Demofoonte, libretto, Stoccarda, Cotta, 1764

                                          Barsene, anch’io
935scorsi l’april degli anni; e folto e biondo
 fu questo crin ch’ora è canuto e raro.
 E allora, oh età felice!
 non con tanto disprezzo
 al consiglio dei saggi
940la stolta gioventù porgea l’orecchia.
 Declina il mondo e peggiorando invecchia. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 OLINTO e BARSENE
 
 OLINTO
 Per appagar la strana
 senile austerità dovremo noi
 cominciar dalle fasce a far da eroi?
945Barsene, altri pensieri
 chiede la nostra età. Dimmi se Olinto
 vive più nel tuo core.
 BARSENE
                                         Eh che tu vuoi
 deridermi, o signor. Le mie cangiasti
 con più belle catene;
950alla regina sua cede Barsene.
 
    So che per gioco
 mi chiedi amore;
 ma poche lagrime,
 poco dolore
955costa la perdita
 d’un infedel.
 
    A un altro oggetto,
 che tu non sai,
 anch’io l’affetto
960finor serbai;
 e in sì bel foco
 vivrò fedel. (Parte)
 
 SCENA X
 
 OLINTO
 
 OLINTO
 Di Barsene i disprezzi,
 l’ire di Cleonice,
965la fortuna d’Alceste ed i severi
 rimproveri paterni avrian d’ogni altro
 sgomentato l’ardir; ma non per questo
 Olinto si sgomenta. Ai grandi acquisti
 gran coraggio bisogna e non conviene
970temer periglio o ricusar fatica,
 che la fortuna è degli audaci amica.
 
    Non fidi al mar che freme
 la temeraria prora
 chi si scolora e teme
975sol quando vede il mar.
 
    Non si cimenti in campo
 chi trema al suono, al lampo
 d’una guerriera tromba,
 d’un bellicoso acciar. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera con sedie.
 
 CLEONICE e poi MITRANE
 
 CLEONICE
980Eccoti, Cleonice, al duro passo
 di rivedere Alceste
 ma per l’ultima volta. Avrai coraggio
 d’annunziargli tu stessa
 la sentenza crudel, che t’abbandoni,
985che si scordi di te? Quant’era meglio
 non impedir la sua partenza!
 MITRANE
                                                       Alceste,
 regina, è qui che ritornato in vita
 dopo tante vicende
 di rivederti impaziente attende.
 CLEONICE
990(Già mi palpita il cor).
 MITRANE
                                            Fenicio il vide,
 l’assicurò, gli disse
 quanto può nel tuo core; e parve allora
 fior che dal gelo oppresso
 risorga al sol. Rasserenò la fronte,
995il pallor colorì, cangiò sembianza.
 Ripieno è di speranza
 e al piacere improvviso
 l’allegrezza e l’amor gli ride in viso.
 CLEONICE
 (E perderlo dovrò?) Parti, Mitrane.
1000Digli che venga. In queste
 stanze l’attendo.
 MITRANE
                                 Oh fortunato Alceste! (Parte)
 CLEONICE
 Magnanimi pensieri
 e di gloria e di regno, ah! dove siete?
 Chi vi fugò? Per mia difesa al fiero
1005turbamento ch’io provo
 vi ricerco nell’alma e non vi trovo.
 Questo, questo è il momento
 terribile per me. Qual posso in voi
 speranza aver, se intimoriti al solo
1010nome dell’idol mio m’abbandonate?
 Tornate, oh dio! Tornate;
 radunatevi tutti intorno al core
 l’ultimo sforzo a sostener d’amore.
 
