Ezio, libretto, Lisbona, Stamperia Reale, 1772

 Massimo, e pur si trova e tu lo sai.
 MASSIMO
650Io!
 VALENTINIANO
         Sì. Ma il ciel difende
 le vite de’ monarchi. Emilio invano
 trafiggermi sperò. Nel sonno immerso
 credea trovarmi e s’ingannò. L’intesi
 del mio notturno albergo
655l’ingresso penetrare. Ai dubbi passi,
 al tentar delle piume
 previdi un tradimento. In piè balzai,
 strinsi un acciar; contro il fellon che fugge
 fra l’ombre i colpi affretto; accorre al grido
660stuol di custodi e delle aperte loggie
 mi veggo al lume inaspettato e nuovo
 sanguigno il ferro, il traditor non trovo.
 MASSIMO
 Fors’Emilio non fu.
 VALENTINIANO
                                      La nota voce
 ben riconobbi al grido, onde si dolse
665allor che lo piagai.
 MASSIMO
                                    Ma per qual fine
 un tuo servo arrischiarsi al colpo indegno?
 VALENTINIANO
 Il servo lo tentò, d’altri è il dissegno.
 FULVIA
 (Oh dio).
 MASSIMO
                     Lascia ch’io vada
 in traccia del fellon.
 VALENTINIANO
                                       Cura è di Varo.
670Tu non partire.
 MASSIMO
                               (Ah son perduto!) Io forse
 meglio di lui potrò...
 VALENTINIANO
                                        Massimo amico
 non lasciarmi così. Se tu mi lasci
 donde spero consiglio e donde aita?
 MASSIMO
 T’ubbidisco. (Io respiro).
 FULVIA
                                                 (Io torno in vita).
 MASSIMO
675Ma chi del tradimento
 tu credi autor?
 VALENTINIANO
                              Puoi dubitarne? In esso
 Ezio non riconosci? Ah se mai posso
 convincerlo abbastanza, i giorni suoi
 l’error mi pagheranno.
 FULVIA
680(Mancava all’alma mia quest’altro affanno).
 MASSIMO
 Io non so figurarmi
 in Ezio un traditor. D’esserlo almeno
 non ha ragion; benignamente accolto...
 applaudito da te... come avria core?...
685È ben ver che l’amore,
 l’ambizion, la gelosia, la lode
 contamina talor d’altrui la fede.
 Ezio amato si vede,
 è pien d’una vittoria,
690arbitro è delle schiere...
 Eh potrebbe scordarsi il suo dovere.
 FULVIA
 Tu lo conosci ed in tal guisa, o padre,
 parli di lui?
 MASSIMO
                         Son d’Ezio amico, è vero,
 ma suddito d’Augusto.
 VALENTINIANO
                                            E Fulvia tanto
695diffende un traditore? Ah che il sospetto
 del geloso mio cor vero diviene.
 MASSIMO
 Credi Fulvia capace
 d’altro amor che del tuo? T’inganni; in lei
 è pietà la difesa e non amore.
700La minaccia, l’orrore
 di castigo e di morte
 la fanno impietosir. Del sesso imbelle
 la natia debolezza ancor non sai?
 
 SCENA III
 
 VARO e detti
 
 VARO
 Cesare invano il traditor cercai.
 VALENTINIANO
705Ma dove si celò!
 VARO
                                La nostra cura
 non poté rinvenirlo.
 VALENTINIANO
                                       E deggio in questa
 incertezza restar? Di chi fidarmi?
 Di chi temer? Stato peggior del mio
 vedeste mai?
 MASSIMO
                            Ti rassicura. Un colpo
710che a vuoto andò del traditor scompone
 tutta la trama. Io cercherò d’Emilio,
 io veglierò per te. Del tutto ignoto
 l’insidiator non è. Per tua salvezza
 di alcuno intanto assicurar ti puoi.
 VALENTINIANO
715Deh m’assistete, io mi riposo in voi.
 
    Vi fida lo sposo,
 vi fida il regnante,
 dubbioso ed amante
 la vita e l’amor.
 
