L’Arcadia in Brenta, libretto, Roma, Puccinelli, 1759

 CONTE
 Io sento un grande imbroglio
 nello stomaco mio.
 LINDORA
 Conte, soffrite voi, che soffro anch’io.
 CONTE
 
1275   Sì, madama, soffrirò;
 ma mi sento un certo che...
 che vorrebbe tornar su.
 Ahi soffrir non posso più.
 Deh, ch’io vada permettete.
1280Attendete, tornerò.
 
    No, vi dico, non vorrei...
 Se sentiste i dolor miei;
 nol credete? Io tacerò.
 Voi volete? Io creperò.
 
 SCENA IX
 
 Madama LINDORA, poi GIACINTO
 
 LINDORA
1285Povero conte! Al certo riderei,
 se non mi fesse il rider tanto male.
 GIACINTO
 Madama, siete attesa.
 Avrete di già intesa
 la disgrazia dell’ospite compito
1290che per la bell’Arcadia è già fallito.
 Rosanna, che non lungi ha la sua villa,
 tutti seco c’invita;
 colà l’Arcadia unita
 sarà con più giudizio
1295e con noi condurremmo anco Fabrizio.
 LINDORA
 Oh povero Fabroni;
 me ne dispiace assai. Ma non ci penso,
 perché se ci pensassi
 forse per compassion m’attristerei
1300e attristandomi un poco io morirei.
 
    Un altro amante
 mi troverò;
 giovine o vecchio
 lo prenderò,
1305basta che abbia
 molti quadrini.
 A me non piaciono
 certi zerbini
 che innamorati
1310son affamati
 e altro non fanno
 che sospirar.
 
    Non son di quelle
 che fan l’amore
1315per il solecito
 del pizzicore;
 vo’ maritarmi
 per accasarmi,
 per non avere
1320più da penar.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO, poi ROSANNA
 
 GIACINTO
 Può darsi ch’ella sia
 allegra più di quel ch’ognuno crede
 ma fa morir d’inedia chi la vede.
 ROSANNA
 Giacinto, il tutto è pronto.
1325Preparato è il burchiello.
 Mandati avanti ho i servitori miei;
 che veniste voi meco io bramerei.
 GIACINTO
 Non ricuso l’onor che voi mi fate.
 ROSANNA
 Anzi, se non sdegnate,
1330quando nella mia casa voi sarete,
 io farovi padron e disporrete.
 GIACINTO
 Io, Rosanna, perché?
 ROSANNA
                                         Perché se veri
 son que’ detti di ieri...
 Basta, di più non dico.
 GIACINTO
1335Sì, mia cara, v’intendo
 e da voi sol la mia fortuna attendo.
 
    Spero in voi vezzosi rai
 e per voi se sospirai,
 voglio vivere e morir.
 
1340   Goderò se la mia vita
 non nemica avrà la sorte;
 soffrirò, costante e forte,
 sinché pace dà il martir.
 
 SCENA XI
 
 ROSANNA sola
 
 ROSANNA
 Giacinto ha un certo brio
1345che piace al genio mio.
 Per lui a poco a poco
 m’accese un dolce foco in seno amore.
 L’amo, l’adoro e gli ho donato il core.
 
    Principiai amar per gioco
1350e d’amor il cor m’accesi.
 Già m’aletta il dolce foco
 e maggiore ognor si fa.
 
    Fra i piaceri e fra i diletti
 oggi nacque il mio tormento;
1355ma d’amare io non mi pento,
 perché spero alfin pietà.
 
 SCENA ULTIMA
 
 Giardino che termina al fiume Brenta, in cui evvi il burchiello che attende la compagnia dell’Arcadia.
 
 FABRIZIO, poi FORESTO, poi ROSANNA, poi GIACINTO, poi madama LINDORA, poi LAURETTA e per ultimo il CONTE
 
