Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 Numi!
 MANDANE
                O sventura!
 ARTABANO
                                        Il parricida offerse
 incauto il petto alle ferite.
 ARTASERSE
                                                 Oh dio!
 ARTABANO
 Tu sospiri! Ubbidito
 fu il cenno tuo.
 ARTASERSE
                              Ma tu dovevi il cenno
350più saggiamente interpetrar.
 MANDANE
                                                       L’orrore,
 il pentimento suo
 dovevi preveder.
 ARTASERSE
                                  Dovevi alfine
 compatire in un figlio,
 che perde il genitore,
355ne’ primi moti un violento ardore.
 ARTABANO
 Inutile accortezza
 sarebbe stata in me. Furo i custodi
 sì pronti ad ubbidir che Dario estinto
 vidi pria che assalito.
 ARTASERSE
                                          Ah questi indegni
360non avranno macchiato
 del regio sangue impunemente il brando.
 ARTABANO
 Signor, ma il tuo comando
 gli rese audaci e sei l’autor primiero
 tu sol di questo colpo.
 ARTASERSE
                                          È vero, è vero;
365conosco il fallo mio,
 lo confesso Artabano, il reo son io.
 ARTABANO
 Sei reo! Di che? D’una giustizia illustre
 che un eccesso punì? D’una vendetta
 dovuta a Serse? Eh ti consola e pensa
370che nel fraterno scempio
 punisti alfine un parricida, un empio.
 
 SCENA X
 
 SEMIRA e detti
 
 SEMIRA
 Artaserse respira.
 ARTASERSE
 Qual mai ragion Semira
 in sì lieto sembiante a noi ti guida?
 SEMIRA
375Dario non è di Serse il parricida.
 MANDANE
 Che sento!
 ARTASERSE
                       E donde il sai?
 SEMIRA
                                                    Certo è l’arresto
 dell’indegno uccisor. Presso alle mura
 del giardino real fra le tue squadre
 rimase prigionier. Reo lo scoperse
380la fuga, il loco, il ragionar confuso,
 il pallido sembiante
 e il suo ferro di sangue ancor fumante.
 ARTABANO
 Ma il nome?
 SEMIRA
                          Ognun lo tace,
 abbassa ognuno a mie richieste il ciglio.
 MANDANE
385(Ah fosse Arbace!)
 ARTABANO
                                     (È prigioniero il figlio!)
 ARTASERSE
 Dunque un empio son io. Dunque Artaserse
 salir dovrà sul trono
 d’un innocente sangue ancora immondo,
 orribile alla Persia, in odio al mondo.
 SEMIRA
390Forse Dario morì?
 ARTASERSE
                                     Morì, Semira.
 Lo scelerato cenno
 uscì da’ labri miei. Finch’io respiri
 più pace non avrò. Del mio rimorso
 la voce ognor mi suonerà nel core.
395Vedrò del genitore,
 del germano vedrò l’ombre sdegnate
 i miei torbidi giorni, i sonni miei
 funestar minacciando e l’inquiete
 furie vendicatrici in ogni loco
400agitarmi sugli occhi,
 in pena, oh dio, della fraterna offesa,
 la nera face in Flegetonte acesa.
 MANDANE
 Troppo eccede Artaserse il tuo dolore.
 L’involontario errore
405o non è colpa o è lieve.
 SEMIRA
                                           Abbia il tuo sdegno
 un oggetto più giusto; in faccia al mondo
 giustifica te stesso
 colla strage del reo.
 ARTASERSE
                                      Dov’è l’indegno?
 Conducetelo a me.
 ARTABANO
                                     Del prigioniero
410vado l’arrivo ad affrettar. (In atto di partire)
 ARTASERSE
                                                 T’arresta;
 Artabano, Semira,
 Mandane per pietà nessun mi lasci.
 assistetemi adesso; adesso intorno
 tutti vorrei gli amici. Il caro Arbace
415Artabano dov’è? Quest’è l’amore
 che mi giurò fin dalla cuna? Ei solo
 m’abbandona così?
 MANDANE
                                      Non sai che escluso
 fu dalla reggia in pena
 del richiesto imeneo?
 ARTASERSE
420Venga Arbace, io l’assolvo.
 
