L’Arcadia in Brenta, libretto, Genova, Tarigo, 1764

 LAURA
                                        Vuol far grazia
1130d’ordinarla in cucina?
 FABRIZIO
 (Certo tu non la bevi stamattina).
 
 SCENA II
 
 Madama LINDORA e detti
 
 LINDORA
 Signor Fabrizio, amabile e garbato,
 ella sia il ben levato.
 FABRIZIO
                                        Ancora lei...
 LINDORA
 Supplicarla vorrei
1135ordinar mi sia data
 la mia colazioncina praticata.
 FABRIZIO
 E in che consiste la sua colazione?
 LINDORA
 Fo pestar un cappone,
 poscia lo fo bollire a poco a poco
1140e lo fo consumar fin che vi resta
 di brodo un scudellino
 e vi taglio due fette di panino.
 FABRIZIO
 Se il cappon non vi fosse...
 LINDORA
                                                  Oh me meschina!
 Certo mi ammalerei,
1145certo per debolezza io morirei.
 FABRIZIO
 Se il brodo del cappon vuol aspettare,
 stamattina madama ha da crepare.
 
 SCENA III
 
 Il CONTE e detti
 
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume, (A Fabrizio)
 giacché nel principato
1150anco per questo dì fui confermato,
 impongo che si faccia
 una solenne strepitosa caccia.
 I cacciator son lesti,
 sono i cani ammaniti, altro non manca
1155che il generoso core
 d’ospite così degno
 supplisca dal suo canto al grande impegno.
 FABRIZIO
 Come sarebbe a dir?
 CONTE
                                         Poco e polito,
 un sferico pasticcio,
1160due volatili alessi,
 un quadrupede arrosto,
 torta, latte, insalata e pochi frutti;
 e poi il di lei bel cor contenta tutti.
 FABRIZIO
 Ah non vuol altro? Sì, sarà servito.
1165(Stamane il desinar sarà compito).
 
 SCENA IV
 
 FORESTO e detti
 
 FORESTO
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 E ben, che c’è di novo?
 FORESTO
 È un’ora che vi cerco e non vi trovo.
 Dove diavolo è
 il rosolio, il caffè?
1170Giacinto ne vorria, Rosanna il chiede
 e un cane che lo porti non si vede.
 FABRIZIO
 Oh canchero! Mi spiace, presto presto.
 Pancrazio, dove sei? (Viene il servo)
 Apri l’orecchio bene,
1175servi questi signor come si conviene.
 
    A Lauretta la sua cioccolata,
 a madama un tazzin di ristoro.
 Il rosolio a quegli altri e il caffè.
 Poi farai una torta sfogliata.
1180(Zitto... ascolta). Farai un pasticcio...
 (Zitto, dico. Non dir: «Non ve n’è».
 
    Già lo so tutto quel che vuol dire.
 Non v’è roba, non v’è più denaro.
 Non importa; sta’ cheto, l’ho caro;
1185tai pensieri non toccan a te). (Parte col servo)
 
 SCENA V
 
 CONTE, madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 CONTE
 Generoso è Fabrizio.
 LINDORA
                                         È di buon core.
 LAURA
 Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.
 FORESTO
 Signori miei, disingannar vi voglio.
 Il povero Fabrizio è disperato.
1190Egli s’è rovinato.
 Ordina di gran cose ma stamane
 non ha due soldi da comprarsi un pane.
 LAURA
 Ma la mia cioccolata?
 FORESTO
 Per stamattina è andata.
 CONTE
1195La caccia e il desinar?
 FORESTO
                                           Convien sospendere,
 finché si trovin quei che voglion spendere.
 LINDORA
 Ma il cappon vi sarà?
 FORESTO
                                          No, certamente.
 LINDORA
 Come viver potrò senza ristoro?
 Aimè, che languidezza! Io manco, io moro.
 CONTE
1200Ah madama, madama,
 eccovi sampareglie,
 spirito di melissa,
 acqua della regina,
 estratto di canella sopraffina.
 LINDORA
1205V’è alcuna spezieria?
 FORESTO
                                         Sì, mia signora.
 LINDORA
 Deh fatemi il piacer, contino mio,
 andatemi a pigliare,
 giacché non ho ristoro,
 della polvere d’oro,
1210un cordial di perle,
 un elexir gemmato
 con qualche solutivo delicato.
 CONTE
 Per servirvi, madama, in un istante,
 pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 LAURA
1215Eh madamina mia,
 so io che vi vorria
 perché ogni vostro mal fosse guarito.
 LINDORA
 E che mai vi vorrebbe?
 LAURA
                                             Un bel marito.
 
