Il filosofo di campagna, libretto, Vienna, Ghelen, 1763

 con pelle di leone andar coperto;
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
985talor con i denari;
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intiero.
990Sprezza la contadina,
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente;
 e pur, quando ci penso,
995bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allor che mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
1000col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato,
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
1005la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza!
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
1010ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava;
 lo compatisci?
 LESBINA
                             Anch’io
1015d’amor provo il desio,
 desio però modesto
 e, se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
1020Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
1025ed allor penseremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via, pensiamoci adesso;
 quando il notaro viene,
1030ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
1035farem due matrimoni e un istromento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei;
 basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
1040Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volontier; ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
1045La cosa è accomodata;
 la figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
1050Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò;
1055due contratti farò, se piace a lei,
 e non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma, facendone un solo,
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
1060Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone,
1065a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma, che ho da far?
 LESBINA
                                     Scrivete; io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera,
 dell’anno mille, etcaetera,
1070promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè! Viene il padron).
 
 DON TRITEMIO
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signore.
 DON TRITEMIO
1075Eugenia non ritrovo;
 sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                    No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
1080lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due;
 una Eugenia si chiama, una Lesbina.
1085Con una scritturina
 due matrimoni si faran, lo spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate;
 
1090   in questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
1095Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Riccottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
1100La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
1105La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua;
 
    due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
1110Scrivete; duemila
 si può calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto...
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimila
1115lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate,
 tremila per questo
1120ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
 saran cinquemila...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
1125Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
1130più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato.
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
1135   Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
1140perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete, non sapete?
 Me l’han fatta i traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
1145Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera.
 Non sapendosi etcaetera,
 se sia andata o no, etcaetera.
 
 TUTTI
 
1150   Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
1155E, presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
 Parlar mi sento al core,
1160giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah, non lo sono ancora.
 RINALDO
 Venite al tetto mio; colà potrassi
1165compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
 No, non fia ver. Rinaldo,
1170ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
 eleggete l’albergo ove pensate
1175d’essere più sicura;
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
 pastorella gentile, è albergo vostro
1180questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
 Siete voi maritata?
 LENA
1185Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza, ella è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
 vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
1190Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io,
1195pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Da vero? Compatite;
 (ho ancor qualche sospetto);
 perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
1200son contratti i sponsali.
 Correre una bugia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
 Che sì, che al genitore
1205l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
 (Mi fa pietà!) Sentite,
1210vi offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì, ve lo prometto;
1215andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato,
 l’innocente desio seconda il fato.
 
    Amore tiranno,
1220deh lasciami in pace;
 già sento l’affanno
 che nacque nel cor. (Parte)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato;
 in braccio al mio contento
1225per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento;
 se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
1230Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà;
 da voi, che siete un cavalier compito,
1235secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fatte presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
1240   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così;
 ci penso notte e dì.
 
1245   Vorrei un giovinetto
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
1250che fu già mio rival, ci porta il fato;
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento
 ed ho cor d’incontrare ogni cimento.
 
    Ritorna in quest’alma
1255il dolce sereno
 e rende la calma
 a questo mio seno;
 ma grata al suo dono
 quest’alma sarà.
 
1260   Di sorte funesta
 più l’odio non curo
 né più la tempesta
 spavento mi fa.
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO, poi LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
1265dove sei? Non ti trovo; ah, se Rinaldo
 mi capita alle mani,
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
1270o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno;
 se li trovassi, li farei pentire;
 li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LENA
1275Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
1280M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto;
1285è collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo?
 LENA
                          Con lui.
 DON TRITEMIO
                                           Ma Nardo dunque...
 LENA
 Nardo mio zio l’ha a caro;
 per ordin suo vo a prendere il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO e poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
1290Oh questa sì, che bella!
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione?
 Sì sì l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
1295Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via;
 anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa;
 oh che caso ridicolo e giocondo!
1300Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vosignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
1305una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO