Demofoonte, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1775

    Vorrei da’ lacci sciogliere
 quest’alma prigioniera;
665tu non mi fai risolvere,
 speranza lusinghiera;
 fosti la prima a nascere,
 sei l’ultima a morir.
 
    No, dell’altrui tormento
670no che non sei ristoro;
 ma servi d’alimento
 al credulo desir.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Galleria.
 
 ALCESTE ed OLINTO
 
 ALCESTE
 E tu per qual ragione
 mi contendi l’ingresso? Al regio piede
675necessario è ch’io vada. (In atto d’innoltrarsi)
 OLINTO
                                              Andar non lice;
 la regina lo vieta, Olinto il dice.
 ALCESTE
 Attenderò fintanto
 che fia permesso il presentarmi a lei.
 OLINTO
 Son pure i detti miei
680chiari abbastanza. A Cleonice innanzi
 più non dei comparir. Ti vieta il passo
 alla real dimora
 né mai più vuol mirarti. Intendi ancora?
 ALCESTE
 Più mirarmi non vuole? Oh dei! Mi sento
685stringere il cor.
 OLINTO
                               Questo comando, Alceste,
 t’agghiaccia, io me n’avvedo.
 ALCESTE
 No, perdonami, Olinto, io non ti credo.
 Non è la mia regina
 tanto ingiusta con me. Né v’è ragione
690che a sì gran pena un suo fedel condanni.
 O ingannar ti lasciasti o tu m’inganni.
 OLINTO
 E ardisci dubitar de’ detti miei?
 ALCESTE
 Se troppo ardisco, io lo saprò da lei. (In atto d’entrare s’incontra in Mitrane)
 OLINTO
 Fermati.
 
 SCENA II
 
 MITRANE e detti
 
 MITRANE
                    Alceste, e dove?
 ALCESTE
695Non arrestarmi. A Cleonice io vado.
 MITRANE
 Amico, a te l’ingresso
 all’aspetto real non è permesso.
 ALCESTE
 Ed è vero il divieto?
 MITRANE
 Purtroppo è ver.
 ALCESTE
                                 Deh per pietà, Mitrane,
700intercedi per me. Ritorna a lei;
 dille che a questo colpo
 io resister non so, che alcun l’inganna,
 che reo non sono, e che, se reo mi crede,
 io saprò discolparmi al regio piede.
 MITRANE
705Ubbidirti non posso. Ha la regina
 che di te non si parli a noi prescritto;
 e ’l nominarle Alceste anch’è delitto.
 ALCESTE
 Ma qual è la cagione?
 MITRANE
                                          A me la tace.
 ALCESTE
 Ah son tradito! Una calunnia infame
710mi fa reo nel suo core;
 ma tremi il traditore,
 qualunque sia. Non lungamente occulto
 al mio sdegno sarà. Su l’are istesse
 correrò disperato
715a trafiggergli il sen.
 OLINTO
                                      Queste minacce
 sono inutili, Alceste.
 ALCESTE
                                        Amici, oh dio!
 Perdonate i trasporti
 d’un’anima agitata. In questo stato
 son degno di pietà. Da voi la chiedo;
720voi parlate per me. Voi muova almeno
 veder ne’ mali suoi
 ridotto Alceste a confidarsi in voi.
 
    Non v’è più barbaro
 di chi non sente
725pietà d’un misero,
 d’un innocente,
 vicino a perdere
 l’amato ben.
 
    Gli astri m’uccidano,
730se reo son io;
 ma non dividano
 dal seno mio
 colei ch’è l’anima
 di questo sen. (Parte)
 
