Didone abbandonata, partitura ms. A-Wn, 1763

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 SELENE ed ARASPE
 
 SELENE
 Chi fu che all'inumano
 disciolse le catene?
 ARASPE
525A me, bella Selene, il chiedi invano.
 Io prigioniero e reo,
 libero, ed innocente, in un momento
 sciolto mi vedo e sento
 fra' lacci il mio signore, il passo muovo
530a suo pro nella reggia e vel ritrovo.
 SELENE
 Ah contro Enea v'è qualche frode ordita.
 Difendi la sua vita.
 ARASPE
                                      È mio nemico;
 pur, se brami che Araspe
 dall'insidie il difenda,
535tel prometto; sin qui
 l'onor mio nol contrasta;
 ma ti basti così.
 SELENE
                                Così mi basta.
 ARASPE
 Ah non toglier sì presto
 il piacer di mirarti agli occhi miei.
 SELENE
540Perché?
 ARASPE
                  Tacer dovrei ch'io sono amante;
 ma reo del mio delitto è il tuo sembiante.
 SELENE
 Araspe, il tuo valore,
 il volto tuo, la tua virtù mi piace;
 ma già pena il mio cor per altra face.
 ARASPE
545Quanto son sventurato!
 SELENE
                                             È più Selene.
 Se t'accende il mio volto,
 narri almen le tue pene ed io l'ascolto.
 Io l'incendio nascoso
 tacer non posso e palesar non oso.
 ARASPE
550Soffri almen la mia fede.
 SELENE
 Sì, ma da me non aspettar mercede. (Parte)
 ARASPE
 Tu dici ch'io non speri
 ma nol dici abbastanza;
 l'ultima che si perde è la speranza.
 
555   D'atre nubi è il sol ravvolto,
 luce infausta il ciel colora;
 pur, chi sa? quest'alma ancora
 la speranza non perdè.
 
    Non funesta ogni tempesta
560co' naufragi all'onde in seno;
 ogni tuono, ogni baleno
 sempre un fulmine non è.
 
 SCENA II
 
 DIDONE e OSMIDA
 
 DIDONE
 Già so che si nasconde
 de' Mori il re sotto il mentito Arbace.
565Ma sia più qual gli piace, egli m'offese;
 e senza più dimora,
 o suddito o sovrano, io vuo' che mora.
 OSMIDA
 Sempre in me de' tuoi cenni
 il più fedele esecutor vedrai.
 DIDONE
570Premio avrà la tua fede.
 OSMIDA
 E qual premio, o regina? Adopro invano
 per te fede e valore;
 occupa solo Enea tutto il tuo core.
 DIDONE
 Taci, non rammentar quel nome odiato.
575È un perfido, è un ingrato,
 è un'alma senza legge e senza fede.
 Contro me stessa ho sdegno,
 perché finor l'amai.
 OSMIDA
 Se lo torni a mirar, ti placherai.
 DIDONE
580Ritornarlo a mirar! Per finch'io viva
 mai più non mi vedrà quell'alma rea.
 OSMIDA
 Dunque dirò ad Enea
 che ascoltarlo non vuoi. (In atto di partire)
 DIDONE
 Ferma. Dov'è?
 OSMIDA
                              Qui presso
 DIDONE
                                                    Qui?
 OSMIDA
                                                                Qui presso
585che sospira il piacer di rimirarti.
 DIDONE
 Temerario! Va, dì che venga; e parti.
 OSMIDA
 Ah non tel dissi? Enea
 tutta del cor la libertà t'invola.
 DIDONE
 Non tormentarmi più, lasciami sola.
 (Osmida parte)
 
