Demofoonte, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1775

 ma congiunta con quella
1395della nostra virtude. E se non lice
 a noi vivere uniti
 felicemente infin all’ore estreme,
 vivranno almeno i nostri nomi insieme.
 CLEONICE
 Deh perché qui raccolta
1400tutta l’Asia non è? Che l’Asia tutta
 di quell’amor, che in Cleonice accusa,
 nel tuo parlar ritroveria la scusa.
 Io vacillai; ma tu mi rendi, o caro,
 la mia virtude; e nella tua favella
1405quell’istessa virtù mi par più bella.
 Parti ma prima ammira
 gli effetti in me di tua fortezza. Alceste,
 vedrai come io t’imito;
 seguimi nella reggia. Il nuovo sposo
1410da me saprai. Dell’imeneo reale
 ti voglio spettator.
 ALCESTE
                                    Troppa costanza
 brami da me.
 CLEONICE
                            Ci sosterremo insieme
 emulandoci a gara.
 ALCESTE
                                      Oh dio! Non sai
 il barbaro martir d’un vero amante
1415che di quel ben, che a lui sperar non lice,
 invidia in altri il possessor felice.
 CLEONICE
 
    Io so qual pena sia
 quella d’un cor geloso;
 ma penso al tuo riposo,
1420fidati pur di me.
 
    Allor che t’abbandono,
 conoscerai chi sono;
 e l’esserti infedele
 prova sarà di fé. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 ALCESTE e poi OLINTO
 
 ALCESTE
1425Di Cleonice i detti
 mi confondon la mente. Ella desia
 ch’io la rimiri in braccio ad altro sposo;
 e poi dice che pensa al mio riposo.
 Questo è un voler ch’io mora
1430pria di partir. Ma s’ubbidisca. Io sono
 per lei pronto a soffrire ogni cordoglio;
 e ’l suo comando esaminar non voglio.
 OLINTO
 Sei pur solo una volta. Or non avrai
 chi differisca il tuo partir. Permetti
1435che in pegno d’amistà l’ultimo amplesso
 ti porga Olinto.
 ALCESTE
                               Un generoso eccesso
 del tuo bel cor la mia partenza onora.
 Ma la partenza mia non è per ora.
 OLINTO
 Come! Per qual ragione?
 ALCESTE
1440La regina l’impone.
 OLINTO
                                       Ogni momento
 vai cangiando desio.
 ALCESTE
 Il comando cangiò, mi cangio anch’io.
 OLINTO
 Ma che vuol Cleonice? È suo pensiero
 forse eleggerti re?
 ALCESTE
                                    Tanto non spero.
 OLINTO
1445Dunque ti vuol presente
 al novello imeneo. Barbaro cenno
 che non devi eseguir.
 ALCESTE
                                          T’inganni. Io voglio
 tutto soffrir. Sarà, qualunque sia,
 bella, se vien da lei, la sorte mia.
 
1450   Quel labbro adorato
 mi è grato, mi accende,
 se vita mi rende,
 se morte mi dà.
 
    Non ama da vero
1455quell’alma che ingrata
 non serve all’impero
 d’amata beltà. (Parte)
 
 SCENA V
 
 OLINTO
 
 OLINTO
 Io lo previdi. Una virtù fallace
 per sopire i tumulti
1460simulò Cleonice. Ella pretende
 col caro Alceste assicurarsi il trono.
 Poco temuto io sono,
 che ’l duro fren della paterna cura
 questi audaci assicura. Ah! Se una volta
1465scuoto il giogo servil, cangiar d’aspetto
 vedrò l’altrui fortuna
 e far saprò mille vendette in una.
 
    Più non sembra ardito e fiero
 quel leon che prigioniero
1470a soffrir la sua catena
 lungamente s’avvezzò.
 
    Ma se un giorno i lacci spezza,
 si ricorda la fierezza;
 ed al primo suo ruggito
1475vede il volto impallidito
 di colui che l’insultò. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 Appartamenti terreni di Fenicio dentro la reggia.
 
