L’Arcadia in Brenta, libretto, Bologna, Pisarri e Primodì, 1753 (Faenza)

 prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
370S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
 poco disse finor di voi parlando,
 voi cantando, esaltando.
 Veggo più, veggo molto
 in quell’amabil volto
375che con raggi di placido splendore
 spiega l’idea del liberal suo core.
 FABRIZIO
 Signor lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so.
 Per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
380Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
 col mutto favellar va rispondendo.
 Ed io, che tutto intendo,
 il genio suo comprendo.
385Ella vuol favorirmi ed io m’arrendo
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda,
 è tutta una facenda.
 Se qui vuole restar, mi farà onore,
390cerimonie non fo, son di buon cuore.
 CONTE
 Viva il buon cuor. Anch’io l’affettazione
 odio nelle persone,
 parlar mi piace natural affatto.
 Perciò dal seno estratto
395il più divoto e caldo sentimento,
 trabocca dalle labra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale
 parla ben, non v’è male.
 CONTE
 La provida natura
400prese di me tal cura
 che mi rese il più vago e il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
 riposarsi, è padron.
 CONTE
                                       Sì, mio signore;
405accettarò l’onore
 che l’arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio,
 servi questo signor.
 CONTE
                                       L’esuberanza,
410anzi l’esorbitanza
 delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
 ch’io manchi al dover mio.
 FABRIZIO
415Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
    No s’adiri di grazia, ch’io taccio,
 non vo’ darli più noia né impaccio,
 bramo solo... Sto zitto e non parlo,
 più non ciarlo, credetelo a me.
 
420   Ma tal pena chi può mai soffrire?
 Io star cheto? Mi sento morire.
 Signor caro... ho finito in mia fé.
 
 SCENA X
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
425E viva l’allegria. Corpo del diavolo,
 quand’io mi divertisco
 proprio ringiovenisco.
 E quelle ragazzette,
 quanto sono carette!
430Per passare con esse i giorni miei,
 cospetto... non so dir cosa farei. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Madama LINDORA, poi il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove Laura e Rosana,
 dove mai sono?
 Vorrei seder un poco.
435Chi è di là? V’è nessuno?
 IL CONTE
 Madam, vi son io.
 LINDORA
 Da sedere... Oh perdoni;
 non l’avevo veduto.
 CONTE
 A tempo son venuto. (Gli dà la sedia)
440S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi...
 CONTE
 Anzi al provido ciel le grazie io mando,
 perché degno mi fe’ di suo commando.
 LINDORA
 Ma chi è lei mio signore?
 CONTE
 Son il conte Bellezza.
445Un vostro servitore,
 obbligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
 Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterle bacciar la bianca mano.
 LINDORA
450Ahi!
 CONTE
            Cos’è stato?
 LINDORA
 Voi m’avete toccato
 con troppa confidenza,
 questa con le mie pari è un’insolenza!
 CONTE
 Leggierissimamente
455alzo la lattea delicata mano
 e con l’avida bocca...
 LINDORA
 No no, che se mi tocca
 l’acuto pelo che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svenimento.
 CONTE
460Lo farò con tal arte
 che voi ne stupirete;
 siate pietosa, oh dio, se bella siete.
 LINDORA
 (Rider mi fa).
 CONTE
                             Prostrato,
 mia bella, al vostro piede,
465vi domando pietà, grazia, mercede.
 LINDORA
 Via, prendete la mano.
 CONTE
 Cara man...
 LINDORA
                         Piano, piano.
 CONTE
 Ancor non l’ho toccata.
 LINDORA
 L’avete con il fiato un po’ alterata.
 CONTE
470Andrò cauto anche in questo.
 Lasciate...
 LINDORA
                      (Son stanca).
 CONTE
 Riposate la man sovra il mio braccio.
 LINDORA
 Che ruvido pannaccio!
 CONTE
 Vi porrò il fazzoletto.
 LINDORA
475Non mi par molto netto.
 CONTE
 Dunque che far dovrò?
 LINDORA
 Non saprei.
 CONTE
                         Ah madama io morirò.
 LINDORA
 Vi vorrei compiacer ma non vorrei
 che la mia compassione...
 CONTE
480Trovata ho una invenzione
 che non vi spiacerà. La bella mano
 alzate da voi stessa
 e mentre ella s’appressa al labro mio
 il labbro inchino e me gl’accosto anch’io.
 LINDORA
485Mi contento.
 CONTE
                          Sian grazie al cielo, al fato;
 generosa madama, io son beato,
 eccomi, alzate un poco.
 Ancora un poco più.
 LINDORA
                                       Non mi stancate.
 CONTE
 Ma se non vi fermate
490per un momento solo.
 
