Artaserse, libretto, Stoccarda, Cotta, 1756

 Mi sgridi severo!
 Pietoso placato
700vederti non spero,
 se in questi momenti
 non senti pietà.
 
    Che ingiusto rigore!
 Che fiero consiglio!
705Scordarsi l’amore
 d’un misero figlio,
 d’un figlio infelice
 che colpa non ha. (Parte con le guardie)
 
 SCENA III
 
 ARTABANO, poi MEGABISE
 
 ARTABANO
 I tuoi deboli affetti
710vinci Artabano. Un temerario figlio
 s’abbandoni al suo fato. Ah che nel core
 condannarlo non posso. Io l’amo appunto
 perché non mi somiglia. A un tempo istesso
 e mi sdegno e l’ammiro
715e d’ira e di pietà fremo e sospiro.
 MEGABISE
 Che fai? Che pensi? Irresoluto e lento
 signor così ti stai? Non è più tempo
 di meditar ma d’eseguir. Si aduna
 de’ satrapi il consiglio; ecco raccolte
720molte vittime insieme. I tuoi rivali
 là troveremo uniti. Uccisi questi,
 piana è per te la via del trono. Arbace
 a liberar si voli.
 ARTABANO
                                Ah Megabise,
 che sventura è la mia! Ricusa il figlio
725e regno e libertà. De’ giorni suoi
 cura non ha, perde sé stesso e noi.
 MEGABISE
 Che dici?
 ARTABANO
                     Invan finora
 con lui contesi.
 MEGABISE
                              A liberarlo a forza
 al carcere corriamo.
 ARTABANO
                                       Il tempo istesso,
730che perderemo in superar la fede
 e il valor de’ custodi, agio bastante
 al re sarà di preparar difese.
 MEGABISE
 È ver. Dunque Artaserse
 prima si sveni e poi si salvi Arbace.
 ARTABANO
735Ma rimane in ostaggio
 la vita d’un mio figlio.
 MEGABISE
                                           Ecco il riparo.
 Dividiamo i seguaci. Assaliremo
 nell’istesso momento
 tu il carcere, io la reggia.
 ARTABANO
                                               Ah che divisi
740siamo deboli entrambi.
 MEGABISE
                                              Ad un partito
 convien pure appigliarsi.
 ARTABANO
                                                Il più sicuro
 è il non prenderne alcuno. Agio bisogna
 a ricompor le sconcertate fila
 della trama impedita.
 MEGABISE
                                           E se frattanto
745Arbace si condanna?
 ARTABANO
                                         Il caso estremo
 al più pronto rimedio
 risolver ne farà. Basta per ora
 che a simular tu siegua e che de’ tuoi
 mi conservi la fede. Io cauto intanto
750a sedurre i custodi
 m’applicherò. Non m’avvisai finora
 d’abbisognarne e reputai follia
 moltiplicare i rischi
 senza necessità.
 MEGABISE
                                Di me disponi
755come più vuoi.
 ARTABANO
                              Deh non tradirmi amico.
 MEGABISE
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
 Tanto ingrato mi credi? Io mi rammento
 de’ miei bassi principi; alla tua mano
 deggio quanto possiedo; a’ primi gradi
760dal fango popolar tu mi traesti.
 Io tradirti! Ah signor, che mai dicesti?
 ARTABANO
 È poco, o Megabise,
 quanto feci per te; vedrai s’io t’amo,
 se m’arride il destin. So per Semira
765gli affetti tuoi, non gli condanno e penso...
 Eccola. Un mio comando
 l’amor suo t’assicuri e noi congiunga
 con più saldi legami.
 MEGABISE
                                         O qual contento!
 
 SCENA IV
 
 SEMIRA e detti
 
 ARTABANO
 Figlia, è questi il tuo sposo.
 SEMIRA
                                                    (Ahimè, che sento).
770E ti par tempo o padre
 di stringere imenei, quando il germano...
 ARTABANO
 Non più. Può la tua mano
 molto giovargli.
 SEMIRA
                                Il sagrificio è grande;
 signor meglio rifletti. Io son...
 ARTABANO
                                                        Tu sei
775folle, se mi contrasti;
 ecco il tuo sposo; io così voglio e basti.
 
    Amalo e se al tuo sguardo
 amabile non è,
 la man che te lo diè
780rispetta e taci.
 