 FENICIO, poi MITRANE
 
 FENICIO
 In più dubbioso stato
 mai non mi vidi. Alle mie stanze impone
 Cleonice ch’io torni; e vuol che attenda
1480qui l’onor de’ suoi cenni. Impaziente
 le richiedo d’Alceste e mi risponde
 che finor non partì. Qual è l’arcano
 che fuor del suo costume
 la regina mi tace? Ah! Ch’io pavento
1485che sian le cure mie disperse al vento.
 MITRANE
 Consolati, o signor. Vicine al porto
 son le cretensi squadre. Io rimirai
 dall’alto della reggia
 che sotto a mille prore il mar biancheggia.
 FENICIO
1490Amico, ecco il soccorso
 sospirato da noi. Possiamo alfine
 far palese alla Siria
 il vero successor. Ritrova Alceste;
 guidalo a me. De’ tuoi fedeli aduna
1495quella parte che puoi. Mitrane amato,
 chiedo l’ultime prove
 della tua fedeltà.
 MITRANE
                                 Volo a momenti
 quanto imponesti ad eseguir. (In atto di partire)
 FENICIO
                                                         Ma senti;
 cauto t’adopra e cela
1500per qual ragion le numerose squadre...
 
 SCENA VII
 
 OLINTO e detti
 
 OLINTO
 Di gran novella, o padre,
 apportator son io.
 FENICIO
                                   Che rechi?
 OLINTO
                                                         Ha scelto
 Cleonice lo sposo.
 FENICIO
                                   È forse Alceste?
 OLINTO
 Ei lo sperò ma invano.
 FENICIO
1505Che colpo è questo inaspettato e strano!
 
 SCENA VIII
 
 ALCESTE con due comparse, che portano manto e corona, e detti
 
 ALCESTE
 Permetti che al tuo piede... (Inginocchiandosi)
 FENICIO
                                                     Alceste, oh dei!
 Che fai? Che chiedi?
 ALCESTE
                                         Il nostro re tu sei.
 FENICIO
 Come! Sorgi.
 ALCESTE
                           Signor, per me t’invia
 queste reali insegne
1510la saggia Cleonice. Ella t’attende
 di quelle adorno a celebrar nel tempio
 teco il regio imeneo. Sdegnar non puoi
 del fortunato avviso
 Alceste apportator. So ch’egualmente
1515cari a Fenicio sono
 il messaggier, la donatrice e ’l dono.
 FENICIO
 Né pensò la regina
 quanto ineguale a lei
 sia Fenicio d’età?
 ALCESTE
                                   Pensò che in altri
1520più senno e maggior fede
 ritrovar non potea. Con questa scelta
 la magnanima donna
 mille cose compì. Premia il tuo merto;
 fa mentire i maligni;
1525provvede al regno; il van desio delude
 di tanti ambiziosi...
 MITRANE
                                       E calma in parte
 le gelose tempeste
 nel dubbio cor dell’affannato Alceste.
 FENICIO
 Ecco l’unico evento a cui quest’alma
1530preparata non era.
 OLINTO
                                     Ognun sospira
 di vedere il suo re. Consola, o padre,
 gli amici impazienti,
 il popolo fedel, Seleucia tutta
 che freme di piacer.
 FENICIO
                                        Precedi, Olinto,
1535al tempio i passi miei. Di’ che fra poco
 vedranno il re. Meco Mitrane e Alceste
 rimangano un momento.
 OLINTO
 (Purché Alceste non goda, io son contento). (Parte)
 FENICIO
 Numi del ciel, pietosi numi, io tanto
1540non bramavo da voi. Cure felici!
 Fortunato sudor! Finisco, Alceste,
 d’esserti padre. In queste braccia accolto
 più col nome di figlio
 esser non puoi. Son queste
1545l’ultime tenerezze. (L’abbraccia)
 ALCESTE
                                      E per qual fallo
 io tanto ben perdei?
 FENICIO
 Son tuo vassallo ed il mio re tu sei. (S’inginocchia)
 ALCESTE
 Sorgi, che dici?
 MITRANE
                               Oh generoso!
 FENICIO
                                                          Alfine
 riconosci te stesso. In te respira
1550di Demetrio la prole. Il vero erede
 vive in te della Siria. A questo giorno
 felice io ti serbai. Se a me non credi,
 credi a te stesso, all’indole reale,
 al magnanimo cor, credi alla cura
1555ch’ebbi degli anni tuoi, credi al rifiuto
 d’un’offerta corona, e credi a queste,
 che m’inondan le gote,
 lagrime di piacer.
 ALCESTE
                                    Ma fin ad ora,
 signor, perché celarmi
1560la sorte mia?
 FENICIO
                           Tutto saprai. Concedi
 che un momento io respiri. Oppresso il core
 dal contento impensato
 niega alla vita il ministero usato.
 
