Il filosofo di campagna, libretto, Londra, Griffin, 1768

1470il suo compagno
 cercando va.
 
 NARDO
 
    L’olmo e la vite,
 due piante unite
 ai sposi insegnano
1475la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
 ed il rondon tu sei.
 
 NARDO
 
 Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
1480   Rondone fido
 nel caro nido
 vieni, t’aspetto.
 
 NARDO
 
 Prendimi stretto,
 vite amorosa,
1485diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
 felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
1490   No non si trova,
 no non si prova
 più bella pace,
 più caro ardor. (Partono ed entrano in casa)
 
 SCENA X
 
 DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Diamine! Che ho sentito?
1495Di Lesbina il marito
 pare che Nardo sia.
 Che la filosofia
 colle ragioni sue
 accordasse ad un uom sposarne due?
1500Quel che pensar non so;
 all’uscio picchierò. Veranno fuori;
 scoprirò i tradimenti e i traditori.
 
 SCENA XI
 
 LA LENA e detto
 
 LA LENA
 Chi è qui?
 DON TRITEMIO
                       Ditemi presto,
 cosa si fa là dentro?
 LA LENA
1505Finito è l’istrumento;
 si fan due matrimoni.
 Tra gli altri testimoni,
 che sono cinque o sei,
 se comanda venir, sarà anco lei.
 DON TRITEMIO
1510Questi sposi? Quai son?
 LA LENA
                                               La vostra figlia
 col cavalier Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Cospetto! Mi vien caldo.
 LA LENA
 E l’altro, padron mio,
 è la vostra Lesbina con mio zio.
 DON TRITEMIO
1515Come? Lesbina? Oimè; no non lo credo.
 LA LENA
 Eccoli tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                      Ahi! Cosa vedo?
 EUGENIA
 
    Ah genitor, perdono...
 
 RINALDO
 
 Suocero, per pietà...
 
 LESBINA
 
    Sposa, signor, io sono.
 
 NARDO
 
1520Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scelerati,
 vi siete accomodati?
 Senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto.
1525Che bella carità!
 
 LA LENA
 
    Quando di star vi preme
 con una sposa insieme,
 ecco, per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
1530per disperar colei,
 Lena mi sposerà.
 
 TUTTI
 
    Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al core
1535piacer darà.
 
 
 Fine del dramma giocoso
 
 
 IL FILOSOFO DI CAMPAGNA
 
 
    Dramma giocoso per musica da rappresentarsi nel Regio Ducal teatro di Milano nell’estate del corrente anno 1762, dedicato a sua altezza serenissima il signor duca di Modena, Regio, Mirandola, eccetera, eccetera, amministratore e capitano generale della Lombardia austriaca, eccetera, eccetera.
    In Milano, nella stamperia di Giovanni Montano, con licenza de’ superiori.
 
 Altezza serenissima,
    per secondare, altezza serenissima, il piacimento della generosa nobiltà milanese, che desidera nuovamente vedere sopra queste regie ducali scene Il filosofo di campagna, non ho tralasciata veruna diligenza per facilitarne con sollecitudine la rappresentazione.
    Fu questo dramma giocoso altre volte, altezza serenissima, di vostro geniale intertenimento; laonde spero che presentemente ancora vi compiacerete onorarlo della vostra clementissima favorevole approvazione, mentre con ossequio rispettosissimamente mi protesto di vostra altezza serenissima umilissimo, divotissimo servitore obbligatissimo.
 
    Giuseppe Galeazzi
 
 
 PERSONAGGI
 
 PARTI SERIE
 
 EUGENIA figlia nobile di Tritemio
 (la signora Clementina Baglioni)
 RINALDO gentiluomo amante di Eugenia
 (il signor Gaspare Savoy)
 
 PARTI BUFFE
 
 DON TRITEMIO cittadino abitante in villa
 (il signor Francesco Caratoli)
 LESBINA sua cameriera
 (la signora Giovanna Baglioni)
 NARDO ricco contadino detto il Filosofo
 (il signor Giovanni Lovatini)
 LENA nipote di Nardo
 (la signora Vincenza Baglioni)
 CAPOCCHIO notaio della villa
 (il signor Giacomo Caldinelli)
 
    La musica del signor Baldassar Galuppi. Compositore de’ balli il signor Pietro Bernardo Michel, virtuoso di sua altezza serenissima la signora principessa ereditaria di Modena, eccetera, eccetera.
 
 
 MUTAZIONI DI SCENE
 
    Nell’atto primo: giardino; bosco con casa rustica; camera con porte.
    Nell’atto secondo: camera; bosco con casa rustica; camera suddetta.
    Nell’atto terzo: bosco con casa rustica suddetta.
    Le scene delli signori fratelli Galleari.
    Il vestiario è di nuova e vaga invenzione del signor Francesco Mainini.
 
 
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino in casa di don Tritemio.
 
 EUGENIA con un ramo di gelsomini. LESBINA con una rosa in mano
 
 EUGENIA
 
    Candidetto gelsomino
 che sei vago in sul mattino,
 perderai, vicino a sera,
 la primiera tua beltà.
 