    Poi nell’amar men tardo
 forse il tuo cor sarà,
 quando fumar vedrà
 le sacre faci. (Parte)
 
 SCENA V
 
 SEMIRA e MEGABISE
 
 SEMIRA
785Ascolta o Megabise; io mi lusingo
 alfin dell’amor tuo. Posso una prova
 sperarne a mio favor?
 MEGABISE
                                           Che non farei
 cara per ubbidirti!
 SEMIRA
                                     E pure io temo
 le ripugnanze tue.
 MEGABISE
                                    Questo timore
790dilegui un tuo comando.
 SEMIRA
                                               Ah se tu m’ami,
 questi imenei disciogli.
 MEGABISE
                                              Io!
 SEMIRA
                                                      Sì. Salvarmi
 del genitor così potrai dall’ira.
 MEGABISE
 T’ubbidirei ma parmi
 ch’ora meco scherzar voglia Semira!
 SEMIRA
795Io non parlo da scherzo.
 MEGABISE
                                              Eh non ti credo;
 vuoi così tormentarmi, io me n’avvedo.
 SEMIRA
 Tu mi deridi. Io ti credei finora
 più generoso amante.
 MEGABISE
                                          Ed io più saggia
 finora ti credei.
 SEMIRA
                                D’un’alma grande
800che bella prova è questa!
 MEGABISE
 Che discreta richiesta
 da farsi a un amator!
 SEMIRA
                                         T’apersi un campo
 ove potevi esercitar con lode
 la tua virtù, senz’essermi molesto.
 MEGABISE
805La voglio esercitar ma non in questo.
 SEMIRA
 Dunque invano sperai?
 MEGABISE
                                              Sperasti invano.
 SEMIRA
 Dunque il pianto...
 MEGABISE
                                     Non giova.
 SEMIRA
 Queste preghiere mie...
 MEGABISE
                                              Son sparse a’ venti.
 SEMIRA
 E bene, al padre ubbidirò ma senti;
810non lusingarti mai
 ch’io voglia amarti. Abborrirò costante
 quel funesto legame
 che a te mi stringerà. Sarai, lo giuro,
 oggetto agli occhi miei sempre d’orrore;
815la mano avrai ma non sperare il core.
 MEGABISE
 Non lo chiedo o Semira. Io mi contento
 di vederti mia sposa; e per vendetta,
 se ti basta d’odiarmi,
 odiami pur, ch’io non saprò lagnarmi.
 
820   Non temer ch’io mai ti dica
 alma infida, ingrato core;
 possederti ancor nemica
 chiamerò felicità.
 
    Io detesto la follia
825d’un incomodo amatore
 che a’ pensieri ancor vorria
 limitar la libertà. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SEMIRA, poi MANDANE
 
 SEMIRA
 Qual serie di sventure un giorno solo
 unisce a’ danni miei! Mandane, ah senti.
 MANDANE
830Non m’arrestar Semira.
 SEMIRA
                                              Ove t’affretti?
 MANDANE
 Vado al real consiglio.
 SEMIRA
                                          Io tua seguace
 sarò, se giova all’infelice Arbace.
 MANDANE
 L’interesse è distinto;
 tu salvo il brami ed io lo voglio estinto.
 SEMIRA
835E un’amante d’Arbace
 parla così?
 MANDANE
                       Parla così, Semira,
 una figlia di Serse.
 SEMIRA
                                     Il mio germano
 o non ha colpa o per tua colpa è reo,
 perché troppo t’amò...
 MANDANE
                                           Questo è il maggiore
840de’ falli suoi. Col suo morir degg’io
 giustificar me stessa e vendicarmi
 di quel rossor che soffre
 il mio genio real che a lui donato
 dovea destarlo a generose imprese
845e per mia pena un traditor lo rese.
 SEMIRA
 E non basta a punirlo
 delle leggi il rigor che a lui sovrasta,
 senza gl’impulsi tuoi?
 MANDANE
                                           No che non basta.
 Io temo in Artaserse
850la tenera amistà; temo l’affetto
 ne’ satrapi e ne’ grandi; e temo in lui
 quell’ignoto poter, quell’astro amico
 che in fronte gli risplende,
 che degli animi altrui signor lo rende.
 SEMIRA
855Va’, sollecita il colpo,
 accusalo, spietata,
 riducilo a morir. Però misura
 prima la tua costanza. Hai da scordarti
 le speranze, gli affetti,
860la data fé, le tenerezze, i primi
 scambievoli sospiri, i primi sguardi
 e l’idea di quel volto
 dove apprese il tuo core
 la prima volta a sospirar d’amore.
 MANDANE
865Ah barbara Semira,
 io che ti feci mai! Perché risvegli
 quella al dover ribelle
 colpevole pietà che opprimo in seno
 a forza di virtù? Perché ritorni
870con questa idea che il mio coraggio atterra
 fra’ miei pensieri a rinovar la guerra.
 
