Il filosofo di campagna, libretto, Vienna, Ghelen, 1768

 da un non so che;
 
655   farò il possibile
 pel vostro merito,
 che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
660famoso egli è.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO, poi DON TRITEMIO ed EUGENIA
 
 RINALDO
 Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 Veggola che ritorna
 col genitore allato;
665della gioia vicino è il dì beato.
 DON TRITEMIO
 Eccola qui; vedete se son io
 un galantuomo.
 RINALDO
                                Ognor tal vi credei,
 benché foste nemico ai desir miei.
 DON TRITEMIO
 Eugenia, quel signore
670ti vorrebbe in isposa; e tu che dici?
 EUGENIA
 Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo, che adoro, avrò in isposo.
 DON TRITEMIO
 Brava, figliuola mia,
675il rossor questa volta è andato via.
 RINALDO
 L’udiste? Ah non tardate (A don Tritemio)
 entrambi a consolare.
 DON TRITEMIO
                                          Eppur pavento...
 RINALDO
 Ogni timor è vano.
 In faccia al genitor mi dia la mano.
 DON TRITEMIO
680La mano? In verità
 s’ha da far, s’ha da far... se si potrà.
 Dammi la destra tua. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                           Eccola. (Don Tritemio le prende la mano)
 DON TRITEMIO
                                                          A voi. (Chiede la mano a Rinaldo)
 Prendetela... bel bello,
 che nel dito d’Eugenia evvi un anello.
685Ora che mi ricordo,
 Nardo con quell’anello la sposò
 e due volte sposarla non si può.
 RINALDO
 Come!
 DON TRITEMIO
                Non è così? (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                       Sposa non sono.
 DON TRITEMIO
 Ma se l’anello in dono
690prendesti già delle tue nozze in segno,
 non si può, figlia mia, scioglier l’impegno.
 Voi che dite, signor? (A Rinaldo)
 RINALDO
                                         Dico che tutti
 perfidi m’ingannate,
 che di me vi burlate, e che son io
695bersaglio del destin barbaro e rio.
 DON TRITEMIO
 La colpa non è mia.
 EUGENIA
                                      (Tacer non posso);
 udite; ah svelar deggio
 l’arcano onde ingannato...
 
 SCENA VII
 
 LESBINA e detti
 
 LESBINA
 Signor padron, voi siete domandato. (A don Tritemio)
 EUGENIA
700(Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole? (A Lesbina)
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
 Sente, signor? Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vosignoria,
705s’altra cosa non ha da comandare,
 per cortesia, se ne potrebbe andare.
 RINALDO
 Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò.
 EUGENIA
                                    (Destin crudele!)
 Rinaldo questo cor...
 RINALDO
                                        Taci, infedele.
 
710   Perfida figlia ingrata,
 padre spietato indegno,
 non so frenar lo sdegno,
 l’alma si scuote irata.
 Empio, crudele, audace,
715pace per me non v’è. (Or all’una, or all’altro)
 
    E tu che alimentasti (A Lesbina)
 sinora il foco mio
 colla speranza, oh dio!
 così tu m’ingannasti?
720L’offeso cuor aspetta
 vendetta anche di te.
 
 SCENA VIII
 
 EUGENIA, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 LESBINA
 (Obbligata davver del complimento). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
725ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene. (A don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                         E tu, fraschetta, (A Lesbina)
 tu alimentasti dell’amante il foco?
730Vado e ritorno; parlarem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
 Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un gioco;
735non mi perdo, davver, per così poco.
 EUGENIA
 Prenditi quest’anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo o giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
740che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
 Quest’anello omicida
 dinnanzi agl’occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
745Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
 Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e detti
 
