Didone abbandonata, partitura ms. A-Wn, 1763

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 ENEA
 
 ENEA
 Compagni invitti, a tollerar avvezzi
 e del cielo e del mar gl'insulti e l'ire,
980destate il vostro ardire,
 che per l'onda infedele
 è tempo già di rispiegar le vele.
 Andiamo, amici, andiamo.
 Ai troiani navigli
985fremano pur venti e procelle intorno,
 saran gloria i perigli
 e dolce fia di rammentargli un giorno.
 
 SCENA II
 
 IARBA e detto
 
 IARBA
 Dove rivolge, dove
 quest'eroe fuggitivo i legni e l'armi?
990Vuol portar guerra altrove
 o da me col fuggir cerca lo scampo?
 ENEA
 Ecco un novello inciampo.
 IARBA
 Per un momento il legno
 può rimaner sul lido.
995Vieni, s'hai cor, meco a pugnar ti sfido.
 ENEA
 Vengo. Restate amici,
 che ad abbassar quel temerario orgoglio
 altri che il mio valor meco non voglio.
 Eccomi a te; che pensi?
 IARBA
1000Penso che all'ira mia
 la tua morte sarà poca vendetta.
 ENEA
 Per ora a contrastarmi
 non fai poco se pensi. All'armi.
 IARBA
                                                          All'armi.
 ENEA
 Venga tutto il tuo regno.
 IARBA
1005Difenditi se puoi.
 ENEA
                                   Non temo indegno.
 (entrano combattendo)
 Già cadesti e sei vinto. O tu mi cedi,
 o trafiggo quel core.
 IARBA
                                       Invan lo chiedi.
 ENEA
 Se al vincitor sdegnato
 non domandi pietà...
 IARBA
                                         Siegui il tuo fato.
 ENEA
1010Sì mori... Ma che fo? No, vivi; invano
 tenti il mio cor con quell'insano orgoglio.
 IARBA
 Son vinto sì ma non oppresso; almeno
 oggetto all'ire tue, sorte incostante,
 Iarba sol non sarà.
 
1015   La caduta d'un regnante
 tutto un regno opprimerà.   (Parte)
 
 SCENA III
 
 OSMIDA solo
 
 OSMIDA
 Già di Iarba in difesa
 lo stuol de' mori a queste mura è giunto.
 Ecco vicino il punto
1020della grandezza mia; d'essere infido
 ad una donna ingrata
 no, non sento rossor; così punisco
 l'ingiustizia di lei che mai non diede
 un premio alla mia fede.
 
 SCENA IV
 
 IARBA e detto
 
 IARBA
1025Seguitemi, o compagni;
 alla reggia, alla reggia.
 OSMIDA
                                           Odi, signore,
 le tue schiere son pronte; è tempo alfine
 che vendichi i tuoi torti.
 IARBA
                                               Amici, andiamo,
 non soffre indugio il mio furor.
 OSMIDA
                                                           T'arresta.
 IARBA
1030Che vuoi?
 OSMIDA
                      Deh non scordarti
 che deve alla mia fede
 l'amor tuo vendicato una mercede.
 IARBA
 È giusto, anzi preceda
 la tua mercede alla vendetta mia.
 OSMIDA
1035Generoso monarca...
 IARBA
                                        Olà, costui
 si disarmi, s'annodi e poi s'uccida.
 OSMIDA
 Come! Questo ad Osmida?
 Qual ingiusto furore...
 IARBA
 Quest'è il premio dovuto a un traditore. (Parte)
 