 SCENA XI
 
 MEGABISE, poi ARBACE disarmato fra le guardie e detti
 
 MEGABISE
                                                  Arbace è il reo.
 ARTASERSE, SEMIRA
 Come?
 MEGABISE
                 Osserva il delitto in quel sembiante. (Accennando Arbace che esce confuso)
 ARTASERSE
 L’amico!
 ARTABANO
                    Il figlio!
 SEMIRA
                                     Il mio german!
 MANDANE
                                                                   L’amante!
 ARTASERSE
 In questa guisa Arbace
 mi torni innanzi? Ed hai potuto in mente
425tanta colpa nudrir?
 ARBACE
                                      Sono innocente.
 MANDANE
 (Volesse il ciel).
 ARTASERSE
                                Ma se innocente sei,
 difenditi, diliegua
 i sospetti, gl’indizi; e la ragione
 dell’innocenza tua sia manifesta.
 ARBACE
430Io non son reo, la mia difesa è questa.
 ARTABANO
 (Seguitasse a tacer).
 MANDANE
                                        Ma i sdegni tuoi
 contro Serse?
 ARBACE
                            Eran giusti.
 ARTASERSE
                                                    La tua fuga?
 ARBACE
 Fu vera.
 MANDANE
                   Il tuo silenzio?
 ARBACE
 È necessario.
 ARTASERSE
                           Il tuo confuso aspetto?
 ARBACE
435Lo merita il mio stato.
 MANDANE
                                           E il ferro asperso
 di caldo sangue?
 ARBACE
                                 Era in mia mano, è vero.
 ARTASERSE
 E non sei delinquente?
 MANDANE
 E l’uccisor non sei?
 ARBACE
                                      Sono innocente.
 ARTASERSE
 Ma l’apparenza, o Arbace,
440ti accusa, ti condanna.
 ARBACE
 Lo veggo anch’io ma l’apparenza inganna.
 ARTASERSE
 Tu non parli, o Semira?
 SEMIRA
                                              Io son confusa.
 ARTASERSE
 Parli Artabano.
 ARTABANO
                               Oh dio!
 Mi perdo anch’io nel meditar la scusa.
 ARTASERSE
445Misero, che farò! Punire io deggio
 nell’amico più caro il più crudele
 orribile nemico! A che mostrarmi
 così gran fedeltà barbaro Arbace?
 Quei soavi costumi,
450quell’amor, quelle prove
 d’incorrotta virtude erano inganni
 dunque d’un’alma rea? Potessi almeno
 quel momento obliar che in mezzo all’armi
 me da’ nemici oppresso
455cadente sollevasti e col tuo sangue
 generoso serbasti i giorni miei,
 che adesso non avrei
 del padre mio nel vendicare il fato
 la pena, oh dio, di divenirti ingrato.
 ARBACE
460I primi affetti tui
 signor non perda un innocente oppresso;
 se mai degno ne fui, lo sono adesso.
 ARTABANO
 Audace, e con qual fronte
 puoi domandargli amor? Perfido figlio,
465il mio rossor, la pena mia tu sei.
 ARBACE
 Anche il padre congiura a’ danni miei!
 ARTABANO
 Che vorresti da me? Ch’io fossi a parte
 de’ falli tuoi nel compatirti? Eh provi, (Ad Artaserse)
 provi o signor la tua giustizia. Io stesso
470sollecito la pena. In sua difesa
 non gli giovi Artabano aver per padre;
 scordati la mia fede; oblia quel sangue
 di cui per questo regno
 tante volte pugnando i campi aspersi;
475coll’altro ch’io versai, questo si versi.
 ARTASERSE
 O fedeltà!
 ARTABANO
                      Risolvi e qualche affetto,
 se ti resta per lui, vada in oblio.
 ARTASERSE
 Risolverò; ma con qual core... Oh dio!
 