    Le fanciulle giovinette
1220son soggette a certi mali
 ma non hanno gli speziali
 la ricetta che vi vuol.
 
    Altro recipe richiede
 della giovine il difetto.
1225Un amante giovinetto
 d’ogni mal sanar la puol.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA e FORESTO
 
 FORESTO
 Che ne dite, madama, la ricetta
 piacevi di Lauretta?
 LINDORA
                                        Io non ascolto
 né di lei né di voi le debolezze.
1230Le passioni d’amor son leggierezze.
 FORESTO
 Modestia è gran virtù. Ma finalmente
 la passione del cor convien che sbocchi,
 che se il labbro non parla, parlan gli occhi.
 Voi adorate il conte.
 LINDORA
1235State zitto, ch’ei viene.
 FORESTO
 Parto, perché sturbarvi non conviene. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 Madama LINDORA, poi il CONTE con un speziale con vari medicamenti
 
 LINDORA
 Io l’amo, è ver, ma non vo’ dirlo adesso,
 vo’ sostener la gravità del sesso.
 CONTE
 Eccovi lo spezial, signora mia.
1240Ed ha mezza con lui la spezieria.
 LINDORA
 Il cordiale? (Al conte)
 CONTE
                         Il cordiale, (Allo speziale) ecco il cordiale. (A madama)
 LINDORA
 Mezzo voi, mezzo io.
 CONTE
                                        Io non ho male.
 LINDORA
 Quando si serve dama,
 ricusar non si può.
 CONTE
1245Dite ben, dite bene, io beverò. (Ne getta mezzo in un bicchiere e lo beve, poi dà il resto a Lindora)
 LINDORA
 È gagliardo?
 CONTE
                          Un po’ troppo.
 LINDORA
 Ne vo’ assaggiar un poco,
 ah no no, non lo voglio, è tutto foco.
 Datemi l’elexir.
 CONTE
                                Eccolo qui.
 LINDORA
1250Bevetene voi prima in quel bicchiere.
 CONTE
 Ma io...
 LINDORA
                 Ma voi non siete cavaliere.
 CONTE
 Vi domando perdono,
 vi servo, io bevo e cavalier io sono.
 LINDORA
 Vi piace?
 CONTE
                     Niente affatto,
1255mi ha posto un mongibel nel corpo mio.
 LINDORA
 Dunque, quand’è così, non lo vogl’io.
 CONTE
 Ed io intanto l’ho preso.
 LINDORA
                                              Oimè mi sento
 lo stomaco pesante.
 Ha portato il purgante?
 CONTE
                                              Sì, madama,
1260è questo un solutivo
 ch’è molto operativo;
 e se voi vi sentite indigestione,
 in poch’ore farà l’operazione.
 LINDORA
 Lasciatelo veder?
 CONTE
                                   Eccolo.
 LINDORA
                                                  È troppo
1265per lo stomaco mio.
 Mezzo voi il beverete e mezzo io.
 CONTE
 Bisogno non ne ho.
 LINDORA
                                      Che importa questo?
 Prendetelo e bevete,
 se cavalier voi siete.
 CONTE
1270Beverò, beverò, sì, madamina.
 (Ella ha mal ed io prendo medicina).
 LINDORA
 Oibò, nausea mi fa; no, non lo voglio.
 CONTE
 Io sento un grande imbroglio
 nello stomaco mio.
 LINDORA
1275Conte, soffrite voi, che soffro anch’io.
 CONTE
 
    Sì, madama, soffrirò.
 Ma mi sento un certo che...
 che vorrebbe tornar su.
 Ahi soffrir non posso più.
1280Deh, ch’io vada permettete,
 attendete, tornerò.
 