 SCENA V
 
 ENEA e detti
 
 ENEA
1040Siam tutti alfin raccolti. Alcun non manca
 deì dispersi compagni. E ben si tronchi
 ogni dimora alfin; sereno è il cielo;
 l'aure e l'onde son chiare;
 alle navi, alle navi; al mare, al mare.
 OSMIDA
1045Invitto eroe.
 ENEA
                          Che avvenne?
 OSMIDA
                                                      In questo stato
 Iarba, il barbaro re...
 ENEA
                                         Comprendo. Amici,
 si ponga in libertà. (L'indegno
 da chi men può sperarlo abbia soccorso
 ed apprenda virtù dal suo rimorso).
 OSMIDA
1050Ah! Lascia, eroe pietoso,
 che grato a sì gran don...
 ENEA
                                               Sorgi ed altrove
 rivolgi i passi tuoi.
 OSMIDA
 Grato a virtù sì rara...
 ENEA
 Se grato esser mi vuoi
1055ad esser fido un'altra volta impara.
 
 SCENA VI
 
 ENEA e SELENE
 
 ENEA
 Principessa, ove corri?
 SELENE
                                            A te. M'ascolta.
 ENEA
 Se brami un'altra volta
 rammentarmi l'amor, t'adopri invano.
 SELENE
 Ma che farà Didone?
 ENEA
                                         Al partir mio
1060manca ogni suo periglio.
 La mia presenza i suoi nemici irrita.
 Iarba al trono l'invita;
 stenda a Iarba la destra e si consoli. (In atto di partire)
 SELENE
 Senti, se a noi t'involi,
1065non sol Didone, ancor Selene uccidi.
 ENEA
 Come!
 SELENE
                Dal dì ch'io vidi il tuo sembiante,
 celai timida amante
 l'amor mio, la mia fede;
 ma vicina a morir, chiedo mercede,
1070mercé, se non d'amore, almeno di pietà...
 ENEA
                                                                             Selene,
 ormai più del tuo foco
 non mi parlar né degli affetti altrui.
 Non più amante qual fui, guerriero io sono.
 Torno al costume antico;
1075chi trattien le mie glorie è mio nemico.
 
    A trionfar mi chiama
 un bel desio d'onore
 e già sopra il mio core
 comincio a trionfar.
 
1080   Con generosa brama,
 fra i rischi e le ruine,
 di nuovi allori il crine
 io volo a circondar.
 
 SCENA VII
 
 SELENE sola
 
 SELENE
 Sprezzar la fiamma mia,
1085togliere alla mia fede ogni speranza
 esser vanto potria di tua costanza.
 Ma se né pur consenti
 che sfoghi i suoi tormenti un core amante,
 ah sei barbaro, Enea, non sei costante.
 
1090   Io d'amore, oh dio! mi moro;
 e mi niega il mio tiranno
 anche il misero ristoro
 di lagnarmi e poi morir.
 
    Che costava a quel crudele
1095l'ascoltar le mie querele
 e donare a tanto affanno
 qualche tenero sospir?
 
 SCENA VIII
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 
    Va crescendo il mio tormento,
 io lo sento e non l'intendo,
1100giusti dei. Che mai sarà!
 
 OSMIDA
 Deh, regina, pietà.
 DIDONE
                                     Che rechi, amico?
 OSMIDA
 Ah no, così bel nome
 non merta un traditore
 d'Enea, di te nemico e del tuo amore.
 DIDONE
1105Come!
 OSMIDA
                Con la speranza
 di posseder Cartago,
 m'offersi a Iarba; ei m'accettò; si valse
 finor id me; poi per mercé volea
 l'empio svenarmi; e mi difese Enea.
 DIDONE
1110Reo di tanto delitto hai fronte ancora
 di presentarti a me?
 OSMIDA
 (S’inginocchia)
                                        Sì mia regina.
 Tu vedi un infelice
 che non spera il perdono e nol desia;
 chiedo a te per pietà la pena mia.
 DIDONE
1115Sorgi; quante sventure!
 Misera me, sotto qual astro io nacqui?
 Manca ne' miei più fidi...
 