 LESBINA
 
5   Vaga rosa, onor de’ fiori,
 fresca piaci ed innamori
 ma vicino è il tuo flagello.
 E il tuo bello sparirà.
 
 A DUE
 
    Tal di donna la bellezza
10più ch’è fresca, più s’apprezza,
 s’abbandona, allorché perde
 il bel verde dell’età.
 
 EUGENIA
 Basta, basta non più,
 che codesta canzon, Lesbina mia,
15troppo mi desta in sen malinconia.
 LESBINA
 Anzi cantarla spesso,
 padrona, io vi consiglio,
 per sfugir della rosa il rio periglio.
 EUGENIA
 Ah! Che sotto d’un padre
20asprissimo e severo
 far buon uso non spero
 di questa età che della donna è il fiore,
 troppo, troppo nemico ho il genitore.
 LESBINA
 Pur delle vostre nozze
25lo intesi ragionar.
 EUGENIA
                                   Nozze infelici
 sarebbero al cuor mio le divisate
 dall’avarizia sua. Dell’uomo vile,
 che Nardo ha nome, ei mi vorria consorte.
 L’abborisco e mi scelgo anzi la morte.
 LESBINA
30Non così parlereste,
 s’ei proponesse al vostro cor Rinaldo.
 EUGENIA
 Lesbina... Oimè...
 LESBINA
                                   V’ho fatto venir caldo?
 Vi compatisco; un cavalier gentile,
 in tutto a voi simile,
35nell’età, nel costume e nell’amore,
 far potrebbe felice il vostro cuore.
 EUGENIA
 Ma il genitor mi nega...
 LESBINA
 Si supplica, si prega,
 si sospira, si piange e se non basta
40si fa un po’ la sdegnosa e si contrasta.
 EUGENIA
 Ah mi manca il coraggio.
 LESBINA
                                                Io vi offerisco
 quel che so, quel che posso.
 Ma spero, se m’impegno,
 far valere per voi l’arte e l’ingegno.
 EUGENIA
45Cara di te mi fido. Amor, pietade
 per la padrona tua serba nel seno;
 se non felice appieno,
 almen fa’ ch’io non sia sì sventurata.
 LESBINA
 Meglio sola che male accompagnata.
50Così volete dir, sì sì v’intendo.
 EUGENIA
 Dunque da te qualche soccorso attendo.
 
    Se perde il caro lido
 sopporta il mar che freme.
 Lo scoglio è quel che teme
55il misero nochier.
 
 SCENA II
 
 LESBINA, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Povera padroncina!
 Affé la compatisco.
 Quest’anch’io la capisco.
 Insegna la prudenza,
60se non si ha quel che piace, è meglio senza.
 DON TRITEMIO
 Che si fa, signorina?
 LESBINA
 Un po’ d’insalatina.
 DON TRITEMIO
 Poco fa v’ho sentito a cantuzzare.
 LESBINA
 È ver, colla padrona
65mi divertiva un poco.
 DON TRITEMIO
                                          E mi figuro
 che cantate s’avranno
 canzonette d’amor.
 LESBINA
                                      Oh non signore;
 di questo o di quel fiore,
 di questo o di quel frutto
70si cantavan le lodi.
 DON TRITEMIO
                                     Il crederò?
 LESBINA
 Le volete sentir?
 DON TRITEMIO
                                 Le sentirò.
 LESBINA
 (Qualche stroffetta canterò a proposito). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 (Oh ragazza!... Farei uno sproposito). (Da sé)
 LESBINA
 Sentite, padron bello,
75la canzonetta sopra il ravanello.
 
    Quando son giovine,
 son fresco e bello,
 son tenerello,
 di buon sapor.
 
80   Ma quando invecchio
 gettato sono,
 non son più buono
 col pizzicor.
 
 DON TRITEMIO
 Scaccia questa canzon dalla memoria.
 LESBINA
85Una ne vuo’ cantar sulla cicoria.
 
    Son fresca e son bella
 cicoria novella.
 Mangiatemi presto,
 coglietemi su.
 
90   Se resto nel prato,
 radicchio invechiato,
 nessuno si degna
 raccogliermi più.
 
 DON TRITEMIO
 Senti ragazza mia,
95questa canzone ha un poco d’allegria,
 tu sei, Lesbina bella,
 cicorietta novella;
 prima che ad invecchiar ti veda il fato,
 esser colta dovresti in mezzo al prato.
 LESBINA
100Per me v’è tempo ancora.
 Dovreste alla signora
 pensar, caro padrone.
 Or ch’è buona stagione,
 or ch’è un frutto maturo e saporito,
105non la fate invecchiar senza marito.
 DON TRITEMIO
 A lei ho già pensato,
 sposo le ho destinato e avrallo presto.
 LESBINA
 Posso saper chi sia?
 DON TRITEMIO
                                       Nardo è cotesto.
 LESBINA
 Di quella tenerina
110erbetta cittadina
 la bocca d’un villan non mi par degna.
 DON TRITEMIO
 Eh la prudenza insegna
 che ogn’erba si contenti
 d’aver qualche governo,
115purch’esposta non resti al crudo verno.
 LESBINA
 Io mi contenterei,
 pria di vederla così mal troncata,