Artaserse, libretto, Mannheim, Pierron, 1751

                                    Gli affetti miei
 ho confidati a lei.
 FABRIZIO
 Dunque voi pur mi amate?
 ROSANNA
 Purtroppo è ver.
 FABRIZIO
                                 Bellezze fortunate! (Toccandosi il viso)
225Giacinto, che ne dite?
 Forse v’ingelosite?
 GIACINTO
                                     Niente affatto.
 Io non sono sì matto,
 s’ella v’ama, signor, io vado via,
 che non voglio impazzir per gelosia.
 
230   D’un amante è gran follia
 impazzir per gelosia.
 S’una è di me stanca,
 non mi manca altra beltà.
 
    Per la donna chi s’affanna,
235chi s’adira assai s’inganna,
 già si sa che invan si spera
 una vera fedeltà.
 
 SCENA V
 
 ROSANNA e FABRIZIO
 
 FABRIZIO
 Dunque, se voi mi amate,
 discorriamola un poco.
 ROSANNA
240Ma Laura sarà poi meco sdegnata.
 FABRIZIO
 Io non vo’ quella donna indiavolata.
 ROSANNA
 L’amicizia, il dover non lo permette.
 FABRIZIO
 Amor non vuol riguardi,
 aggiustiamo le cose infra di noi
245e lasciate che poi Lauretta dica.
 ROSANNA
 V’amo ma non vogl’io tradir l’amica.
 FABRIZIO
 Oh caro mio tesoro,
 già spasimo, già moro. (Ascolta)
 ROSANNA
 Olà, signor Fabrizio,
250più rispetto vi dico e più giudizio.
 
    So che celar dovrei
 il mio novello amore
 ma tanto non credei
 che ardito il vostro core
255giungesse a delirar.
 
    Nel seno eguale ardor
 forse risento anch’io
 ma un nobile rigor
 insegna al foco mio
260le fiamme a moderar.
 
 SCENA VI
 
 FABRIZIO, poi un servo che non parla
 
 FABRIZIO
 Rosanna mi vuol bene e mi discaccia;
 Laura mi porta affetto e mi strapazza.
 Io non so di che razza
 siano cotesti amori.
265Se le ninfe e i pastori
 s’innamoran così, son tutti matti.
 Questo sembra un amor tra cani e gatti.
 Chi? Madama Lindora?
 Dille che venga tosto e non si penta,
270che venga ad onorar l’Arcadia in Brenta. (Parte il servo)
 Caspita, questa dama
 di conoscermi brama!
 Fosse di me invaghita! Allora sì
 che queste due ragazze
275farei di gelosia diventar pazze.
 