    No, vi dico, non vorrei...
 Se sentiste i dolor miei;
 nol credete? Io tacerò.
1285Voi volete? Io creperò.
 
 SCENA IX
 
 Madama LINDORA, poi GIACINTO
 
 LINDORA
 Povero conte! Al certo riderei,
 se non mi fece il rider tanto male.
 GIACINTO
 Madama, siete attesa.
 Avrete di già intesa
1290la disgrazia dell’ospite compito
 che la bell’Arcadia ha già fallito.
 Rosanna, che non lungi ha la sua villa,
 tutti seco c’invita;
 colà l’Arcadia unita
1295sarà con più giudizio
 e con noi conduremmo anco Fabrizio.
 LINDORA
 Oh povero Fabroni!
 Me ne dispiace assai. Ma non ci penso,
 perché, se ci pensassi,
1300forse per compassion m’attristerei;
 e attristandomi un poco io morirei.
 
    Non voglio affanni al core,
 non vo’ pensar a guai,
 non ci ho pensato mai
1305e non ci penserò.
 
    Io son d’un certo umore
 che par che mesta sia
 e pur malinconia
 dentro il cor mio non ho.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO, poi ROSANNA
 
 GIACINTO
1310Può darsi ch’ella sia
 allegra più di quel ch’ognuno crede
 ma fa morir d’inedia chi la vede.
 ROSANNA
 Giacinto, il tutto è pronto.
 Preparato è il burchiello;
1315mandati avanti ho i servitori miei,
 che veniste voi meco io bramerei.
 GIACINTO
 Non ricuso l’onor che voi mi fate.
 ROSANNA
 Anzi, se non sdegnate,
 quando nella mia casa voi sarete,
1320io farovvi padrone e disporrete.
 GIACINTO
 Io, Rosanna, perché?
 ROSANNA
                                         Perché se veri
 son que’ detti di ieri...
 Basta, di più non dico.
 GIACINTO
 Sì, mia cara, v’intendo;
1325e da voi sol la mia fortuna attendo. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 ROSANNA sola
 
 ROSANNA
 Giacinto ha un certo brio
 che piace al genio mio.
 Per lui a poco a poco
 m’accese un dolce foco in seno amore.
1330L’amo, l’adoro e gli ho donato il core.
 
    Principiai amar per gioco
 e d’amor il cor m’accesi,
 già m’alletta il dolce foco
 e maggiore ognor si fa.
 
1335   Fra i piaceri e fra i diletti
 oggi nacque il mio tormento;
 ma d’amare io non mi pento,
 perché spero alfin pietà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Giardino che termina al fiume Brenta, in cui evvi il burchiello che attende la compagnia dell’Arcadia.
 
 FABRIZIO, poi FORESTO, poi ROSANNA, poi GIACINTO, poi madama LINDORA, poi LAURETTA e per ultimo il CONTE
 