720   Tu amico prepara
 soccorso ed aita.
 Tu serbami, o cara,
 gli affetti del cor. (Parte con Varo)
 
 SCENA IV
 
 MASSIMO e FULVIA
 
 FULVIA
 E puoi d’un tuo delitto
725Ezio incolpar? Chi ti consiglia, o padre?
 MASSIMO
 Folle, la sua ruina
 è riparo alla mia. Della vendetta
 mi agevola il sentier. S’ei resta oppresso,
 non ha difesa Augusto. Or vedi quanto
730è necessaria a noi. Troppo maggiore
 di un feminil talento
 questa cura saria. Lasciane il peso
 a chi di te più visse
 e più saggio è di te.
 FULVIA
                                      Dunque ti renda
735l’età più giusto ed il saper.
 MASSIMO
                                                   Se tento
 l’onor mio vendicar non sono ingiusto.
 E se lo fossi ancor, presa è la via
 ed a ritrarne il piè tardi saria.
 FULVIA
 Non è mai troppo tardi onde si rieda
740per le vie di virtù. Torna innocente
 chi detesta l’error.
 MASSIMO
                                    Posso una volta
 ottener che non parli? Alfin che brami?
 Insegnar mi vorresti
 ciò che da me apprendesti? O vuoi ch’io serva
745al tuo debole amor? Fulvia raffrena
 i tuoi labri loquaci
 e in avvenir non irritarmi e taci.
 FULVIA
 Ch’io taccia e non t’irriti allor che veggio
 il monarca assalito,
750te reo del gran misfatto, Ezio tradito?
 Lo toleri chi può. D’ogni rispetto
 o mi disciogli o quando
 rispettosa mi vuoi, cangia il comando.
 MASSIMO
 Ah perfida! Conosco
755che vuoi sacrificarmi al tuo desio.
 Va’. Dell’affetto mio,
 che nulla ti nascose, empia ti abusa;
 e per salvar l’amante il padre accusa.
 
    Va’ dal furor portata,
760palesa il tradimento.
 Ma ti sovvenga ingrata
 il traditor qual è.
 
    Scopri la frode ordita;
 ma pensa in quel momento
765ch’io ti donai la vita,
 che tu la togli a me.
 
 SCENA V
 
 FULVIA, poi EZIO
 
 FULVIA
 Che fo? Dove mi volgo? Egual delitto
 è il parlare e il tacer. Se parlo, oh dio,
 son parricida e nel pensarlo io tremo.
770Se taccio, al giorno estremo
 giunge il mio bene. Ah che all’idea funesta
 s’agghiaccia il sangue e intorno al cor si arresta.
 A qual consiglio mai...
 Ezio dove t’inoltri? Ove ten vai?
 EZIO
775In difesa d’Augusto. Intesi...
 FULVIA
                                                      Ah fuggi.
 In te del tradimento
 cade il sospetto.
 EZIO
                                In me! Fulvia t’inganni.
 Ha troppe prove il Tebro
 della mia fedeltà. Chi seppe ogn’altro
780superar coll’imprese
 maggior d’ogni calunnia anche si rese.
 FULVIA
 Ma se Cesare istesso il reo ti chiama,
 s’io stessa l’ascoltai.
 EZIO
                                       Può dirlo Augusto
 ma crederlo non può. S’anche un momento
785giungesse a dubitarne, ove si volga
 vede la mia difesa. Italia, il mondo,
 la sua grandezza, il conservato impero
 rinfacciar gli saprà che non è vero.
 FULVIA
 So che la tua ruina
790vendicata saria; ma chi m’accerta
 di una pronta difesa? Ah s’io ti perdo,
 la più crudel vendetta
 della perdita tua non mi consola.
 Fuggi se m’ami, al mio timor t’invola.
 EZIO
795Tu per soverchio affetto, ove non sono
 ti figuri i perigli.
 FULVIA
                                  E dove fondi
 questa tua sicurezza?
 Forse nel tuo valore? Ezio gli eroi
 son pur mortali e il numero gli opprime.
800Forse nel merto? Ah che per questo, o caro,
 sventure io ti predico;
 il merto appunto è il tuo maggior nemico.
 EZIO
 La sicurezza mia Fulvia è riposta
 nel cor candido e puro
805che rimorsi non ha, nell’innocenza,
 che paga è di sé stessa, in questa mano
 necessaria all’impero. Augusto alfine
 non è barbaro o stolto.
 E se perde un mio pari,
810conosce anche un tiranno
 qual dura impresa è ristorarne il danno.
 
 SCENA VI
 
 VARO con pretoriani e detti
 
 FULVIA
 Varo, che rechi?
 EZIO
                                 È salva
 di Cesare la vita? Al suo riparo
 può giovar l’opra mia?
815Che fa?
 VARO
                  Cesare appunto a te m’invia.
 EZIO
 A lui dunque si vada.
 VARO
 Non vuol questo da te; vuol la tua spada.
 EZIO
 Come!
 FULVIA
                Il previdi.
 EZIO
                                     E qual follia lo mosse?
 E possibil sarà?
 VARO
                                Così non fosse.
820La tua compiango amico
 e la sventura mia che mi riduce
 un ufficio a compir contrario tanto
 alla nostra amicizia, al genio antico.
 EZIO
 Prendi. Augusto compiangi e non l’amico.
 