    Giusti dei, da voi non chiede
1565altro premio il zelo mio;
 coronata ho la mia fede,
 non mi resta che morir.
 
    Fato reo, felice sorte
 non pavento e non desio;
1570e l’aspetto della morte
 non può farmi impallidir. (Parte seguito da quei che portano l’insegne reali)
 
 SCENA IX
 
 ALCESTE e MITRANE
 
 ALCESTE
 Sogno? Son desto?
 MITRANE
                                     Il primo segno anch’io
 di suddito fedel... (In atto d’inginocchiarsi)
 ALCESTE
                                    Mitrane amato,
 non parlarmi per ora.
1575Lasciami in libertà. Dubito ancora.
 MITRANE
 
    Più liete immagini
 nell’alma aduna,
 già la Fortuna
 ti porge il crine;
1580è tempo alfine
 di respirar.
 
    Avvezzo a vivere
 senza conforto,
 ancor nel porto
1585paventi il mar. (Parte)
 
 SCENA X
 
 ALCESTE e poi BARSENE
 
 ALCESTE
 Io Demetrio! Io l’erede
 del trono di Seleucia! E tanto ignoto
 a me stesso finor! Quante sembianze
 io vo cangiando! In questo giorno solo
1590di mia sorte dubbioso
 son monarca e pastore, esule e sposo.
 Chi t’assicura, Alceste,
 che la Fortuna stolta
 non ti faccia pastore un’altra volta?
 BARSENE
1595Fenicio è dunque il re.
 ALCESTE
                                            Lo scelse al trono
 l’illustre Cleonice.
 BARSENE
                                    Io ti compiango
 nelle perdite tue. Ma non potendo
 la regina ottener, più non dispero
 che tu volga a Barsene il tuo pensiero.
 ALCESTE
1600A Barsene?
 BARSENE
                        Io nascosi
 rispettosa finor l’affetto mio;
 un trono, una regina eran rivali
 troppo grandi per me. Ma veggo alfine
 già sposa Cleonice,
1605Fenicio re, le tue speranze estinte;
 onde a spiegar ch’io t’amo altri momenti
 più opportuni di questi
 sceglier non posso.
 ALCESTE
                                     Oh quanto mal scegliesti!
 
    Se tutti i miei pensieri,
1610se mi vedessi il core,
 forse così d’amore
 non parleresti a me.
 
    Non ti sdegnar se poco
 il tuo pregar mi muove,
1615ch’io sto con l’alma altrove
 nel ragionar con te. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 BARSENE
 
 BARSENE
 Era meglio tacer. Speravo almeno
 che parlando una volta
 avrebbe la mia fiamma Alceste accolta.
1620Questa piccola speme
 or del tutto è delusa;
 sa la mia fiamma Alceste e la ricusa.
 
    Semplicetta tortorella,
 che non vede il suo periglio,
1625per fuggir da crudo artiglio
 vola in grembo al cacciator.
 
    Voglio anch’io fuggir la pena
 d’un amor finor taciuto;
 e m’espongo d’un rifiuto
1630all’oltraggio ed al rossor. (Parte)
 
 SCENA XII
 
  Gran tempio dedicato al Sole con ara e simulacro del medesimo nel mezzo e trono da un lato.
 