 SCENA III
 
 DIDONE ed ENEA
 
 DIDONE
590Come! Ancor non partisti? Adorna ancora
 questi barbari lidi il grande Enea?
 E pure io mi credea
 che già varcato il mar, d'Italia in seno
 in trionfo traessi
595popoli debellati e regi oppressi.
 ENEA
 Quest'amara favella
 mal conviene al tuo cor, bella regina.
 Del tuo, dell'onor mio
 sollecito ne vengo. Io so che vuoi
600del moro il fiero orgoglio
 con la morte punir.
 DIDONE
                                      E questo è il foglio.
 ENEA
 La gloria non consente
 ch'io vendichi in tal guisa i torti miei.
 Se per me lo condanni...
 DIDONE
605Condannarlo per te! Troppo t'inganni.
 Passò quel tempo Enea
 che Dido a te pensò. Spenta è la face,
 è sciolta la catena
 e del tuo nome or mi rammento appena.
 ENEA
610Sappi che 'l re de' Mori
 è l'orator fallace.
 DIDONE
 Io non so qual ei sia, lo credo Arbace.
 ENEA
 Oh dio! Con la sua morte
 tutta contro di te l'Africa irriti.
 DIDONE
615Consigli or non desio;
 tu provvedi a' tuoi regni, io penso al mio.
 Senza di te finor leggi dettai,
 sorger senza di te Cartago io vidi.
 Felice me, se mai
620tu non giungevi, ingrato, a questi lidi.
 ENEA
 Se sprezzi il tuo periglio,
 donalo a me. Grazia per lui ti chieggio.
 DIDONE
 Sì, veramente io deggio
 il mio regno e me stessa al tuo gran merto.
625A sì fedele amante,
 ad eroe sì pietoso, a' giusti prieghi
 di tanto intercessor nulla si nieghi.
 (Va al tavolino)
 Inumano! tiranno! è forse questo
 l'ultimo dì che rimirar mi dei;
630vieni sugli occhi miei;
 sol d'Arbace mi parli e me non curi!
 T'avessi pur veduto
 d'una lagrima sola umido il ciglio!
 Uno sguardo, un sospiro,
635un segno di pietade in te non trovo.
 E poi grazie mi chiedi?
 Per tanti oltraggi ho da premiarti ancora?
 Perché tu lo vuoi salvo, io vuo' che mora.
 ENEA
 Idol mio, che pur sei,
640ad onta del destin, l'idolo mio,
 che posso dir, che giova
 rinnovar co' sospiri il tuo dolore?
 Ah se per me nel core
 qualche tenero affetto avesti mai,
645placa il tuo sdegno e rasserena i rai.
 Quell'Enea tel domanda
 che tuo cor, che tuo bene un dì chiamasti,
 quel che finora amasti
 più della vita tua, più del tuo soglio,
650quello...
 DIDONE
                  Basta; vincesti; eccoti il foglio.
 Vedi quanto t'adoro ancora, ingrato.
 Con un tuo sguardo solo
 mi togli ogni difesa e mi disarmi.
 Ed hai cor di tradirmi? E puoi lasciarmi?
 
655   Ah non lasciarmi no
 bell'idol mio.
 Di chi mi fiderò
 se tu m'inganni.
 
    Di vita mancherei
660nel dirti addio.
 Che viver non potrei
 fra tanti affanni.
 
 SCENA IV
 
 ENEA, poi IARBA
 
 ENEA
 Io sento vacillar la mia costanza
 a tanto amore appresso;
665e mentre salvo altrui, perdo me stesso.
 IARBA
 Che fa l'invitto Enea? Gli veggo ancora
 del passato timore i segni in volto.
 ENEA
 Iarba da' lacci è sciolto!
 Chi ti diè libertà?
 IARBA
                                    Permette Osmida
670che per entro la reggia io mi raggiri;
 ma vuol ch'io vada errando
 per sicurezza tua senza il mio brando.
 ENEA
 Così tradisce Osmida
 il comando real?
 IARBA
                                 Dimmi, che temi?
675Ch'io fuggendo m'involi a queste mura?
 Troppo vi resterò per tua sventura.
 ENEA
 La tua sorte presente
 fa pietà, non timore.
 IARBA
 Risparmia al tuo gran cuore
680questa pietà. D'una regina amante
 tenta pure a mio danno,
 cerca pur d'irritar gli sdegni insani.
 Con altr'armi non sanno
 le offese vendicar gli eroi troiani.
 ENEA
685Leggi. La real donna in questo foglio
 la tua morte segnò di propria mano.
 S'Enea fosse africano,
 Iarba estinto saria. Prendi ed impara,
 barbaro, discortese,
690come vendica Enea le proprie offese.
 
 SCENA V
 
 IARBA solo
 
 IARBA
 Così strane venture io non intendo.
 Pietà nel mio nemico,
 infedeltà nel mio seguace trovo.
 Ah forse a danno mio
695l'uno e l'altro congiura.
 Ma di lor non ho cura.
 Pietà finché il rivale,
 sia l'amico fallace,
 non sarà di timor Iarba capace.
 
700   Fosca nube il ciel ricopra,
 o si scopra il ciel sereno;
 non si cangia il cor nel seno,
 non si turba il mio pensier.
 