 SCENA XII
 
 FABRIZIO, FORESTO e detti
 
 FABRIZIO
 Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 FORESTO
 Ancor io ma di core.
 CONTE
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
495per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
 È gentilezza vostra,
 non già merito mio.
 FABRIZIO
 Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato v’abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
500Anch’io l’Arcadia lodo
 e d’esservi soggetta esulto e godo.
 CONTE
 Ah che più goderei
 il bramato piacer de’ labbri miei.
 FORESTO
 A voi, principe degno,
505del suo rispetto in segno
 manda l’Arcadia vostra
 questo serto di fiori.
 LINDORA
 Andate, andate via, con questi odori.
 FABRIZIO
 Via, madama Lindora
510non li può sopportar.
 CONTE
                                         Deh riponete
 questo serto fatale.
 LINDORA
 Mi sento venir male.
 FABRIZIO
 Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 CONTE
515Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FORESTO
 (Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
 mi voglio divertir con chi ne piglia).
520Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta, schietta e leggierissima.
 LINDORA
 Questo, questo mi piace, obbligatissima.
 FORESTO
 Commanda? (Al conte)
 CONTE
                            Mi fa grazia. (Prende tabacco)
 FORESTO
 E voi? (A Fabrizio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore. (Prende anche lui)
 FORESTO
525Voglio rider di core,
 la stranutiglia vera
 li farà stranutar sino alla sera. (Parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada.
 
 CONTE
 
                            Vada lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
 Anzi lei. Vada. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE, FABRIZIO
 
530Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie. Eccì. (Forte)
 Ahi? Eccì. Ahi! Eccì. (Si getta a sedere)
 
 FABRIZIO
 
 Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto. Eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo! Son qua io.
 Forti. Eccì. (Stranuta)
 
 CONTE
 
                        Alto. Eccì. (Stranuta)
 
 LINDORA
 
535Aiutatemi, eccì.
 
 IL CONTE, FABRIZIO
 
    Che tabacco, eccì, eccì.
 Maledetto, eccì, eccì.
 Che tormento che mi sento,
 più non posso, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
540   Via madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente!
 
 LINDORA
 
 Aqua fresca per pietà. (S’alza)
 
 CONTE
 
    Vado a prenderla, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Ve la porto, eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
545Il mio naso, la mia testa,
 il mio petto, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
 V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
    Dunque andiamo in compagnia
550a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
    Vada, vada, eccì, eccì.
 Maledetto tabacaccio!
 
 CONTE
 
 Oh che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
555Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 A TRE
 
 Faccia grazia, eccì, eccì.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa.
 
 Tutti a sedere, cioè il CONTE in mezzo, madama LINDORA alla dritta, GIACINTO presso ROSANA, FORESTO vicino a LAURETTA e FABRIZIO da un lato, arrabiato per non esser vicino ad alcuna donna
 