 SCENA VII
 
 Madama LINDORA con due braccieri e detti
 
 LINDORA
 Oimè non posso più. (Indietro)
 FABRIZIO
                                          Che cosa è stato?
 LINDORA
 Ho tanto camminato,
 non posso più.
 FABRIZIO
                              Vicino è il suo palazzo
 men d’un tiro di schioppo.
 LINDORA
280Per le mie pianticine è troppo troppo.
 FABRIZIO
 Via signora, s’avanzi e seda.
 LINDORA
 Guardate per pietà
 che non vi siano fiori,
 io non posso sentir cattivi odori.
 FABRIZIO
285L’odor non è cattivo! Faccia grazia.
 LINDORA
 Ahi, ahi.
 FABRIZIO
                   Qualche disgrazia?
 LINDORA
 Maledetto giardino!
 Ho sentito l’odor di gelsomino.
 FABRIZIO
 Vuol che lo butti via?
 LINDORA
                                         Sì, ve ne priego.
 FABRIZIO
290Vattene, o tristo vaso,
 che di madama hai conturbato il naso.
 Via s’avanzi un tantino.
 LINDORA
 Adagio, pian pianino, (Ai braccieri)
 mi volete stroppiar. Voi lo sapete,
295son delicata assai...
 Tre passi in una volta non fo mai.
 FABRIZIO
 Come dunque farà a salir le scale?
 LINDORA
 Tacete, mi vien male
 solo in pensarlo.
 FABRIZIO
                                 Scusi, mi perdoni;
300ella è forse stroppiata?
 LINDORA
 Anzi più ben tagliata
 donna non v’è di me. Voi stupireste
 nel vedermi ballar.
 FABRIZIO
                                      Quando si balla,
 non si fan quattro passi in su un mattone.
 LINDORA
305Trovata ho un’invenzione
 di far i minuetti
 con piccoli passetti;
 e perché il tempo veramente intendo,
 quattro battute in ogni passo io spendo.
 FABRIZIO
310Dunque sopra una festa in tal maniera
 un minuetto si farà per sera.
 LINDORA
 Ma dove son le belle
 arcade pastorelle?
 FABRIZIO
 Or le farò venir. Ehi. (Chiama il servo)
 LINDORA
                                          State zitto.
315Oimè con quella voce così alta
 voi mi fate stordir.
 FABRIZIO
                                     Veh, cosa sento!
 Ella non può sentir alzar la voce?
 LINDORA
 Lo stranuto e la tosse ancor mi nuoce.
 FABRIZIO
 Ma, gran delicatezza!
320Credo provenga dalla gran bellezza.
 LINDORA
 Non dico ma può darsi.
 FABRIZIO
 Certo, signora sì.
 LINDORA
 Quando lo dice lei, sarà così.
 Andrò, se si contenta,
325le amiche a ritrovar.
 FABRIZIO
                                        Ma non vorrei
 che troppo affaticasse;
 prima che sia arrivata
 per lei ci vuole almeno una giornata.
 LINDORA
 Andrò così bel bello,
330se si contenta lei signor Fabrizio.
 FABRIZIO
 Ah vada, vada (che mi fa servizio).
 LINDORA
 
    Riverente a lei m’inchino.
 Ehi, braccieri, qua la mano.
 Venga presto... Andate piano.
335Venga poi... Non mi stroppiate.
 Correr troppo voi mi fate;
 mi vien mal, non posso più.
 
    Via bel bello, andiamo avanti,
 le son serva, addio, monsù.
 
 SCENA VIII
 
 FABRIZIO, poi servo
 
 FABRIZIO
340Sia ringraziato il ciel che se n’è andata.
 Ma cresce la brigata
 e il denar va mancando e la carozza
 sarà venduta ed i cavalli ancora.
 Pazienza, almen ho il gusto
345di veder due ragazze innamorate
 che per me tutte due son spasimate.
 Oh diavolo! Che dici? (Al servo)
 Viene il conte Bellezza? Venga, venga.
 Giacché alla casa s’ha a veder il fondo,
350venga pur tutto il mondo.
 