    Se d’un amor tiranno
 credei di trionfar,
 lasciami nell’inganno,
875lasciami lusingar
 che più non amo.
 
    Se l’odio è il mio dover,
 barbara, e tu lo sai,
 perché avveder mi fai
880che invan lo bramo. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 SEMIRA
 
 SEMIRA
 A qual di tanti mali
 prima oppormi degg’io? Mandane, Arbace,
 Megabise, Artaserse, il genitore,
 tutti son miei nemici. Ognun m’assale
885in alcuna del cor tenera parte;
 mentre ad uno m’oppongo, io resto agli altri
 senza difesa esposta; ed il contrasto
 sola di tutti a sostener non basto.
 
    Se del fiume altera l’onda
890tenta uscir dal letto usato,
 corre a questa, a quella sponda
 l’affannato agricoltor.
 
    Ma disperde in su l’arene
 il sudor, le cure e l’arti,
895che se in una ei lo trattiene,
 si fa strada in cento parti
 il torrente vincitor. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
  Gran sala del real consiglio con trono da un lato, sedili dall’altro per i grandi del regno. Tavolino e sedia alla destra del suddetto trono.
 
 ARTASERSE preceduto da una parte delle guardie e da’ grandi del regno, seguito dal restante delle guardie, poiMEGABISE
 
 ARTASERSE
 Eccomi, o della Persia
 fidi sostegni, del paterno soglio
900le cure a tolerar. Son del mio regno
 sì torbidi i principi e sì funesti
 che l’inesperta mano
 teme di questo avvicinarsi al freno.
 Voi che nudrite in seno
905zelo, valore, esperienza e fede,
 dell’affetto in mercede,
 che il mio gran genitor vi diede in dono,
 siatemi scorta in su le vie del trono.
 MEGABISE
 Mio re, chiedono a gara
910e Mandane e Semira a te l’ingresso.
 ARTASERSE
 Oh dei! Vengano. Io vedo (Parte Megabise)
 qual diversa cagione entrambe affretta.
 
 SCENA IX
 
 MANDANE, SEMIRA, MEGABISE e detto
 
 SEMIRA
 Artaserse pietà.
 MANDANE
                                Signor vendetta;
 d’un reo chiedo la morte.
 SEMIRA
                                                Ed io la vita
915chiedo d’un innocente.
 MANDANE
                                            Il fallo è certo.
 SEMIRA
 Incerto è il traditor.
 MANDANE
                                       Condanna Arbace
 ogni apparenza.
 SEMIRA
                                Assolve
 Arbace ogni ragion.
 MANDANE
                                       L’amor l’accusa.
 SEMIRA
 L’amicizia il difende.
 MANDANE
                                          Il sangue sparso
920dalle vene del padre
 chiede un castigo.
 SEMIRA
                                    E il conservato sangue
 nelle vene del figlio un premio chiede.
 MANDANE
 Ricordati...
 SEMIRA
                        Rammenta...
 MANDANE
 Che sostegno del trono
925solo è il rigor.
 SEMIRA
                            Che la clemenza è base.
 MANDANE
 D’una misera figlia
 deh t’irriti il dolor.
 SEMIRA
                                     Ti plachi il pianto
 d’una afflitta germana.
 MANDANE
                                             Ognun che vedi,
 fuor che Semira, il sacrificio aspetta.
 SEMIRA
930Artaserse pietà. (S’inginochiano)
 MANDANE
                                 Signor vendetta.
 ARTASERSE
 Sorgete; oh dio, sorgete. Il vostro affanno
 quanto è minor del mio. Teme Semira
 il mio rigor, Mandane
 teme la mia clemenza. E amico e figlio
935Artaserse sospira
 nel timor di Mandane e di Semira.
 Solo d’entrambe io così provo... Ah vieni.
 Consolami Artabano. Hai per Arbace (Vedendo Artabano)
 difesa alcuna? Ei si discolpa?
 
