Il filosofo di campagna, libretto, Bruxelles, Boucherie, 1766

 EUGENIA
 Pazza a ragion mi chiama
800il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l’affetto,
 per celar follemente in sen l’arcano,
 ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
805   Va crescendo qual face agitata
 nel mio core la barbara pena
 non ha pace quest’alma turbata
 nell’affanno che pari non ha.
 
    Ma crudele più d’ogni tormento
810è ’l tacere soffrire penando,
 non lo dico morire mi sento,
 quest’è il duolo che morte mi dà.
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
815Io mi accompagnerò
 in pace e sanità
 ma la mia libertà
 perciò non perderò.
 Penare? Signor no.
820Soffrir, gridare? Oibò.
 
    Voglio cantare;
 voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
825Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
830da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anche l’anello.
 RINALDO
835Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
840Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
 almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
845allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
850perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite davver?
 RINALDO
                           Non mentano i miei pari...
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
855se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
 avisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
860che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete,
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
865Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è;
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo d’una lite,
870se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
875e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata;
 m’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 qualche coseta vi regalerò.
 NARDO
880No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
885dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
890impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Or intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
895Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
900tutt’amor, tutto fuoco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah, non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
905Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
910Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
915anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo;
 ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
920e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no, carina;
 siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
925Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì, v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna;
930d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera.
 Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
935(Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
940Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma voglio essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
945ad un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me, nel vostro sesso,
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
950perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
955Sposar una servente
 che cosa importa a me s’è bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile,
 che cosa importa a me?
960Di donna il miglior mobile
 la nobiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
965il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa,
 sarai la mia sposa,
970sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LENA
 
 LENA
 (Mio zio, ricco sfondato,
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
975ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
980resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero;
985ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
990con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LENA
995Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
1000perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sonno alla sorte ingrata,
1005allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col grege se ne va,
 coll’agnelline allato
1010cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
1015Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è andata via;
 egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
1020Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava!
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
 desio però modesto;
1025e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio amoroso)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh t’intendo, furbetta;
1030basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
1035si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
1040Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un instrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
1045di burlar il patron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
1050lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
1055sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
1060per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
1065Ma facendone un solo,
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
1070ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
 finché viene il padrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
1075ma bene che ho da far?
 LESBINA
 Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
1080I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè viene il padron).
 
 TRITEMIO
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signore.
 TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
1085Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo facio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
1090Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
1095due matrimoni si faranno, io spero;