 DON TRITEMIO
 Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
750Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
 Non lo curo, signore...
 DON TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prendo per obbedienza. (Prende il gioiello)
755Ma... vi chiedo perdono,
 non mi piace, nol voglio; a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 DON TRITEMIO
                  Rendilo a me.
 LESBINA
                                              Signor padrone,
 sentite una parola.
 (Se la vostra figliuola
760è meco generosa,
 lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 LESBINA
                             Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
765confessatelo pur, vostro pensiero
 non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 DON TRITEMIO
 E tu che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                             Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
770le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 
    Una ragazza
 che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
775   Voi lo sapete;
 voi m’intendete,
 questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
780la tortorella
 il suo compagno
 cercando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai tel dico anch’io.
 È questi il pensier mio.
785Doppoché tu sarai fatta la sposa,
 anch’io mi sposerò questa fanciulla.
 Piangi? Sospiri? E non rispondi nulla.
 Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man. S’ha da finire.
790Se sei pazza, non vuo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
 il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l’affetto,
795per celar follemente in sen l’arcano,
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    No non vedrete mai
 cangiar gli affetti miei,
 bei lumi onde imparai
800a sospirar d’amor.
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il ghitarino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò,
 io mi accompagnerò
 in pace e sanità.
805Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
 soffrir, gridar, oibò.
 
    Voglio cantare;
810voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
815Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
820la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
825Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
830almen per cortesia,
 perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
835amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite da ver?
 RINALDO
                          Non mentono i miei pari...
 NARDO
840E i pari miei non sanno
 per pontiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure.
 Se mi burla e mi sprezza, io non ci penso,
 so anch’io colla ragion vincere il senso.
845Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
850giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione,
 voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è;
855e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
860Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, guai;
 bramo sempre la pace in casa mia
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
865M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
870Quand’ho un poco di bene, mi consolo.
 Ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
875e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
880giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
885non ho ad alcuno l’amor mio promesso,
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
890che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
895per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
900che dividere amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascerei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
905Ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questa, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina;
910siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate!
 NARDO
                                      Sì v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio umore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
915Signor zio, signor zio, che cosa fate;
 lontana discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
920data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
925Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
930ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male,
935per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
940Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
945Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è,
950il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
955ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LA LENA e LESBINA
 
 LENA
960Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
965Certo è che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
970arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
975talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto;
980così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
985non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina,
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
990Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
995   La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
 coll’agnellino a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
1000gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
1005Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via!
 Egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
1010Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
1015lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
1020a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
1025Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
1030Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
1035tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
1040qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata,
 la figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
1045Don Tritemio dove è?
 LESBINA
                                           Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCHIO
 Come? Un contratto solo
1050per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
1055Quand’è così questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
1060finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
1065dell’anno milla, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
1070Ehi Lesbina.
 LESBINA
                           Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
1075signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo.
 Le spose sono due.
1080Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto signor notar, via seguitate.
 NARDO
1085Terminate l’affar.
 CAPOCHIO
                                   Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
1090I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCHIO
 
1095Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCHIO
 
 Eugenia mille scudi
1100pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
1105che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
1110Scrivete; seimilla
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
1115Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
 saran cinquemilla...
1120ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
1125che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
1130Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
1135Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
1140   Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
1145se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si fenirà.
 
    Se la figlia fu involata,
1150a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor, tremo, pavento.
1155Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
1160Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
1165No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara,
1170eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite,
1175pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
1180Siete voi maritata?
 LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
1185vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1190Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
1195Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
1200Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
1205(Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1210Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto, se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam, Rinaldo amato.
 L’innocente desio seconda il fatto.
 
1215   Che più bramar poss’io?
 Che più dal cielo aspetto?
 Andrò col mio diletto
 la pace ad incontrar. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
1220In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento,
 se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
1225per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
 Son contadina, è vero.
 Ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
1230Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
1235perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così,
1240ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto,
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
1245Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
1250   Guerrier, che valoroso
 nell’assalir si veda,
 quand’ha in poter la preda
 perderla non saprà. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e poi LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia, sgraziata,
1255dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
 mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani,
 invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
1260o se via l’ha menata per la posta.
 Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LA LENA
1265Signor, che cosa avete
 che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
1270M’han la figlia involato;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LA LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
1275E collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
 Là dentro?
 LA LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo!
 LA LENA
                         Con lui.
 DON TRITEMIO
                                          Ma Nardo dunque...
 LA LENA
 Nardo, mio zio, l’ha a caro.
 Per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO e poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
1280Oh questa sì ch’è bella,
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
1285Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
1290Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
1295una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me.
 NARDO
                                Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
1300Basta, chi ha fatto il male
 farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.