 SCENA IX
 
 Arriva un burchiello di cui sbarca il conte BELLEZZA
 
 FABRIZIO
 Poh che gran signorone,
 costui porre mi vuole in soggezione.
 CONTE
 Permetta, anzi conceda
 che prostrato si veda
355al prototipo ver de’ generosi
 l’infimo de’ suoi servi rispettosi.
 FABRIZIO
 Servitor obbligato.
 CONTE
 La fama ha pubblicato
 i pregi vostri con eroica tromba;
360l’eco intorno rimbomba
 il nome alto sovrano
 di Fabrizio Fabroni da Fabriano.
 FABRIZIO
 Servitore di lei.
 CONTE
 Ed io pur bramerei,
365anzi sospirerei,
 benché il merito mio sia circonscritto,
 nel ruolo de’ suoi servi esser descritto.
 FABRIZIO
 Anzi de’ miei padroni.
 CONTE
 Ah mio signor, perdoni
370se tracotante, ardito,
 prevenendo l’invito,
 per far la mente mia sazia e contenta,
 son venuto a goder l’Arcadia in Brenta.
 FABRIZIO
 S’accomodi.
 CONTE
                         La fama
375poco disse finor di voi parlando,
 voi cantando, esaltando,
 veggo più, veggo molto
 in quell’amabil volto
 che con raggi di placido splendore
380spiega l’idea del liberal suo cuore.
 FABRIZIO
 Signor lei mi confonde.
 Vorrei dir ma non so,
 per andar alla breve io tacerò.
 CONTE
 Quel silenzio loquace
385quanto, quanto mi piace! Ella tacendo
 col muto favellar va rispondendo
 ed io, che tutto intendo,
 il genio suo comprendo.
 Ella vuol favorirmi ed io mi arrendo;
390ed accetto le grazie e grazie rendo.
 FABRIZIO
 Le renda o non le renda,
 è tutta una faccenda.
 Se qui vuole restar, mi farà onore,
 cerimonie non fo, son di buon cuore.
 CONTE
395Viva il buon cor. Anch’io l’affettazione
 odio nelle persone;
 parlar mi piace natural affatto.
 Perciò dal seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento,
400trabocca dalle labbra il mio contento.
 FABRIZIO
 Se questo è naturale,
 parla ben, non vi è male.
 CONTE
 La provida natura
 prese di me tal cura
405che mi rese il più vago e il più giocondo
 grazioso cavalier che viva al mondo.
 FABRIZIO
 Me ne rallegro assai. S’ella bramasse
 riposarsi è padron.
 CONTE
                                      Sì, mio signore,
 accetterò l’onore
410che l’arcisoprafina sua bontà
 gentilissimamente ora mi fa.
 FABRIZIO
 Vada pure. Pancrazio, (Al servo)
 servi questo signor.
 CONTE
                                       L’esuberanza,
 anzi l’esorbitanza
415delle grazie, onde lei m’ha incatenato...
 FABRIZIO
 Vada, basta così.
 CONTE
                                 Lasci che almeno...
 FABRIZIO
 Vada per carità.
 CONTE
                                Non fia mai vero
 ch’io manchi al dover mio...
 FABRIZIO
 Vada lei, mio signore, o vado io.
 CONTE
 
420   Non s’adiri di grazia, che io taccio.
 Non vo’ dargli più noia né impaccio,
 bramo solo... Sto zitto e non parlo.
 Più non ciarlo, credetelo a me.
 
    Ma tal pena chi puol mai soffrire?
425Io star cheto? Mi sento morire.
 Signor caro... ho finito, in mia fé. (Parte)
 
 
 SCENA X
 
 FABRIZIO solo
 
 FABRIZIO
 Con due pazzi di più nella brigata
 ora l’Arcadia in Brenta è terminata.
 E viva l’allegria. Corpo del diavolo,
430quand’io mi divertisco,
 proprio ringiovenisco.
 E quelle ragazzette,
 quanto sono carette!
 Per passare con esse i giorni miei,
435cospetto... non so dir cosa farei.
 
    Per Lauretta vezzosetta
 la carrozza vada pure.
 Per quell’altra ragazzetta
 li cavalli vadan pure.
440Per madama vada il resto.
 Mi protesto,
 che non vo’ pensar a guai,
 sempre mai
 voglio star in allegria
445e si spenda in compagnia
 tutto, tutto quel che c’è.
 
 SCENA XI
 
 Camera in casa di Fabrizio.
 
