L’Arcadia in Brenta, libretto, Venezia, Savioli, 1770

 Supplicarla vorrei
1080che ordinar mi sia data
 la mia colanzioncina praticata.
 FABRIZIO
 E in che consiste la sua colazione?
 LINDORA
 Per esempio un pizzone,
 due quaglie, una pernice, un francolino,
1085una mezza bottiglia di buon vino.
 FABRIZIO
 Mia cara madamina,
 io vi posso esibir la polentina.
 LINDORA
 Sentite, tante e tante
 che fan le schizignose, come me,
1090mangian la polentina, se ve n’è.
 
 SCENA III
 
 Il CONTE e detti
 
 CONTE
 Nostro eroe, nostro nume,
 giacché nel principato
 ancor per questo dì fui confermato,
 impongo che si faccia
1095una solenne strepitosa caccia.
 I cacciator son lesti,
 sono i cani ammaniti, altro non resta
 che il generoso core
 d’ospite così degno
1100supplisca dal suo canto al grande impegno.
 FABRIZIO
 Come sarebbe a dir?
 CONTE
                                         Poco e polito.
 Un sferico pasticcio,
 due volatili alessi,
 un quadrupede arrosto,
1105torta, latte, insalata e pochi frutti
 e poi il di lei buon cor contenta tutti.
 FABRIZIO
 Ah, non vuol altro? Sì, sarà servito.
 Stamane il desinar sarà compito.
 
 SCENA IV
 
 FORESTO e detti
 
 FORESTO
 Signor Fabrizio.
 FABRIZIO
                                 Ebben, che c’è di nuovo?
 FORESTO
1110È un’ora che vi cerco e non vi trovo.
 Dove diavolo è
 il rosolio, il caffè?
 Giacinto ne vorria, Rosana il chiede
 e un cane che lo porti non si vede.
 FABRIZIO
1115Oh cancaro, mi spiace! Presto presto.
 Pancrazio, dove sei?
 Apri l’orecchio bene.
 Servi questi signori come conviene.
 
 SCENA V
 
 Il CONTE, madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 CONTE
 Generoso è Fabrizio.
 LINDORA
                                         È di buon core.
 LAURA
1120Per le ninfe d’Arcadia è un buon pastore.
 FORESTO
 Signori miei, disingannar vi voglio.
 Il povero Fabrizio è disperato,
 egli s’è rovinato.
 Ordina di gran cose ma stamane
1125non ha due soldi da comprarsi un pane.
 LAURA
 Ma la mia cioccolata?
 FORESTO
 Per stamattina è andata.
 CONTE
 La caccia e il desinar?
 FORESTO
                                           Convien sospendere
 finché si trovin quei che voglion spendere.
 LINDORA
1130Ma il cappon vi sarà?
 FORESTO
                                          No certamente.
 LINDORA
 Come viver potrò senza ristoro?
 Ahimè, che languidezza! Io manco, io moro.
 CONTE
 Ah madama, madama,
 eccovi samperiglie,
1135spirito di melissa,
 acqua della regina,
 estratto di canella soprafina.
 LINDORA
 V’è alcuna spezieria?
 FORESTO
                                         Sì, mia signora.
 LINDORA
 Deh fatemi il piacer, contino mio,
1140andatemi a pigliare
 della polvere d’oro,
 un cordiale di perle,
 un elexir gemmato
 con qualche solutivo delicato.
 CONTE
1145Per servirvi, madama, in un istante,
 pongo lo sprone al cor, l’ali alle piante.
 
 SCENA VI
 
 Madama LINDORA, LAURETTA e FORESTO
 
 LAURA
 Eh madamina mia,
 so io che vi vorria
 perché ogni vostro mal fosse guarito.
 LINDORA
1150E che mai vorrebbe?
 LAURA
                                         Un bel marito.
 
 SCENA VII
 
 FORESTO e LINDORA
 
 FORESTO
 Ma che vuol dir che spesso
 vi vengon svenimenti?
 LINDORA
                                            Io ve lo dico
 appunto come sta. Finto ho svenir
 per obbligare il conte,
1155che è tutto complimenti,
 a bevere per me i medicamenti.
 FORESTO
 Siete brava da vero.
 LINDORA
                                       Io tale sono
 qual esser dee al mondo
 una donna di brio, lieta e gioconda.
 FORESTO
1160Ma eccolo ch’egli viene.
 Ello v’ama il meschino e lo beffate?
 LINDORA
 Io fo così. Sian belli o siano brutti
 per prendermi piacer li burlo tutti.
 
