Il filosofo di campagna, libretto, Londra, Woodfall, 1761

 TRITEMIO
 (Ho un tantin di paura). (Da sé)
 EUGENIA
                                                (Ahi che tormento!) (Da sé)
 TRITEMIO
 Orsù, signora pazza, (Ad Eugenia)
 ho capito il rossor che cosa sia.
710Quel che voglia colui vado a sentire;
 poi la discorrerem. S’ha da finire. (In atto di partire)
 LESBINA
 Sì signor, dite bene. (A Tritemio)
 TRITEMIO
                                         E tu, fraschetta, (A Lesbina)
 tu alimentasti dell’amante il foco?
 Vado e ritorno; parlerem fra poco.
 
 SCENA IX
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 EUGENIA
715Ah Lesbina crudele!
 Solo per tua cagion sono in periglio.
 LESBINA
 Loderete nel fine il mio consiglio.
 Questa cosa finor mi pare un gioco;
 non mi perdo, davver, per così poco.
 EUGENIA
720Prenditi quest’anello.
 LESBINA
 Eh no, signora mia.
 EUGENIA
 Prendilo e giuro al ciel lo getto via.
 LESBINA
 Ma perché?
 EUGENIA
                         Fu cagione
 che Rinaldo, il mio ben, mi crede infida.
725Quest’anello omicida
 dinnanzi agl’occhi miei soffrir non vuo’.
 LESBINA
 Se volete così, lo prenderò.
 Eccolo nel mio dito.
 Che vi par? Mi sta bene?
 EUGENIA
730Ah tu sei la cagion delle mie pene.
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 TRITEMIO
 Oh genero garbato!
 Alla sposa ha mandato (Mostra un gioiello)
 questo ricco gioiello.
 Prendilo, Eugenia mia; guarda s’è bello.
 EUGENIA
735Non lo curo, signore...
 TRITEMIO
                                          Ed io comando
 che tu prender lo debba; il ricusarlo
 sarebbe una insolenza.
 EUGENIA
 Dunque lo prendo per obbedienza. (Prende il gioiello)
 Ma... vi chiedo perdono,
740non mi piace, nol voglio; a te lo dono. (Lo dà a Lesbina)
 LESBINA
 Grazie. (Lo prende)
 TRITEMIO
                  Rendilo a me. (A Lesbina)
 LESBINA
                                              Signor padrone,
 sentite una parabola.
 (Se la vostra figliuola
 è meco generosa,
745lo fa perché di voi mi brama sposa). (Piano a Tritemio)
 TRITEMIO
 (Lo crederò?) (A Lesbina)
 LESBINA
                             Signora,
 non è ver che bramate
 che sposa io sia? Nel darmi queste gioie
 confessatelo pur, vostro pensiero
750non è che sposa sia Lesbina?
 EUGENIA
                                                       È vero.
 TRITEMIO
 E tu che dici? (A Lesbina)
 LESBINA
                             Io dico
 che se il destino amico
 seconderà il disegno,
 le gioie accetto e accetterò l’impegno.
 
755   Una ragazza
 che non è pazza
 la sua fortuna
 sprezzar non sa.
 
    Voi lo sapete;
760voi m’intendete,
 questo mio core
 si scoprirà.
 
    Anche l’agnella,
 la tortorella
765il suo compagno
 cercando va. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 EUGENIA e DON TRITEMIO
 
 TRITEMIO
 Dunque giacché lo sai tel dico anch’io;
 è questi il pensier mio
 doppoché tu sarai fatta la sposa,
770anch’io mi sposerò questa fanciulla.
 Piangi? Sospiri? E non rispondi nulla?
 Son stanco di soffrirti.
 Oggi darai la man. S’ha da finire.
 Se sei pazza, non vuo’ teco impazzire. (Parte)
 EUGENIA
775Pazza a ragion mi chiama
 il genitor crudele,
 se in faccia al mio fedele, al mio diletto,
 ho tradito l’affetto,
 per celar follemente in sen l’arcano,
780ed or mi lagno ed or sospiro invano.
 
    Va crescendo qual face agitata
 nel mio core la barbara pena
 no non ha pace quest’alma turbata
 nell’affanno che pace non ha.
 
785   Ma crudele più d’ogni tormento
 è ’l tacer e soffrire penando,
 ne lo dirle morire mi sento,
 quest’è il duolo che pena mi dà.
 
