L’Arcadia in Brenta, libretto, Cremona, Ricchini, 1754

                              A quella...
 FABRIZIO
                                                   Io non la vedo.
 GIACINTO
 Finger dei che vi sia.
 Invece della porta,
 in un quadro si batte o in una sedia,
 come i comici fanno alla commedia.
 FABRIZIO
715Aggio caputo ma fame na grazia;
 pe che da tozzolare aggio alla porta?
 GIACINTO
 Acciò che la mia bella
 venga meco a parlar...
 FABRIZIO
                                           Cà su la strada?
 GIACINTO
 È ver, non istà bene
720che faccian all’amor sopra la strada
 civili onesti amanti
 ma ciò sogliono far i commedianti.
 FABRIZIO
 Sì sì, ma se qualcuno,
 quand’ho battuto io, battesse me?
 GIACINTO
725Lascia far, non importa, io son per te.
 FABRIZIO
 Oh de casa?
 LAURETTA
                         Chi batte?
 FABRIZIO
                                               Songo io.
 LAURETTA
 Serva sua signor mio.
 FABRIZIO
 Padron, chisa è per me.
 GIACINTO
                                              Chi siete voi,
 quella giovine bella?
 LAURETTA
730Io sono Colombina Menarella.
 GIACINTO
 Di Diana cameriera?
 LAURETTA
 Per servir a vusustrissima.
 FABRIZIO
 Obregato, obregato.
 GIACINTO
                                       Deh vi prego,
 chiamatela di grazia.
 LAURETTA
                                         Ora la servo...
 CONTE
735Colombina.
 LAURETTA
                         Ohimè questo è il padrone...
 FABRIZIO
 Managgia Pantalone.
 GIACINTO
 Ritiriamoci tosto.
 FABRIZIO
 Possa esser Pantalone fatto arrosto.
 CONTE
 Cosa xe Colombina,
740cosa xe fantolina?
 Cosa fastu in istrada?
 LAURETTA
                                          Ero venuta
 per il spazzacamino.
 CONTE
 Se ti ha qualche camin da governar,
 se ben che mi son vecchio
745e no posso pi andar,
 co se tratta de ti,
 coccoletta, l’avria chiamado mi.
 LAURETTA
 Caro signor padrone
 mi fate vergognare.
 CONTE
750Caro quel viso bello,
 per te, viscere mie, perdo el cervello.
 
    Per ti mia coccoletta
 amor drento del petto
 sonando el zuffoletto
755la bella furlanetta
 con piacer mi fa ballar.
 
    Eh via, senti, para, via,
 ah viscere care,
 ah che non posso più.
 
 GIACINTO
760È andato?
 FABRIZIO
                      Fosse acciso.
 GIACINTO
 Chiamatela di grazia.
 LAURETTA
                                          Ora la servo.
 FABRIZIO
 Sienteme piegorella,
 vienence ancora tu,
 che ce devertiremo fra de nuie.
 LAURETTA
765Sì sì, quest’è l’usanza,
 se i padroni fra lor fanno l’amore,
 fa l’amor colla serva il servidore.
 
    Il padron con la padrona
 fan l’amor con nobiltà;
770noi andiamo giù alla bona
 senza tanta civiltà.
 
    Dicon quegli: «Idolo mio,
 peno, moro, smanio, oh dio».
 Noi diciam senz’altre pene:
775«Mi vuoi bene, ti voglio bene»
 e faciamo presto presto
 tutto quel che s’ha da far.
 
    Dicon lor che è un gran tormento
 quell’amor che accende il core.
780Diciam noi ch’è un gran contento
 quel che al cor ci reca amore
 ma il divario da che viene?
 Perché han quei mille riguardi,
 penan molto e parlan tardi;
785noi diciam quel che conviene
 senza tanto sospirar.
 
 GIACINTO
 Ti piace, Pulcinella?
 FABRIZIO
 A chi non piacerebbe Menarella?
 GIACINTO
 Ecco che vien quel bel che m’innamora.
 FABRIZIO
790Con essa viene Menerella ancora.
 GIACINTO
 Venite idolo mio;
 venite per pietà.
 LINDORA
 Vengo vengo mio ben, eccomi qua.
 GIACINTO
 Voi siete il mio tesoro.
 LINDORA
795Per voi languisco e moro.
 FABRIZIO
 Ah tu sei la mia bella.
 LAURETTA
 E voi siete il mio caro Pulcinella.
 GIACINTO
 Già vi ho donato il core.
 LINDORA
 Ardo per voi d’amore.
 FABRIZIO
800Per te me siento lo Vesuvio in pietto.
 LAURETTA
 Cotto è il mio core al foco dell’affetto.
 GIACINTO
 
    Vezzosetta mia diletta.
 