 SCENA VIII
 
 Madama LINDORA, poi il CONTE con un speziale con vari medicamenti
 
 CONTE
 Eccovi lo spezial, signora mia,
1165ed ha mezzo con lui la spezieria.
 LINDORA
 Il cordiale.
 CONTE
                       Ecco il cordiale.
 LINDORA
 Mezzo voi, mezzo io.
 CONTE
                                        Io non ho male.
 LINDORA
 Quando si serve dama,
 ricusar non si può.
 CONTE
1170Dite bene, dite ben, io beverò.
 LINDORA
 È gagliardo?
 CONTE
                          Un po’ troppo.
 LINDORA
 Ne vuo’ assaggiar un poco,
 ah no no, non lo voglio, è tutto foco.
 Datemi l’elexir.
 CONTE
                                Eccolo qui.
 LINDORA
1175Bevetene voi prima in quel bichiere.
 CONTE
 Ma io...
 LINDORA
                 Ma voi non siete cavaliere.
 CONTE
 Vi domando perdono,
 vi servo, bevo e cavaliere io sono.
 LINDORA
 Vi piace?
 CONTE
                     Niente affatto.
1180M’ha posto un mongibel nel corpo mio.
 LINDORA
 Dunque, quando è così, non lo voglio io.
 CONTE
 Ed intanto l’ho preso.
 LINDORA
                                          Ohimè, mi sento
 lo stomaco pesante.
 Ha portato il purgante?
 CONTE
                                              Sì, madama,
1185è questo un solutivo
 che è molto operativo
 e se voi vi sentite indigestione,
 in poch’ore farà l’operazione.
 LINDORA
 Lasciatelo veder.
 CONTE
                                  Eccolo.
 LINDORA
                                                 È troppo
1190per lo stomaco mio.
 Mezzo voi il bevrete e mezzo io.
 CONTE
 Bisogno non ne ho.
 LINDORA
                                      Che importa questo?
 Prendetelo e bevete,
 se cavalier voi siete.
 CONTE
1195Beverò, beverò, sì, madamina.
 (Lei ha mal ed io prendo medicina).
 LINDORA
 Oibò, nausea mi fa, no, non lo voglio.
 CONTE
 Io sento un grande imbroglio
 nello stomaco mio.
 LINDORA
1200Conte, soffrite voi che soffro anch’io.
 CONTE
 Sono incappato inver nel bell’impiccio,
 per un vano capriccio,
 povera pancia mia,
 tutta ridonda in te questa...
1205Ma quel ch’è fatto è fatto
 e non voglio perciò diventar matto.
 Ne lascierò la cura
 alla madre natura
 ed io starò fra tanto allegramente
1210che è un gran rimedio il non pensarvi niente.
 
    Vuo’ divertirmi
 tra suoni e canti,
 giacché i purganti
 m’han d’ammazzar.
 
1215   Voglio i violini,
 voglio i violoni,
 voglio il fagotto
 con l’oboè.
 Questi stromenti
1220non fan per me.
 
    Vuo’ la violetta,
 vuo’ la spinetta,
 tutta l’orchestra
 s’ha da sonar
1225che allegramente
 voglio crepar.
 
 SCENA IX
 
 LINDORA e GIACINTO
 
 LINDORA
 Povero conte! Al certo mi fa ridere.
 GIACINTO
 Madama, siete attesa,
 avrete di già intesa
1230la disgrazia dell’ospite compito
 che per la bella Arcadia è già fallito.
 Rosana, che non lungi ha la sua villa,
 tutti seco c’invita.
 Colà l’Arcadia unita
1235sarà con più giudizio
 e con noi condurremo anco Fabrizio.
 LINDORA
 Oh povero Fabrizio,
 me ne dispiace assai. Ma non ci penso,
 né vuo’ prendermi affanno,
1240s’egli è stato baggian sarà suo danno.
 
    Non voglio affanni al core,
 non vuo’ pensar a guai,
 non ci ho pensato mai
 e non ci penserò.
 