 CLEONICE con seguito e FENICIO accompagnato da due cavalieri che portano su de’ bacili il manto reale, la corona e lo scettro
 
 FENICIO
 Credimi, io non t’inganno. Alceste è il vero
 successor della Siria. A lui dovute
 son quelle regie insegne.
 CLEONICE
                                                In fronte a lui
 ben ravvisai gran parte
1635dell’anima real.
 FENICIO
                                So ch’è delitto
 la cura ch’io mostrai d’un tuo nemico;
 ma un nemico sì caro,
 ma il rifiuto d’un trono
 facciano la mia scusa e ’l mio perdono.
 CLEONICE
1640Quanti portenti il fato
 in un giorno adunò! Di pace priva
 quando credo restar...
 FENICIO
                                           Demetrio arriva.
 
 SCENA XIII
 
 ALCESTE che viene incontrato da CLEONICE e da FENICIO, MITRANE e guardie
 
 ALCESTE
 La prima volta è questa
 che mi presento a te senza il timore
1645di vederti arrossir del nostro amore.
 Fra tanti beni e tanti,
 che al destino real congiunti sono,
 questo è il maggior ch’io troverò sul trono.
 CLEONICE
 Signor, cangiamo sorte. Il re tu sei,
1650la suddita son io;
 e ’l timor dal tuo sen passò nel mio.
 Va’, Demetrio. Ecco il soglio
 degli avi tuoi. Con quel piacer lo rendo
 che donato l’avrei. Godilo almeno
1655più felice di me. Finché m’accolse,
 così mi fu d’ogni contento avaro
 che sol quando lo perdo egli mi è caro.
 MITRANE
 Anime generose!
 ALCESTE
                                  Andrò sul trono
 ma la tua man mi guidi. E quella mano
1660sia premio alla mia fé.
 CLEONICE
                                            Sì grato cenno
 il merto d’ubbidir tutto mi toglie. (Vanno vicino all’ara e si porgono la mano)
 FENICIO
 Oh qual piacer nell’alma mia s’accoglie!
 ALCESTE, CLEONICE
 
    Deh risplendi, o chiaro nume,
 fausto sempre al nostro amor.
 
 ALCESTE
 
1665   Qual son io, tu fosti amante
 di Tessaglia in riva al fiume
 e in sembiante di pastor.
 
 CLEONICE
 
    Qual son io, tu sei costante;
 e conservi il bel costume
1670d’esser fido ai lauri ancor.
 
 ALCESTE, CLEONICE
 
    Deh risplendi, o chiaro nume,
 fausto sempre al nostro amor.
 
 FENICIO
 Tuoni a sinistra il ciel.
 
 SCENA XIV
 
 BARSENE e detti
 
 BARSENE
                                           Tutta in tumulto
 è Seleucia, o regina.
 ALCESTE
1675Perché?
 BARSENE
                  Sai che poc’anzi
 giunse di Creta il messaggiero e seco
 cento legni seguaci...
 CLEONICE
                                        E ben fra poco
 l’ascolterò.
 BARSENE
                       Ma l’inquieto Olinto
 non potendo soffrir che regni Alceste
1680col messaggio s’unì. Sparge nel volgo
 che Fenicio l’inganna,
 che sosterrà veraci i detti sui,
 e che ’l vero Demetrio è noto a lui.
 CLEONICE
 Aimè Fenicio!
 FENICIO
                             Eh non temer. Sul trono
1685con sicurezza andate;
 si vedrà chi mentisce.
 
 SCENA ULTIMA
 
 OLINTO, portando in mano un foglio sigillato, ambasciatore cretense, seguito de’ greci, popolo e detti
 