    Deh respirar lasciatemi
480qualche momento in pace;
 capace di risolvere
 la mia ragion non è.
 
    Mi trovo in un istante
 giudice, amico, amante
485e delinquente e re. (Parte)
 
 SCENA XII
 
 MANDANE, SEMIRA, ARBACE, ARTABANO,
 MEGABISE e guardie
 
 ARBACE
 (E innocente dovrai
 tanti oltraggi soffrir, misero Arbace!) (Da sé)
 MEGABISE
 (Che avvenne mai!)
 SEMIRA
                                        (Quante sventure io temo).
 MANDANE
 (Io non spero più pace).
 ARTABANO
                                               (Io fingo e tremo).
 ARBACE
490Tu non mi guardi o padre! Ogn’altro avrei
 sofferto accusator senza lagnarmi;
 ma che possa accusarmi,
 che chieder possa il mio morir colui
 che il viver mi donò m’empie d’orrore,
495stupido il cor mi fa gelar nel seno.
 Senta pietà del figlio il padre almeno.
 ARTABANO
 
    Non ti son padre,
 non mi sei figlio,
 pietà non sento
500d’un traditor.
 
    Tu sei cagione
 del tuo periglio,
 tu sei tormento
 del genitor. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 ARBACE, SEMIRA, MANDANE e MEGABISE e guardie
 
 ARBACE
505Ma per qual fallo mai
 tanto, o barbari dei, vi sono in ira.
 M’ascolti, mi compianga almen Semira.
 SEMIRA
 
    Torna innocente e poi
 t’ascolterò, se vuoi,
510tutto per te farò.
 
    Ma finché reo ti veggio,
 compiangerti non deggio,
 difenderti non so. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 ARBACE, MANDANE, MEGABISE e guardie
 
 ARBACE
 E non v’è chi m’uccida! Ah Megabise
515s’hai pietà...
 MEGABISE
                          Non parlarmi.
 ARBACE
                                                      Ah principessa!
 MANDANE
 Involati da me.
 ARBACE
                               Ma senti amico.
 MEGABISE
 Non odo un traditore. (Parte)
 ARBACE
                                           Oda un momento
 Mandane almeno...
 MANDANE
                                      Un traditor non sento. (In atto di partire)
 ARBACE
 Mio ben, mia vita... (Trattenendola)
 MANDANE
                                        Ah scelerato! Ardisci
520di chiamarmi tuo bene?
 Quella man mi trattiene
 che uccise il genitore?
 ARBACE
                                           Io non l’uccisi.
 MANDANE
 Dunque chi fu? Parla.
 ARBACE
                                           Non posso. Il labro...
 MANDANE
 Il labro è mensognero.
 ARBACE
                                            Il core...
 MANDANE
                                                             Il core
525no che del suo delitto orror non sente.
 ARBACE
 Son io...
 MANDANE
                  Sei traditor.
 ARBACE
                                           Sono innocente.
 MANDANE
 Innocente!
 ARBACE
                       Io lo giuro.
 MANDANE
                                             Alma infedele.
 ARBACE
 (Quanto mi costa un genitor crudele!)
 Cara se tu sapessi...
 MANDANE
                                       Eh che mi sono
530gli odi tuoi contro Serse assai palesi.
 ARBACE
 Ma non intendi...
 MANDANE
                                   Intesi
 le tue minacce.
 ARBACE
                               E pur t’inganni.
 MANDANE
                                                              Allora
 perfido m’ingannai
 che fedel mi sembrasti e ch’io t’amai.
 ARBACE
535Dunque adesso...
 MANDANE
                                  T’abborro.
 ARBACE
 E sei...
 MANDANE
                La tua nemica.
 ARBACE
 E vuoi...
 MANDANE
                   La morte tua.
 ARBACE
                                              Quel primo affetto...
 MANDANE
 Tutto è cangiato in sdegno.
 ARBACE
 E non mi credi?
 MANDANE
                                 E non ti credo, indegno.
 