 SCENA X
 
 GIACINTO e ROSANA
 
 ROSANA
1245Giacinto, il tutto è pronto.
 Preparato è il burchiello.
 Mandati avanti ho i servitori miei,
 che veniste voi meco io bramerei.
 GIACINTO
 Non ricuso l’onor che voi mi fate.
 ROSANA
1250Anzi, se non sdegnate,
 quando nella mia casa voi sarete,
 io farovi padron e disporrete.
 GIACINTO
 Io, Rosana, perché?
 ROSANA
                                       Perché se veri
 son quei detti di ieri...
1255Basta, di più non dico.
 GIACINTO
 Sì, mia cara, v’intendo
 e da voi sol la mia fortuna attendo.
 
    Luci vezzose amabili
 che mi feriste il cor,
1260labbra vermiglie e tenere
 che m’ispiraste amor,
 nell’adorarvi ognor
 fido sarò così.
 
    E qual nel primo dì
1265voi mi piagaste il sen
 da voi sperar convien
 la pace al mio dolor.
 
    Cara, t’adoro e sei
 la mia speranza ancor.
 
 SCENA XI
 
 ROSANA
1270Giacinto ha un certo brio
 che piace al genio mio.
 Per lui, a poco a poco,
 m’accese un dolce foco in seno amore.
 L’amo, l’adoro e gli ho donato il core.
 
 SCENA ULTIMA
 
 FABRIZIO e detti
 
 FABRIZIO
1275No, non vuo’ che si dica
 ch’io abbia avuto di grazia
 d’andar in casa d’altri
 dopo aver rovinata casa mia.
 Vuo’ fuggir la vergogna e scampar via.
 FORESTO
1280Dove, signor Fabrizio?
 FABRIZIO
 Vado a far un servizio,
 aspettatemi qui, che adesso torno.
 ROSANA
 Cercato ho ogni contorno,
 alfin v’ho ritrovato,
1285signor Fabrizio amato,
 degnatevi venir in casa mia.
 FABRIZIO
 Con buona grazia di vusignoria.
 GIACINTO
 Fermatevi, signore,
 fateci quest’onor,
1290venite da Rosana a star con noi.
 FABRIZIO
 Aspettate un pochino e son con voi.
 LINDORA
 Dove correte?
 FABRIZIO
                             Oh bella!
 LAURA
 Dove n’andate?
 FABRIZIO
                                (Oh buona!)
 CONTE
 Voi siete prigionier, non vi movete.
 FABRIZIO
1295Che vi venga la rabbia a quanti siete.
 FORESTO
 Orsù, signor Fabrizio,
 permettete ch’io parli, ognuno sa
 che siete un galantuomo,
 che siete rovinato,
1300che non v’è più rimedio. Ognun vi prega
 che venghiate con noi, se ricusate,
 superbia e non virtù voi dimostrate.
 ROSANA
 Vi supplico.
 LINDORA
                         Vi priego.
 LAURA
                                              Vi scongiuro.
 CONTE
 Non siate con tre donne ingrato e duro.
 FABRIZIO
1305Orsù, m’arrendo al generoso invito.
 Non è poca fortuna
 per un uom rovinato
 esigger compassion dal mondo ingrato.
 Per lo più quegli istessi
1310ch’hanno mandato il misero in rovina
 lo mette colli scherni alla berlina.
 
 Coro
 
 TUTTI
 
    In tal felice
 giorno sereno
 nel nostro seno
1315giunse il piacer.
 
    Sempre è più caro
 quando procede
 il duolo amaro
 il bel goder.
 
 Fine del dramma
 
 
 
 L’ARCADIA IN BRENTA
 
 
    Farsetta a quattro voci da rappresentarsi nel teatro della Pace per il secondo intermezzo nel carnevale 1759, dedicata alla nobil dama la signora contessa Francesca Gherardi Cherofini.
    In Roma, MDCCLIX, per Ottavio Puccinelli, con licenza de’ superiori, si vendono nella stamperia di San Michele a Ripa.
 
 ATTORI
 
 LINDORA
 (signor Giuseppe Tortini)
 FABRIZIO
 (signor Giovanni Francesco Alfani)
 CONTE BELLEZZA
 (signor Agostino Verni)
 LAURETTA
 (signor Giuseppe Fabbrizi)
 
    La musica è del signor Baldassar Galuppi detto Buranello, vicemaestro della Ducal Cappella di San Marco di Venezia. Le parole sono del signor avvocato Carlo Goldoni e s’averte che l’arie contrasegnate coll’asterisco non sono degl’autori né della musica né delle parole.
 