 SCENA III
 
 OLINTO e MITRANE
 
 OLINTO
735La caduta d’Alceste alfin, Mitrane,
 m’assicura lo scettro. Io con la speme
 ne prevengo il piacer.
 MITRANE
                                          Fidarsi tanto
 non deve il saggio alle speranze. Un bene
 con sicurezza atteso, ove non giunga,
740come perdita affligge. E poi t’inganni
 se divenir felice
 speri così. Felicità sarebbe
 il regno inver, se i contumaci affetti
 rispettassero il trono, onde, cingendo
745la clamide real, più non restasse
 altro a bramar. Ma da un desire estinto
 germoglia un altro; e nel cambiare oggetto
 non scema di vigor. Se pace adesso
 solo in te stesso ritrovar non sai,
750ancor nel regio stato
 infelice sarai, come privato.
 OLINTO
 Felicità non credi
 del comando il piacer?
 MITRANE
                                            L’uso d’un bene
 ne scema il senso. Ogni piacer sperato
755è maggior che ottenuto. Or non comprendi
 di qual peso è il diadema e quanto studio
 costi l’arte del regno.
 OLINTO
                                         Il regno istesso
 a regnare ammaestra.
 MITRANE
                                           È ver; ma sempre
 s’impara errando; ed ogni lieve errore
760si fa grande in un re.
 OLINTO
                                         Tanta dottrina
 non intendo, Mitrane. Il brando e l’asta
 solo appresi a trattar. Gli affetti umani
 investigar non è per me. Bisogna
 per massime sì grandi
765età più ferma e frequentar conviene
 d’Egitto i tempi o i portici d’Atene.
 MITRANE
 Ma d’Atene e d’Egitto
 il saper non bisogna
 per serbarsi fedel. Tu fino ad ora
770non amasti Barsene?
 OLINTO
                                         E l’amo ancora.
 MITRANE
 E puoi, Barsene amando,
 compiacerti d’un trono
 per cui la perdi?
 OLINTO
                                 E comparar tu puoi
 la perdita d’un core
775coll’acquisto d’un regno?
 MITRANE
                                                A queste prove
 chi è fedel si distingue.
 OLINTO
                                             Eh che in amore
 fedeltà non si trova. In ogni loco
 si vanta assai ma si conserva poco.
 
    È la fede degli amanti
780come l’araba fenice;
 che vi sia ciascun lo dice;
 dove sia nessun lo sa.
 
    Se tu sai dov’ha ricetto,
 dove muore e torna in vita,
785me l’addita e ti prometto
 di serbar la fedeltà. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 MITRANE, poi CLEONICE e BARSENE
 
 MITRANE
 Un’aura di fortuna,
 che spira incerta, è a sollevar bastante
 quell’anima leggiera. Il regio scettro
790già tratta Olinto e si figura in trono.
 Quanto deboli sono
 fra i ciechi affetti lor le menti umane!
 CLEONICE
 Olà; scriver vogl’io. (Ad un paggio) Parti, Mitrane.
 MITRANE
 Ubbidisco al comando. (In atto di partire)
 CLEONICE
                                             Odimi. Alceste
795più di me non ricerca?
 MITRANE
                                            Anzi, o regina,
 altra cura non ha; ma l’infelice...
 CLEONICE
 Parti, basta così. Senti. (A Mitrane che s’incammina per partire) Che dice?
 MITRANE
 
    Dice che t’è fedele;
 dice che alcun t’inganna,
800che tu non sei tiranna,
 ch’hai troppo bello il cor,
 
    che ti vedrà placata,
 e vuol morirti al piede
 vittima sventurata
805d’un infelice amor. (Parte)
 