 Madama LINDORA, poi il conte BELLEZZA
 
 LINDORA
 Dove Laura e Rosanna,
 dove mai sono? Oimè, che nel cercarle
 dalla sala alla stanza
450ho tanto camminato
 che mi sento di già mancar il fiato.
 Vorrei seder un poco.
 Chi è di là? V’è nessuno?
 CONTE
 Madama, vi son io.
 LINDORA
455Da sedere... Oh perdoni;
 non v’aveva veduto.
 CONTE
 A tempo son venuto. (Gli dà la sedia)
 S’accomodi.
 LINDORA
                         Mi scusi...
 CONTE
 Anzi al provido ciel le grazie io mando,
460perché degno mi fe’ di suo comando.
 LINDORA
 (Non mi dispiace, è tutto gentilezza).
 Ma chi è lei, mio signore?
 CONTE
 Son il conte Bellezza,
 un vostro servitore,
465obbligato, divoto e profondissimo.
 LINDORA
 Anzi mio padronissimo.
 CONTE
 Deh mi conceda l’alto onor sovrano
 di poterle baciar la bianca mano.
 LINDORA
 Ah!
 CONTE
           Cos’è stato.
 LINDORA
470M’avete rovinato il mio ditino.
 Toccate pian pianino;
 son tanto delicata
 che non posso sì forte esser toccata.
 CONTE
 Legerissimamente
475alzo la lattea delicata mano
 e con l’avida bocca...
 LINDORA
 No no, che se mi tocca
 l’acuto pelo che vi spunta al mento,
 mi vedrete cadere in svanimento.
 CONTE
480Lo farò con tal arte
 che voi ne stupirete;
 siate pietosa, oh dio, se bella siete.
 LINDORA
 (Mi commove).
 CONTE
                                Prostrato,
 mia bella, al vostro piede
485vi domando pietà, grazia, mercede.
 LINDORA
 Via, prendete la mano.
 CONTE
 Cara man...
 LINDORA
                         Piano, piano.
 CONTE
 Ancor non l’ho toccata.
 LINDORA
 L’avete con il fiato un po’ alterata.
 CONTE
490Andrò cauto anche in questo.
 Lasciate...
 LINDORA
                      Non stringete.
 CONTE
 Riposate la man sovra il mio braccio.
 LINDORA
 Che ruvido pannaccio!
 CONTE
 Vi porrò il fazzoletto.
 LINDORA
495Non mi par molto netto.
 CONTE
 Dunque, che far dovrò?
 LINDORA
 Non saprei.
 CONTE
                         Ah madama, io morirò.
 LINDORA
 Vi vorrei compiacer ma non vorrei
 che la mia compassione...
 CONTE
500Trovata ho una invenzione
 che non vi spiacerà. La bella mano
 alzate da voi stessa
 e mentr’ella s’appressa al labbro mio
 il labbro inchino e me l’accosto anch’io.
 LINDORA
505Mi contento.
 CONTE
                          Sian grazie al cielo, al fato;
 generosa madama, io son beato,
 eccomi, alzate un poco,
 ancora un poco più.
 LINDORA
                                       Non mi stancate.
 CONTE
 Ma se non vi fermate
510per un momento solo.
 
 SCENA XII
 
 FABRIZIO, FORESTO e detti
 
 FABRIZIO
 Signor conte Bellezza, io mi consolo.
 FORESTO
 Ancor io ma di core.
 CONTE
 (Indiscreta fortuna!) Ma di che?
 FABRIZIO
 Il principe lei è
515per tutto questo dì d’Arcadia nostra.
 CONTE
 È gentilezza vostra,
 non già merito mio.
 FABRIZIO
 Anzi i meriti vostri a noi son noti
 e creato v’abbiam con tutti i voti.
 LINDORA
520Anch’io l’Arcadia lodo
 e d’esservi soggetta esulto e godo.
 CONTE
 Ah che più goderei
 il bramato piacer de’ labbri miei.
 FORESTO
 A voi, principe degno,
525del suo rispetto in segno
 manda l’Arcadia nostra
 questo serto di fiori.
 LINDORA
 Ahi mi fate morir con questi odori.
 FABRIZIO
 Via, madama Lindora
530non li può sopportar.
 CONTE
                                         Deh riponete
 questo serto fatale.
 LINDORA
 Mi sento venir male.
 FABRIZIO
 Presto, presto, tabacco.
 LINDORA
                                            Sì, tabacco.
 FABRIZIO
 Prenda.
 LINDORA
                  È troppo granito,
535se lo prendo, potria maccarmi un dito.
 CONTE
 Questo è fino assai più.
 LINDORA
 Non mi piace, signor, va troppo in su.
 FORESTO
 (Ora l’aggiusto io.
 Con questa stranutiglia
540mi voglio divertir con chi ne piglia).
 Prenda, prenda di questo.
 È foglia schietta, schietta e leggierissima.
 LINDORA
 Questo, questo mi piace, obbligatissima. (Prende tabacco)
 FORESTO
 Comanda? (Al conte)
 CONTE
                        Mi fa grazia. (Prende tabacco)
 FORESTO
545E voi? (A Fabrizio)
 FABRIZIO
                Mi fate onore. (Lo prende anche lui)
 FORESTO
 (Voglio rider di core,
 la stranutiglia vera
 li farà stranutar fino alla sera). (Parte)
 FABRIZIO
 
    Vada, vada.
 
 CONTE
 
                            Vada lei. (A Lindora)
 
 LINDORA
 
550Anzi lei. Vada. Eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO, CONTE
 
 Viva, viva.
 
 LINDORA
 
                       Grazie. Eccì. (Stranuta forte)
 Ahi! Eccì. Ah! Eccì. (Si getta a sedere)
 
 FABRIZIO
 
 Poverina!
 
 CONTE
 
                     Presto, eccì. (Stranuta)
 
 FABRIZIO
 
 Che bel garbo! Son qua io.
555Forti, eccì. (Stranuta)
 
 CONTE
 
                        Altro. Eccì. (Stranuta)
 
 LINDORA
 
 Aiutatemi, eccì.
 
 CONTE, FABRIZIO
 
    Che tabacco, eccì, eccì.
 Maledetto, eccì, eccì.
 Che tormento che mi sento,
560più non posso, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
    Via, madama, non è niente.
 
 FABRIZIO
 
 Che tabacco impertinente!
 
 LINDORA
 
 Acqua fresca per pietà. (S’alza)
 
 CONTE
 
    Vado a prenderla, eccì.
 
 FABRIZIO
 
565Ve la porto, eccì, eccì.
 
 LINDORA
 
 Il mio naso, la mia testa,
 il mio petto, eccì, eccì.
 
 CONTE
 
 V’è passato?
 
 LINDORA
 
                          Signorsì.
 
 FABRIZIO
 
 State meglio?
 
 LINDORA
 
                            Par di sì.
 
 A TRE
 
570   Dunque andiamo in compagnia
 a goder con allegria
 dell’Arcadia il primo dì.
 
    Vada vada, eccì, eccì.
 Maladetto tabaccaccio.
 
 CONTE
 
575Oh che impaccio! Eccì, eccì.
 
 FABRIZIO
 
 Favorisca.
 
 LINDORA
 
                      Signorsì.
 
 A TRE
 
 Faccia grazia, eccì, eccì.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Deliziosa.
 
 Tutti a sedere, cioè il CONTE in mezzo, madama LINDORA alla dritta, GIACINTO presso ROSANNA, FORESTO vicino a LAURETTA e FABRIZIO da un lato, arrabbiato per non esser vicino ad alcuna donna
 