 SCENA X
 
 ARTABANO e detti
 
 ARTABANO
                                                        È vana
940la tua, la mia pietà. La sua salvezza
 o non cura o dispera.
 ARTASERSE
                                         E vuol ridurmi
 l’ingrato a condannarlo?
 SEMIRA
 Condannarlo? Ah crudel! Dunque vedrassi
 sotto un’infame scure
945di Semira il germano,
 della Persia l’onore,
 l’amico d’Artaserse, il difensore?
 Misero Arbace! Inutile mio pianto!
 Vilipeso dolor!
 ARTASERSE
                              Semira a torto
950m’accusi di crudel. Che far poss’io,
 se difesa non ha? Tu che faresti?
 Che farebbe Artabano? Olà custodi,
 Arbace a me si guidi. Il padre istesso
 sia giudice del figlio. Egli l’ascolti,
955ei l’assolva se può. Tutta in sua mano
 la mia depongo autorità reale.
 ARTABANO
 Come!
 MANDANE
                E tanto prevale
 l’amicizia al dover? Punir nol vuoi,
 se la pena del reo commetti al padre.
 ARTASERSE
960A un padre io la commetto
 di cui nota è la fé, che un figlio accusa
 ch’io difender vorrei, che di punirlo
 ha più ragion di me.
 MANDANE
                                        Ma sempre è padre.
 ARTASERSE
 Perciò doppia ragione
965ha di punirlo. Io vendicar di Serse
 la morte sol deggio in Arbace. Ei deve
 nel figlio vendicar con più rigore
 e di Serse la morte e il suo rossore.
 MANDANE
 Dunque così...
 ARTASERSE
                             Così, se Arbace è il reo,
970la vittima assicuro al re svenato
 ed al mio difensor non sono ingrato.
 ARTABANO
 Ah signor, qual cimento...
 ARTASERSE
 Degno di tua virtù.
 ARTABANO
                                      Di questa scelta
 che si dirà?
 ARTASERSE
                         Che si può dir? Parlate, (A’ grandi)
975se v’è ragion che a dubitar vi muova.
 MEGABISE
 Il silenzio d’ognun la scelta approva.
 SEMIRA
 Ecco il germano.
 MANDANE
                                 (Aimè!)
 ARTASERSE
                                                   S’ascolti. (Va in trono e i grandi siedono)
 ARTABANO
                                                                      (Affetti,
 ah tolerate il freno). (Nell’andare e sedere al tavolino)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 
 SCENA XI
 
 ARBACE, con catene fra alcune guardie, e detti
 
 ARBACE
980Tanto in odio alla Persia
 dunque son io che di mia rea fortuna
 l’ingiustizie a mirar tutta s’aduna!
 Mio re.
 ARTASERSE
                 Chiamami amico. Infin ch’io possa
 dubitar del tuo fallo, esser lo voglio.
985E perché sì bel nome
 in un giudice è colpa, ad Artabano
 il giudizio è commesso.
 ARBACE
                                             Al padre!
 ARTASERSE
                                                                 A lui.
 ARBACE
 (Gelo d’orror).
 ARTABANO
                              Che pensi? Ammiri forse
 la mia costanza?
 ARBACE
                                 Inorridisco, o padre,
990nel mirarti in quel luogo. E ripensando
 quale io son, qual tu sei, come potesti
 farti giudice mio? Come conservi
 così intrepido il volto? E non ti senti
 l’anima lacerar?
 ARTABANO
                                 Quei moti interni,
995ch’io provo in me, tu ricercar non devi
 né quale intelligenza
 abbia col volto il cor. Qualunque io sia
 lo son per colpa tua. Se a’ miei consigli
 tu davi orecchio e seguitar sapevi
1000l’orme d’un padre amante, in faccia a questi
 giudice non sarei, reo non saresti.
 ARTASERSE
 Misero genitor!
 MANDANE
                                Qui non si venne
 i vostri ad ascoltar privati affanni.
 O Arbace si difenda o si condanni.
 ARBACE
1005(Quanto rigor!)
 ARTABANO
                                Dunque alle mie richieste
 risponda il reo. Tu comparisci, Arbace,
 di Serse l’uccisor. Ne sei convinto;
 ecco le prove. Un temerario amore,
 uno sdegno ribelle...
 ARBACE
                                        Il ferro, il sangue,
1010il tempo, il luogo, il mio timor, la fuga
 so che la colpa mia fanno evidente.
 E pur vera non è, sono innocente.
 ARTABANO
 Dimostralo se puoi; placa lo sdegno
 dell’offesa Mandane.
 ARBACE
                                         Ah se mi vuoi
1015costante nel soffrir, non assalirmi
 in sì tenera parte. Al nome amato
 barbaro genitor...
 ARTABANO
                                   Taci, e non vedi
 nella tua cieca intoleranza e stolta
 dove sei, con chi parli e chi t’ascolta?
 ARBACE
1020Ma padre...
 ARTABANO
                        (Affetti, ah tolerate il freno!)
 MANDANE
 (Povero cor non palpitarmi in seno).
 SEMIRA
 Chiede pur la tua colpa
 difesa o pentimento.
 ARTASERSE
                                         Ah porgi aita
 alla nostra pietà.