 SCENA IX
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                                                 Oh dio, germana.
 Alfine Enea...
 DIDONE
                            Partì?
 SELENE
                                          No, ma fra poco
 le vele scioglierà da' nostri lidi.
1120Or ora io stessa il vidi
 verso i legni fugaci
 sollecito condurre i suoi seguaci.
 DIDONE
 Che infedeltà! Che sconoscenza! Oh dei!
 Un esule infelice...
1125Un mendico stranier... Ditemi voi
 se più barbaro cor vedeste mai?
 E tu, cruda Selene,
 partir lo vedi ed arrestar nol sai?
 SELENE
 Fu vana ogni mia cura.
 DIDONE
1130Vanne Osmida e procura
 che resti Enea per un momento solo.
 OSMIDA
 Ad ubbidirti io volo. (Parte)
 
 SCENA X
 
 DIDONE e SELENE
 
 SELENE
 Ah non fidarti; Osmida
 tu non conosci ancor.
 DIDONE
                                         Lo so purtroppo.
1135A questo eccesso è giunta
 la mia sorte tiranna;
 deggio chiedere aita a chi m'inganna.
 SELENE
 Non hai fuor che in te stessa altra speranza;
 vanne a lui, prega e piangi,
1140chi sa? Forse potrai vincer quel core.
 DIDONE
 Alle preghiere, ai pianti
 Dido scender dovrà? Dido che seppe
 dalle sidonie rive
 correr dell'onde a cimentar lo sdegno,
1145altro clima cercando ed altro regno?
 Son'io, son quella ancora
 che di nuove cittadi Africa ornai,
 che il mio fasto serbai
 fra le insidie, fra l'armi e fra i perigli;
1150ed a tanta viltà tu mi consigli?
 SELENE
 O scordati il tuo grado
 o abbandona ogni speme.
 Amore e maestà non vanno insieme.
 
 SCENA XI
 
 ARASPE e dette
 
 DIDONE
 Araspe in queste soglie!
 ARASPE
                                              A te ne vengo
1155pietoso del tuo rischio. Il re sdegnato
 di Cartagine i tetti arde e ruina.
 Vedi, vedi, o regina,
 le fiamme che lontane agita il vento.
 Se tardi un sol momento
1160a placare il suo sdegno,
 un sol giorno ti toglie e vita e regno.
 DIDONE
 Restano più disastri
 per rendermi infelice?
 SELENE
                                            Infausto giorno!
 
 SCENA XII
 
 OSMIDA e detti
 
 DIDONE
 Osmida.
 OSMIDA
                   Arde d'intorno...
 DIDONE
1165Lo so, d'Enea ti chiedo.
 Che ottenesti da Enea?
 OSMIDA
                                             Partì. Lontano
 è già da queste sponde; io giunsi appena
 a ravvisar le fuggitive antenne.
 DIDONE
 Ah stolta! Io stessa, io sono
1170complice di sua fuga. Al primo istante
 arrestar lo dovea. Ritorna, Osmida,
 corri, vola sul lido, aduna insieme
 armi, navi, guerrieri.
 Raggiungi l'infedele,
1175lacera i lini suoi, sommergi i legni.
 Portami fra catene
 quel traditore avvinto;
 e se vivo nol puoi, portalo estinto.
 OSMIDA
 Tu pensi a vendicarti e cresce intanto
1180la sollecita fiamma.
 DIDONE
 È ver, corriamo.
 Io voglio... Ah no... Restate...
 Ma la vostra dimora...
 Io mi confondo... E non partisti ancora?
 OSMIDA
1185Eseguisco i tuoi cenni. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 DIDONE, SELENE ed ARASPE
 
 ARASPE
                                             Al tuo periglio
 pensa, o Didone.
 SELENE
                                  E pensa
 a ripararne il danno.
 DIDONE
 Non fo poco s'io vivo in tanto affanno.
 Va' tu, cara Selene,
1190provvedi... ordina... assisti... in vece mia.
 Non lasciarmi, se m'ami, in abbandono.
 SELENE
 Ah che di te più sconsolata io sono! (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 DIDONE ed ARASPE
 