 FABRIZIO
 No, non vo’ che si dica
1340ch’io abbia avuto di grazia
 d’andar in casa d’altri
 dopo aver rovinata casa mia.
 Vo’ fuggir la vergogna e scampar via. (S’incontra in Foresto)
 FORESTO
 Dove, signor Fabrizio?
 FABRIZIO
1345Vado a far un servizio.
 Aspettatemi qui, che adesso torno. (Vuol andar da una parte e s’incontra in Rosanna)
 ROSANNA
 Cercato ho ogni contorno,
 alfin v’ho ritrovato,
 signor Fabrizio amato,
1350degnatevi venir in casa mia.
 FABRIZIO
 Con buona grazia di vusignoria. (Vuol andar da un altro lato e s’incontra in Giacinto)
 GIACINTO
 Fermatevi, signore,
 fateci quest’onore,
 venite da Rosanna a star con noi.
 FABRIZIO
1355Aspettate un pochino e son con voi. (Si volta da una parte e incontra madama Lindora)
 LINDORA
 Dove correte?
 FABRIZIO
                             (Oh bella!) (Vuol andar dall’altra e incontra Lauretta)
 LAURA
 Dove n’andate?
 FABRIZIO
                                (Oh buona!) (Vuol rigirarsi per un altro lato e incontra il conte)
 CONTE
 Voi siete prigionier, non vi movete.
 FABRIZIO
 Che vi venga la rabbia a quanti siete.
 FORESTO
1360Orsù, signor Fabrizio,
 permettete ch’io parli; ognuno sa
 che siete un galantuomo,
 che siete rovinato,
 che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
1365che venghiate con noi; se ricusate,
 superbia, e non virtù, voi dimostrate.
 ROSANNA
 Vi supplico.
 LINDORA
                         Vi prego.
 LAURA
                                            Vi scongiuro.
 CONTE
 Non siate con tre donne ingrato e duro.
 FABRIZIO
 Orsù m’arrendo al generoso invito.
1370Non è poca fortuna
 per un uom rovinato
 esiger compassion dal mondo ingrato.
 Per lo più quegl’istessi
 ch’hanno mandato il misero in rovina
1375lo metton cogli scherni alla berlina.
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
 venga con noi
 e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
1380   Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 TUTTI
 
    L’Arcadia in Brenta
 è terminata
 e la brigata
1385via se ne va.
 
 FABRIZIO
 
    Andata fosse
 tre giorni fa.
 
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
 venga con noi
1390e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
    Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 Fine del dramma
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 L’ARCADIA IN BRENTA
 
 
    Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nella città di Novara in casa Petazzi, nel carnovale dell’anno 1758, dedicato a sua eccellenza il signor marchese don Giuseppe Maria de’ marchesi del Carretto, marchese di Gorrino, conte di Santa Giulia, Brovida, Niosa e Loversio, de’ signori di Cortemiglia, cavaliere del supremo ordine della Santissima Annonziata, generale d’infanteria nelle armate di sua maestà, governatore della città e contado dell’alto e basso novarese.
    In Milano, per Carlo Ghislandi, con licenza de’ superiori.
 
 Eccellenza,
    le rimostranze di aggradimento, che l’eccellenza vostra nel carnovale dell’anno scorso ci diede per la dedica che le facemmo del dramma giocoso intitolato Il filosofo in campagna, eccitano nuovamente quest’anno la nostra gratitudine a consecrarle l’altro, il cui titolo è L’Arcadia in Brenta. A ciò ugualmente passiamo per contestarle non meno gli atti del nostro ossequio che per mantenere operatrice verso di noi l’autorevole sua protezione. Niente di quello abbiamo ommesso per renderlo aggradevole agli occhi di vostra eccellenza e del pubblico, tanto per rapporto alle decorazioni delle scene, quanto in riguardo de’ personaggi che lo rappresentano e, laddove ci fusse cosa che non incontrasse appieno, umilmente la supplichiamo di un benigno compatimento, sicuri di ottenerlo dalla magnanimità di cuore e dalla clemenza dell’eccellenza vostra che alle cose picciole dà un non mediocre ingrandimento; e facendole umilissima riverenza ci rassegniamo di vostra eccellenza umilissimi, divotissimi, obbligatissimi servitori.
 
    Cesare Tocchi e compagni
    Di Novarra, 15 dicembre 1757
 
 
 PERSONAGGI
 
 PARTI SERIE
 
 ROSANA
 (la signora Angela Guadagni)
 GIACINTO
 (la signora Angela Medici)
 
 PARTI BUFFE
 
 IL CONTE BELLEZZA
 (il signor Giuseppe Guadagni)
 MADAMA LINDORA
 (la signora Lavinia Guadagni)
 MESSER FABRIZIO FABRONI da Fabriano
 (il signor Giuseppe Cosimi)
 LAURA
 (la signora Teresa Crespi)
 FORESTO
 (il signor Pietro Leonardi)
 
    La scena si rappresenta in un casino delizioso di messer Fabrizio, situato alle rive del fiume Brenta. La musica è del signor Baldassare Galuppi detto il Buranello.
 
 BALLARINI
 
    Signori Ignazio Clerico, Anibale Petranzani, Antonia Capellina, Giuseppa Ferrari. Il vestiario sarà di vaga e bizzara invenzione.
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO, che dorme sopra una poltrona, e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella,
 il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori di letto.
5Con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar, son imbrogliato.
 Orsù lo vuo’ svegliar, già s’alza il sole;
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che veranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio,
 signor Fabrizio.
 FABRIZIO
15Che?
 FORESTO
             Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                     Sì.
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. Sì.
 FORESTO
 Se voi non m’ascoltate,
 non vuo’ parlar da stolto.
 FABRIZIO
20Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto.
 FORESTO
 Ben, sapiate che io
 ho il denar terminato
 che voi m’avete dato.
 FABRIZIO
 Ben.
 FORESTO
            M’avete inteso?
 FABRIZIO
25Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Ma il denar?
 FABRIZIO
                           Che denar?
 FORESTO
                                                   M’avete inteso?
 FABRIZIO
 Tutto non ho compreso.
 Tornate a dir.
 FORESTO
                            Alzatevi di grazia.
 FABRIZIO
30Voi avete timor ch’io m’addormenti,
 pericolo non v’è ma per gradirvi
 m’alzerò, via, parlate.
 FORESTO
 Ora, signor, sappiate
 che non v’è più denaro...
 FABRIZIO
                                               Ben.
 FORESTO
                                                          Ch’io...
35non so più come far, ch’oggi s’aspetta
 nuova foresteria.
 E buonanotte di vusignoria.
 Signor Fabrizio... Ehi signor Fabrizio.
 Signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                   Che? Come?
 FORESTO
                                                             Voi siete
40impastato di sonno.
 FABRIZIO
                                       Io? Che dite?
 Dormo io? Signor no. Eccomi lesto.
 FORESTO
 Venite qua.
 FABRIZIO
                         Son qua.
 FORESTO
                                            Vi torno a dire,
 signor Fabrizio caro,
 che vi vuol del denaro.
 FABRIZIO
45Ed io risponderò,
 signor Foresto caro, non ne ho.
 FORESTO
 Ma che fare dovrò
 per supplire l’impegno in cui voi siete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
50Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscreti,
 che mangian tanto fieno,
 si potrian esitar.
 FABRIZIO
                                 Sì...
 FORESTO
                                           La carrozza?
 FABRIZIO
 La carr... o... zza...
 FORESTO
                                   Eh io non sono pazzo
55di volervi servir per matarazzo.
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza.
 FORESTO
                             O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
 che se non v’è denar l’Arcadia vostra
 è presto terminata
60e tutta la brigata,
 provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
    Se vi mancano i contanti,
 fate quel che fanno tanti,
65impegnate e poi vendete;
 e se robba non avete
 già si sa l’usanza vaga
 che si compra e non si paga
 e si gode all’altrui spesa
70ed aspetta il creditor.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Per dirla, quasi quasi
 or or me n’andarei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
75son già stato graziato, il dover mio
 vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi e poi si son quelle ragazze
 che mi piaciono tanto
 e spero d’aver d’innamorarle il vanto.
80Ma diavolo, si spende
 troppo a rotta di collo,
 voglio un po’ far il conto
 quant’ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora.
 
