Il filosofo di campagna, libretto, Barcellona, Generas, 1770

 LESBINA e LA LENA
 
 LA LENA
 Mio zio, ricco sfondato
945non si puole scordar che vile è nato.
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e sanza dote.
 LA LENA
 Certo che il zio poteva
950maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
955con una contadina come lei.
 LA LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civile, poiché del pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
960Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto;
 così voi vi coprite
965talor con i denari.
 Ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LA LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
970Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente.
 Perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
975bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
980col gregge se ne va,
 coll’agnelline a lato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
985la bella pastorella
 contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di donna Alcea.
 
 DONNA ALCEA e LESBINA
 
 DONNA ALCEA
 Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
990ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DONNA ALCEA
                              Brava?
 Lo compatisci.
 LESBINA
                              Ecco il notaro appunto;
995e vi è Nardo con lui.
 DONNA ALCEA
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia, in un momento
 farem due matrimoni e un istrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCHIO notaro, poi DONNA ALCEA
 
 LESBINA
 Oh se sapessi il modo
 di burlar la padrona, far lo vorrei.
1000Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina eccoci qui; se donna Alcea
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volentieri ma non vorrei
1005che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete;
1010ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Donna Alcea dov’è?
 LESBINA
                                       Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
1015Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
1020fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
1025Presto dunque, signore.
 Finché vien la padrona
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io deterrò.
 CAPOCCHIO
 
1030   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono, si sposano...
 I nomi quali sono?
 I nomi sono quelli...
1035(Oimè vien la padrona).
 
 DONNA ALCEA
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signora.
 DONNA ALCEA
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DONNA ALCEA
 Tornerò a ricercarla immantinente.
1040Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DONNA ALCEA
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A donna Alcea)
 LESBINA
                                Certo.
1045Le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrona?
 DONNA ALCEA
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
1050Presto signor notaro, via seguitate.
 NARDO
 Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettare.
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
1055I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
1060con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
1065Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
1070   Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
1075un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimilla
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
1080Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
1085saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
1090ciascuno lo vede
 che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DONNA ALCEA
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
1095Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mia signor.
 
 DONNA ALCEA
 
    Dove la figlia è andata?
1100Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DONNA ALCEA
 
 Sospendete, non sapete?
1105Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 DONNA ALCEA
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DONNA ALCEA
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DONNA ALCEA
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
1110non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    O che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che da poi si finirà.
 
1115   Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
1120un eccesso d’amor? Tremo, pavento;
 parlar mi sento al core
 giustamente la madre mia in favore.
 RINALDO
 Datevi pace; alfine
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non lo sono ancora.
 RINALDO
1125Venite al tetto mio, colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
1130No, non sia ver, Rinaldo?
 Ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore.
 O pentito sen va questo mio core.
 RINALDO
 Tutto farò per compiacervi, o cara;
1135elegete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura,
 l’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LA LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di donna Alcea è la figliuola.
 EUGENIA
                                                      Dite,
1140pastorella gentile, è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LA LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LA LENA
                          Per ora
 altro no v’è che io
 ed un uomo da bene qual è mio zio.
 EUGENIA
1145Siete voi maritata?
 LA LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 Sia malizia o innocenza ell’è assai franca.
 EUGENIA
 D’una grazia vorrei se non sdegnate.
 LENA
1150Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
 Perché sola? Son io
1155pastorella gentil il di lei sposo.
 LENA
 Da vero? Compatite,
 ho ancor qualche sospetto;
 perché non la menate al vostro tetto?
 RINALDO
 Vi dirò.
 EUGENIA
                  Non ancora
1160son contratti i sponsali.
 Correr una buggia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 Amabil pastorella
1165voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
 Mi fa pietà. Sentite.
 V’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
1170in mia presenza e d’altro testimonio
 si facci e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
 Sì sì ve lo prometto,
 andiam nel vostro tetto se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quest’è la strada.
 EUGENIA
1175Andiam Rinaldo amato.
 L’innocente desio seconda il fato. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro amor son grato.
 In braccio al mio contento
 per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento,
1180se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
 Son contadina, è vero;
1185ma ho massime civili e buona dote.
 Son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
 secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
1190Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto.
 Se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 perdo e consumo invan la miglior dote.
 