 CONTE
 Da’ lacci neghittosi del silenzio
 scatenando la lingua,
580qual monarca di dive e di semidei,
 do glorioso principio a’ cenni miei.
 FABRIZIO
 Signor principe caro,
 il povero Fabrizio
 gli manda un memorial, con cui lo prega
585comandar a’ pastor che per servizio
 lascino qualche ninfa anco a Fabrizio.
 CONTE
 Giuste le preci son ma non è giusto
 delle ninfe arbitrar. Quella sia vostra
 che inclinata e proclive a voi si mostra.
 FABRIZIO
590Tutte vorranno me.
 ROSANNA
                                      Sarei contenta
 se del signor Fabrizio
 foss’io la ninfa eletta
 ma non vo’ disgustar la mia Lauretta.
 LAURA
 Eh no no, giacché vedo
595che a voi piace quel viso, io ve lo cedo.
 FABRIZIO
 E fra due litiganti il terzo goda.
 Io sarò di madama,
 se mi vuol, se mi brama.
 LINDORA
 Vi domando perdono,
600non mi vo’ scommodar di dove sono.
 FABRIZIO
 Dunque dovrò star senza?
 GIACINTO
 Voi dovete soffrire.
 FORESTO
                                      E aver pazienza.
 FABRIZIO
 (Maledetti! Mi mangiano le coste
 e penar mi conviene.
605Or sì che i miei denar gli spendo bene).
 CONTE
 Dall’arcadico trono,
 a cui per vostro dono io son alzato,
 due comandi vi do tutti in un fiato.
 Primo. Ciascuna ninfa
610scelga il pastor di tutti alla presenza
 ma non vo’ che Fabrizio resti senza.
 Secondo. Quel pastor che sarà eletto
 con qualche regaletto
 riconosca la ninfa
615e lei, com’è il dovere,
 del regalo disponga a suo piacere.
 FABRIZIO
 Bravo, bravo, vi lodo.
 ROSANNA
 D’un tal comando io godo,
 potrò senza riguardi
620il mio genio svelar.
 GIACINTO
                                      (Già mia voi siete). (Piano a Rosanna)
 ROSANNA
 Deh lasciate che io finga e non temete. (Piano a Giacinto)
 FABRIZIO
 Lasciatela parlar. (A Giacinto)
 ROSANNA
                                   Se mi concede
 il sospirato onore,
 sarà il signor Fabrizio il mio pastore.
 FABRIZIO
625Evviva, evviva. Ah! Che ne dite? Oh cara!
 Che gioia! Che diletto!
 Per la mia pastorella io già vi accetto.
 LAURA
 Piano, piano di grazia, padron mio,
 che ci pretendo anch’io.
630Or che non v’è riparo,
 la maschera mi levo e parlo chiaro.
 V’ho scelto nel mio core
 di già per mio pastore
 e se non mi volete
635impazzir e crepar voi mi vedrete.
 FORESTO
 (So che finge). Ma come? Se Rosanna...
 ROSANNA
 Io Fabrizio pretendo.
 LAURA
 Di cedere Fabrizio io non intendo.
 FABRIZIO
 Signor principe, questo è un brutto imbroglio.
 CONTE
640Dall’arcadico soglio
 così decido e voglio:
 per consolar delle due ninfe il core,
 abbian due pastorelle un sol pastore.
 FABRIZIO
 Evviva, evviva; bravo per mia fé.
645Son capace, lo giuro, anco per tre.
 LINDORA
 Dunque, signor Fabrizio,
 s’ella dice da vero e non ischerza,
 io fra le ninfe sue sarò la terza.
 FABRIZIO
 Venga la quarta ancor, mi fa servizio;
650non mi perdo in la folla; io son Fabrizio.
 Levatevi di qua. (A Foresto e Giacinto)
 Loco per voi non c’è,
 una volta per uno, tocca a me.
 CONTE
 Olà, suddito nostro,
655fermatevi per ora.
 Non è finito ancora.
 Se voi pastor delle tre ninfe siete,
 regalar le tre ninfe ora dovete.
 FABRIZIO
 (Ohimè, son imbrogliato,
660questo favor mi vuol costar salato).
 GIACINTO
 Su via, fatevi onore.
 FORESTO
 Via portatevi ben, signor pastore.
 FABRIZIO
 A voi Rosanna bella,
 mia cara pastorella,
665perché mi brilla in sen il cor contento,
 questo picciol brillante io vi presento.
 ROSANNA
 È molto spiritoso, è molto bello;
 brilla come che a voi brilla il cervello.
 FABRIZIO
 Grazie a lei; a Lauretta,
670graziosa vezzosetta,
 per cui ognora tormentato sono,
 quest’orologio d’or presento in dono.
 LAURA
 Il vostro dono accetto
 e contemplar prometto
675in lui la vostra amabile figura,
 perché voi siete tondo di natura.
 FABRIZIO
 Obbligato. A madama,
 perché si guardi dalla stranutiglia,
 le do una tabacchiera di Siviglia.
 LINDORA
680Ed io, che v’amo tanto, bramerei
 che in questa tabacchiera,
 per poterne goder a tutte l’ore,
 fosse polverizzato il vostro core.
 FABRIZIO
 Che bontà! Che finezze!
 CONTE
                                              Or di quei doni
685ne disponga ciascuna a suo talento
 e faccia al donator un complimento.
 ROSANNA
 Io pongo quest’annello
 nelle man di Giacinto
 e dico al donatore
690ch’io lo delusi e questo è il mio pastore.
 FABRIZIO
 Come?
 LAURA
                 Quest’orologio
 a Foresto consegno
 e al donatore io dico
 che già di lui non me n’importa un fico.
 FABRIZIO
695Che? Che?
 LINDORA
                       La tabacchiera
 al principe presento e mio pastore,
 perché quel tabaccaccio mi fa male
 e chi me l’ha donato è un animale.
 CONTE, GIACINTO, FORESTO
 Viva il signor Fabrizio.
700Ci rallegriam con lei.
 FABRIZIO
 Che siate maladetti tutti sei. (Tutti s’alzano)
 