 SCENA V
 
 CLEONICE e BARSENE
 
 BARSENE
 Regina, è pronto il foglio. I sensi tuoi
 spiega in quello ad Alceste.
 CLEONICE
                                                    Ah! Che in tal guisa
 son troppo a lui, son troppo a me crudele.
 Voglio vincermi e voglio
810dividerlo da me. L’attende il regno,
 l’onor mio lo consiglia, il ciel lo vuole;
 io lo farò. Ma dal mio labbro almeno
 vorrei che lo sapesse. È tirannia
 annunziar con un foglio
815sì barbara novella. Altro sollievo
 non resta, amica, a due fedeli amanti,
 costretti a separarsi,
 che a vicenda lagnarsi,
 che ascoltare a vicenda
820d’un lungo amor le tenerezze estreme
 e nell’ultimo addio piangere insieme.
 BARSENE
 Questo è sollievo? Ah di vedere Alceste
 il desio ti seduce. A tal cimento
 non esporti di nuovo. Assai facesti
825resistendo una volta. Il frutto perdi
 della prima vittoria,
 se tenti la seconda. Io te conosco
 più debole d’allora
 e ’l nemico è più forte. Eh la grand’opra
830generosa compisci. I tuoi vassalli
 fidano in te. Dal superar costante
 questo passo crudel, ch’ora t’affanna,
 pende la gloria tua.
 CLEONICE
                                      Gloria tiranna,
 dunque per te degg’io
835morir di pena e rimaner per sempre
 così d’ogni mio ben vedova e priva?
 Legge crudel! T’appagherò. Si scriva. (Va a scrivere al tavolino)
 BARSENE
 (Par che m’arrida il fato;
 non dispero d’Alceste).
 CLEONICE
                                             «Alceste amato». (Scrivendo)
 BARSENE
840(Lusingarmi potrò d’esser felice,
 se la gloria resiste
 fra i moti di quel cor pochi momenti).
 CLEONICE
 «E non vuole il destin farci contenti». (Scrivendo)
 BARSENE
 (Cresce la mia speranza. Oh dei! Sospende
845la man tremante e si ricopre il volto.
 Ah che ritorna ai primi affetti in preda!)
 CLEONICE
 Povero Alceste mio! (Parlando, poi torna a scrivere)
 BARSENE
                                        (Temo che ceda.
 Io nel caso di lei
 non so dir che farei).
 CLEONICE
                                         «Vivi, mio bene, (Scrivendo)
850ma non per me». Già terminai, Barsene.
 BARSENE
 (Eccomi in porto). Or giustamente al trono
 un’anima sì grande il ciel destina.
 CLEONICE
 Prendi e tua cura sia... (Volendole dare il foglio)
 
 SCENA VI
 
 FENICIO e dette
 
 FENICIO
                                             Pietà, regina.
 CLEONICE
 Ma per chi?
 FENICIO
                         Per Alceste. Io l’incontrai
855pallido, semivivo e per l’affanno
 quasi fuori di sé. La dura legge
 di più non rivederti
 è un colpo tal che gli trafigge il core,
 che la ragion gli toglie,
860che lo porta a morir. Freme, sospira,
 prega, minaccia; e fra le smanie e ’l pianto
 sol di te si ricorda,
 il tuo nome ripete ad ogni passo;
 farebbe il suo dolor pietade a un sasso.
 CLEONICE
865Ah, Fenicio crudel! Da te sperava
 la vacillante mia
 mal sicura virtù qualche sostegno,
 non impulsi a cader. Perché ritorni
 barbaramente a ritentar la viva
870ferita del mio cor?
 FENICIO
                                     Perdona al zelo
 del mio paterno amor questo trasporto.
 Alceste è figlio mio,
 figlio della mia scelta,
 figlio del mio sudor, pianta felice
875custodita finora
 dalle mie cure e dai consigli miei,
 cresciuta al fausto raggio
 del tuo regio favor, speme del regno,
 di mia cadente età speme e sostegno.
 BARSENE
880(Zelo importuno).
 FENICIO
                                    E inaridir vedrassi
 così bella speranza in un momento?
 Regina, in me non sento
 sì robusta vecchiezza e sì vivace
 che possa a questo colpo
885sopravvivere un dì.
 CLEONICE
                                      Che far poss’io?
 Che vuole Alceste? E qual da me richiede
 conforto al suo martire?
 FENICIO
 Rivederti una volta e poi morire.
 CLEONICE
 Oh dio!
 FENICIO
                  Bella regina,
890ti veggo intenerir. Pietà di lui,
 pietà di me. Questo canuto crine,
 la lunga servitù, l’intatta fede
 merita pur ch’io qualche premio ottenga.
 CLEONICE
 Eh resista chi può; digli che venga. (Lacera il foglio e si alza da sedere)
 BARSENE
895(Ecco di nuovo il mio sperare estinto).
 FENICIO
 (Basta che vegga Alceste e Alceste ha vinto). (In atto di partire s’incontra in Olinto)
 