 FABRIZIO
 
 Menarella mia caretta.
 
 LINDORA
 
 Cintio caro, Cintio mio.
 
 LAURETTA
 
805Pulcinella bello mio.
 
 A DUE
 
 Che contento, che diletto.
 
 A QUATTRO
 
 Vien mio bene a questo petto
 ch’io ti voglio un po’ abbracciar.
 
 CONTE
 
    Ola ola cosa feu?
810Abbrazzai? Cagadonai?
 Via caveve via de qua.
 
 LINDORA
 
    Io m’inchino al genitore.
 
 GIACINTO
 
 Riverisco mio signore.
 
 LAURETTA
 
 Serva sua signor patrone.
 
 FABRIZIO
 
815Te so’ schiavo Pantalone.
 
 CONTE
 
 El ziradonarve a torno,
 tutti andeve a far squartar.
 
 GIACINTO
 
    Vuol ch’io vada?
 
 CONTE
 
                                    Mi ve mando.
 
 FABRIZIO
 
 Vado anch’io?
 
 CONTE
 
                             Mi t’ho mandao.
 
 GIACINTO
 
820Anderò con la mia bella.
 
 FABRIZIO
 
 Anderò con Menarella.
 
 LINDORA, LAURETTA A DUE
 
 Io contenta venirò.
 
 CONTE
 
 Via tiolé sto canelao;
 colle putte, oh questo no.
 
 LINDORA
 
825   Signor padre per pietà.
 
 LAURETTA
 
 Sior padron per carità.
 
 GIACINTO
 
 Deh vi supplico ancor io.
 
 FABRIZIO
 
 Pantalone padron mio.
 
 CONTE
 
 (Duro star no posso più).
830Via mattazzi leveve su.
 
 A QUATTRO
 
    Io vi prego...
 
 CONTE
 
                             Zitto là.
 
 A QUATTRO
 
 Vi scongiuro...
 
 CONTE
 
                             Vegnì qua.
 
    Cari fioi deve la man,
 alla fin son venizian,
835m’avé mosso a compassion.
 
 A QUATTRO
 
 Viva, viva Pantalon.
 
 A CINQUE
 
    Viva, viva il dolce affetto,
 viva, viva quel diletto
 che produce un vero amor,
840che consola il nostro cor.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 FABRIZIO e poi LAURETTA, indi LINDORA
 
 FABRIZIO
 Ohimè dove m’ascondo!
 È finito il denaro
 e si è venduto tutto, il giorno d’ieri,
 e non v’è da mangiar pei forestieri.
845Oh sorte! Oh cielo! Oh fato!
 Io non so che mi far, son disperato...
 LAURETTA
 Signor Fabrizio d’ogni grazia adorno,
 io gli auguro buongiorno...
 LINDORA
 Signor Fabrizio amabile e garbato
850ella sia il ben levato.
 LAURETTA
 Beverei volontier la cioccolata...
 LINDORA
 La mia colazioncina praticata.
 FABRIZIO
 (La solita campana!)
 LAURETTA
                                         Vuol far grazia?
 FABRIZIO
 (Certo tu non la bevi).
 LINDORA
                                           Favorisce?
 FABRIZIO
855E in che consiste questa colazione!
 LINDORA
 Per esempio un piccione,
 due quaglie, una pernice, un francolino
 e una mezza bottiglia di buon vino.
 FABRIZIO
 Mia cara madamina
860io vi posso esibir la polentina.
 LINDORA
 Sentite, tante e tante
 che fan le schizignose più di me
 mangian la polentina se ve n’è.
 
 SCENA II
 
 Il CONTE e detti
 
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume,
865giacché nel principato
 ancor per questo dì fui confermato,
 impongo che si faccia
 una solenne streppitosa caccia.
 FABRIZIO
 E che deggio far io?
 CONTE
                                       Poco e pulito;
870un sferico pasticcio,
 due volatili allessi,
 un quadrupede arrosto,
 torta, latte, insalata e pochi frutti
 ed il di lei bon cor contenta tutti.
 FABRIZIO
875Ah non vuol altro? Sì sarà servito.
 (Stamane il disinar sarà compito).
 