 OLINTO
                                           Olà, fermate. (A Cleonice e ad Alceste incamminati verso il trono)
 Il ciel non soffre inganni. In questo foglio
 si scoprirà l’erede
 dell’estinto Demetrio. Esule in Creta
1690pria di morir lo scrisse. Il foglio è chiuso
 dal sigillo real. Questi lo vide (Accennando l’ambasciatore)
 da Demetrio vergar; questi lo reca
 per pubblico comando e porta seco
 tutte l’armi cretensi
1695del regio sangue a sostener l’onore.
 CLEONICE
 Oh dei!
 FENICIO
                  Leggasi il foglio. (Ad Olinto)
 OLINTO
 Alceste finirà cotanto orgoglio. (Olinto apre il foglio e legge)
 «Popoli della Siria, il figlio mio
 vive ignoto fra voi. Verrà quel giorno
1700che a voi si scoprirà. Se ad altro segno
 ravvisar nol poteste,
 Fenicio l’educò nel finto Alceste.
 Demetrio».
 CLEONICE
                         Io torno in vita.
 FENICIO
                                                        A questo passo (Ad Olinto)
 t’aspettava Fenicio.
 OLINTO
                                      (Io son di sasso).
 MITRANE
1705Gelò l’audace.
 OLINTO
                             In te, signor, conosco (Ad Alceste)
 il mio monarca e dell’ardir mi pento.
 ALCESTE
 Che sei figlio a Fenicio io sol rammento.
 FENICIO
 Su quel trono una volta
 lasciate ch’io vi miri, ultimo segno
1710de’ voti miei.
 ALCESTE
                            Quanto possiedo è dono
 della tua fedeltà. Dal labbro mio
 tutto il mondo lo sappia.
 FENICIO
                                               E ’l mondo impari
 dalla vostra virtù come in un core
 si possano accoppiar gloria ed amore. (Alceste e Cleonice vanno sul trono)
 CORO
 
1715   Quando scende in nobil petto,
 è compagno un dolce affetto,
 non rivale alla virtù.
 
    Respirate, alme felici,
 e vi siano i numi amici
1720quanto avverso il ciel vi fu.
 
 
 LICENZA
 
 Potria d’altero fiume
 il corso trattener, Cesare invitto,
 chi nel giorno, che splende
 chiaro del nome tuo, frenar potesse
1725l’impeto del piacer che sino al trono
 fa sollevar delle tue lodi il suono.
 O non v’è cosa in terra o è questa sola
 difficile ad Augusto; e se non sei
 pietoso a quest’error, tutti siam rei.
1730Sarà muto ogni labbro,
 se vuoi così. Ma non è il labbro solo
 interprete del cor. Qual atto illustre
 di virtù sovrumana offrir potranno
 le scene imitatrici
1735che non chiami ogni sguardo
 a ravvisarne in te l’esempio espresso?
 Ah! Che il silenzio istesso
 de’ sensi altrui poco fedel custode
 saprà spiegarsi e diverrà tua lode.
 
1740   Per te con giro eterno
 torni dal Gange fuora
 la fortunata aurora
 di così lieto dì.
 
    Ma quella che ritorna
1745dall’onda sua natia
 sempre più bella sia
 dell’altra che partì.
 
 IL FINE
 
 
 
 DEMETRIO
 
 
    Rappresentato con musica del Caldara la prima volta in Vienna nell’interno gran teatro della cesarea corte alla presenza de’ sovrani, il dì 4 novembre 1731, per festeggiare il nome dell’imperator Carlo VI, d’ordine dell’imperatrice Elisabetta.
 
 
 ARGOMENTO
 
    Demetrio Sotere, re di Siria, scacciato dal proprio regno dall’usurpatore Alessandro Bala, morì esule fra i Cretensi che soli gli rimasero amici nell’avversa fortuna. Prima però della sua fuga consegnò bambino il picciolo Demetrio, suo figlio, a Fenicio, il più fedele fra’ suoi vassalli, perché lo conservasse all’opportunità della vendetta. Crebbe ignoto a sé stesso il principe reale sotto il finto nome d’Alceste un tempo fra le selve, dove la prudenza di Fenicio il nascose alle ricerche del suddetto Alessandro, e poi in Seleucia appresso all’istesso Fenicio che fece destramente comparire generosità di genio il debito della sua fede. Divenne in breve il creduto Alceste l’ammirazione del regno, talché fu sollevato a gradi considerabili nella milizia dal suo nemico Alessandro ed ardentemente amato da Cleonice, figlia del medesimo, principessa degna di padre più generoso. Quando parve tempo all’attentissimo Fenicio, cominciò a tentar l’animo de’ vassalli, facendo destramente spargere nel popolo che il giovane Demetrio viveva sconosciuto. A questa fama, che dilatossi in un momento, i Cretensi si dichiararono difensori del legittimo principe; ed Alessandro, per estinguer l’incendio prima che fosse maggiore, tentò debellarli ma fu da loro vinto ed ucciso. In questa pugna ritrovossi Alceste per necessità del suo grado militare né per qualche tempo si ebbe in Seleucia più notizia di lui; onde la morte d’Alessandro, tanto desiderata da Fenicio, avvenne in tempo non opportuno a’ suoi disegni, sì perché Alceste non era in Seleucia, come perché conobbe in tale occasione che l’ambizione de’ grandi, de’ quali ciascuno aspirava alla corona, avrebbe fatto passar per impostore il legittimo erede. Perciò, sospirandone il ritorno e sollecitando occultamente il soccorso de’ Cretensi, sospese la publicazione del suo segreto. Intanto si convenne fra i pretensori che la principessa Cleonice, già riconosciuta per regina, eleggesse fra loro uno sposo. Questa differì lungamente la scelta sotto vari pretesti, per attender la venuta d’Alceste, il quale opportunamente ritorna quando l’afflitta regina era sul punto di eleggere. Quindi per vari accidenti scopertosi in Alceste il vero Demetrio, ricupera la corona paterna.
 
