L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 (il signor Antonio Nesti)
 IL CONTE BELLEZZA
 (il signor Gasparo Barozzi)
 FORESTO
 (il signor Giacomo Galdinelli)
 
 BALLI
 
    La signora Angela Candi, il signor Antonio Sgati, la signora Cecilia Anibali, il signor Tommaso Scolarti, la signora Barbara Abram, il signor Giovanni Belmonte. La scena si rappresenta in un casino delizioso di messer Fabrizio situato alle rive del fiume Brenta. Il vestiario del signor Natal Canziani.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO che dorme sopra una poltrona in veste da camera e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella,
 il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori del letto.
5Con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar son imbrogliato.
 Orsù lo vuo’ svegliar. Già s’alza il sole;
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che verranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio.
 Svegliatevi, ch’è tardi.
15Su via, che s’alza il sole.
 V’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
20Se voi non m’ascoltate,
 non vuo’ parlar da stolto.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sapiate che io
 ho il denar terminato
25che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una buona provigione.
 Che rispondete? Sì, dorme di gusto.
 Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Già.
 FORESTO
                                              M’avete inteso?
 FABRIZIO
30Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Ma il denar?
 FABRIZIO
                           Che denar?
 FORESTO
                                                   M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Tutto non ho compreso.
 Tornate a dir.
 FORESTO
                            Alzatevi di grazia.
 FABRIZIO
35Voi avete timor ch’io m’addormenti,
 pericolo non v’è ma per gradirvi
 m’alzerò; via parlate. (S’alza e si accosta bel bello al poggio della poltrona)
 FORESTO
 Ora, signor, sapiate
 che non v’è più denaro...
 FABRIZIO
                                               Ben.
 FORESTO
                                                          Ch’io
40non so più cosa far, (S’addormenta Fabrizio) che oggi s’aspetta
 nuova forestieria...
 E buonanotte di vosignoria.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio...
 Signor Fabrizio... (Più forte)
 FABRIZIO
                                    Che! Come!
 FORESTO
                                                            Voi siete
45impastato di sonno.
 FABRIZIO
                                       Io? Che dite?
 Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.
 FORESTO
 Venite qua. (Lo prende per la mano e lo tien forte)
 FABRIZIO
                          Son qua.
 FORESTO
                                             Vi torno a dire,
 signor Fabrizio caro,
 che vi vuol del dinaro.
 FABRIZIO
50Ed io risponderò,
 signor Foresto caro, non ne ho.
 FORESTO
 Ma che fare dovrò,
 per supplire l’impegno in cui voi siete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
55Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscreti,
 che mangian tanto fieno,
 si potrian esitar.
 FABRIZIO
                                 Sì. (S’appoggia alle spalle di Foresto)
 FORESTO
                                         La carrozza?
 FABRIZIO
 La carroz... za... (S’addormenta)
 FORESTO
                                Ed io non sono pazzo
60di volervi servir per matarazzo.
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
 che se non v’è denar l’Arcadia vostra
 è presto terminata
65e tutta la brigata,
 provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
    Se vi mancano i contanti,
 fate quel che fanno tanti.
70Impegnate e poi vendete;
 e se robba non avete
 già si sa l’usanza vaga
 che si compra e non si paga
 e si gode all’altrui spalle
75ed aspett’il creditor.
 
    Questa regola è diffusa,
 da per tuto già si usa.
 Ed è segno ch’ha del credito,
 quando un uomo è debitor.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
80Per dirla, quasi quasi
 or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
 son già stato graziato, il dover mio
85vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi e poi vi son quelle ragazze
 che mi piacciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
 Ma diavolo si spende
90troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ far il conto
 quant’ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora. (Tira fora un foglio ed una penna da lapis)
 
    Quattrocento bei ducati...
95poverini, sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati, poverini.
 Trenta doppie... oh che animale!
 Cento scudi... oh bestiale!
100Quanto fanno? Io non lo so!
 
    I zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento!
 Basta, il conto è bello e fatto,
105perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Giardino che termina al fiume Brenta.
 
 ROSANA, LAURA, GIACINTO e FORESTO, sopra sedili erbosi, poi FABRIZIO
 
 CORO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel contento
 degli augellin canori!
110Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar.
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia!
 Fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
    Che bell’udir quest’aure,
115quell’onde sussurar!
 
 GIACINTO
 Belissima Rosana,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 ROSANA
 Anzi mi fate onore
120e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
 E voi, Laureta cara,
 seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete...
 LAURA
                                   E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Bravi, così mi piace.
125Voi quattro in buona pace
 state qui allegramente
 ed il pover Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                          Io sederei
 qui volentieri un poco,
130s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
 Intesi a dir fra l’altre cose vere
 che non manca mai sedia a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 (Cappari! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta, aspetta).
135Amico una parola. (A Foresto)
 FORESTO
                                     E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Un capo storno!
 FORESTO
 Dell’arsan?
 FABRIZIO
                               Io!
 FORESTO
                                       Lauretta, adesso torno. (S’alza)
 Eccomi, ov’è il denaro?
 FABRIZIO
140Aspettate un momento.
 Passeggiate un tantino ed io mi sento. (Sede nel loco del Foresto)
 Ah, ah te l’ho ficcata.
 Oh questa sì ch’è bella,
 io non voglio star senza pastorella.
 FORESTO
145Patienza, me l’hai fatta;
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vuo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà? (S’alza)
 FABRIZIO
                                   Ma finalmente...
 LAURA
150Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio.
 Dirò meglio; voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Il padrone di casa?
 LAURA
                                      Che padrone!
155Questa casa ch’è qui non è più vostra.
 Questa è l’Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi pastore;
 e non serve che fate il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite!
 LAURA
160Non occorre che dite:
 «Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
165che non v’abbiam sinor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
170   Vogliamo fare
 quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
175perché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio
 siete arrabiato?
 Via, ch’ho burlato,
180non dirò più.
 
    L’Arcadia nostra
 tutto permette.
 Due parolette
 non fanno male.
185Un animale
 di voi più docile
 già mai non fu.
 
 SCENA IV
 
 ROSANA, GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Io rimango incantato.
 FORESTO
 Signor, che cosa è stato?
190Se commanda seder, si serva pure.
 Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella. (Contrafacendo Fabrizio)
 FABRIZIO
 Ancor voi mi burlate?
 FORESTO
 Io burlarvi? Pensate.
195Sete l’amico mio più fido e caro.
 Ma se manca il denaro,
 vi giuro in fede mia
 che tutti se n’andiamo in compagnia. (Parte)
 FABRIZIO
 Andate col malan ch’il ciel vi dia.
200Ma, signora Rosana,
 che dite voi, che dite voi, Giacinto,
 del parlar di Lauretta!
 GIACINTO
                                           E non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso,
205cospetton di Bacco,
 se me n’ha dette un sacco!
 ROSANA
 Eppure il di lei sdegno
 parmi d’amore un segno.
 La femina talora
210scaltra finge d’odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
 Possibile che m’ami
 e così mi strappazzi?
 ROSANA
                                         Io ve lo giuro,
 statene per sicuro.
 Più volte l’amor suo m’ha confidato.
215Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amor indiavolato!
 GIACINTO
 È ver? (Piano a Rosana)
 ROSANA
                 (Mi prendo spasso). (A Giacinto)
 Sapete la cagione (A Fabrizio)
 ch’or la rese furiosa?
 Perché di me gelosa.
 FABRIZIO
                                        Or la capisco.
220Ma che motivo ha mai
 d’ingelosir di voi?
 ROSANA
                                    Gli affetti miei
 ho confidati a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur mi amate?
 ROSANA
 Purtroppo è ver.
 FABRIZIO
                                 Bellezze fortunate. (Toccandosi il viso)
225Giacinto, che ne dite?
 Forse v’ingelosite?
 GIACINTO
                                     Niente affatto.
 Io non sono sì matto,
 s’ella v’ama, signor, io vado via,
 che non voglio impazzir per gelosia.
 
230   D’un amante è gran follia
 impazzir per gelosia,
 s’una donna è di me stanca,
 non mi manca altra beltà.
 
    Per la donna chi s’affanna,
235chi s’adira assai s’inganna,
 già si sa che invan si spera
 una vera fedeltà.
 
 SCENA V
 
 ROSANA e FABRIZIO
 
 FABRIZIO
 Dunque, se voi mi amate,
 discorriamola un poco.
 ROSANA
240Ma Laura sarà poi meco sdegnata.
 FABRIZIO
 Io non vuo’ quella donna indiavolata.
 ROSANA
 L’amicizia, il dover non lo permette.
 FABRIZIO
 Amor non vuol riguardi,
 aggiustiamo le cose infra di noi
245e lasciate che poi Lauretta dica.
 ROSANA
 V’amo ma non vogl’io tradir l’amica.
 FABRIZIO
 Oh caro il mio tesoro,
 già spasimo, già moro. (S’accosta)
 ROSANA
 Olà signor Fabrizio,
250più rispetto vi dico e più giudizio.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi un servo che non parla
 
 FABRIZIO
 Rosana mi vuol bene e mi discaccia;
 Laura mi porta affetto e mi strappazza.
 Io non so di che razza
 siano cotesti amori.
255Se le ninfe e i pastori
 s’innamoran così son tutti matti,
 questo sembra un amor tra cani e gatti.
 Chi? Madama Lindora?
 Dille che venga tosto e non si penta,
260che venga ad onorar l’Arcadia in Brenta. (Parte il servo)
 Caspita, questa dama
 di conoscermi brama?
 Fosse di me invaghita! Allora sì
 che queste due ragazze
265farei di gelosia diventar pazze.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA con due braccieri
 
 LINDORA
 Come non v’è nessuno
 che mi venga a incontrar? Dov’è il padrone?
 FABRIZIO
 Vi prego in ginocchione
 perdonar se ho tardato.
 LINDORA
270Il padrone di casa è un malcreato.
 FABRIZIO
 Il padrone son io.
 LINDORA
 Oh scusi padron mio,
 detto ho così per gioco,
 gli dimando perdon se ho detto poco.
 FABRIZIO
275Che serve, un’altra volta
 meglio si porterà.
 LINDORA
 Guardate per pietà
 che non vi siano fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
280L’odor non è cattivo, faccia grazia. (Li dà da odorare)
 LINDORA
 Ahi, ahi.
 FABRIZIO
                   Qualche disgrazia!
 LINDORA
 Maledetto giardino,
 ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via!
 LINDORA
                                         Sì fate presto.
 FABRIZIO
285Vattene o brutto vaso,
 che di madama hai conturbato il naso.
 LINDORA
 È lei signor Fabrizio?
 FABRIZIO
                                          Sì signora.
 LINDORA
 È questo il suo casino?
 FABRIZIO
                                            Quest’è il casino
 ove ogn’anno io villeggio.
 LINDORA
                                                Oibò, che robba?
290Non si può far di peggio.
 FABRIZIO
 Se mai non le piacesse, ella è padrona
 d’andar quando le pare.
 LINDORA
 No no non voglio fare
 questo gran torto al mio signor Fabrizio.
295Resterò e vi farò questo servizio.
 FABRIZIO
 Obbligato da vero; ma se mai
 se ne volesse andar...
 LINDORA
                                         Dite, ove sono
 l’arcadi pastorelle?
 FABRIZIO
                                     Io non lo so.
 LINDORA
 Non importa signor, le cercherò.
 FABRIZIO
300Commanda ch’io la servi?
 LINDORA
                                                  Obbligatissima.
 Voi siete un po’ vecchieto,
 io voglio che mi serva un giovinetto.
 FABRIZIO
 Adunque io son vecchio?
 Perché viene da me?
 LINDORA
                                         Per tormi spasso.
 FABRIZIO
305Spasso de’ fatti miei?
 LINDORA
                                          No bel visino,
 no, di voi non mi burlo, anzi vi stimo.
 Vi lodo, vi professo obbligazione
 e vi dico che siete...
 FABRIZIO
                                      Un bel minchione.
 LINDORA
 Non dicevo così.
 FABRIZIO
                                 Ma io lo dico.
 LINDORA
310Quando lo dice lei, non contradico.
 FABRIZIO
 Ma vada, non conviene
 una donna di spirto come lei
 perdere il tempo suo co’ pari miei.
 LINDORA
 Voi siete un bel spirto,
315voi siete della Brenta il primo onore,
 d’Arcadia il gran pastore
 siete signor Fabrizio,
 senza diffetto alcun.
 FABRIZIO
                                       Senza giudicio.
 LINDORA
 Eh, che dite?
 FABRIZIO
                           Conosco il merto mio.
 LINDORA
320Quando lo dite voi lo dico anch’io.
 FABRIZIO
 Dunque?
 LINDORA
                     Dunque men vado
 a ritrovar le belle
 di questa vostra Arcadia pastorelle.
 
    Riverente a lei m’inchino.
325Ehi, braccieri; qua la mano,
 venga presto... Andate piano,
 venga poi... Non mi stroppiate,
 correr troppo voi mi fate.
 Mi vien mal, non posso più.
 
330   Via bel bello, andiamo avanti,
 le son serva, addio monsù. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO, poi il servo
 
 FABRIZIO
 Oh questa sì ch’è bella,
 vuol per forza restare e mi strapaza;
 quest’è di quella raza
335di gente che vuol dire e che vuol fare
 e dove mette il piè vuol comandare.
 Ma cresce la brigata
 e il denar va mancando; e la carrozza
 sarà venduta ed i cavalli ancora.
340Pazienza, almen ho il gusto
 di veder due ragazze innamorate
 che per me tutte due son spasimate.
 Oh diavolo! Che dici? (Al servo)
 Viene il conte Bellezza? Venga, venga,
345giacché alla casa s’ha da veder il fondo,
 venga pur tutto il mondo.
 
 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello da cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 FABRIZIO
 Poh, che gran signorone,
 costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
350che prostrato si veda
 al prototipo ver de’ generosi
 l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato.
 CONTE
 La fama ha publicato
355i pregi vostri con eroica tromba;
 l’eco intorno rimbomba
 il nome alto e sovranno
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
360Ed io pur bramerei,
 anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei ladroni.
 CONTE
365Ah mio signor, perdoni
 se tracotante, ardito,