540   Dimmi che un empio sei,
 ch’hai di macigno il core,
 perfido, traditore,
 e allor ti crederò.
 
    (Vorrei di lui scordarmi,
545odiarlo oh dio vorrei
 ma sento che sdegnarmi
 quanto dovrei non so).
 
    Dimmi che un empio sei
 e allor ti crederò.
 
550   (Odiarlo, oh dio, vorrei
 ma odiarlo, oh dio, non so). (Parte)
 
 SCENA XV
 
 ARBACE con guardie
 
 ARBACE
 No che non ha la sorte
 più sventure per me. Tutte in un giorno
 tutte, oh dio, le provai. Perdo l’amico,
555m’insulta la germana,
 m’accusa il genitor, piange il mio bene
 e tacer mi conviene!
 E non posso parlar! Dove si trova
 un’anima che sia
560tormentata così come la mia.
 Ma giusti dei pietà. Se a questo passo
 lo sdegno vostro a danno mio s’avanza,
 pretendete da me troppa costanza.
 
    Vo solcando un mar crudele,
565senza vele e senza sarte;
 freme l’onda, il ciel s’imbruna,
 cresce il vento e manca l’arte
 e il voler della fortuna
 son costretto a seguitar.
 
570   Infelice, in questo stato
 son da tutti abbandonato;
 meco sola è l’innocenza
 che mi porta a naufragar.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Appartamenti reali.
 
 ARTASERSE ed ARTABANO
 
 ARTASERSE
 Dal carcere o custodi (Nell’uscire verso la scena)
575qui si conduca Arbace. Ecco adempite
 le tue richieste; ah voglia il ciel che giovi
 questo incontro a salvarlo.
 ARTABANO
                                                  Io non vorrei
 che credessi, o signor, la mia domanda
 pietà di padre o mal fondata speme
580di trovarlo innocente. È troppo chiara
 la colpa sua, deve morir. Non altro
 mi muove a rivederlo
 che la tua sicurezza. Ancor del fallo
 è ignota la cagione,
585sono i complici ignoti, ogni segreto
 tenterò discoprir.
 ARTASERSE
                                   La tua fortezza
 quanto invidio Artabano. Io mi sgomento
 d’un amico al periglio;
 tu non ti perdi e si condanna il figlio.
 ARTABANO
590La fermezza del volto
 quanto costa al mio core. Intesi anch’io
 le voci di natura. Anch’io provai
 le comuni di padre
 deboli tenerezze;
595ma fra le mie dubiezze
 il dover trionfò. Non è mio figlio
 chi mi porta il rossor di sì gran fallo;
 prima ch’io fossi padre, ero vassallo.
 ARTASERSE
 La tua virtude istessa
600mi parla per Arbace. Io più ti deggio
 quanto meno il difendi. Ah renderei
 troppo ingrata mercede a’ merti tui,
 senza dolor s’io ti punissi in lui.
 Deh cerchiamo Artabano
605una via di salvarlo, una ragione
 ch’io possa dubbitar del suo delitto;
 unisci, io te ne priego,
 le tue cure alle mie.
 ARTABANO
                                       Che far poss’io,
 s’ogni evento l’accusa e intanto Arbace
610si vede reo, non si difende e tace?
 ARTASERSE
 Ma innocente si chiama. I labbri suoi
 non son usi a mentir. Come in un punto
 cangiò natura! Ah l’infelice ha forse
 qualche ragion del suo silenzio. A lui
615parla Artabano; ei svelerà col padre
 quanto al giudice tace. Io m’allontano.
 In libertà seco ragiona; osserva,
 esamina il suo cor. Trova, se puoi,
 un’ombra di difesa. Accorda insieme
620la salvezza del figlio,
 la pace del tuo re, l’onor del trono;
 ingannami, se puoi, ch’io ti perdono.
 
    Rendimi il caro amico,
 parte dell’alma mia,
625fa’ ch’innocente sia
 come l’amai finor.
 