 SCENA XII
 
 ALCESTE e detta
 
 ALCESTE
 Adorata regina, io più non credo
1015che di dolor si muora. È folle inganno
 dir che affretti un affanno
 l’ultime della vita ore funeste.
 Se fosse ver, non viverebbe Alceste.
 Ma se questa produce
1020sospirata mercé la pena mia,
 la pena ch’io provai
 in questo punto è compensata assai.
 CLEONICE
 (Tenerezze crudeli!)
 ALCESTE
                                        Ah! Se l’istessa
 per me tu sei, come per te son io,
1025s’è ver che posso ancora
 tutto sperar da te, qual fu l’errore,
 per cui tanto rigore
 io da te meritai, dimmi una volta.
 CLEONICE
 Tutto, Alceste, saprai. Siedi e m’ascolta.
 ALCESTE
1030Servo al sovrano impero.
 CLEONICE
 (Io gelo e temo). (Siede)
 ALCESTE
                                  (Io mi consolo e spero). (Siede)
 CLEONICE
 Alceste, ami da vero
 la tua regina? O t’innamora in lei
 lo splendor della cuna,
1035l’onor degli avi e la real fortuna?
 ALCESTE
 Così bassi pensieri
 credi in Alceste? O con i dubbi tuoi
 rimproverar mi vuoi
 le paterne capanne? Io fra le selve
1040ove nacqui, ove crebbi,
 o lasciai questi sensi o mai non gli ebbi.
 In Cleonice adoro
 quella beltà che non soggiace al giro
 di fortuna e d’etade. Amo il suo core.
1045Amo l’anima bella
 che adorna di sé stessa
 e delle sue virtù rende allo scettro
 ed al serto real co’ pregi sui
 luce maggior che non ottien da lui.
 CLEONICE
1050Da così degno amante
 un magnanimo sforzo
 posso dunque sperar?
 ALCESTE
                                           Qualunque legge
 fedele eseguirò.
 CLEONICE
                                Molto prometti.
 ALCESTE
 E tutto adempirò. Non v’è periglio
1055che lieve non divenga
 sostenuto per te. N’andrò sicuro
 a sfidar le tempeste; inerme il petto
 esporrò, se lo chiedi, incontro all’armi.
 CLEONICE
 Chiedo molto di più. Convien lasciarmi.
 ALCESTE
1060Lasciarti? Oh dei! Che dici?
 CLEONICE
 E lasciarmi per sempre e in altro cielo
 viver senza di me.
 ALCESTE
                                    Ma chi prescrive
 così barbara legge?
 CLEONICE
                                      Il mio decoro.
 Il genio de’ vassalli,
1065la giustizia, il dover, la gloria mia,
 quella virtù che tanto
 ti piacque in me, quella che al regio serto
 rende co’ pregi sui
 luce maggior che non ottien da lui.
 ALCESTE
1070E con tanta costanza
 chiedi ch’io t’abbandoni?
 CLEONICE
                                                 Ah! Tu non sai...
 ALCESTE
 So che non m’ami e lo conosco assai. (S’alza)
 Appaga la tua gloria;
 contenta i tuoi vassalli;
1075servi alla tua virtù; porta sul trono
 la taccia d’infedele. Io tra le selve
 porterò la memoria
 viva nel cor della mia fé tradita,
 se pure il mio dolor mi lascia in vita. (In atto di partire)
 CLEONICE
1080Deh non partire ancor.
 ALCESTE
                                            Del tuo decoro
 troppo son io geloso. Un vil pastore
 con più lunga dimora avvilirebbe
 il tuo grado real.
 CLEONICE
                                 Tu mi deridi,
 ingrato Alceste.
 ALCESTE
                               Io sono
1085veramente l’ingrato; io t’abbandono;
 io sacrifico al fasto
 la fede, i giuramenti,
 le promesse, l’amor. Barbara, infida,
 inumana, spergiura.
 CLEONICE
                                        Io dal tuo labbro
1090tutto voglio soffrir. S’altro ti resta,
 sfogati pur. Ma quando
 sazio sei d’insultarmi, almen per poco
 lascia ch’io parli.
 ALCESTE
                                  In tua difesa, ingrata,
 che dir potrai? D’infedeltà sì nera
1095la colpa ricoprir forse tu credi?
 CLEONICE
 Non condannarmi ancor. M’ascolta e siedi.
 ALCESTE
 (Oh dei, quanto si fida (Torna a sedere)
 nel suo poter!)
 CLEONICE
                              Se ti ricordi, Alceste,
 che per due lustri interi
1100fosti de’ miei pensieri
 il più dolce pensier, creder potrai
 quanto barbara sia
 nel doverti lasciar la pena mia.
 Ma in faccia a tutto il mondo
1105costretta Cleonice
 ad eleggere un re, più col suo core
 consigliarsi non può. Ma deve, oh dio!
 tutti sacrificar gli affetti sui
 alla sua gloria ed alla pace altrui.
 ALCESTE
1110Arbitra della scelta
 non ti rese il consiglio?
 CLEONICE
                                             È ver, potrei
 dell’arbitrio abusar, condurti in trono;
 ma credi tu che tanti
 ingiustamente esclusi
1115ne soffrissero il torto? Insidie ascose,
 aperti insulti e turbolenze interne
 agiteriano il regno,
 Alceste e me. La debolezza mia,
 la tua giovane etade, i tuoi natali
1120sarian armi all’invidia. I nostri nomi
 sarian per l’Asia in mille bocche e mille
 vil materia di riso. Ah! Caro Alceste,
 mentiscano i maligni. Altrui d’esempio
 sia la nostra virtù; quest’atto illustre
1125compatisca ed ammiri
 il mondo spettator; dagli occhi altrui
 qualche lagrima esiga il caso acerbo
 di due teneri amanti,
 per la gloria capaci
1130di spezzar volontari i dolci nodi
 di così giusto e così lungo amore.
 ALCESTE
 Perché, barbari dei, farmi pastore!
 CLEONICE
 Va’. Cediamo al destin. Da me lontano
 vivi felice, il tuo dolor consola.
1135Poco avrai da dolerti
 ch’io ti viva infedele, anima mia.
 Già da questo momento
 io comincio a morir. Questo ch’io verso
 fors’è l’ultimo pianto. Addio. Non dirmi
1140mai più che infida e che spergiura io sono.
 ALCESTE
 Perdono, anima bella, oh dio! perdono.
 Regna, vivi, conserva (S’alza e s’inginocchia)
 intatta la tua gloria. Io m’arrossisco
 de’ miei trasporti; e son felice a pieno,
1145se da un labbro sì caro
 tanta virtù, tanta costanza imparo.
 CLEONICE
 Sorgi, parti, s’è vero
 ch’ami la mia virtù.
 ALCESTE
                                       Su quella mano,
 che più mia non sarà, permetti almeno
1150che imprima il labbro mio
 l’ultimo bacio e poi ti lascio.
 CLEONICE, ALCESTE
                                                     Addio.
 ALCESTE
 