 ARASPE
 E tu qui resti ancor? Né ti spaventa
 l'incendio che s'avanza?
 DIDONE
1195Ho perso ogni speranza,
 non conosco timor. Ne' petti umani
 il timore, la speme
 nascono in compagnia, muoiono insieme.
 ARASPE
 Il tuo scampo desio. Vederti esposta
1200a tal rischio mi spiace.
 DIDONE
 Araspe per pietà lasciami in pace. (Parte Araspe)
 
 SCENA XV
 
 DIDONE e poi OSMIDA
 
 DIDONE
 I miei casi infelici
 favolose memorie un dì saranno;
 e forse diverranno
1205soggetti miserabili e dolenti
 alle tragiche scene i miei tormenti.
 OSMIDA
 È perduta ogni speme.
 DIDONE
 Così presto ritorni?
 OSMIDA
                                       Invano, oh dio!
 tentai passar dal tuo soggiorno al lido.
1210Tutta del moro infido
 il minaccioso stuol Cartago inonda.
 Fra le strida e i tumulti
 agli insulti degli empi
 son le vergini esposte, aperti i tempi;
1215né più desta pietade
 o l'immatura o la cadente etade.
 DIDONE
 Dunque alla mia ruina
 più riparo non v'è?
 
 SCENA XVI
 
 SELENE e detti
 
 SELENE
                                      Fuggi, o regina.
 Son vinti i tuoi custodi;
1220non ci resta difesa.
 Dalla cittade accesa
 passan le fiamme alla reggia in seno
 e di fumo e faville è il ciel ripieno.
 DIDONE
 Andiam; si cerchi altrove
1225per noi qualche soccorso.
 OSMIDA
                                                E come?
 SELENE
                                                                  E dove?
 DIDONE
 Venite, anime imbelli,
 se vi manca valore,
 imparate da me come si muore. (In atto di partire)
 
 SCENA XVII
 
 IARBA e detti
 
 IARBA
 Fermati.
 DIDONE
                    (Oh dei!)
 IARBA
                                        Dove così smarrita?
1230Forse al fedel troiano
 corri a stringer la mano?
 Va' pure, affretta il piede,
 che al talamo reale ardon le tede.
 DIDONE
 Lo so, quest'è il momento
1235delle vendette tue; sfoga il tuo sdegno,
 or che ogni altro sostegno il ciel mi fura.
 IARBA
 Già ti difende Enea, tu sei sicura.
 DIDONE
 E ben sarai contento.
 Mi volesti infelice? Eccomi sola,
1240tradita, abbandonata,
 senza Enea, senza amici e senza regno.
 Debole mi volesti? Ecco Didone
 ridotta alfine a lagrimar. Non basta?
 Mi vuoi supplice ancor? Sì; de' miei mali
1245chiedo a Iarba ristoro;
 da Iarba per pietà la morte imploro.
 IARBA
 (Cedon i sdegni miei).
 SELENE
 (Giusti numi, pietà!)
 OSMIDA
                                          (Soccorso, o dei!)
 IARBA
 E pur Didone, e pure
1250sì barbaro non son qual tu mi credi.
 Del tuo pianto ho pietà, meco ne vieni.
 L'offese io ti perdono
 e mia sposa ti guido al letto, al trono.
 DIDONE
 Io sposa d'un tiranno,
1255d'un empio, d'un crudel, d'un traditore
 che non sa che sia fede,
 non conosce dover, non cura onore!
 S'io fossi così vile,
 saria giusto il mio pianto;
1260no, la disgrazia mia non giunse a tanto.
 IARBA
 In sì misero stato insulti ancora?
 Olà, miei fidi andate;
 s'accrescano le fiamme. In un momento
 si distrugga Cartago e non vi resti
1265orma d'abitator che la calpesti.
 (partono due guardie)
 SELENE
 Pietà del nostro affanno.
 IARBA
 Or potrai con ragion dirmi tiranno.
 