    Corpo del diavolo,
 parmi un po’ troppo,
 che? Sono un cavolo?
705Son gentiluomo
 del mio paese,
 io fo le spese,
 io son padrone,
 che impertinenza!
710Che prepotenza!
 Come? Che dite?
 Eh padron mio,
 basta così.
 
    La vo’ finire,
715me ne voglio ire.
 Signore ninfe,
 gnori pastori,
 bon viaggio a loro.
 Che? Non gli piace?
720Se n’anderanno,
 signori sì.
 
 SCENA II
 
 Tutti, fuorché Fabrizio
 
 MADAMA
 O quanto mi fa ridere ah, ah, (Ride)
 oimè non posso più ah, ah, ah, ah.
 Messer Fabrizio ah, ah, ah, (Ride)
725è in collera ah, ah,
 ahi, che mi manca il fiato,
 non posso respirar. (Si getta a sedere)
 LAURA
                                       Che cosa è stato?
 LINDORA
 Il rider mi scompone e mi rovina.
 LAURA
 Povera madamina,
730siete tenera assai, vi compatisco.
 (Con questa smorfia anch’io mi divertisco).
 FORESTO
 Signori, con licenza,
 vo’ seguitar Fabrizio. Egli è arrabbiato.
 Vo’ veder di placarlo. A dirla schietta,
735tutto il torto non ha. Ma questo è il frutto
 di chi vuol far di più del proprio stato;
 spende, soffre, non gode ed è burlato. (Parte)
 LAURA
 Io rido quando vedo
 certi pazzi che fan gl’innamorati
740e credon col contante
 render la donna amante.
 Quando il genio non v’è, non fanno niente;
 si lascian nell’inganno
 e se si voglion rovinar suo danno.
 LINDORA
745In quanto a questo poi,
 non l’intendo, Lauretta, come voi.
 Non dono e non accetto
 e per non ingannar nulla prometto.
 LAURA
 Parliam d’altro di grazia.
 CONTE
                                                Deh madama,
750andiam per questi deliziosi colli,
 co’ vostri bei colori
 la vil bellezza a svergognar de’ fiori.
 ROSANNA
 (Che parlar caricato!) (A Giacinto)
 GIACINTO
 (E pur così affettato
755vi dovrebbe piacer). (A Rosanna)
 ROSANNA
                                         (Per qual ragione?) (A Giacinto)
 GIACINTO
 (Piace alle donne assai l’adulazione). (A Rosanna)
 CONTE