825   Recagli quell’acciaro
 che gli difese il trono;
 rammentagli chi sono
 e vedilo arrossir.
 
    E tu serena il ciglio,
830se l’amor mio t’è caro.
 L’unico mio periglio
 sarebbe il tuo martir. (Parte con le guardie)
 
 SCENA VII
 
 FULVIA e VARO
 
 FULVIA
 Varo se amasti mai, de’ nostri affetti
 pietà dimostra e d’un oppresso amico
835difendi l’innocenza.
 VARO
                                       Or che m’è noto
 il vostro amor, la pena mia si accresce
 e giovarvi io vorrei; ma troppo, oh dio,
 Ezio è di sé nemico. Ei parla in guisa
 che irrita Augusto.
 FULVIA
                                     Il suo costume altero
840è palese a ciascuno. Ormai dovrebbe
 non essergli delitto. Alfin tu vedi
 che se de’ merti suoi così favella,
 ei non è menzognero.
 VARO
 Qualche volta è virtù tacere il vero.
845Se non lodo il suo fasto,
 è segno di amistà; saprò per lui
 impiegar l’opra mia
 ma voglia il ciel che inutile non sia.
 FULVIA
 Non dir così. Niega agli afflitti aita
850chi dubbiosa la porge.
 VARO
                                           Egli è sicuro,
 sol che tu voglia; a Cesare ti dona
 e consorte di lui tutto potrai.
 FULVIA
 Che ad altri io voglia mai
 fuor che ad Ezio donarmi, ah non fia vero.
 VARO
855Ma, Fulvia, per salvarlo in qualche parte
 ceder convien. Tu puoi l’ira d’Augusto
 sola placar, non differirlo e in seno
 se amor non hai per lui, fingilo almeno.
 FULVIA
 Seguirò il tuo consiglio
860ma chi sa con qual sorte. È sempre un fallo
 il simulare. Io sento
 che vi repugna il core.
 VARO
                                           In simil caso
 il fingere è permesso;
 e poi non è gran pena al vostro sesso.
 FULVIA
 
865   Quel fingere affetto,
 allor che non s’ama,
 per molti è diletto
 ma pena la chiama
 quest’alma non usa
870a fingere amor.
 
    Mi scopre, m’accusa
 se parla, se tace
 il labro seguace
 dei moti del cor.
 
 SCENA VIII
 
 VARO
 
 VARO
875Folle è colui che al tuo favor si fida
 istabile fortuna. Ezio felice
 della romana gioventù poc’anzi
 era oggetto all’invidia,
 misura ai voti; e in un momento poi
880così cangia d’aspetto
 che dell’altrui pietà si rende oggetto.
 Purtroppo o sorte infida
 folle è colui che al tuo favor si fida.
 
    Nasce al bosco in rozza cuna
885un felice pastorello
 e coll’aure di fortuna
 giunge i regni a dominar.
 
    Presso al trono in regie fasce
 sventurato un altro nasce
890e fra l’ire della sorte
 va gli armenti a pascolar.
 
 SCENA IX
 
  Gallaria di statue con sedile imperiale. Gran balcone aperto in prospetto, dal quale vista di Roma.
 
 ONORIA e MASSIMO
 
 ONORIA
 Massimo, anch’io lo veggo; ogni ragione
 Ezio condanna. Egli è rival di Augusto,
 al suo merto, al suo nome
895crede il mondo soggetto; e poi che giova
 mendicarne argomenti; io stessa intesi
 le sue minaccie, ecco l’effetto. E pure
 incredulo il mio core
 reo non sa figurarlo e traditore.
 MASSIMO
900O virtù senza pari! È questo invero
 eccesso di clemenza. E chi dovrebbe
 più di te condannarlo? Ei ti disprezza,
 ricusa quella mano
 contesa dai monarchi. Ogn’altra avria...
 ONORIA
905Ah dell’ingiuria mia
 non ragionarmi più. Quella mi punse
 nel più vivo del cor. Superbo! Ingrato!
 Allor che mel rammento
 tutto il sangue agitar Massimo io sento.
910Non già però ch’io l’ami o che mi spiaccia
 di non essergli sposa; il grado offeso...
 la gloria... l’onor mio...
 son le cagioni...
 MASSIMO
                               Eh le conosco anch’io.
 Ma nol conosce ognun. Sai che si crede
915più l’altrui debolezza
 che la virtude altrui. La tua clemenza
 può comparire amor. Questo sospetto
 solo con vendicarti
 puoi dileguar. Non abborrire alfine
920una giusta vendetta;
 tanta clemenza a nuovi oltraggi alletta.
 ONORIA
 Le mie private offese ora non sono
 la maggior cura. Esaminar conviene
 del germano i perigli. Ezio si ascolti,
925si trovi il reo; potrebbe
 esser egli innocente.
 MASSIMO
                                        È vero, e poi
 potrebbe anche pentirsi,
 la tua destra accettar...
 ONORIA
                                            La destra mia!
 Eh non tanto sé stessa Onoria oblia.
930Se fosse quel superbo
 anche signor dell’universo intero,
 non mi speri ottener, mai non fia vero.
 MASSIMO
 Or ve’ com’è ciascuno
 facile a lusingarsi! E pure ei dice
935che ha in pugno il tuo voler, che tu l’adori,
 che a suo piacer dispone
 di Onoria innamorata,
 che s’ei vuol basta un guardo e sei placata.
 ONORIA
 Temerario! Ah non voglio
940che lungamente il creda; al primo sposo,
 che suddito non sia, saprò donarmi.
 Ei vedrà se mancarmi
 possan regni e corone
 e s’ei di Onoria a suo piacer dispone.
 