    Non so frenare il pianto,
 cara, nel dirti addio.
 Ma questo pianto mio
1155tutto non è dolor.
 
    È meraviglia, è amore,
 è pentimento e speme;
 son mille affetti insieme
 tutti raccolti al cor. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 CLEONICE e poi BARSENE, indi FENICIO
 
 CLEONICE
1160Sarete alfin contenti,
 ambiziosi miei folli pensieri.
 Eccomi abbandonata, eccomi priva
 d’ogni conforto mio. Qual nume infausto
 seminò fra i mortali
1165questa sete d’onor? Che giova al mondo
 questa gloria tiranna,
 se costa un tal martire,
 se per viver a lei convien morire?
 BARSENE
 Regina, è dunque vero
1170che trionfar sapesti
 sui propri affetti anche al tuo ben vicina?
 FENICIO
 Dunque è vero, o regina,
 che avesti un cor sì fiero
 contro te, contro Alceste?
 CLEONICE
                                                È vero, è vero.
 FENICIO
1175Non ti credea capace
 di tanta crudeltà.
 BARSENE
                                  Minor costanza
 non sperava da te.
 FENICIO
                                    L’atto inumano
 detesterà chi vanta
 massime di pietà.
 BARSENE
                                    L’atto sublime
1180ammirerà chi sente
 stimoli di virtù.
 FENICIO
                                Col tuo rigore
 oh quanto perdi!
 BARSENE
                                  Oh quanta gloria acquisti!
 FENICIO
 Deh rivoca...
 BARSENE
                          Ah resisti...
 CLEONICE
                                                 Oh dio! Tacete.
 Perché affliggermi più? Che mai volete?
 FENICIO
1185Vorrei renderti chiaro
 l’inganno tuo.
 BARSENE
                            Di tua costanza il vanto
 vorrei serbarti.
 CLEONICE
                               E m’uccidete intanto.
 Egualmente il mio core
 il proprio male ed il rimedio abborre;
1190e m’affretta il morir chi mi soccorre.
 
    Manca sollecita
 più dell’usato,
 ancor che s’agiti
 con lieve fiato,
1195face che palpita
 presso al morir.
 
    Se consolarmi
 voi non potete,
 perché turbarmi,
1200perché volete
 la forza accrescere
 del mio martir? (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 FENICIO e BARSENE
 
 FENICIO
 Il tuo zelo eccessivo
 intendere io non so. La nobil cura
1205della gloria di lei troppo ti preme.
 Sensi così severi
 nel cor d’una donzella
 figurarmi non posso. Altro interesse
 sotto questi d’onor sensi fallaci
1210nascondi in sen. Ma t’arrossisci e taci?
 Parla. Saresti mai
 rival di Cleonice? Io ben ti vidi
 talor gli occhi ad Alceste
 volger furtivi e sospirar. Ma tanto
1215ingrata non sarai. La tua regina
 querelarsi a ragion di te potria.
 BARSENE
 Ma se l’amo, o Fenicio, è colpa mia?
 
    Saria piacer, non pena
 la servitù d’amore,
1220quando la sua catena
 sceglier potesse un core
 che prigionier si fa.
 
    Ma quando s’innamora,
 ama ed amar non crede;
1225e se n’avvede allora
 che sciogliersi non sa. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 FENICIO
 
 FENICIO
 Fenicio, che farai? Tutto s’oppone
 al tuo nobil desio. Pietosi dei,
 vindici de’ monarchi,
1230voi vedete il mio core. Io non vi chiedo
 uno scetro per me. Sarebbe indegno
 della vostra assistenza il voto avaro.
 Favor chiedo e riparo
 per un oppresso re. Chi sa? Talora
1235nasce lucido il dì da fosca aurora.
 
    Disperato in mar turbato
 sotto ciel funesto e nero
 pur talvolta il passeggiero
 il suo porto ritrovò.
 
1240   E venuti i dì felici,
 va per giuoco in su l’arene
 disegnando ai cari amici
 i perigli che passò.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
  Portico della reggia corrispondente alle sponde del mare con barca e marinari pronti per la partenza d’Alceste.
 
 OLINTO e poi ALCESTE e FENICIO
 
 OLINTO
 Sarò pure una volta
1245senza rival. Da questo lido alfine
 vedrò Alceste partir. La sua tardanza
 però mi fa temer. Si fosse mai
 pentita Cleonice! Ah! Non vorrei...
 Ma no. Di sua dimora
1250cagion gli estremi uffici
 forse saran degl’importuni amici.
 ALCESTE
 Signor, procuri indarno (A Fenicio nell’uscire)
 di trattenermi ancor.
 OLINTO
                                         Son pronti, Alceste,
 i nocchieri e la nave. Amico è il vento,
1255placido è il mar.
 FENICIO
                                 Taci, importuno. (Ad Olinto) Almeno
 differisci per poco (Ad Alceste)
 la tua partenza. Io non lo chiedo invano.
 Resta. Del mio consiglio
 non avrai da pentirti. Infino ad ora
1260sai pur che amico e genitor ti fui.
 OLINTO
 (Mancava il padre a trattener costui).
 ALCESTE
 Ah! Della mia sovrana al tuo consiglio
 il comando s’oppone.
 OLINTO
 Alceste a quel ch’io sento ha gran ragione.
 FENICIO
1265E puoi lasciarmi? E vuoi partir? Né pensi
 come resta Fenicio? Io ti sperai
 più grato a tanto amor.
 ALCESTE
                                             Deh caro padre,
 che tal posso chiamarti
 mercé la tua pietà, non dirmi ingrato,
1270che mi trafiggi il cor. Lo veggio anch’io
 che attender non dovevi
 questi del tuo sudor frutti infelici.
 Anch’io sperai crescendo
 su l’orme tue per il sentier d’onore
1275chiamarti un dì sul ciglio
 lagrime di piacer, non di dolore.
 Ma chi può delle stelle
 contrastare al voler? Soffri ch’io parta;
 forse così partendo
1280meno ingrato sarò; forse talvolta
 comunica sventure
 la compagnia degl’infelici. Almeno,
 giacché in odio son io tanto agli dei,
 prendano i giorni miei
1285solamente a turbar. Vengano meco
 l’ire della fortuna
 e a’ danni tuoi non ne rimanga alcuna.
 FENICIO
 Figlio, non dir così. Tu non conosci
 il prezzo di tua vita. E questa mia,
1290se a te non giova, è un peso
 inutile per me.
 ALCESTE
                               Signor, tu piangi?
 Ah! Non merita Alceste
 una lagrima tua. Questo dolore
 prolungarti non deggio. Addio, restate. (In atto di partire)
 OLINTO
1295(Lode agli dei).
 ALCESTE
                               Vi raccomando, amici,
 l’afflitta mia regina. Avrà bisogno
 della vostra pietà nel caso amaro.
 Chi sa quanto le costa
 la sua virtù! Fra quante smanie avvolto
1300è il suo povero cor! Trovarsi sola,
 disperar di vedermi, aver presenti
 le memorie, il costume, i luoghi... Oh dio!
 Consolatela, amici; amici, addio. (Nel partire s’incontra in Cleonice)
 
 SCENA II
 
 CLEONICE e detti
 
 CLEONICE
 Fermati, Alceste.
 ALCESTE
                                  Oh stelle!
 OLINTO
                                                      (Un altro inciampo
1305ecco alla sua partenza).
 ALCESTE
                                             A che ritorni,
 regina, a rinovar la nostra pena?
 CLEONICE
 Fenicio, Olinto, in libertà lasciate
 me con Alceste.
 OLINTO
                               Il mio dover saria
 coll’amico restar.
 CLEONICE
                                  Tornar potrai
1310per l’ultimo congedo.
 OLINTO
 Tornerò. (Ma ch’ei parta io non lo credo). (Parte)
 FENICIO
 Giungi a tempo, o regina. A caso il cielo
 forse non prolungò la sua dimora.
 Di renderlo felice hai tempo ancora.
 
1315   Pensa che sei crudele,
 se del tuo ben ti privi;
 pensa che in lui tu vivi,
 pensa ch’ei vive in te.
 
    Rammenta il dolce affetto
1320che ti rendea contenta
 ed il candor rammenta
 della sua bella fé. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CLEONICE ed ALCESTE
 
 CLEONICE
 Alceste, assai diverso
 è ’l meditar dall’eseguir l’imprese.
1325Finché mi sei presente,
 facile credo il riportar vittoria
 e parmi che l’amor ceda alla gloria.
 Ma quando poi mi trovo
 priva di te, s’indebolisce il core
1330e la mia gloria, oh dio! cede all’amore.
 ALCESTE
 Che vuoi dirmi perciò?
 CLEONICE
                                             Che non poss’io
 viver senza di te. Se Alceste e ’l regno
 non vuol ch’io goda uniti
 il rigor delle stelle a me funeste,
1335si lasci il regno e non si perda Alceste.
 ALCESTE
 Come!
 CLEONICE
                Su queste arene
 rimaner non conviene. Aure più liete
 a respirare altrove
 teco verrò.
 ALCESTE
                       Meco verrai! Ma dove?
1340Cara, se avessi anch’io,
 sudor degli avi miei, sudditi e trono,
 sarei, più che non sono,
 facile a compiacere il tuo disegno;
 ma i sudditi ed il regno,
1345che in retaggio mi diè sorte tiranna,
 son pochi armenti ed una vil capanna.
 CLEONICE
 Nel tuo povero albergo
 quella pace godrò che in regio tetto
 lunge da te questo mio cor non gode.
1350Là non avrò custode
 che vegliando assicuri i miei riposi;
 ma i sospetti gelosi
 alle placide notti
 non verranno a recar sonni interrotti.
1355Non fumeran le mense
 di rari cibi in lucid’oro accolti;
 ma i frutti ai rami tolti
 di propria man non porteranno aspersi