 PROTESTA
 
    Tutto ciò che trovasi non confacente all’essere di vero cattolico è mero abbellimento poetico e non sentimento degl’autori che si pregiano d’essere veri cattolici romani.
 
 Illustrissima signora,
    occasione più propria presentar non ci si potea, per dare al mondo un attestato dell’alta stima che facciamo d’una dama così ragguardevole, quanto questa di far sortire alla luce per mezzo delle stampe la presente farzetta fregiata del nome di vostra signoria illustrissima, sicuri così di ottenere duplicati favorevoli intenti al nostro desiderio, primieramente il far godere dell’autorevole sua protezzione le povere sciene in cui essa si rappressenterà e dell’onore di essere da vostra signoria illustrissima frequentate, col far altresì costare publicamente quale ci gloriamo di essere di vostra signoria illustrissima umilissimi, devotissimi ed obligatissimi servidori.
 
    Angelo Lungi e Gioacchino Puccinelli
    Li 8 febraro 1759
 
 
 PARTE PRIMA
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 FABRIZIO, LINDORA, conte BELLEZZA e LAURETTA
 
 A QUATTRO
 
    Che amabile contento
 fra questi ameni fiori
 godere il bel concento
 dell’augellin canori.
 
 LINDORA, BELLEZZA
 
5Che bell’udir quell’aure,
 quell’onde a mormorar.
 
 FABRIZIO, LAURETTA
 
    Che bella compagnia,
 fa proprio innammorar.
 
 FABRIZIO
 Bellissima Lindora,
10dell’Arcadia novella
 bramo che siate voi mia pastorella.
 LINDORA
 Anzi mi fate onore
 e vi accetto, signor, per mio pastore.
 BELLEZZA
 E voi, Lauretta cara,
15seguendo dell’Arcadia il paragone,
 la pecora sarete.
 LAURETTA
                                 E voi il caprone.
 FABRIZIO
 Tacete ignorantella.
 Non si parla così nel Serbatoio.
 LINDORA
 Tra pastori si suole
20dir tutto ciò che un vuole.
 BELLEZZA
 E standosi in campagnia
 alcun di ciò ch’è detto non si lagna.
 LAURETTA
 Già che è così, m’è caro
 dire al signor Fabrizio ch’è un somaro.
 FABRIZIO
25Al padrone di casa?
 LAURETTA
                                       Che padrone?
 Questa casa che è qui non è più vostra.
 Questa è l’Arcadia nostra,
 noi siamo pastorelle e voi pastore
 e non serve che fate il bell’umore.
 BELLEZZA
30Ha ragione Lauretta.
 LINDORA
                                         Dice bene.
 FABRIZIO
 Io peraltro non voglio
 quello che non conviene.
 LAURETTA
 Non occorre che dite:
 «Voglio o non voglio».
 FABRIZIO
                                           Oibò.
 LAURETTA
                                                        Vogliamo fare
35tutto quel che ci pare.
 BELLEZZA
                                          Signorsì.
 LINDORA
 E non è poca nostra cortesia
 che finor non vi abbiam cacciato via.
 FABRIZIO
 Padroni.
 BELLEZZA
                   Avete inteso?
 FABRIZIO
                                              Non son sordo.
 LAURETTA
 Acciò ben la capisca
40la vostra mente stolta,
 ve lo torno a ridire un’altra volta.
 
    Vogliamo fare
 quel che ci pare.
 Vogliam cantare,
45vogliam ballare
 e voi tacete
 poiché voi siete
 senza giudizio,
 signor Fabrizio,
50siete arrabbiato...
 Via, che ho burlato,
 nol dirò più. (Parte)
 
 LINDORA
 Ehi ehi, signor Fabrizio? Ahi conte, aiuto.
 BELLEZZA
 Cosa fu?
 FABRIZIO
                   Che è avvenuto?
 LINDORA
55Maledetto giardino,
 ho sentito l’odor di un gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via?
 LINDORA
                                         Sì, fate presto.
 BELLEZZA
 Via, gettate quel vaso
 che di madama ha conturbato il naso.
 LINDORA
60D’Arcadia ella è il custode?
 FABRIZIO
                                                    Sì, signora.
 BELLEZZA
 E questi il suo casin?
 FABRIZIO
                                         Questi è il casino
 dove ogn’anno villeggio.
 LINDORA
 Non si puol far di peggio.
 FABRIZIO
 Se mai non le piacesse ella è padrona
65d’andar quando le pare.
 LINDORA
 Dite, dove sono
 l’arcadi pastorelle?
 FABRIZIO
                                     Io non lo so.
 LINDORA
 Non importa, signor, le cercarò.
 BELLEZZA
 Dunque...
 LINDORA
                      Dunque men vado
70a ritrovar le belle
 di questa vostra Arcadia pastorelle.
 
    Riverente a lei m’inchino;
 ehi, braccieri, qua la mano.
 Venga presto, andate piano.
75Venga poi, non mi stancate.
 Correr troppo voi mi fate,
 mi vien mal, non posso più.
 
    Via, bel bello, andiamo avanti,
 li son serva, addio, monsù. (Parte)
 
 FABRIZIO
80Servitore obbligato.
 BELLEZZA
 La fama ha publicato
 i pregi vostri con eroica tromba,
 l’eco intorno rimbomba
 il nome alto e sovrano
85di Fabrizio Fabron da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 BELLEZZA
 Ed io pur bramarei,
 anzi sospirarei,
 benché il merito mio sia circoscritto,
90nel ruolo de’ suoi servi essere ascritto.
 FABRIZIO
 Padrone, se bramasse
 riposar...
 BELLEZZA
                    Sì, signore,
 accettarò l’onore
 che l’arcisoprafina sua bontà
95gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pangrazio,
 servi questo signor.
 BELLEZZA
                                       L’esuberanza,
 anzi l’esorbitanza
 delle sue grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
100Vada, basta così.
 BELLEZZA
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada, per carità.
 BELLEZZA
                                 Non fia mai vero
 ch’io manchi al dover mio.
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 BELLEZZA
 
    Non s’incomodi... Io anderò...
105Presto presto tornarò...
 Sappia poi... Ma signor no,
 lei va in collera, perché?
 
    Caro signor Fabrizio,
 mi faccia ella il servizio.
110Si fermi un pochettino
 quanto che umil l’inchino,
 quanto li dico sole
 due semplici parole.
 Ma come se ne va,
115non faccia, resti qua.
 Partir lei oibò oibò...
 Non s’incomodi, io anderò. (Parte)
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
120E viva l’allegria, corpo del diavolo,
 quando io mi divertisco,
 proprio ringiovenisco.
 E quelle regazzette
 quanto sono carette,
125in passare con esse i giorni miei,
 cospetto... io non so dir quel che farei.
 
    Per Lauretta vezzosetta
 la carrozza vada pure,
 sì per quella raggazzetta
130li cavalli vadan pure.
 Per madama vada il resto.
 Mi protesto,
 che non vuo’ pensar a guai;
 sempre mai
135voglio star in allegria
 e si spenda in compagnia
 tutto, tutto quel che c’è.
 
 Cammera.
 
 LINDORA ed il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove è Laura con l’altre pastorelle?
 Vorrei sedere un poco.
140Chi è di là? V’è nessuno?
 BELLEZZA
 Madama, vi sono io.
 LINDORA
 Da sedere... Oh perdoni,
 non l’avevo osservato.
 BELLEZZA
 Sono a tempo arrivato. (Le porta una sedia)
145S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi.
 BELLEZZA
 Anzi al provido ciel le grazie mando,
 perché degno mi fe’ di suo comando.
 LINDORA
 (Non vuo’ di divertirmi
 perder la congiuntura
150con questa original caricatura).
 Ella chi è, mio signore?
 BELLEZZA
 Sono il conte Bellezza,
 un vostro servitore,
 obligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
155Anzi mio padronissimo.
 BELLEZZA
 Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterle baciar la bianca mano.
 LINDORA
 Olà!
 BELLEZZA
            Che cosa è stato?
 LINDORA
 Voi m’avete toccato
160con troppa confidenza;
 questa con le mie pari è un’insolenza.
 BELLEZZA
 Leggerissimamente
 alzo la lattea delicata mano
 e coll’avida bocca...
 LINDORA
165No no, che se mi tocca
 l’acuto pelo che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svenimento.
 BELLEZZA
 Trovata ho un’invenzione
 che non vi spiacerà; la bella mano
170alzate da voi stessa
 e mentre ella s’appressa al labro mio
 il labro inchino e me le accosto anch’io.
 LINDORA
 Mi contento.
 BELLEZZA
                          Sien grazie al cielo, al fato,
 generosa madama, io son contento;
175eccomi; alzate un poco.
 Ancora un poco più.
 LINDORA
                                       Voi mi stancate.
 BELLEZZA
 Ma se non vi fermate
 per un momento solo...
 