 FABRIZIO
 No, non vuo’ che si dica
 ch’io abbia avuto di grazia
 d’andar in casa d’altri
1360dopo aver rovinata la casa mia.
 Vuo’ fuggir la vergogna e scampar via. (S’incontra in Foresto)
 FORESTO
 Dove, signor Fabrizio?
 FABRIZIO
 Vado a far un servizio.
 Aspettatemi qui, che adesso torno. (Vuol andar da una parte e s’incontra in Rosanna)
 ROSANNA
1365Cercato ho ogni contorno,
 alfin v’ho ritrovato,
 signor Fabrizio amato,
 degnatevi venir in casa mia.
 FABRIZIO
 Con buona grazia di vusignoria. (Vuol andar da un altro lato e s’incontra in Giacinto)
 GIACINTO
1370Fermatevi, signore,
 fateci quest’onore,
 venite da Rosanna a star con noi.
 FABRIZIO
 Aspettate un pochino e son con voi. (Si volta da una parte e incontra madama Lindora)
 LINDORA
 Dove correte?
 FABRIZIO
                             (Oh bella!) (Vuol andare dall’altra e incontra Lauretta)
 LAURA
1375Dove n’andate?
 FABRIZIO
                                (Oh buona!) (Vuol rigirarsi per un altro lato e incontra il conte)
 CONTE
 Voi siete prigionier, non vi movete.
 FABRIZIO
 Che vi venga la rabbia a quanti siete.
 FORESTO
 Orsù, signor Fabrizio,
 permettete ch’io parli; ognuno sa
1380che siete rovinato,
 che siete un galantuomo,
 che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
 che venghiate con noi; se ricusate,
 superbia e non virtù voi dimostrate.
 ROSANNA
1385Vi supplico.
 LINDORA
                         Vi prego.
 LAURA
                                            Vi scongiuro.
 CONTE
 Non siate con tre donne ingrato e duro.
 FABRIZIO
 Orsù, m’arrendo al generoso invito.
 Non è poca fortuna
 per un uom rovinato
1390esigger compassion dal mondo ingrato.
 Per lo più quegl’istessi
 ch’hanno mandato il misero in rovina
 lo metton colli scherni alla berlina.
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
1395venga con noi
 e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
    Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 TUTTI
 
1400   L’Arcadia in Brenta
 è terminata
 e la brigata
 via se ne va.
 
 FABRIZIO
 
    Andata fosse
1405tre giorni fa.
 
 TUTTI
 
    Signor Fabrizio,
 venga con noi
 e lieto poi
 ritornerà.
 
 FABRIZIO
 
1410   Vengo e ringrazio
 tanta bontà.
 
 Fine dell’opera
 
 
 
 L’ARCADIA IN BRENTA
 
 
    Drama per musica da rappresentarsi nel teatro di questa elettorale corte il dì 21 febraro 1757, per commando di sua altezza serenissima elettorale Clemente Augusto, arcivescovo di Colonia, principe ed elettore del sacro romano impero, arcicancelliere in Italia, legato nato della santa sede apostolica, amministratore della gran maestria in Prussia, gran maestro dell’ordine teutonico, vescovo e principe d’Hildesheim, Paderborn, Münster ed Osnabrück, duca delle Due Baviere, dell’alto Palatino, di Westphalia ed Angaria, conte palatino del Reno, landgravio di Leuchtemberg, burggravio di Stromberg, conte di Pyrmont, signore di Borkelohe, Werth, Freudenthall e Eulenberg, eccetera, eccetera, par la dirrezione del signor Angelo Mingotti, direttore dell’opere italiane.
    In Bonna, presso gli Ferdinando Rommerskirchen, nella stamparia di sua altezza serenissima elettorale.
 
 
 PERSONAGGI
 
 MADAMA LINDORA
 (la signora Giustina Tedeschi)
 LAURA
 (la signora Marianna Paduli)
 MESSER FABRIZIO padrone di casa
 (il signor Giuseppe Ferrini)
 GIACINTO
 (il signor N.N.)
 FORESTO ecconnomo
 (il signor Annastasio Massa)
 
    La musica è tutta composizione del signor Baldissera Galluppi detto il Buranello. La poesia è del signor dottore Goldoni.
 
 
 Altezza serenissima elettorale,
    quando l’uomo è secondato dalla fortuna è stimato per uomo grande dal mondo, ora ch’io mi vego essere innalzato da quella al sommo grado, ove aspirai l’onore di servire a vostra altezza serenissima, per un tale io credo ancora sarò dal mondo considerato.
    Voi dunque o serenissimo prencipe mi avete fatto e fortunnato e grande con l’avermi concessa sì tanta grazia ed io, acciò una tal famma in me viva perpetua, mi fo preggio di dedicarvi questo drammatico componimento, perché a’ piedi di questo dovutovi da me, benché picciol, tributo vi resti impresso ad eterna memoria il mio nome con il titolo di vostro umilissimo servitore che supplicovi umilmente guardare con la vostra solita ed immutabile begnificenza ed implorando una tal grazia con il più proffondo osequio mi fo l’alto onore di dichiararmi di vostra altezza serenissima elettorale umilissimo, devotissimo, obligatissimo servitore.
 
    Angelo Mingotti, il dirrettore dell’opere italiane
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera terrena in casa di messer Fabrizio.
 