 SCENA VII
 
 OLINTO e detti
 
 OLINTO
 Padre, regina, Alceste
 più in Seleucia non è. Per opra mia
 già ne partì.
 CLEONICE
                          Come!
 FENICIO
                                         Perché?
 OLINTO
                                                          Voleva
900rivederti importuno ad ogni prezzo.
 Io gl’imposi in tuo nome
 la legge di partir.
 CLEONICE
                                  Ma quando avesti
 questa legge da me? Custodi, o dei! (Escono alcune guardie)
 Si cerchi, si raggiunga,
905si trovi Alceste e si conduca a noi. (Partono le guardie)
 FENICIO
 Misero me!
 CLEONICE
                         Se la ricerca è vana, (Ad Olinto)
 trema per te. Mi pagherai la pena
 del temerario ardir.
 OLINTO
                                       Credei servirti,
 un periglioso inciampo
910togliendo alla tua gloria.
 CLEONICE
                                              E chi ti rese
 sì geloso custode
 del mio decoro e della gloria mia?
 Avresti mai potuto,
 Fenicio, preveder questa sventura?
915Il mondo tutto a danno mio congiura.
 
    Nacqui agli affanni in seno;
 e dall’infausta cuna
 la mia crudel fortuna
 venne finor con me.
 
920   Perdo la mia costanza;
 m’indebolisce amore;
 e poi del mio rossore
 né meno ho la mercé. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FENICIO, OLINTO e BARSENE
 
 OLINTO
 Signor, di Cleonice
925non vidi mai più stravagante ingegno.
 Odia in un punto ed ama;
 or Alceste dimanda, or lo ricusa;
 e delle sue follie poi gli altri accusa.
 FENICIO
 Così la tua sovrana,
930temerario, rispetti? Impara almeno
 a tacere una volta. Ah ch’io dispero
 di poterlo emendar!
 BARSENE
                                        Matura il senno
 al crescer dell’etade. Olinto ancora
 degli anni è su l’april.
 FENICIO
                                          Barsene, anch’io
935scorsi l’april degli anni; e folto e biondo
 fu questo crin ch’ora è canuto e raro.
 E allora, oh età felice!
 non con tanto disprezzo
 al consiglio de’ saggi
940la stolta gioventù porgea l’orecchia.
 Declina il mondo e peggiorando invecchia. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 OLINTO e BARSENE
 
 OLINTO
 Per appagar la strana
 senile austerità dovremo noi
 cominciar dalle fasce a far da eroi?
945Barsene, altri pensieri
 chiede la nostra età. Dimmi se Olinto
 vive più nel tuo core.
 BARSENE
                                         Eh che tu vuoi
 deridermi, o signor. Le mie cangiasti
 con più belle catene;
950alla regina sua cede Barsene.
 
    So che per gioco
 mi chiedi amore;
 ma poche lagrime,
 poco dolore
955costa la perdita
 d’un infedel.
 
    A un altro oggetto,
 che tu non sai,
 anch’io l’affetto
960finor serbai;
 e in sì bel foco
 vivrò fedel. (Parte)
 
 SCENA X
 
 OLINTO
 
 OLINTO
 Di Barsene i disprezzi,
 l’ire di Cleonice,
965la fortuna d’Alceste ed i severi
 rimproveri paterni avrian d’ogni altro
 sgomentato l’ardir; ma non per questo
 Olinto si sgomenta. Ai grandi acquisti
 gran coraggio bisogna; e non conviene
970temer periglio o ricusar fatica,
 che la fortuna è degli audaci amica.
 
    Non fidi al mar che freme
 la temeraria prora
 chi si scolora e teme
975sol quando vede il mar.
 
    Non si cimenti in campo
 chi trema al suono, al lampo
 d’una guerriera tromba,
 d’un bellicoso acciar. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Camera con sedie.
 