    Basta basta lieti state,
 tutti addosso mi mangiate,
 tocca tocca solo a voi. (A Lauretta ed a Lindora)
880So il trattar co’ pari suoi, (Al conte)
 madamina starà bona,
 Laura fida al suo Fabrizio,
 signor conte quel caprizio
 io vi voglio contentar.
 
885   (Le carezze di una donna
 fan scordarsi d’ogni male)
 ma io son un animale;
 non mi voglio qui fermar. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Il CONTE, LINDORA e LAURETTA
 
 CONTE
 Generoso è Fabrizio e di bon core.
 LINDORA
890Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.
 LAURETTA
 Signori miei disingannar vi voglio;
 il povero Fabrizio è disperato;
 egli s’è ruvinato,
 ordina di gran cose ma stamane
895non ha due soldi da comprarsi un pane.
 LINDORA
 La colazione è andata.
 LAURETTA
 Con la mia cioccolata.
 CONTE
 La caccia e il disinar più non si fa...
 LINDORA
 Ma il cappon vi sarà?
 LAURETTA
                                          No certamente.
 LINDORA
900Come viver potrò senza ristoro?
 Ahimè, che languidezza. Io manco; io moro.
 CONTE
 Ah madama, madama;
 eccovi samperillie,
 spirito di melissa,
905acqua della regina,
 estratto di canella soprafina.
 LINDORA
 V’è alcuna speziaria?
 CONTE
                                         Sì mia signora.
 LINDORA
 Deh fatemi il piacer, contino mio,
 andatemi a pigliare
910della polvere d’oro,
 un cordiale di perle,
 un elexir gemmato,
 con qualche solutivo delicato.
 CONTE
 Per servirvi, madama, in un istante,
915pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante. (Parte)
 LAURETTA
 Eh madamina mia
 so io che vi vorria
 perché ogni vostro mal fosse guarito...
 LINDORA
 Che vi vorrebbe mai?
 LAURETTA
                                           Un bel marito. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 LINDORA, poi il CONTE accompagnato da uno speziale con vari medicamenti
 
 CONTE
920Eccovi lo spezial, signora mia,
 ed ha mezza con lui la speziaria.
 LINDORA
 Il cordiale?
 CONTE
                        Ecco il cordiale...
 LINDORA
 Mezzo voi, mezzo io...
 CONTE
                                          Io non ho male.
 LINDORA
 Quando si serve dama
925ricusar non si può.
 CONTE
 Dite ben, dite ben, lo beverò.
 LINDORA
 È gagliardo?
 CONTE
                          Un po’ troppo.
 LINDORA
 Ne vuo’ assaggiar un poco...
 Ah no no, non lo voglio, è tutto foco.
930Datemi l’elexir.
 CONTE
                                Eccolo qui.
 LINDORA
 Bevetene voi prima in quel bicchiere.
 CONTE
 Ma io...
 LINDORA
                 Ma voi non siete cavaliere?
 CONTE
 Vi domando perdono,
 vi servo, bevo e cavaliere io sono.
 LINDORA
935Vi piace?
 CONTE
                     Niente affatto;
 ha posto un mongibel nel corpo mio.
 LINDORA
 Dunque, quand’è così, non lo vogl’io.
 CONTE
 Ed intanto io l’ho preso.
 LINDORA
                                              Ahimè mi sento
 lo stomaco pesante.
940Ha portato il purgante?
 CONTE
                                              Sì madama,
 è questo un solutivo
 di molto operativo.
 LINDORA
 Lasciatelo veder...
 CONTE
                                    Eccolo.
 LINDORA
                                                   È troppo
 per lo stomaco mio.
945Mezzo il berete voi e mezzo io.
 CONTE
 Bisogno non ne ho.
 LINDORA
                                      Che importa questo?
 Prendetelo e bevete,
 se cavalier voi siete.
 CONTE
 Beverò, beverò, sì madamina.
950Lei ha mal ed io prendo medicina.
 LINDORA
 Oibò. Nausea mi fa, non lo voglio.
 CONTE
 Io sento un grande imbroglio
 nello stomaco mio.
 LINDORA
 Conte soffrite voi che soffro anch’io.
 CONTE
 
955   Io mi sento un tale impiccio
 entro me né so che sia
 aver preso per follia
 tanti imbrogli per piacer. (Parte)
 
 SCENA V
 
 LINDORA e GIACINTO
 
 LINDORA
 Povero conte! Al certo mi fa ridere...
 GIACINTO
960Madama siete attesa,
 avrete di già intesa