 
 INTERLOCUTORI
 
 CLEONICE regina di Siria, amante corrisposta d’Alceste
 ALCESTE che poi si scuopre Demetrio, re di Siria
 FENICIO grande del regno, tutore d’Alceste e padre d’Olinto
 OLINTO grande del regno e rivale d’Alceste
 BARSENE confidente di Cleonice e amante occulta d’Alceste
 MITRANE capitano delle guardie reali e amico di Fenicio
 
 La scena è in Seleucia.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Gabinetto illuminato, con sedia e tavolino da un lato con sopra scettro e corona.
 
 CLEONICE, che siede appoggiata al tavolino, ed OLINTO
 
 CLEONICE
 Basta, Olinto, non più. Fra pochi istanti
 al destinato loco
 il popolo inquieto
 comparir mi vedrà. Chiede ch’io scelga
5lo sposo, il re? Si sceglierà lo sposo,
 il re si sceglierà. Solo un momento
 chiedo a pensar. Che intolleranza è questa,
 importuna, indiscreta? I miei vassalli
 sì poco han di rispetto? A farmi serva
10m’innalzaste sul trono o v’arrossite
 di soggiacere a un femminile impero?
 Pur l’esempio primiero
 Cleonice non è. Senza rossore
 a Talestri, a Tomiri
15servì lo Scita ed in diverso lido
 Babilonia a Semira, Africa a Dido.
 OLINTO
 Perdonami, o regina;
 di noi ti lagni a torto. I pregi tuoi
 non conosce la Siria? Estinto appena
20il tuo gran genitor, t’innalza al trono;
 al tuo genio confida
 la scelta del suo re; tempo concede
 al maturo consiglio; affretta invano,
 invan brama il momento
25già promesso da te per suo conforto;
 e ti lagni di noi? Ti lagni a torto.
 CLEONICE
 E ben, se tanto il regno
 confida a me, di pochi istanti ancora
 non mi nieghi l’indugio.
 OLINTO
                                               Oh dio, regina,
30tante volte deluse
 fur le nostre speranze
 che si teme a ragion. Due lune intere
 donò Seleucia al tuo dolor pietoso
 dovuto al genitor. Del terzo giro
35il termine è vicino
 e non risolvi ancor. Di tua dimora
 quando un sogno funesto,
 quando un infausto dì timida accusi.
 Or dici che vedesti
40a destra balenar, or che su l’ara
 sorse obliqua la fiamma, or che i tuoi sonni
 ruppe d’augel notturno il mesto canto,
 or che dagli occhi tuoi
 cadde improvviso e involontario il pianto.
 CLEONICE
45Fu giusto il mio timor.
 OLINTO
                                            Dopo sì lievi
 mendicati pretesti, in questo giorno
 sceglier prometti. Impaziente e lieto
 tutto il regno raccolto
 previene il dì. Ciascun s’adorna, inteso
50con ricca pompa a comparirti avanti.
 Chi di serici ammanti,
 sudati già dalle sidonie ancelle,
 chi di sanguigne lane,
 che Tiro colorì, le membra avvolge.
55In su la fronte a questi
 vedi tremar fra i lunghi veli attorti
 di raro augel le pellegrine piume;
 dalle tempie di quelli
 vedi cader multiplicata e strana
60serie d’indiche perle. Altri di gemme,
 altri d’oro distingue i ricchi arredi
 di partico destrier. Quanto ha di raro
 tutto espone la Siria; e tornan tutti
 a riveder la luce i preziosi
65dall’avaro timor tesori ascosi.
 CLEONICE
 Inutile sollievo a mia sventura.
 OLINTO
 Ma che pro tanta cura,
 tanto studio che pro? Se, attesa invano
 dall’aurora al meriggio,
70dal meriggio alla sera e dalla sera
 a questa della notte
 già gran parte trascorsa, ancor non vieni?
 Irresoluta, incerta
 dubiti, ti confondi; a’ dubbi tuoi
75sembra ogn’indugio insufficiente e corto.
 E ti lagni di noi? Ti lagni a torto.
 CLEONICE
 Purtroppo è ver, purtroppo
 convien ch’io serva a questa
 dura necessità. Vanne, precedi
80il mio venir. Sarà contento il regno;
 lo sposo sceglierò.
 OLINTO
                                   Pensa, rammenta
 che suddito fedele
 Olinto t’ammirò, che il sangue mio...
 CLEONICE
 Lo so; d’illustri eroi
85per le vene trascorse.
 OLINTO
                                         Aggiungi a questo
 i merti di Fenicio...
 CLEONICE
                                      A me son noti.
 OLINTO
 Sai de’ consigli suoi...
 CLEONICE
                                          De’ suoi consigli
 io conosco il valor; distinguo il pregio
 della sua fedeltà. Tutto pensai,
90tutto, Olinto, io già so.
 OLINTO
                                           Tutto non sai.
 Già da lunga stagion tacito amante
 all’amorose faci
 mi struggo de’ tuoi lumi...
 CLEONICE
                                                  Ah parti e taci.
 OLINTO
 Come tacere!
 CLEONICE
                            E ti par tempo, Olinto, (S’alza da sedere)
95di parlarmi d’amor?
 OLINTO
                                        Perché sdegnarti,
 s’io chiedendo mercé...
 CLEONICE
                                             Ma taci e parti.
 OLINTO
 