    Ogn’anno passa un anno,
1195l’età non torna più;
 passar la gioventù
 io non vorrei così;
 ci penso notte e dì.
 
    Vorrei un giovinetto
1200civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quand’io gli chiedo un sì. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fatto;
1205ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
 SCENA V
 
 DONNA ALCEA, LA LENA
 
 DONNA ALCEA
 Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo.
 LA LENA
1210Signora che cosa avete
 che su le furie siete?
 Fin là dentro v’ho sentita
 che siete malamente inviperita.
 DONNA ALCEA
 Ah? Son assassinata.
1215M’han la figlia involata;
 non la trovo, non so dov’ella sia.
 LA LENA
 Eh non c’è altro?
 DONNA ALCEA
                                  Una minchioneria.
 LENA
 Eugenia vostra figlia
 è in sicuro signor a vel prometto
1220e collo sposo suo nel nostro tetto.
 DONNA ALCEA
 Là dentro?
 LENA
                       Signorsì.
 DONNA ALCEA
 Collo sposo?
 LENA
                          Con lui.
 DONNA ALCEA
                                           Ma Nardo adunque...
 LENA
 Nardo mio l’ha a caro;
 per ordin suo vo a prender il notaro.
 
 SCENA VI
 
 DONNA ALCEA e NARDO
 
 DONNA ALCEA
1225Oh questa sì ch’è bella,
 Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione?
 Sì sì, l’ha fatta da politicone,
 Eugenia non voleva...
1230Rinaldo pretendeva...
 Ei l’ha menata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
1235O che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DONNA ALCEA
 (Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
 (Ecco la buona madre).
 DONNA ALCEA
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DONNA ALCEA
1240Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
 La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DONNA ALCEA
 Io l’ho promessa a voi.
 E lei quella sfacciata
1245cosa dice di me?
 NARDO
                                 Non dice niente.
 DONNA ALCEA
 E non teme la madre?
 NARDO
 Non l’ha neanco in mente.
 DONNA ALCEA
 Basta. Chi ha fatto il mal
 farà la penitenza;
1250dote non ne darò certo certissimo.
 NARDO
 Sì sì fate benissimo.
 Stimo que’ genitori
 ch’approfittan dei figli anco gl’errori.
 DONNA ALCEA
 Dov’è? La vo’ vedere.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DONNA ALCEA
1255Eh lasciatemi andar.
 NARDO
                                         Ma non si può.
 DONNA ALCEA
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO
 Sì, finché ella è sposata.
 DONNA ALCEA
 Quest’è una mal’azzion che voi mi fate.
 NARDO
 No cara amica non vi riscaldate.
 DONNA ALCEA
1260Mi riscaldo perché
 si poteva con me meglio trattare.
 Se l’aveva promessa,
 lo sposo aveva le raggioni sue.
 NARDO
 I sposi erano due,
1265v’erano de’ contrasti, onde per questo
 quello che avea più amor fatto ha più presto.
 DONNA ALCEA
 Io l’ho promessa a voi.
 NARDO
 Ma lei voleva il suo Rinaldo amato.
 DONNA ALCEA
 Ma questo...
 NARDO
                          Orsù quello ch’è stato è stato.
 DONNA ALCEA
1270È ver non vo’ impazzire;
 li ho trovati alla fine e ciò mi basta,
 doppo il fatto si loda.
 Chi l’avuta l’ha avuta e se la goda.
 
 SCENA VII
 
 NARDO, poi LENA e CAPOCCHIO notaro
 
 NARDO
 A Rinaldo per ora
1275basterà la consorte.
 LENA
 Venite a stipulare
 delle nozze il contratto. (A Capocchio)
 CAPOCCHIO
 Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 NARDO
 Andate in casa mia,
1280l’opera terminate.
 L’ordine seguitate
 di due sponsali in un contratto espressi
 colle stesse notizie e i nomi stessi.
 CAPOCCHIO
 Sì signor, si farà.
1285Ma poi chi pagherà?
 NARDO
                                        Bella domanda!
 Pagherà chi è servito e chi comanda.
 LENA
 Sentite, se si fanno
 scritture in casa mia,
 voglio la senseria.
 CAPOCCHIO
                                   Come?
 LENA
                                                   Dirò,
1290se mi mariterò,
 come spero di farlo prestamente,
 la scrittura m’avete a far per niente. (Entra in casa)
 
 SCENA VIII
 
 NARDO e CAPOCCHIO
 
 CAPOCCHIO
 Vostra nipote è avara, come va.
 NARDO
 Credetemi, lo fa senza malizia;
1295delle donne un costume è l’avarizia.
 CAPOCCHIO
 Son lente nello spendere,
 egli è vero, ma son leste nel prendere.
 
    Voi che filosofo
 chiamato siete,
1300dirmi saprete
 come si dia
 di simpatia
 forza e virtù.
 
    La calamita
1305tira l’acciaro.
 Tira l’avaro
 l’oro ancor più. (Entra in casa)
 
 SCENA IX
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Nato son contadino,
 non ho studiato niente
1310ma però colla mente
 talor filosofando a discrezione
 trovo di molte cose la ragione.
 E vedo chiaramente
 che interesse, superbia, invidia e amore
1315ha la fonte talor nel nostro core.
 LESBINA
 Ma capperi! Si vede,
 affé, che mi volete poco bene.
 Nel giardino v’aspetto e non si viene.
 NARDO
 Un affar di premura
1320m’ha trattenuto un poco.
 Concludiam, se volete, in questo loco.
 LESBINA
 Il notaro dov’è?
 NARDO
                                Là dentro. Ei scrive
 il solito contratto
 e si faranno i due sponsali a un tratto.
 LESBINA
1325Ma se Eugenia fuggì...
 NARDO
                                           Fu ritrovata.
 Là dentro è ricovrata.
 E si fa con Rinaldo l’istrumento.
 LESBINA
 E la madre che dice?
 NARDO
                                         Non è contenta...
 LESBINA
 Dunque, quand’è così, facciam presto.
1330Andiam, caro sposino.
 NARDO
 Aspettate, Lesbina, anche un pochino.
 LESBINA
 (Non vorrei che venisse...)
 NARDO
                                                   A me badate.
 Prima che mia voi siate,
 a voi vuo’ render note
1335alcune condizion sopra la dote.
 LESBINA
 Ho inteso il genio vostro.
 Non vi sarà pericolo
 che vi voglia spiacer neanche in un piccolo.
 NARDO
 Quand’è così, mia cara,
1340porgetemi la mano.
 LESBINA
                                       Eccola pronta.
 NARDO
 Del nostro matrimonio
 invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti canori augelli
 che tenerelli amate,
1345deh testimon voi siate
 del mio sincero amor.
 
 NARDO
 
    Alberi, piante e fiori,
 i vostri ardori ascosi
 insegnino a due sposi
1350il naturale amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
 «Ama lo sposo ognor».
 
 NARDO
 
    Dice la terra, l’onda:
 «Ama lo sposo ancor».
 
 LESBINA
 
1355   La rondinella
 vezzosa e bella
 solo il compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
1360due piante unite
 ai sposi insegnano
 la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
1365Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
    Rondone fido,
 nel caro nido
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
1370Prendimi stretto,
 vite amorosa,
 diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
 felice ardore,
1375alma del mondo,
 vita del cor.
 
    No, non si trova,
 no, non si prova
 più bella pace,
1380più caro ardor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DONNA ALCEA
 
 DONNA ALCEA
 Diamine! Che ho sentito!
 Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia.
 Che la filosofia
1385colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
 Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Verranno fuori;
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA XI
 
 LENA e detto
 
 LA LENA
1390Chi è qui?
 DONNA ALCEA
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
 Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimoni.
 Tra gli altri testimoni
1395che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DONNA ALCEA
 Questi sposi quai son?
 LA LENA
                                            La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DONNA ALCEA
 Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
1400E l’altro, mia signora,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DONNA ALCEA
 Come? Lesbina? Oimè; no non lo credo.
 LA LENA
 Eccolli tutti quattro.
 DONNA ALCEA
                                       Ahi? Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah padrona, perdono...
 
 RINALDO
 
1405Suocera, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signora, io sono.
 
 NARDO
 
 Quest’è la verità.
 
 DONNA ALCEA
 
    Perfidi scelerati,
 vi siete accomodati?
1410Senza la figlia mesta,
 senza la sposa resta.
 Che bella carità!
 
 LA LENA
 
    Quando di star vi preme
 con una sposa insieme,
1415ecco per voi son qua.
 
 DONNA ALCEA
 
    Per far dispetto a lei,
 per disperar colei,
 Lena si sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
1420sia per dispetto,
 amore al core
 piacer darà.
 
 
 Fine del dramma giocoso
 
 
 IL FILOSOFO DI CAMPAGNA
 
 
    Dramma giocoso per musica, dedicato a sua altezza serenissima Enrico principe reale di Brusia, da representarsi nel teatro di Carlsbaad l’estate dell’anno 1765 sotto la direzione ed impresa di Giuseppe Bustelli, impresario di Praga.
    In Praga, nella stamparia di Carlo Giuseppe Jaurnich.
 
 Altezza reale,
    se l’indefessa mia servitù non avesse conosciuto la sua inabile forza e potere di comparire in publico sotto gli sguardi dell’altezza vostra reale, certamente prima d’ora avrebbe compito a quel dovere che per ogni riguardo era obligato adempire, attesa la sopra grande bontà e clemenza con cui si degna onorare ed aggradire li teatrali miei spettacoli, quali fortunati potrò chiamarli, se veranno begnignamente accettati sotto la protezione dell’altezza vostra reale. Pure per non avere la taccia d’ingratitudine alli onori che in oggi ricevo e per dare un vivo attestato delle mie obligazioni, mi prendo l’ardire di presentare ed umiliare soto li begnigni riflesi dell’altezza vostra reale il presente dramma intitolato Il filosofo di campagna e se l’offerta, debole tributo de l’ossequioso mio rispetto e servitù, non fosse di pieno aggradimento, voglio sperare che al solito della sua sovrana grandezza sarà con clemenza accettata e compatita. Per il che, implorando da l’altezza vostra reale il fortunato onore d’essere annumerato fra gli umili ed ossequiosi suoi servitori, con ogni più profondo rispetto mi preggio d’essere dell’altezza vostra reale umilissimo obligatissimo ed ossequiosissimo servitore.
 
    Giuseppe Bustelli impressario
 
 
 ATTORI
 
 DON TRITEMIO cittadino abitante in villa
 (il signor Pasquale Bondoni)
 EUGENIA figlia nubile di don Tritemio
 (la signora Angiola Masi Tibaldi)
 RINALDO gentiluomo amante di Eugenia
 (il signor Michele Patrassi detto Gibelli)
 LESBINA cameriera in casa di don Tritemio
 (la signora Anna Zannini)
 NARDO ricco contadino detto il Filosofo
 (il signor Domenico Guardassoni)
 LENA nipote di Nardo
 (la signora Antonia Paradisi)
 CAPOCCHIO notaro della villa
 (il signor Giacomo Tibaldi)
 DUE CONTADINI che non parlano
 
    La musica è del celebre maestro signor Baldassar Galuppi detto il Buranello.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 EUGENIA con un ramo di gelsomini. LESBINA con una rosa in mano
 
 EUGENIA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai, vicino a sera,
 la primiera tua beltà.
 