    Le vicende della sorte
705imparai con alma forte
 dalle fasce non temer. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 ENEA, poi ARASPE
 
 ENEA
 Fra il dovere e l'affetto
 ancor dubbioso in petto ondeggia il core.
 Purtroppo il mio valore
710all'impero servì d'un bel sembiante.
 Ah una volta l'eroe vinca l'amante.
 ARASPE
 Di te finora in traccia
 scorsi la reggia.
 ENEA
                               Amico
 vieni fra queste braccia.
 ARASPE
715Allontanati Enea, son tuo nemico;
 snuda, snuda quel ferro,
 guerra con te, non amicizia io voglio.
 ENEA
 Tu di Iarba all'orgoglio
 prima m'involi e poi
720guerra mi chiedi ed amistà non vuoi?
 ARASPE
 T'inganni; allor difesi
 la gloria del mio re, non la tua vita.
 Con più nobil ferita
 rendergli a me s'aspetta
725quella, che tolsi a lui, giusta vendetta.
 ENEA
 Enea stringer l'acciaro
 contro il suo difensore?
 ARASPE
                                             Olà, che tardi?
 ENEA
 La mia vita è tuo dono,
 prendila pur, se vuoi, contento io sono.
730Ma ch'io debba a tuo danno armar la mano,
 generoso guerrier, lo speri invano.
 ARASPE
 Se non impugni il brando
 a ragion ti dirò codardo e vile.
 ENEA
 Questa ad un cor virile
735vergognosa minaccia Enea non soffre.
 Ecco per sodisfarti io snudo il ferro;
 Ma prima i sensi miei
 odan gli uomini tutti, odan gli dei.
 Io son d'Araspe amico,
740io debbo la mia vita al suo valore;
 ad onta del mio core
 discendo al gran cimento
 di codardia tacciato;
 e per non esser vil, mi rendo ingrato. (In atto di battersi)
 
 SCENA VII
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
745Tanto ardir nella reggia! Olà, fermate.
 Così mi serbi fé? Così difendi,
 Araspe traditor, d'Enea la vita?
 ENEA
 No, principessa, Araspe
 non ha di tradimenti il cor capace.
 SELENE
750Chi di Iarba è seguace,
 esser fido non può.
 ARASPE
                                      Bella Selene,
 puoi tu sola avanzarti
 a tacciarmi così.
 SELENE
                                 T'accheta e parti.
 ARASPE
 Tacerò; partirò; ma la mia fede
755oltraggi ed il mio onore
 se infido tu mi chiami e traditore. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 SELENE ed ENEA
 
 ENEA
 Allor che Araspe a provocar mi venne,
 del suo signor sostenne
 le ragioni con me. La sua virtude
760se condannar pretendi,
 troppo quel core ingiustamente offendi.
 SELENE
 Sia qual ei vuole Araspe, or non è tempo
 di favellar di lui; brama Didone
 teco parlar.
 ENEA
                        Poc'anzi
765dal suo real soggiorno io trassi il piede.
 Se di nuovo mi chiede
 ch'io resti in quest'arena
 invan s'accrescerà la nostra pena.
 SELENE
 Come fra tanti affanni,
770cor mio, chi t'ama abbandonar potrai?
 ENEA
 Selene, a me cor mio?
 SELENE
 È Didone che parla e non son io.
 ENEA
 Se per la tua germana
 così pietosa sei,
775non curar più di me, ritorna a lei.
 Dille che si consoli,
 che ceda al fato e rassereni il ciglio.
 SELENE
 Ah no! cangia, mio ben, cangia consiglio.
 ENEA
 Tu mi chiami tuo bene!
 SELENE
780È Didone che parla e non Selene.
 Vieni e l'ascolta. È l'unico conforto
 ch'ella implora da te.
 ENEA
                                         D'un core amante
 quest'è il solito inganno;
 va cercando conforto e trova affanno.
 
785 Ah non sai, bella Selene,
 quanto è barbaro martire
 il vederla, oh dio! morire
 e doverla, oh dio! lasciar.
 
    Come mai dell'idol mio
790come udrò l'estremo addio,
 s'io mi sento in sol pensarlo
 tutta l'alma lacerar?
 
 SCENA IX
 
 SELENE sola
 
 SELENE
 Stolta! Per chi sospiro? Io senza speme
 perdo la pace mia? Ma chi mi sforza
795invano a sospirar? Scelgasi un core
 più grato a' voti miei. Scelgasi un volto
 degno d'amor. Scelgasi... Oh dio! La scelta
 nostro arbitrio non è. Non è bellezza,
 non è senno, o valore,
800che in noi risveglia amore; anzi talora
 il men vago, il più stolto è che s'adora.
 Bella ciascuno poi finge al pensiero
 la fiamma sua ma poche volte è vero.
 
    Ogni amator suppone
805che della sua ferita
 sia la beltà cagione;
 ma la beltà non è.
 
    È un bel desio che nasce
 allor che men s'aspetta,
810si sente che diletta
 ma non si sa perché.
 
 SCENA X
 
 DIDONE, poi ENEA
 
 DIDONE
 Incerta del mio fato
 io più viver non voglio; è tempo omai
 che per l'ultima volta Enea si tenti.
815Se dirgli i miei tormenti,
 se la pietà non giova,
 faccia la gelosia l'ultima prova.
 ENEA
 Ad ascoltar di nuovo
 i rimproveri tuoi vengo o regina.
820So che vuoi dirmi ingrato,
 perfido, mancator, spergiuro, indegno.
 Chiamami come vuoi, sfoga il tuo sdegno.
 DIDONE
 No, sdegnata io non sono. Infido, ingrato,
 perfido, mancator più non ti chiamo;
825rammentarti non bramo i nostri ardori,
 da te chiedo consigli e non amori.
 Siedi.
 (siedono)
 ENEA
               (Che mai dirà!)
 DIDONE
                                              Già vedi, Enea,
 che fra' nemici è il mio nascente impero.
 Sprezzai finora, è vero,
830le minaccie e 'l furor; ma Iarba offeso,
 quando priva sarò del tuo sostegno,
 mi torrà per vendetta, e vita e regno.
 In così dubbia sorte
 ogni rimedio è vano.
835Deggio incontrar la morte;
 o al superbo african porger la mano.
 L'uno e l'altro mi spiace e son confusa.
 Alfin femina e sola
 lungi dal patrio ciel perdo il coraggio;
840e non è meraviglia
 s'io risolver non so; tu mi consiglia.
 ENEA
 Dunque fuor che la morte
 o il funesto imeneo,
 trovar non si potria scampo migliore?
 DIDONE
845V'era purtroppo.
 ENEA
                                  E quale?
 DIDONE
 Se non sdegnava Enea d'esser mio sposo
 l'Africa avrei veduta
 dall'arabico seno al mar d'Atlante
 in Cartago adorar la sua regnante.
850E di Troia e di Tiro
 rinnovar si potea... Ma che raggiono?
 L'impossibil mi fingo e folle io sono.
 Dimmi, che far degg'io? Con alma forte,
 come vuoi, sceglierò Iarba o la morte.
 ENEA
855Iarba o la morte! E consigliarti io deggio?
 Colei che tanto adoro
 all'odiato rival vedere in braccio?
 Colei...
 DIDONE
                Se tanta pena
 trovi nelle mie nozze, io le ricuso.
860Ma per tormi all'insulti
 necessario è il morir. Stringi quel brando,
 svena la tua fedele.
 È pietà con Didone esser crudele.
 ENEA
 Ch'io ti sveni? Ah piùttosto
865cada sopra di me del ciel lo sdegno.
 Prima scemin gli dei,
 per accrescer tuoi giorni, i giorni miei.
 DIDONE
 Dunque a Iarba mi dono. Olà.
 ENEA
                                                         Deh ferma.
 Troppo, oh dio! per mia pena
870sollecita tu sei.
 DIDONE
                              Dunque mi svena.
 ENEA
 No. Si ceda al destino; a Iarba stendi
 la tua destra real; di pace priva
 resti l'alma d'Enea, purché tu viva.
 DIDONE
 Giacché d'altri mi brami
875appagarti saprò. Iarba si chiami.
 Vedi quanto son io
 ubbidiente a te.
 ENEA
                                Regina, addio.
 DIDONE
 Dove, dove? T'arresta.
 Del felice imeneo
880ti voglio spettatore.
 (Resister non potrà).
 ENEA
                                         (Costanza, o core!)
 
 SCENA XI
 
 IARBA e detti
 
 IARBA
 Didone, a che mi chiedi?
 Sei folle se mi credi
 dall'ira tua, da tue minaccie oppresso,
885non si cangia il mio cor, sempre è l'istesso.
 ENEA
 (Che arroganza!)
 DIDONE
                                  Deh placa
 il tuo sdegno, o signor. Tu col tacermi
 il tuo grado e 'l tuo nome
 a gran rischio esponesti il tuo decoro.
890Ed io... Ma qui t'assidi
 e con placido volto
 ascolta i sensi miei.
 IARBA
                                       Parla, t'ascolto.
 ENEA
 Permettimi; che ormai...
 DIDONE
                                                Fermati e siedi.
 Troppo lunghe non fian le tue dimore.
895(Risister non potrà).
 ENEA
                                        (Costanza, o core!).
 IARBA
 Eh vada. Allor che teco
 Iarba soggiorna, ha da partir costui.
 ENEA
 (Ed io lo soffro?).
 DIDONE
                                   In lui
 invece d'un rival trovi un amico.
900Ei sempre a tuo favore
 meco parlò; per suo consiglio io t'amo.
 Se credi mensognero
 il labbro mio, dillo tu stesso.
 ENEA
                                                      È vero.
 IARBA
 Dunque nel re de' Mori
905altro merto non v'è che un suo consiglio?
 DIDONE
 No, Iarba; in te mi piace
 quel regio ardir che ti conosco in volto;
 amo quel cor sì forte,
 sprezzator de' perigli e della morte.
910E se il ciel mi destina
 tua compagna e tua sposa...
 ENEA
                                                    Addio, regina.
 Basta che fino ad ora
 t'abbia ubbidito Enea.
 DIDONE
                                            Non basta ancora.
 Siedi pur un momento.
915(Comincia a vacillar).
 ENEA
                                          (Quest'è tormento).
 IARBA
 Troppo tardi, o Didone,
 conosci il tuo dover. Ma pure io voglio
 donar gli oltraggi miei
 tutti alla tua beltà.
 ENEA
                                    (Che pena, o dei!)
 IARBA
920In pegno di tua fede
 dammi dunque la destra.
 DIDONE
                                                 Io son contenta.
 A più gradito laccio amor pietoso
 stringer non mi potea.
 ENEA
 Più soffrir non si può.
 DIDONE
                                           Qual ira, Enea?
 ENEA
925E che vuoi? Non ti basta
 quanto finor soffrì la mia costanza?
 DIDONE
 Eh taci.
 ENEA
                  Che tacer? Tacqui abbastanza.
 Vuoi darti al mio rivale,
 brami che tel consigli,
930tutto faccio per te, che più vorresti?
 Ch'io ti vedessi ancor fra le sue braccia?
 Dimmi che mi vuoi morto e non ch'io taccia.
 DIDONE
 Odi; a torto ti sdegni;
 sai che per ubbidirti...
 ENEA
                                            Intendo, intendo;
935io sono il traditor, son io l'ingrato;
 tu sei quella fedele
 che per me perderebbe e vita e soglio;
 ma tanta fedeltà veder non voglio.
 
    Infedel! Ti lascio; addio.
940Godi pur del nuovo amor.
 
 DIDONE
 
    Ah crudel! T'arresta oh dio!
 Fai gran torto a questo cor.
 
 IARBA
 
    Parta omai, s'hai pur desio
 d'involarlo al mio furor.
 
 DIDONE
 
945   Eh t'acheta... (A Iarba)
 
 ENEA
 
                               Mentitrice.
 
 DIDONE
 
 Mio tesoro... (Ad Enea)
 
 IARBA
 
                           Ingannatrice.
 
 ENEA
 
 (Questo è affanno da morire!
 più valore in sen non ho).
 
 DIDONE
 
    (Troppo grande è il suo martire
950disperare ancor non so).
 
 IARBA
 
    (Ed ancora ho da soffrire?
 no; vendetta far saprò).
 
 DIDONE
 
    Ah tu sai... (Ad Enea)
 
 ENEA
 
                           Più non parlarmi.
 
 DIDONE
 
 Perché sdegni d'ascoltarmi?
 
 ENEA
 
955Traditrice alma fallace,
 va'; rimanti in quella pace
 che tu lasci a questo cor. (Parte)
 
 DIDONE
 
    Senti... oh dio!...
 
 IARBA
 
                                    Deh ferma, ascolta
 
 DIDONE
 
 E che vuoi? Taci una volta.
 
 IARBA
 
960Dunque adori ancor l'indegno?
 
 DIDONE
 
 Quello sdegno vuo' placar.
 
 IARBA
 
    Tu paventi e mia tu sei?
 
 DIDONE
 
 D'imenei non mi parlar.
 
 IARBA
 
    Ma perché? Saper lo voglio.
 
 DIDONE
 
965Perché sei pieno d'orgoglio,
 perché sembri agli occhi miei
 un oggetto di terror.
 
 IARBA
 
    Tu m'insulti? A vendicarmi
 corro al foco, corro all'armi
970tremerai, perfido cor. (parte)
 
 DIDONE
 
    Quel mi fugge!... quel minaccia!
 Non dispero... non pavento...
 Ma, infelice, che farò?
 
    Ah tu vieni ancor quest'alma,
975dolce amore, a lusingar!
 
    Tu mi additi, oh dio! la calma,
 ma son presso a naufragar.
 
 Fine dell’atto secondo