    Di quell’ingiusto sdegno
 io la cagion non vedo.
 Offenderti non credo,
100parlandoti d’amor.
 
    Tu mi rendesti amante;
 colpa è del tuo sembiante
 la libertà del labbro,
 la servitù del cor. (Parte)
 
 SCENA II
 
 CLEONICE e poi BARSENE
 
 CLEONICE
105Alceste, amato Alceste,
 dove sei? Non m’ascolti? Invan ti chiamo;
 t’attendo invan. Barsene, (A Barsene che sopraggiunge)
 qualche lieta novella
 mi rechi forse? Il mio diletto Alceste
110forse tornò?
 BARSENE
                         Volesse il cielo. Io vengo,
 regina, ad affrettarti. Il popol tutto
 per la tardanza tua mormora e freme.
 Non puoi senza periglio
 più differir.
 CLEONICE
                         Misera me! Si vada (In atto di partire e poi si ferma)
115dunque a sceglier lo sposo. Oh dio! Barsene,
 manca il coraggio. Io sento
 che alla ragion contrasta
 dubbio il cor, pigro il piè. Chi mai si vide
 più afflitta, più confusa,
120più agitata di me! (Si getta a sedere)
 BARSENE
                                     Qual arte è questa
 di tormentar te stessa, ove non sono
 figurando sventure?
 CLEONICE
                                        È figurato
 forse il dover che mi costringe a farmi
 serva fino alla morte a chi non amo?
125A chi, forse chiedendo
 con finto amor della mia destra il dono,
 si duol che compra a caro prezzo il trono?
 BARSENE
 È ver; ma il sacro nodo,
 i reciprochi pegni
130del talamo fecondo, il tempo e l’uso
 di due sposi discordi
 il genio avverso a poco a poco in seno
 cangia in amore o in amicizia almeno.
 CLEONICE
 E se tornando Alceste
135mi ritrovasse ad altro sposo in braccio,
 che sarebbe di lui?
 Che sarebbe di me? Tremo in pensarlo.
 Qual pentimento avrei
 dell’incostanza mia! Qual egli avrebbe
140intollerabil pena
 di trovarmi infedele!
 Le sue giuste querele,
 le smanie sue, le gelosie, gli affanni,
 ogni pensier sepolto,
145tutto il suo cor gli leggerei nel volto.
 BARSENE
 Come sperar ch’ei torni? Omai trascorsa
 è un’intera stagion, da che trafitto
 fra le cretensi squadre
 cadde il tuo genitor. Sai che al suo fianco
150sempre Alceste pugnò; né più novella
 di lui s’intese. O di catene è cinto
 o sommerso è fra l’onde o in guerra estinto.
 CLEONICE
 No, mel predice il core, Alceste vive,
 Alceste tornerà.
 BARSENE
                                Quando ritorni,
155più infelice sarai. Se a lui ti doni,
 di cento oltraggi il merto; e, se l’escludi,
 presente al duro caso
 uccidi Alceste; onde il di lui ritorno
 t’esporrebbe al cimento
160d’esser crudele ad uno o ingiusta a cento.
 CLEONICE
 Ritorni e a lui vicina
 qualche via troverò...
 
