anderò come potrò.
 
    Forti, saldi, presto, piano,
 vada pur ciascuna sola,
 io le sono servitor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 GIACINTO, ROSANNA, LAURETTA e LINDORA
 
 GIACINTO
 (Quest’è una bella cosa!)
 ROSANNA
580(Piacevole e gustosa).
 LAURETTA
 Madama andate pian quanto volete,
 se vi disturba la mia compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via. (Parte)
 LINDORA
 Di esser nata dama è una gran prova
585l’andar sì piano e delicatamente,
 come si avesse a passeggiar su l’ova. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ROSANNA e GIACINTO
 
 ROSANNA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi belissimi;
 io che stolto non son scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà...
 ROSANNA
                                                    Di grazia
590non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacer...
 GIACINTO
                                          Ah nol temete,
 io vi stimo assai più che non credete.
 Chi sa, se non sdegnate
 di chi v’adora il core,
595io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANNA
 Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato,
 col mio pastor, col mio Giacinto a lato.
 
600   Se di quest’alma i voti
 ascolta il dio d’amor
 sarà lieto il mio cor,
 sarò felice.
 
    Per or di più non dico
605ma forse un dì verrà
 che il labro dir potrà
 quel ch’or non lice. (Parte)
 
 SCENA V
 
 GIACINTO solo
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
 d’amor nei nostri petti a poco a poco;
610queste villegiature
 in cui sì francamente
 tratta e conversa ognun di vario sesso,
 queste cagionan spesso
 nella stagion de’ più focosi ardori
615impegni, servitù, dolcezze, amori.
 
    Lasciami in pace almeno
 amor in questo giorno,
 deh non venirmi intorno
 a tormentarmi il cor.
 
620   Un barbaro tu sei
 se fra i piaceri miei
 tu mi svegliasti in seno
 un tormentoso ardor. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO e poi madama LINDORA
 
 FABRIZIO
 Mi ha madama Lindora
625reso orologio, scattola ed annello
 e mi ha quietato ancora,
 che ad un uomo civile
 passa presto la bile
 ma perché poi non v’era
630da cena questa sera
 ho le robbe suddette già impegnate
 e tutte le monete sono andate.
 Ma non importa, almen anch’io godessi
 da coteste mie ninfe traditore
635un qualche segno di pietoso amore.
 LINDORA (Esce Lindora chiamando forte Fabrizio)
 Signor Fabrizio senta;
 senta signor Fabrizio...
 FABRIZIO
 Oh cielo mi perdoni.
 Non l’avevo sentita!
 LINDORA
640Ho gridato sì forte che la gola
 mi si è tutta infiammata;
 quasi in petto una vena mi è crepata.
 FABRIZIO
 Cancaro! Se ne guardi.
 LINDORA
 Sederei volontieri.
645Ma questa sedia è dura indiavolata...
 Sul morbido seder sono avezzata.
 FABRIZIO (Al servo che porta un’altra sedia)
 Ehi dico, ehi reca tosto
 una sedia miglior.
 LINDORA
                                    Molto obligata.
 FABRIZIO
 Sieda qui, starà meglio.
 LINDORA
                                              Ohibò è sì dura
650codesta imbotidura
 che io non posso sperar di starvi bene...
 FABRIZIO
 Porta la mia poltrona. (Al servo come sopra che porta la poltrona)
 Se ne servi...
 LINDORA
                           No no; peggio di prima.
 FABRIZIO
 Ma come devo far?...
 LINDORA
                                         Portate via
655la sedia ed il guanciale,
 che l’odor di vacchetta mi fa male.
 FABRIZIO (Il servo parte e porta un matarazzo)
 La servi il materazzo...
 LINDORA
 Ma questo è un ver strappazzo.
 Non mi credevo mai soffrir cotanto.
660(Io creppo dalle risa e fingo il pianto).
 
    Voglio andar... Non vo’ più star;
 più beffata esser non vo’;
 signorsì me n’anderò.
 Sono tanto tenerina
665che ogni cosa mi scompone
 e voi siete la cagione,
 che mi fate lagrimar.
 
 SCENA VII
 
 FABRIZIO, poi madama LINDORA che ritorna
 
 FABRIZIO
 Non ne potevo più. Tormento e doglie
 non sono per mancar a quel meschino
670cui toccherà sì fatta donna in moglie...
 LINDORA
 Mi avete sì oltraggiata
 che già m’ero scordata
 che il principe d’Arcadia ha comandato
 che dobbiam recitare all’improviso
675stasera una commedia.
 FABRIZIO
                                             Io non ne so...
 LINDORA
 Io vi concerterò!
 Giacinto è destinato
 a far da innamorato,
 da innamorata dovrò far io stessa
680e Lauretta da serva;
 il conte mio farà da genitore
 e voi dovete far da servitore.
 FABRIZIO
 Da servitor?
 LINDORA
                          Perché? Non vi spaventi,
 benché sia grand’impegno
685far ridere la gente ch’abbia ingegno.
 FABRIZIO
 Mi dispiace il parlar all’improviso;
 se fosse una commedia almen studiata,
 si potrebbe salvar il recitante,
 dicendo che il poeta è un ignorante. (Parte)
 LINDORA
690Certo non dice mal; sogliono tutti
 gettar la colpa su la schiena altrui;
 se un’opera va mal, dice il poeta:
 «La mia composizion è buona e bella,
 quel che ha fallato è il mastro di capella».
695Questo la buona musica ognor vanta
 e che il diffetto vien da chi la canta.
 Infine l’impresario,
 senza saper qual sia vera cagione,
 se ne va dolcemente in perdizione. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 GIACINTO col nome di Cintio; FABRIZIO da Pulzinella; LAURETTA da Colombina; LINDORA col nome di Diana; e infine il CONTE da Pantalone
 
 GIACINTO
700Sieguimi Pulcinella.
 FABRIZIO
                                        Eccome cà.
 GIACINTO
 Siccome un’alta nube
 al sol si oppone e l’ampia terra oscura,
 così da quelle mura
 coperto il mio bel sol, cui l’altro cede,
705l’occhio mio più non vede, ond’è che aflitto
 i nuovi raggi del mio sole attendo.
 FABRIZIO
 Tu me parla tedisca, io no te intiendo.
 GIACINTO
 Fedelissimo servo
 batti tu a quella porta...
 FABRIZIO
710A quale porta?
 GIACINTO