 IL CONTE
 Dai lacci neghitosi del silenzio
 scatenando la lingua,
 qual monarca di dive e semidei,
560do glorioso principio a’ cenni miei.
 FABRIZIO
 Signor principe caro,
 il povero Fabrizio
 gli manda un memorial, con cui lo prega
 commandar ai pastor che per servizio
565lascino qualche ninfa anco a Fabrizio.
 CONTE
 Giuste le preci son ma non è giusto
 delle ninfe arbitrar. Quella sia vostra
 che inclinata e proclive a voi si mostra.
 FABRIZIO
 Tutte vorranno me.
 ROSANA
                                      Sarei contenta
570se del signor Fabrizio
 foss’io la ninfa elletta
 ma non vuo’ disgustar la mia Lauretta.
 LAURA
 Eh no no, giacché vedo
 che a voi piace quel viso, io ve lo ciedo.
 FABRIZIO
575E fra due litiganti il terzo goda.
 Io sarò di madama,
 se mi vuol, se mi brama.
 LINDORA
 Vi domando perdono,
 non mi vuo’ scommodar di dove sono.
 FABRIZIO
580Dunque dovrò star senza?
 GIACINTO
 Voi dovete soffrire.
 FORESTO
                                      E aver pazienza.
 FABRIZIO
 (Maledetti! Mi mangiano le coste,
 a penar mi conviene?
 Or sì che i miei denar gli spendo bene).
 IL CONTE
585Dall’arcadico trono,
 a cui per vostro dono io son alzato,
 due comandi vi do tutti in un fiato.
 Primo: ciascuna ninfa
 scelga il pastor, di tutti alla presenza,
590ma non vuo’ che Fabrizio resti senza.
 Secondo: quel pastor che sarà eletto
 con qualche regaletto
 riconosca la ninfa
 e lei, com’è il dovere,
595del regalo disponga a suo piacere.
 FABRIZIO
 Bravo, bravo, vi lodo.
 ROSANA
 D’un tal commando io godo;
 potrò senza riguardi
 il mio genio svelar.
 GIACINTO
                                      (Già mia voi siete). (Piano a Rosana)
 ROSANA
600Deh lasciate che io finga e non temete. (Piano a Giacinto)
 FABRIZIO
 Lasciatela parlar. (A Giacinto)
 ROSANA
                                   Se mi concede
 il sospirato onore,
 sarà il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
 Evviva, evviva. Ah! Che ne dite? Oh cara!
605Per la mia pastorella io già vi accetto.
 LAURA
 Piano, piano di grazia, padron mio,
 che ci pretendo anch’io.
 Or che non v’è riparo,
 la maschera mi levo e parlo chiaro.
610V’ho scelto nel mio core
 di già per mio pastore
 e se non mi volete
 impazzir e creppar voi mi vedrete.
 FORESTO
 (So che finge). Ma come! Se Rosana...
 ROSANA
615Io Fabrizio pretendo.
 LAURA
 Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
 Signor principe, questo è un brutto imbroglio.
 IL CONTE
 Dall’arcadico soglio
 così decido e voglio:
620per consolar delle due ninfe il core,
 abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
 Evviva, evviva; bravo per mia fé,
 son capace, lo giuro, anco per tre.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
625s’ella dice da vero e non ischerza,
 io fra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
 Venga la quarta ancor, mi fa servigio;
 non mi perdo in la folla; io son Fabrizio;
 levatevi di qua. (A Foresto e a Giacinto)
630Loco per voi non c’è.
 Una volta per uno, tocca a me.
 IL CONTE
 Olà, suddito nostro,
 fermatevi per ora.
 Non è finito ancora.
635Se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
 (Oimè, sono imbrogliato,
 questo favor mi vuol costar salato).
 GIACINTO
 Su via fatevi onore.
 FORESTO
640Via, portatevi ben signor pastore.
 FABRIZIO
 A voi Rosana bella,
 mia cara pastorella,
 perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante io vi presento.
 ROSANA
645È molto spiritoso, è molto bello;
 brilla comecché a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
 Grazie a lei. A Lauretta,
 graziosa, vezzoseta,
 per cui ognora tormentato sono,
650questo orologio d’or presento in dono.
 LAURA
 Il vostro dono accetto
 e contemplar prometto
 in lui la vostra amabile figura,
 perché voi siete tondo di natura.
 FABRIZIO
655Obbligato. A madama
 perché si guardi dalla stranutiglia
 le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
 Ed io, che v’amo tanto, bramerei
 che in questa tabacchiera,
660per poterne goder a tutte l’ore,
 fosse polverizzato il vostro core.
 FABRIZIO
 Che bontà! Che finezze?
 IL CONTE
                                               Or di que’ doni
 ne disponga ciascuna a suo talento
 e facia al donator un complimento.
 ROSANA
665Io pongo quest’anello
 nelle man di Giacinto
 e dico al donatore
 ch’io lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
 Come?
 LAURA
                 Quest’orologgio
670a Foresto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n’importa un ficco.
 FABRIZIO
 Che! Che?
 LINDORA
                       La tabacchiera
 al principe presento e mio pastore,
675perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l’ha donato è un animale.
 IL CONTE, GIACINTO
 Viva il signor Fabrizio.
 FORESTO
 Si rallegriam con lei.
 FABRIZIO
 Che siate maledetti tutti sei. (S’alzano)
 
680   Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo,
 che! Sono un cavolo?
 Son gentiluomo
 del mio paese,
685io fo le spese,
 io son padrone,
 che impertinenza!
 Che prepotenza!
 Come? Che dite?
690Eh padron mio,
 basta così.
 
    La vuo’ finire,
 me ne vogl’ire.
 Signore ninfe,
695gnori pastori,
 bon viaggio a loro.
 Se n’anderanno,
 signori sì.
 Che? Non gli piace.
 