 SCENA X
 
 VALENTINIANO e detti
 
 VALENTINIANO
945Onoria non partir. Per mio riposo
 tu devi ad uno sposo
 forse poco a te caro offrir la mano.
 Questi ci offese, è ver; ma il nostro stato
 assicurar dobbiamo. Ei ti richiede
950e al pacifico invito
 acconsentir conviene.
 ONORIA
                                          (Ezio è pentito);
 m’è noto il nome suo?
 VALENTINIANO
                                           Purtroppo. Ho pena
 germana in proferirlo. Io dal tuo labro
 rimproveri ne attendo; a me dirai
955ch’è un’anima superba,
 ch’è reo di poca fé, che son gli oltraggi
 troppo recenti; io lo conosco e pure
 rammentando i perigli
 è forza che a tal nodo io ti consigli.
 ONORIA
960(Rifiutarlo or dovrei ma...) Senti; alfine
 se giova alla tua pace
 disponi del mio cor come a te piace.
 MASSIMO
 Signore, il tuo disegno
 io non intendo. Ezio t’insidia e pensi
965solamente a premiarlo?
 VALENTINIANO
 Ad Ezio io non pensai; d’Attila io parlo.
 ONORIA
 (O inganno!) Attila?
 MASSIMO
                                        E come?
 VALENTINIANO
 Un messaggier di lui
 me ne recò pur ora
970la richiesta in un foglio. È questo un segno
 che il suo fasto mancò. Non è l’offerta
 vergognosa per te. Stringi uno sposo
 a cui servono i re. Barbaro, è vero,
 ma che può raddolcito
975dal tuo nobile amore
 la barbarie cangiar tutta in valore.
 ONORIA
 Ezio sa la richiesta?
 VALENTINIANO
                                       E che? Degg’io
 consigliarmi con lui? Questo a che giova?
 ONORIA
 Giova per avvilirlo e perché meno
980necessario si creda.
 Giova perché si avveda
 che al popolo romano
 utile più d’ogn’altra è questa mano.
 VALENTINIANO
 Egli il saprà; ma intanto
985posso del tuo consenso
 Attila assicurar?
 ONORIA
                                 No, prima io voglio
 vederti salvo. Il traditor si cerchi,
 Ezio favelli e poi
 Onoria spiegherà gli affetti suoi.
 
990   Fin che per te mi palpita
 timido in petto il cor,
 accendersi d’amor
 non sa quest’alma.
 
    Nell’amorosa face
995qual pace ho da sperar,
 se comincio ad amar
 priva di calma.
 
 SCENA XI
 
 VALENTINIANO e MASSIMO
 
 VALENTINIANO
 Olà qui si conduca (Esce una comparsa, quale ricevuto l’ordine parte)
 il prigionier, ne’ miei timori io cerco
1000da te consiglio. Assicurarmi in parte
 potrà d’Attila il nodo?
 MASSIMO
                                           Anzi ti espone
 a periglio maggior. Cerca il nemico
 sopir la cura tua, fingersi umano,
 avvicinarsi a te. Chi sa che ad Ezio
1005non sia congiunto? Il temerario colpo
 gran certezza suppone. E poi t’è noto
 che ad Attila già vinto Ezio alla fuga
 lasciò libero il passo, a te dovea
 condurlo prigioniero
1010ma non volle e potea.
 VALENTINIANO
                                         Purtroppo è vero.
 
 SCENA XII
 
 FULVIA e detti
 
 FULVIA
 Augusto, ah rassicura
 i miei timori. È il traditor palese?
 È in salvo la tua vita?