    Cadrà fra poco in cenere
 il tuo nascente impero
1270e ignota al passaggiero
 Cartagine sarà.
 
    Se a te del mio perdono
 meno è la morte acerba,
 non meriti superba
1275soccorso, né pietà.
 
 SCENA XVIII
 
 DIDONE, SELENE e OSMIDA
 
 OSMIDA
 Cedi a Iarba, o Didone.
 SELENE
 Conserva colla tua la nostra vita.
 DIDONE
 Solo per vendicarmi
 del traditore Enea,
1280ch'è la prima cagion de' mali miei,
 l'aure vitali io respirar vorrei.
 Ah faccia il vento almeno,
 facciano almen gli dei le mie vendette.
 E folgori e saette
1285e turbini e tempeste
 rendano l'aure e l'onde a lui funeste.
 Vada rammingo e solo; e la sua sorte
 così barbara sia
 che si riduca ad invidiar la mia.
 SELENE
1290Deh modera il tuo sdegno, anch'io l'adoro
 e soffro il mio tormento.
 DIDONE
                                               Adori Enea?
 SELENE
 Sì, ma per tua cagion...
 DIDONE
                                             Ah disleale,
 tu rivale al mio amor?
 SELENE
                                           Se fui rivale,
 ragion non hai...
 DIDONE
                                 Dagl'occhi miei t'invola,
1295non accrescer più pene
 ad un cor disperato.
 SELENE
 (Misera donna, ove la guida il fato!) (Parte)
 
 SCENA XIX
 
 OSMIDA
 Crescon le fiamme e tu fuggir non curi?
 DIDONE
 Mancano più nemici? Enea mi lascia,
1300trovo Selene infida,
 Iarba m'insulta e mi tradisce Osmida.
 Ma che feci, empi numi! Io non macchiai
 di vittime profane i vostri altari;
 né mai di fiamma impura
1305feci l'are fumar per vostro scherno.
 Dunque perché congiura
 tutto il ciel contro me, tutto l'inferno?
 OSMIDA
 Ah! Pensa a te, non irritar gli dei.
 DIDONE
 Che dei? Son nomi vani,
1310son chimere sognate, o ingiusti sono.
 OSMIDA
 (Gelo a tanta empietade e l'abbandono). (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 DIDONE sola
 
 DIDONE
 Ah! Che dissi, infelice? A qual eccesso
 mi trasse il mio furore?
 Oh dio! Cresce l'orrore. Ovunque io miro,
1315mi vien la morte e lo spavento in faccia;
 trema, la reggia e di cader minaccia.
 Selene, Osmida, ah tutti,
 tutti cedeste alla mia sorte infida;
 non v'è chi mi soccorra, o che m'uccida.
 
1320   Vado... Ma dove?... Oh dio!
 Resto... Ma poi, che fo?
 Dunque morir dovrò
 senza trovar pietà?
 
 E v'è tanta viltà nel petto mio?
1325No, no; si mora e l'infedele Enea
 abbia nel mio destino
 un augurio funesto al suo camino.
 Precipiti Cartago,
 arda la reggia e sia
1330il cenere di lei la tomba mia.
 (Va a buttarsi nel fuoco)
 
 NETTUNO
    Su procelle, omai cessate,
 e negli antri vostri algenti
 fieri venti ritornate;
 vuò calmato intorno il mar.
 
1335No l'emulo Vulcano oggi fra voi
 co' spettacoli suoi la gloria tutta
 solo non otterrà. Gran parte anch'io
 d'avervene desio. Nereidi belle,
 miei tritoni, sirene e quante mai
1340albergan deitadi in fonti e in fiumi
 tutte soggette all'umido mio regno,
 sì, la mia impresa a sostener v'impegno.
 
 Il fine