    Compagni dalla cuna
 tu ci vedesti e sai
 che in ogni mia fortuna
630seco finor provai
 ogni piacer diviso,
 diviso ogni dolor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 ARTABANO, poi ARBACE con alcune guardie
 
 ARTABANO
 Son quasi in porto. Arbace
 avvicinati. E voi (Alle guardie)
635nelle prossime stanze
 pronti attendete ad ogni cenno. (Partono)
 ARBACE
                                                            Il padre
 solo con me!
 ARTABANO
                          Pur mi riesce o figlio
 di salvar la tua vita. Io chiesi ad arte
 all’incauto Artaserse
640la libertà di favellarti. Andiamo.
 Per una via che ignota
 sempre gli fu, scorgendo i passi tui
 deluder posso i suoi custodi e lui.
 ARBACE
 Mi proponi una fuga
645che saria prova al mio delitto.
 ARTABANO
                                                        Ah vieni,
 folle che sei; la libertà ti rendo,
 t’involo al regio sdegno,
 agli applausi ti guido e forse al regno.
 ARBACE
 Che dici! Al regno?
 ARTABANO
                                      È da gran tempo, il sai,
650a tutti in odio il regio sangue. Andiamo,
 alle commosse squadre
 basta mostrarti. Ho già la fede in pegno
 de’ primi duci.
 ARBACE
                               Io divenir ribelle!
 Solo in pensarlo innorridisco! Ah padre
655lasciami l’innocenza.
 ARTABANO
                                         È già perduta
 nella credenza altrui. Sei prigioniero
 e comparisci reo.
 ARBACE
                                  Ma non è vero.
 ARTABANO
 Questo non giova. È l’innocenza, Arbace,
 un pregio che consiste
660nel credulo consenso
 di chi l’ammira; e se le togli questo,
 in nulla si risolve. Il giusto è solo
 chi sa fingerlo meglio e chi nasconde
 con più destro artificio i sensi sui
665nel teatro del mondo agli occhi altrui.
 ARBACE
 T’inganni. Un’alma grande
 è teatro a sé stessa. Ella in segreto
 s’approva e si condanna;
 e placida e sicura
670del volgo spettator l’aura non cura.
 ARTABANO
 Sia ver; ma l’innocenza
 si dovrà preferir forse alla vita
 per conservarla?
 ARBACE
                                 E questa vita, o padre,
 che mai la credi?
 ARTABANO
                                  Il maggior dono, o figlio,
675che dar possan gli dei.
 ARBACE
                                           La vita è un bene
 che usandone si scema; ogni momento
 ch’altri ne gode è un passo
 che al termine avvicina e dalle fascie
 si comincia a morir, quando si nasce.
 ARTABANO
680E dovrò per salvarti
 contender teco? Altra ragion per ora
 non ricercar che il cenno mio. T’affretta.
 ARBACE
 No, perdona; sia questo
 il tuo cenno primiero
685trasgredito da me.
 ARTABANO
                                     Vinca la forza
 le resistenze tue. Sieguimi. (Va per prenderlo)
 ARBACE
                                                     In pace (Si scosta)
 lasciami o padre. A troppo gran cimento
 riduci il mio rispetto. Ah se mi sforzi
 farò...
 ARTABANO
              Minacci ingrato!
690Parla, di’, che farai?
 ARBACE
                                       Nol so; ma tutto
 farò per non seguirti.
 ARTABANO
                                          E ben vediamo
 chi di noi vincerà. Sieguimi, andiamo. (Lo prende per la mano)
 ARBACE
 Custodi, olà?
 ARTABANO
                           T’accheta.
 ARBACE
                                                Olà custodi? (Artabano lascia Arbace vedendo li custodi)
 Rendetemi i miei lacci. Al carcer mio
695guidatemi di nuovo.
 ARTABANO
                                        (Ardo di sdegno).
 ARBACE
 Padre, un addio.
 ARTABANO
                                 Va’, non t’ascolto, indegno.
 ARBACE
 
    Mi scacci sdegnato!