 FABRIZIO, LAURETTA e detti
 
 FABRIZIO
 Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 LAURETTA
180Ancor io, ma di cuore.
 BELLEZZA
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il prencipe lei è
 per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 BELLEZZA
 È gentilezza vostra,
185non già merito mio.
 FABRIZIO
 Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato vi abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
 Anch’io l’Arcadia lodo
 e d’esservi soggetta esulto e godo.
 BELLEZZA
190Ah che più gradirei
 il bramato piacer de’ labri miei.
 
    Quell’eburnea sua manina
 s’ella approscia a questo labro
 s’ora è tanto alabastrina
195diverrà come un ginabro
 se un bacino io le darò.
 Cosa dice, sì o no?
 
    Volga a me pietosa i lumi
 e mi spogli degl’acumi
200ch’ora in sen provando vo.
 
 LINDORA
 (Quanto è sciocco costui).
 LAURETTA
 A voi, prencipe degno,
 del suo rispetto in segno
 manda l’Arcadia nostra
205questo serto di fiori.
 LINDORA
 Andate, andate via con quest’odori.
 FABRIZIO
 Via; madama Lindora
 non li può sopportar.
 BELLEZZA
                                         Deh riponete
 questo serto fatale.
 LINDORA
210Mi sento venir male.
 FABRIZIO
 Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 LINDORA
                  È troppo granito.
 BELLEZZA
 Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 LAURETTA
215(Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
 mi voglio divertir con chi ne piglia).
 Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta schietta e legerissima.
 LINDORA
220Questo, questo mi piace, obligatissima.
 LAURETTA
 Comanda? (A Bellezza)
 BELLEZZA
                        Mi fa grazia.
 LAURETTA
 E voi? (A Fabrizio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore.
 LAURETTA
 (Voglio rider di cuore,
 qui nascosta da un lato
225la stranutiglia vera
 li farà stranutar per fino a sera). (Parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada.
 
 BELLEZZA
 
                            Vada lei.
 
 LINDORA
 
 Anzi lei, vada eccì.
 
 FABRIZIO, BELLEZZA A DUE
 
 Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie... Eccì.
230Ehi... eccì... ahi... eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Poverina.
 
 BELLEZZA
 
                     Presto... eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo; son qua io...
 Eccì... eccì.
 
 BELLEZZA
 
                       Alto... eccì.
 
 LINDORA
 
 Aiuto... eccì.
 
 FABRIZIO
 
                          Eccì.
 
 BELLEZZA
 
                                      Eccì.
 
 A TRE
 
235   Che tabacco maledetto,
 che tormento che mi sento,
 più non posso... eccì... eccì.
 
 BELLEZZA
 
    Via, madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente.
 
 LINDORA
 
240Acqua fresca per pietà.
 
 BELLEZZA
 
 Vado a prenderla... eccì. (Parte)
 
 FABRIZIO
 
 Ve la porto... eccì... eccì. (Parte)
 
 LINDORA
 
    Il mio naso... la mia testa...
 il mio petto... eccì... eccì.
 
 BELLEZZA
 
245V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
    Dunque andiamo in compagnia
 a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
250   Vada... eccì... vada... eccì.
 Maledetto tabaccaccio,
 oh che impaccio... eccì... eccì.
 
 BELLEZZA, FABRIZIO A DUE
 
 Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 BELLEZZA, FABRIZIO A DUE
 
 L’è passato.
 
 LINDORA
 
                         Par di sì.
 
 TUTTI
 
255   Dunque andiamo in compagnia
 a goder con allegria