 LESBINA
 
5   Vaga rosa, onor de’ fiori,
 fresca piaci ed innamori
 ma vicino è il tuo flagello
 e il tuo bello sparirà.
 
 A DUE
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch’è fresca, più s’apprezza,
 s’abbandona allorché perde
 il bel verde dell’età.
 
 EUGENIA
 Basta, basta, non più.
 Che codesta canzon, Lesbina mia,
15troppo mi desta in sen malinconia.
 LESBINA
 Anzi cantarla spesso,
 padrona, io vi consiglio,
 per sfugir della rosa il rio periglio.
 EUGENIA
 Ah! Che sotto d’un padre
20asprissimo e severo
 far buon uso non spero
 di questa età che della donna è il fiore;
 troppo, troppo nemico ho il genitore.
 LESBINA
 Pur delle vostre nozze
25lo intesi ragionar.
 EUGENIA
                                   Nozze infelici
 sarebbero al cuor mio le divisate
 dall’avarizia sua. Dell’uomo vile,
 che Nardo ha nome, ei mi vorria consorte.
 L’abborisco e mi scelgo anzi la morte.
 LESBINA
30Non così parlereste,
 s’ei proponesse al vostro cor Rinaldo.
 EUGENIA
 Lesbina... Oimè...
 LESBINA
                                   V’ho fatto venir caldo?
 Vi compatisco; un cavalier gentile
 in tutto a voi simile,
35nell’età, nel costume e nell’amore,
 far potrebbe felice il vostro cuore.
 EUGENIA
 Ma il genitor mi nega...
 LESBINA
 Si supplica, si prega,
 si sospira, si piange e se non basta
40si fa un po’ la sdegnosa e si contrasta.
 EUGENIA
 Ah mi manca il coraggio.
 LESBINA
                                                Io vi offerisco
 quel che so, quel che posso. È ver che sono
 in una età da non prometter molto;
 ma posso, se m’impegno,
45far valere per voi l’arte e l’ingegno.
 EUGENIA
 Cara di te mi fido. Amor, pietade
 per la padrona tua serba nel seno,
 se non felice appieno,
 almen fa’ ch’io non sia sì sventurata.
 LESBINA
50Meglio sola che male accompagnata.
 Così volete dir; sì sì, v’intendo.
 EUGENIA
 Dunque da te qualche soccorso attendo.
 
    Se perde il caro lido
 sopporta il mar che freme.
55Lo scoglio è quel che teme
 il misero nochier.
 
 SCENA II
 
 LESBINA; poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Povera padroncina!
 Affé la compatisco.
 Quest’anch’io la capisco.
60Insegna la prudenza,
 se non si ha quel che piace, è meglio senza.
 DON TRITTEMIO
 Che si fa, signorina?
 LESBINA
 Un po’ d’insalatina
 raccogliere volea pel desinare.
 DON TRITEMIO
65Poco fa v’ho sentito a cantuzzare.
 LESBINA
 È ver, colla padrona
 mi divertiva un poco.
 DON TRITEMIO
                                          E mi figuro
 che cantate s’avranno
 canzonette d’amor.
 LESBINA
                                      Oh non signore;
70di questo o di quel fiore,
 di questo o di quel frutto
 si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò?
 LESBINA
 Le volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                 Le sentirò.
 LESBINA
 (Qualche stroffetta canterò a proposito). (Da sé)
 DON TRITEMIO
75(Oh ragazza!... Farei uno sproposito). (Da sé)
 LESBINA
 Sentite, padron bello,
 la canzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovine,
 son fresco e bello,
80son tenerello,
 di buon sapor.
 
    Ma quando invecchio
 gettato sono;
 non son più buono
85col pizzicor.
 
 DON TRITEMIO
 Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
 Una ne vuo’ cantar sulla cicoria.