 FABRIZIO, che dorme sopra una poltrona, e FORESTO
 
 FORESTO
 Oh questa sì ch’è bella!
 Il padrone di casa
 a tutt’i forastieri dà ricetto
 e gli convien dormir fuori del letto,
5con questa bell’Arcadia
 ei si va rovinando; ed io, che sono
 da questo sciocco economo creato,
 or che manca il denar, son imbrogliato.
 Orsù lo vuo’ svegliar. Già s’alza il sole,
10oggi almeno ci vuole,
 fra quei che siamo e quelli che verranno,
 mezza l’entrata sua di tutto l’anno.
 Signor Fabrizio... Eh signor Fabrizio.
 Svegliatevi, ch’è tardi.
15Su via, che s’alza il sole,
 v’ho da dir due parole.
 FABRIZIO
 Che? (Svegliandosi un poco)
 FORESTO
              Svegliatevi.
 FABRIZIO
                                      Sì.
 FORESTO
                                              V’ho da parlare.
 FABRIZIO
 Par... la... te.
 FORESTO
                          Egli si torna a addormentare.
 Su via, messer Fabrizio.
 FABRIZIO
                                               Seguitate. (Si risveglia)
 FORESTO
20Se voi non m’ascoltate,
 non vuo’ parlar da stoico.
 FABRIZIO
 Tengo gli occhi serrati ma v’ascolto. (Dorme)
 FORESTO
 Ben, sapiate che io
 ho il denar terminato
25che voi m’avete dato,
 che per tante persone
 convien fare una buona provigione.
 Che rispondete? Sì dorme di gusto,
 signor Fabrizio...
 FABRIZIO
                                  Già.
 FORESTO
                                             M’avete inteso?
 FABRIZIO
30Ho inteso tutto.
 FORESTO
                                E ben, che rispondete?
 FABRIZIO
 Fate quel che volete.
 FORESTO
 Non v’è denaro?
 FABRIZIO
                                 Oibò.
 FORESTO
                                              Grano?
 FABRIZIO
                                                              È venduto.
 FORESTO
 Quei cavalli indiscretti,
 che mangian tanto fieno,
35si potrian esitar...
 FABRIZIO
                                   Sì. (S’appogia alle spalle di Foresto)
 FORESTO
                                           La carrozza?
 FABRIZIO
 La caroz... za... (S’adormenta)
 FORESTO
                              Eh! Io non sono pazzo
 di volervi servir di matarazzo!
 FABRIZIO
 Sì, la carrozza...
 FORESTO
                               O la carrozza o il carro,
 vi dico in due parole
40che, se non v’è denar, l’Arcadia vostra
 è presto terminata
 e tutta la brigata,
 provista d’appetito,
 grazie vi renderà del dolce invito.
 
 SCENA II
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
45Per dirla, quasi quasi
 or or me n’anderei
 e l’Arcadia e i pastori impianterei.
 Ma se l’anno passato
 son già stato graziato, il dover mio
50vuol che st’anno lo stesso faccia anch’io.
 E poi e poi vi son quelle ragazze
 che mi piaciono tanto
 e spero aver d’innamorarle il vanto.
 Ma diavolo, si spende
55troppo a rotta di collo.
 Voglio un po’ far il conto
 quant’ho speso finora
 e quanto doverò spender ancora. (Tira fuori un foglio ed una penna da lapis)
 
 Aria
 
    Quattrocento bei ducati...
60poverini sono andati.
 Sessantotto bei zecchini...
 sono andati poverini.
 Trenta doppie... oh che animale!
 Cento scudi... oh bestiale!
65Quanto fanno? Io non lo so!
 
    I zecchini sessantotto
 coi ducati quattrocento
 fanno... fanno... Oh che tormento.
 Basta, il conto è bello e fatto,
70perché un soldo più non ho. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Orto che termina al fiume Brenta.
 
 LAURA, GIACINTO, FORESTO, sopra FABRIZIO
 
 A QUATTRO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concento
 degli augelin canori!
75Che bell’udir quest’aure,
 quell’onde a mormorar!
 
 FABRIZIO
 
    Che bella compagnia!
 Fa proprio innamorar.
 
 A QUATTRO
 
    Che bell’udir quest’aure,
80quell’onde susurrar!
 