 SCENA III
 
 MITRANE e dette
 
 MITRANE
                                         Che fai, regina?
 Il periglio s’avanza. A poco a poco
 la lunga tolleranza
165degenera in tumulto. Unico scampo
 è la presenza tua.
 CLEONICE
                                   Questo, Barsene,
 è il ritorno d’Alceste?... Andar conviene. (S’alza da sedere)
 BARSENE
 E scegliesti?
 CLEONICE
                          Non scelsi.
 BARSENE
 Ma che farai?
 CLEONICE
                            Non so.
 BARSENE
                                            Dunque t’esponi
170irresoluta a sì gran passo?
 CLEONICE
                                                  Io vado
 dove vuole il destin, dove la dura
 necessità mi porta,
 così senza consiglio e senza scorta.
 
    Fra tanti pensieri
175di regno e d’amore,
 lo stanco mio core
 se tema, se speri
 non giunge a veder.
 
    Le cure del soglio,
180gli affetti rammento;
 risolvo, mi pento
 e quel che non voglio
 ritorno a voler. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 BARSENE e MITRANE
 
 BARSENE
 Infelice regina,
185quanto mi fa pietà!
 MITRANE
                                      Tanta per lei
 pietà sente Barsene
 e sì poca per me?
 BARSENE
                                   S’altro non chiedi
 che pietà, l’ottenesti. Amor se speri,
 indarno ti lusinghi.
 MITRANE
                                      E non son io
190già misero abbastanza?
 Perché toglier mi vuoi fin la speranza?
 BARSENE
 
    Misero tu non sei;
 tu spieghi il tuo dolore
 e se non desti amore
195ritrovi almen pietà.
 
    Misera ben son io
 che nel segreto laccio
 amo, non spero e taccio
 e l’idol mio nol sa. (Parte)
 
 SCENA V
 
 MITRANE, poi FENICIO
 
 MITRANE
200Inutile pietà.
 FENICIO
                           Mitrane amico,
 Cleonice dov’è?
 MITRANE
                                Costretta alfine
 s’incammina alla scelta.
 FENICIO
                                              Ecco perdute
 tutte le cure mie.
 MITRANE
                                  Perché?
 FENICIO
                                                   Conviene
 ch’io sveli alla tua fede un grande arcano.
205Tacilo e mi consiglia.
 MITRANE
                                         A me ti fida;
 impegno l’onor mio.
 FENICIO
                                        Già ti sovviene
 che ’l barbaro Alessandro,
 di Cleonice genitor, dal trono
 scacciò Demetrio il nostro re.
 MITRANE
                                                       Saranno
210omai sei lustri e n’ho presente il caso.
 FENICIO
 Sai che Demetrio oppresso
 morì nel duro esilio; e inteso avrai
 che pargoletto in fasce
 seco il figlio morì.
 MITRANE
                                    Rammento ancora