85   Quattrocento bei ducati...
 poverini sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati, poverini.
 Trenta doppie, oh che animale!
90Cento scudi... oh che bestiale!
 Quanto fanno? Io non lo so!
 
    I zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento!
95Basta, il conto è bello e fatto,
 perché un soldo più non ho.
 
 SCENA III
 
 Giardino che termina al fiume Brenta.
 
 ROSANA, LAURA, GIACINTO, FORESTO sopra sedili erbosi, poi FABRIZIO
 
 A QUATTRO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concerto
100degli augelin canori,
 che bell’udir quell’aure,
 quell’onde a mormorar.
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia,
 fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
105   Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar.
 
 GIACINTO
 Bellissima Rosana,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 ROSANA
110Anzi mi fate onore
 e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
 E voi, Lauretta cara,
 seguendo d’Arcadia il paragone,
 la... sarete.
 LAURA
                       E voi il...
 FABRIZIO
115Bravi, così mi piace,
 voi quattro in buona pace
 state qui allegramente
 e il povero Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via, sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                           Io sederei
120qui volontieri un poco,
 s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
 Intesi dir fra l’altre cose vere
 che quando non v’è luogo
 non si può sedere.
 FABRIZIO
125(Cappari, il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto, aspetta, aspetta).
 Amico, una parola.
 FORESTO
                                     E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Uh capo storno!
 FORESTO
130Dell’arsan?
 FABRIZIO
                               Io.
 FORESTO
                                       Lauretta, adesso torno,
 eccomi, ov’è il denaro.
 FABRIZIO
 Aspetta un momento.
 Passeggiate un tantin ed io mi sento.
 Ah! Ah! Te l’ho ficata.
135Oh questa sì ch’è bella,
 io non voglio star senza pastorella.
 FORESTO
 Pazienza, me l’hai fatta;
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vuo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
140Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà?
 FABRIZIO
                                  Ma finalmente...
 LAURA
 Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio.
145Dirò meglio; voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Al padrone di casa?
 LAURA
                                       Che padrone?
 Questa casa ch’è qui non è più vostra.
 Questa è l’Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi pastore;
150e non serve che fate il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite.
 LAURA
 Non occore che dite:
 «Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
155Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
 che non v’abbiam sinor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
160la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
    Vogliamo fare
 quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
165vogliam ballare
 e voi tacete,
 poiché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio,
170siete arrabiato?
 Via, ch’ho burlato,
 nol dirò più.
 
 SCENA IV
 
 ROSANA, GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Io rimango incantato.
 FORESTO
 Signor, che cosa è stato?
175Se comanda seder, si senta pure.
 Oh questa sì che è bella!
 Io non voglio star senza pastorella.
 FABRIZIO
 Ancor voi mi burlate?
 FORESTO
 Io burlarvi, pensate,
180siete l’amico mio più fido e caro
 ma se manca il denaro,
 vi giuro in fede mia
 che tutti se n’andiamo in compagnia.
 FABRIZIO
 Andate col malan che il ciel vi dia.
185Ma signora Rosana,
 che dite voi? Che dite voi, Giacinto,
 del parlar di Lauretta?
 GIACINTO
                                            E non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso,
190cospetton di Bacco,
 se me n’ha detto un sacco.
 ROSANA
 E pur il di lei sdegno
 parmi d’amor un segno.
 La femina talora
195scaltra finge odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
 Possibile che m’ami
 e così mi strapazzi?
 ROSANA
                                       Io ve lo giuro,
 statene pur sicuro.
 Più volte l’amor suo mi ha confidato.
200Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amore indiavolato.
 GIACINTO
 È ver?
 ROSANA
                Mi prendo spasso.
 Sapete la cagione
 ch’or la rese furiosa?
 Perché di me è gelosa.
 FABRIZIO
                                           Or la capisco.
205Ma che motivo è mai
 d’ingelosir di voi?
 ROSANA
                                    Gli affetti miei
 ho confidato a lei.