 GIACINTO
 Bellissima Lauretta,
 nell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 LAURA
 Anzi mi fate onore
85e vi accetto, signor, per mio pastore.
 FORESTO
 E voi, Lauretta cara,
 seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete...
 LAURA
                                   E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Bravi, così mi piace.
90Voi quatro in buona pace
 state qui allegramente
 ed il pover Fabrizio niente, niente.
 GIACINTO
 Via sedete, o signore.
 FABRIZIO
                                          Io sederei
 qui volontieri un poco,
95s’uno di lor signor mi desse loco.
 FORESTO
 Intesi a dir fra l’altre cose vere
 che non manca mai sedia a chi ha il sedere.
 FABRIZIO
 (Cappari! Il caso è brutto.
 Io niente e loro tutto? Aspetta aspetta).
100Amico, una parola. (A Foresto)
 FORESTO
                                      E che volete?
 FABRIZIO
 Parlar di quel negozio.
 FORESTO
 Di che?
 FABRIZIO
                  Non m’intendete? Un capo storno!
 FORESTO
 Dell’arsan.
 FABRIZIO
                              Io!
 FORESTO
                                      Lauretta, adesso torno.
 Eccomi, ov’è il denaro? (S’alza)
 FABRIZIO
105Aspettate un momento.
 Passeggiate un tantino ed io mi sento.
 Ah, ah, te l’ho ficcata. (Siede nel loco del Foresto)
 Oh questa sì ch’è bella!
 Io non voglio star senza pastorella!
 FORESTO
110Pazienza, me l’hai fata,
 ma mi vendicherò.
 LAURA
                                      (Vuo’ divertirmi).
 Bella creanza al certo!
 Dove apprendeste mai
 cotanta inciviltà? (S’alza)
 FABRIZIO
                                   Ma finalmente...
 LAURA
115Finalmente, vi dico,
 non si tratta così.
 FABRIZIO
                                  Son io...
 LAURA
                                                   Voi siete
 un bell’ignorantaccio.
 Dirò meglio; voi siete un villanaccio.
 FABRIZIO
 Al padrone di casa!
 LAURA
                                      Che padrone?
120Questa casa, ch’è qui, non è più vostra.
 Questa è l’Arcadia nostra;
 noi siamo pastorelle e voi pastore;
 e non serve che fatte il bell’umore.
 FABRIZIO
 Dice ben.
 FORESTO
                     La capite!
 LAURA
125Non occorre che dite:
 «Voglio, non voglio».
 FABRIZIO
                                         Oibò.
 FORESTO
                                                      Vogliamo fare
 tutto quel che ci pare.
 FABRIZIO
 Signorsì.
 LAURA
                    E non è poca
 la nostra cortesia
130che non v’abbiam finor cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 FORESTO
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
 Se non son sordo.
 LAURA
                                   Acciò ben la capisca
 la vostra mente stolta,
 ve lo tornerò a dir un’altra volta.
 
 Aria
 
135   Vogliamo fare
 quel che si pare.
 Vogliam cantare,
 vogliam ballare
 e voi tacete,
140poiché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio.
 Siete arrabiato?
 Via, ch’ho burlato,
145non dirò più.
 
    L’Arcadia nostra
 tutto permette.
 Due parolette
 non fanno male.
150Un animale
 di voi più docile
 già mai non fu.
 
 SCENA IV
 
 GIACINTO, FABRIZIO e FORESTO
 
 FABRIZIO
 Andate col malan ch’il ciel vi dia!
 Che dite voi? Che dite voi, Giacinto,
155del parlar di Lauretta?
 GIACINTO
                                            E non vedete
 ch’ella si prende spasso?
 FABRIZIO
 Corpo di satanasso!
 Cospettonon di Bacco!
 Se me n’ha dette un sacco.
 GIACINTO
160Eppure il di lei sdegno
 parmi d’amore un segno.
 La femina talora
 scaltra finge odiar quel che più adora.
 FABRIZIO
 Possibile che m’ami
165e così mi strappazzi?
 GIACINTO
                                         Io ve lo giuro,
 statene pur sicuro.
 Più volte l’amor suo m’ha confidato.
 Arde per voi.
 FABRIZIO
                           Che amor indiavolato!
 GIACINTO
 È ver? (Mi prendo spasso).
170Sapete la cagione
 ch’or la rese furiosa?
 Perch’è di me gelosa.
 FABRIZIO
                                         Or la capisco.
 Ma che motivo ha mai
 d’ingelosir di voi?
 GIACINTO
                                    Gli affetti miei
175ho confidati a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur l’amate.
 GIACINTO
 Purtroppo è ver.
 FABRIZIO
                                 Belleze fortunate? (Tocandosi il viso)
 Giacinto, che ne dite?
 Forse v’ingelosite?
 GIACINTO
                                     Niente affatto.
180Io non sono sì matto,
 s’ella v’ama, signor, io vado via,
 che non voglio impazzir per gelosia.
 
 SCENA V
 
 Madama LINDORA con due braccieri e detti
 
 LINDORA
 Oimè, non posso più. (Indietro)
 FABRIZIO
                                           Che cosa è stato?
 LINDORA
 Ho tanto caminato
185che non posso più.
 FABRIZIO
                                     Vicino è il suo palazzo.
 Men d’un tiro di schioppo.
 LINDORA
 Per le mie pianticine è troppo, è troppo.
 FABRIZIO
 Poverina! S’avanzi e seda.
 LINDORA
 Guardate per pietà
190che non vi siano fiori;
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO