Il filosofo di campagna, libretto, Dublino, Reilly, 1762 (Il tutore burlato)

 LENA
 
230   Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
 risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile (Esce da una camera)
235per voi son misera,
 mi sento mordere
 dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno
 sposina mia.
 
 LENA
 
240Signora zia
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
 Dolce destino!
 Felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore...
 
 NARDO
 
245Perché partir?
 
 LESBINA
 
                              Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra donde è venuta)
 
 NARDO
 
    Vergognosetta
 la poveretta
 se ne fuggì.
 
 LENA
 
250   Se fossi in lei
 non fuggirei
 chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in seno io provo;
255dove diavolo sarà?
 
 NARDO, LENA
 
 Ah! Ah! Ah! (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
 Dov’è andata?
 
 LENA
 
                             È andata là.
 
 DON TRITEMIO
 
260Quando è là, la troverò
 e con me la condurrò. (Entra nella camera)
 
 NARDO
 
    Superar il genitore
 potrà bene il suo rossore.
 
 LENA
 
 Non è tanto vergognoso
265il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto presto, sposo bello,
 via porgetemi l’anello,
270che la sposa allor sarò. (Torna)
 
 LENA
 
 Questa cosa far si può.
 Ecco, ecco, io ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
 Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
275Il motivo non lo so.
 
 LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Torna nella camera)
 
 NARDO, LENA
 
    Caso raro, caso bello!
 Una sposa coll’anello
280ha rossor del genitor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 A DUE
 
                              Ah, ah, ah! (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 A DUE
 
                        È stata qua.
 
 LENA
 
 Collo sposo ha favellato.
 
 NARDO
 
 E l’anello già le ho dato.
 
 DON TRITEMIO
 
285Alla figlia?
 
 A DUE
 
                       Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 A DUE
 
                        Messersì.
 
 A TRE
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 Stiamo dunque in allegria,
 che la sposa vergognosa
290alla fin si cangierà;
 e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 LESBINA e DON TRITEMIO; poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 LESBINA
 Signor, è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
295che brama riverir vossignoria. (Parte)
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro?
 Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 Se denaro vorrà, gliene darò,
 purché sicuro sia con fondamento
300e che almeno mi paghi il sei per cento.
 Ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende?
 Col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
 Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco.
 RINALDO
305Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
 il qual patente e chiaro
310di me vi mostrerà
 titoli, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco signore
 l’istrumento rogato
 d’un ricco marchesato;
315ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto cammino
 vien l’origine suo dal re Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
 Questa è una cosa bella in verità.
320Ma della nobiltà, signor mio caro,
 come andiamo del par con il denaro?
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti.
 CAPOCCHIO
 Questi sono istrumenti
325di comprede, di censi, di livelli,
 questi sono contratti buoni e belli. (Mostrando alcuni fogli a guisa d’istrumenti antichi)
 
    Nel Quattrocento
 sei possessioni,
 nel Cinquecento
330quattro valloni.
 Anno millesimo
 una duchea.
 Milletrentesimo
 una contea.
335Emit etcaetera.
 
    Case e casoni,
 giurisdizzioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali.
340Sic etcaetera
 cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera.
 Vada signor notaro a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Ei va per ordin mio
345a prender altri fogli, altri capitoli,
 per provarvi di me lo stato e i titoli.
 DON TRITEMIO
 Sì sì, la vostra casa
 ricca, nobile, grande ognora fu.
 Credo quel che mi dite e ancora più.
 RINALDO
350Dunque di vostra figlia
 mi credete voi degno?
 DON TRITEMIO
                                           Anzi degnissimo.
 RINALDO
 Le farò contradote.
 DON TRITEMIO
                                     Obligatissimo.
 RINALDO
 Me l’accordate voi?
 DON TRITEMIO
                                      Per verità
 v’è una difficoltà.
 RINALDO
                                   Da che dipende?
 DON TRITEMIO
355Ho paura che lei...
 RINALDO
                                    Chi?
 DON TRITEMIO
                                                La figliuola.
 RINALDO
 D’Eugenia non pavento.
 DON TRITEMIO
 Quando lei possa farlo, io son contento.
 RINALDO
 Ben, vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Parlarò alla figliuola.
360S’ella non fosse in caso,
 del mio buon cuor sarete persuaso.
 RINALDO
 Sì, parlatele pur, contento io sono,
 se da lei son escluso, io vi perdono.
 DON TRITEMIO
 Bravo, un uom di ragion si loda e stima.
365S’ella non puote, amici come prima.
 
    Io son di tutti amico,
 son vostro servitor.
 Un uomo di buon cor
 conoscerete in me.
 
370   La chiamo subito;
 verrà ma dubito,
 sconvolta trovisi
 da un non so che.
 
    Farò il possibile
375pel vostro merito,
 che per i titoli,
 per i capitoli
 anche in preterito
 famoso egli è.
 
 SCENA III
 
 RINALDO, DON TRITEMIO e LESBINA
 
 RINALDO
380Se da Eugenia dipende il piacer mio,
 di sua man, del suo cor certo son io.
 LESBINA
 Signor padron voi siete domandato.
 RINALDO
 (Ci mancava costei).
 DON TRITEMIO
                                        Chi è che mi vuole?
 LESBINA
 Un famiglio di Nardo.
 DON TRITEMIO
385Senta signor! Del genero un famiglio
 favellarmi desia,
 onde vossignoria,
 se altra cosa non ha da commandare,
 per cortesia se ne potrebbe andare.
 RINALDO
390Sì sì, me n’anderò ma giuro ai numi,
 vendicarmi saprò. Destin crudele!
 Anche contro di te sarò fedele.
 
    Indegni fuggite
 iniqui tremate,
395non ho più ritegno,
 avvampo di sdegno
 (né posso il mio bene
 crudele chiamar). (Parte)
 
 SCENA IV
 
 Detti
 
 LESBINA
 (Obligata da ver del complimento).
 DON TRITEMIO
400(Ho un tantin di paura).
 Orsù, della mia figlia
 ho capito il rossor che cosa sia.
 Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
405Sì signor, dite bene.
 DON TRITEMIO
                                        Si sa fraschetta,
 tu alimentasti dell’amante il foco.
 Vado, ritorno. Parlerem fra poco.
 LESBINA
 
    Una ragazza
 che non è pazza
410la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
 voi m’intendete,
 questo mio core
415si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
 il suo compagno
 cercando va.
 
 SCENA V
 
 Campagna.
 
 NARDO sonando il chitarrino, cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
420   Amor se vuoi così,
 quel che tu vuoi farò.
 Io m’accompagnerò
 in pace e sanità;
 ma la mia libertà
425perciò non perderò.
 Penare, signor no.
 Soffrir, gridare, oibò!
 
    Voglio cantare,
 voglio sonare,
430voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuom siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
435Ditemi, è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta,
440mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
445Bagattelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono, si può sapere
 almen per cortesia
450perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
455perché fu da lei stessa
 data la sua promessa a me di sposo;
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite da ver?
 RINALDO
                          Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
460per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure,
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso.
 So anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
465avvisato per tempo.
 Ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete,
 giustamente dal popolo stimato;
470filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
475Pazzo sarei da vero,
 se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anco la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
480fuggo, se posso, i guai,
 bramo sempre la pace in casa mia
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obligata.
 M’avete regalata,
485anch’io, quando potrò,
 qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
490ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi non me n’importa un fico.
 LESBINA
495V’ingannate, lo giuro, e chi è codesto
 con cui di me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
500(Ora intendo il mister. Sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’ingannate,
 vostra sono, il sarò, ve l’assicuro,
 a tutti i numi il giuro.