 SCENA II
 
 Tutti, fuorché Fabrizio
 
 FORESTO
700Signori, con licenza,
 vuo’ seguitar Fabrizio. Egli è arrabiato.
 Vuo’ veder di placarlo. A dirla schietta,
 tutto il torto non ha. Ma questo è il frutto
 di chi vuol far di più del proprio stato;
705spende, soffre, non gode ed è burlato. (Parte)
 LAURA
 Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl’innamorati
 e credon col contante
 render la donna amante.
710Quando il genio non v’è, non fanno niente.
 Si lascian nell’inganno;
 e se si voglion rovinar suo danno.
 LINDORA
 In quanto a questo poi,
 non dico come voi,
715non dono e non accetto
 e per non ingannar nulla prometto.
 LAURA
 Parliam d’altro di grazia.
 IL CONTE
                                                Deh madama. (A Lindora)
 Andiamo per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori,
720la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 ROSANA
 (Che parlar caricato).
 GIACINTO
 (E pur così affettato
 vi dovrebbe piacer).
 ROSANA
                                        (Per qual ragione?)
 GIACINTO
 Piace alle donne assai l’adulazione. (A Rosana)
 IL CONTE
725Concedete ch’io possa
 regger col braccio mio... (A Lindora)
 LAURA
 Eh signor conte mio,
 lei parte con madama,
 Rosana se n’andrà col suo Giacinto
730ed io resterò sola?
 Lei di cavalleria non sa la scola.
 IL CONTE
 Ha ragion.
 Io sono un mentecato, io son un bue.
 Servirò, se il permette, a tutte due.
 LAURA
735Se madama l’accorda...
 LINDORA
                                             Io nol contendo.
 LAURA
 Io son contenta e le sue grazie attendo.
 IL CONTE
 Eccomi. Favorisca. Faccia grazia.
 Su l’umil braccio mio poggi la mano.
 LAURA
 Caminate più presto.
 LINDORA
                                          Andate piano.
 GIACINTO
740(Son godibili assai). (A Rosana)
 ROSANA
 (Più grazioso piacer non ebbi mai). (A Giacinto)
 LAURA
 Ma via, non vi mancate?
 IL CONTE
                                               Eccomi. Lesto.
 LINDORA
 Non andate sì presto;
 di già voi mi stroppiate.
 LAURA
745Con questo andar sì pian, voi m’ammazate.
 GIACINTO
 (Oh belli!)
 ROSANA
                       (Oh cari!)
 IL CONTE
                                            (Io sono
 nel terribile impegno). Via, madama,
 un tantinin più presto.
 Eh via, cara signora,
750un tantinin più piano.
 LAURA
 Più piano di così? Mi vien la morte.
 LINDORA
 Vi dico ch’io non posso andar sì forte.
 IL CONTE
 
    Questa forte e quella piano,
 l’una tira e l’altra mola,
755non so più cosa mi far.
 Favoriscano la mano,
 anderò come potrò.
 
    Forti, forti, saldi, saldi,
 vada pur ciascuna sola.
760Io gli sono servitor.
 
    Che commanda? Eccomi qui.
 Ch’io la temi? Eccomi pronto.
 Cominciam così, così.
 Troppo forte? Troppo piano?
765D’incontrar io spero invano
 di due donne il strano umor.
 
 SCENA III
 
 ROSANA, GIACINTO, LINDORA, LAURETA
 
 GIACINTO
 Ah ah, che bella cosa!
 ROSANA
 Cosa invero piacevole e gustosa.
 LAURA
 Madama, andate pian quanto volete,
770per non venir in vostra compagnia,
 vi faccio riverenza e vado via. (Parte)
 LINDORA
 Oibò? Correr sì forte
 non conviene per certo ad una dama.
 Affettar noi dobbiam, per separarci
775dalla gente ordinaria,
 una delicatezza estraordinaria. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ROSANA e GIACINTO
 
 ROSANA
 Bei caratteri al certo.
 GIACINTO
                                         Anzi bellissimi.
 Io che stolto non son scelta ho per ninfa
 donna di senno e di beltà.
 ROSANA
                                                  Di grazia,
780non seguite anche voi quel vil costume
 di adular per piacere.
 GIACINTO
                                          Ah nol temete;
 io vi stimo assai più che non credete.
 ROSANA
 Per or godo l’onore
 che siate mio pastore
785ma, terminata poi l’Arcadia nostra,
 pastorella non son, non son più vostra.
 GIACINTO
 Chi sa, se non sdegnate
 di chi v’adora il core,
 io per sempre sarò vostro pastore.
 ROSANA
790Felicissima Arcadia allor direi,
 se tutti i giorni miei
 lieta passar potessi al colle, al prato
 col mio pastor, col mio Giacinto allato.
 
    Se di quest’alma i voti
795ascolta il dio d’amor,
 lieto sarà il mio cor,
 sarò felice.
 
    Per or di più non dico
 ma forse un dì verrà
800che il labbro dir potrà
 quel ch’or non lice.
 
 SCENA V
 
 GIACINTO
 
 GIACINTO
 Purtroppo è ver che s’introduce il foco
 d’amor ne’ nostri petti a poco a poco.
 Queste villeggiature
805in cui sì francamente