 CLEONICE e poi MITRANE
 
 CLEONICE
980Eccoti, Cleonice, al duro passo
 di rivedere Alceste
 ma per l’ultima volta. Avrai coraggio
 d’annunziargli tu stessa
 la sentenza crudel, che t’abbandoni,
985che si scordi di te? Quant’era meglio
 non impedir la sua partenza!
 MITRANE
                                                       Alceste,
 regina, è qui che, ritornato in vita
 dopo tante vicende,
 di rivederti impaziente attende.
 CLEONICE
990(Già mi palpita il cor).
 MITRANE
                                            Fenicio il vide;
 l’assicurò, gli disse
 quanto può nel tuo core; e parve allora
 fior che dal gelo oppresso
 risorga al sol. Rasserenò la fronte,
995il pallor colorì, cangiò sembianza;
 ripieno è di speranza
 e al piacere improvviso
 l’allegrezza e l’amor gli ride in viso.
 CLEONICE
 (E perderlo dovrò?) Parti, Mitrane;
1000digli che venga. In queste
 stanze l’attendo.
 MITRANE
                                 Oh fortunato Alceste! (Parte)
 CLEONICE
 Magnanimi pensieri
 e di gloria e di regno ah dove siete?
 Chi vi fugò? Per mia difesa al fiero
1005turbamento ch’io provo
 vi ricerco nell’alma e non vi trovo.
 Questo, questo è il momento
 terribile per me. Qual posso in voi
 speranza aver se, intimoriti al solo
1010nome dell’idol mio, m’abbandonate?
 Tornate, oh dio! Tornate;
 radunatevi tutti intorno al core
 l’ultimo sforzo a sostener d’amore.
 
 SCENA XII
 
 ALCESTE e detta
 
 ALCESTE
 Adorata regina, io più non credo
1015che di dolor si muora. È folle inganno
 dir che affretti un affanno
 l’ultime della vita ore funeste;
 se fosse ver, non viverebbe Alceste.
 Ma se questa produce
1020sospirata mercé la pena mia,
 la pena ch’io provai
 in questo punto è compensata assai.
 CLEONICE
 (Tenerezze crudeli!)
 ALCESTE
                                        Ah! Se l’istessa
 per me tu sei, come per te son io,
1025s’è ver che posso ancora
 tutto sperar da te, qual fu l’errore,
 per cui tanto rigore
 io da te meritai, dimmi una volta.
 CLEONICE
 Tutto, Alceste, saprai. Siedi e m’ascolta.
 ALCESTE
1030Servo al sovrano impero.
 CLEONICE
 (Io gelo e temo). (Siede)
 ALCESTE
                                  (Io mi consolo e spero). (Siede)
 CLEONICE
 Alceste, ami da vero
 la tua regina o t’innamora in lei
 lo splendor della cuna,
1035l’onor degli avi e la real fortuna?
 ALCESTE
 Così bassi pensieri
 credi in Alceste? O con i dubbi tuoi
 rimproverar mi vuoi
 le paterne capanne? Io fra le selve
1040ove nacqui, ove crebbi,
 o lasciai questi sensi o mai non gli ebbi.
 In Cleonice adoro
 quella beltà che non soggiace al giro
 di fortuna e d’etade; amo il suo core;
1045amo l’anima bella
 che, adorna di sé stessa
 e delle sue virtù, rende allo scettro
 ed al serto real co’ pregi sui
 luce maggior che non ottien da lui.
 CLEONICE
1050Da così degno amante
 un magnanimo sforzo
 posso dunque sperar?
 ALCESTE
                                           Qualunque legge
 fedele eseguirò.
 CLEONICE
                                Molto prometti.
 ALCESTE
 E tutto adempirò. Non v’è periglio
1055che lieve non divenga
 sostenuto per te. N’andrò sicuro
 a sfidar le tempeste; inerme il petto
 esporrò, se lo chiedi, incontro all’armi.
 CLEONICE
 Chiedo molto di più. Convien lasciarmi.
 ALCESTE
1060Lasciarti? Oh dei! Che dici?
 CLEONICE
 E lasciarmi per sempre e in altro cielo
 viver senza di me.
 ALCESTE
                                    Ma chi prescrive
 così barbara legge?
 CLEONICE
                                      Il mio decoro,
 il genio de’ vassalli,