 SCENA XII
 
 Campagna.
 
 NARDO, suonando il chitarino e cantando, e poi RINALDO
 
 NARDO
 
    Amor, se vuoi così,
790quel che tu vuoi farò.
 Io mi accompagnerò
 in pace e sanità.
 Ma la mia libertà
 perciò non perderò.
795Penare, signor no;
 soffrir, gridare, oibò.
 
    Voglio cantare;
 voglio suonare;
 voglio godere
800fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuom, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
 Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
805aveste la parabola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
 la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
810e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
 Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
815investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
 almen per cortesia,
 perché vossignoria
820con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
 amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
825la sua fede promessa a me suo sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite da ver?
 RINALDO
                          Non mentono i miei pari.
 NARDO
 E i pari miei non sanno
 per pontiglio sposare il lor malanno.
830Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso,
 so anch’io colla ragion vincere il senso.
 Vi ringrazio d’avermi
 avisato per tempo;
835ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
 giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
840superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è;
 e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
845se a costo d’una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
 Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
850bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
 M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
855qualche cosetta vi regalerò.
 NARDO
 No no, figliola cara,
 dispensatevi pur da tal fineza.
 Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
860Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
 e a me di voi no me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
865con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forastiero
 che mi par cavaliero,
 giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; serà Rinaldo).
870Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono, il sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
 non ho ad alcuno l’amor mio promesso;
 son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
875Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto focco,
 sostenne il cavaliero
 che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
880Lo sosterrò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
 per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
885(Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
 che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
890e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo
 ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
895qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina;
 siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
900dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
 Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
905colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
 data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera.
910Ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
 Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
915Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
 ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
920che convenga sposare
 a un uom come voi femina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
 Per me nel vostro sesso
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
925Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
 Per me sostegno e dico,
 ed ho la mia ragione,
930che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona?
 Peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
935che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la nobiltà non è.
 Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
940il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
 ma no si usa più.
 
    Serveta graziosa
945serai la mia sposa,
 serai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LENA
 (Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
950Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
 Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
955Che nella nobilità
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
 arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
960Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
 talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
965d’un somar che solea
 con pelle di leone andar coperto
 ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
 Così voi vi coprite
 talor con i denari
970ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LA LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
 non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
975vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
 Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
980Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col grege se ne va,
985coll’agnelline allato
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
990contenta ognor sarà. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
 Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
995egli viene a bravarmi in casa mia?
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 TRITEMIO
                              Brava?
 Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio,
1000desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
 lo potete arguire.
 TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio amoroso)
 TRITEMIO
                                  Ma chi?
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 TRITEMIO
1005Eh t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
 a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
1010Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
 Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliola,
1015farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 TRITEMIO
                                       Vengono a tempo.
 Vado a prender Eugenia e in un momento
 farem due matrimoni e un instrumento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA, poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
1020Oh se sapessi il modo
 di burlar il patron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
 tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
1025ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi
 lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
 qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
1030La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
 Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
1035prepari bello e fatto
 per un paio di nozze il suo contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
 per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
1040che non vuo’ dimezzar gl’utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
 Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
1045della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
 finché viene il patrone
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
1050Bene, principierò;
 ma bene che ho da far?
 LESBINA
 Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
1055promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè vien il padron).
 
 TRITEMIO
 Ehi, Lesbina.
 LESBINA
                            Signore.
 TRITEMIO
1060Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
 signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
1065lo facio principiare. Io detto, ei scrive.
 TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
 Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
1070Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto signor notar, via seguitate.
 NARDO
 Terminamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                      Scrivo, dettate.
 
1075   In questo giorno, etcaetera
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi:
1080Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
 Promettono... si sposano...
1085La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dotte della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
 pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
1090La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
 che tutto san far.
 
 NARDO
 
1095Scrivete; duemilla
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
 Scrivete; seimilla
1100lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
 Tremilla per questo
1105ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemilla, seimilla,
 battuti tremilla,
 saran cinquemilla...
 ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
1110Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
1115più bella non v’è.
 
 TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
 Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
1120   Il contrato è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
 Empio Rinaldo, indegno,
1125perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 TRITEMIO
 
 Sospendete. Non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
    Dov’è Eugenia?
 
 TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
1130Se n’è ita?
 
 TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti.
 
 TRITEMIO
 
                             Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Casso Eugenia cum etcaetera
 non sapendosi etcaetera
 se sia andata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
1135   Oh che caso, oh che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
 a quest’ora è maritata.
1140E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.