Il filosofo di campagna, libretto, Bologna, Sassi, 1756

 caro signor barone,
 con buona permissione
 un altro cavalier vuol visitarmi,
180onde la prego in libertà lasciarmi.
 MACACCO
 Fa... fa... fa... fa... fate pure,
 so anch’i... ch’io la usanza,
 mi mi mi riti... tiro in questa stanza. (Entra in un’altra camera)
 MADAMA
 Questo sarebbe il caso
185per una cui piacesse
 di vivere al gran mondo.
 Ha la vita piegata e il capo tondo.
 
 SCENA IV
 
 Il conte BELLAVITA e detta
 
 CONTE
 Al volto porporino
 di madama graziosa umil m’inchino.
 MADAMA
190Io dalle grazie sue resto stordita
 e riverisco il conte Bellavita.
 CONTE
 Di me non vi dolete,
 se tardi mi vedete.
 Sono stato finor da certe dame,
195che vogliono ballar con fondamento,
 a insegnarle di vita il portamento.
 MADAMA
 Già si sa, già si vede;
 la sua vita ben fatta è cosa rara;
 vezzi e grazie da lei ciascuno impara.
 CONTE
200Veda, signora mia,
 osservi in cortesia;
 questi due monticelli,
 ch’io tengo uno per parte,
 son fatti con tal arte
205ch’uno con l’altro in equilibrio accorda
 e sembro appunto un ballarin da corda.
 MADAMA
 Non ne dica di più, lo so, lo credo,
 lo capisco, lo vedo.
 Lei è tutto ben fatto;
210lei è tutto gentil. (Lei è un bel matto).
 CONTE
 Senta, signora mia, per dir il vero,
 io son un cavaliero
 ameno e disinvolto.
 Se lei mi osserva in volto,
215un certo non so che vi vederà
 che s’accosta di molto alla beltà.
 Circa la grazia poi, non fo per dire,
 osservi la presenza,
 col piè sempre in cadenza;
220nelle braccia grazioso,
 nel gestir manieroso,
 si può dire ch’io sia cosa compita.
 E poi che serve? Il conte Bellavita.
 
    Veda che garbo,
225veda che brio,
 tutto son io
 grazia e beltà.
 
    Io con le dame
 son tutto amore,
230son l’amorino,
 caro e carino,
 son per le donne
 tutto bontà.
 
    Ma a chi m’offende
235sono terribile,
 con braccio orribile,
 con luci irate
 tiro stoccate
 di qua, di là.
 
240   Fatene stima,
 non mi lasciate,
 se voi bramate
 d’esser felice;
 ognun mi dice
245ch’io sono bello,
 che io sono quello
 che fa l’onore
 della città.
 
 MADAMA
 Non si stia a faticare.
250Sempre meno dirà di quel che appare.
 Ma, se tanto è grazioso,
 sarà anco generoso.
 CONTE
                                      E cosa importa?
 Dov’è grazia e beltà,
 non si ricerca generosità.
 MADAMA
255Signor, lei mi perdoni, in questo sbaglia.
 Un amante, ancorché bello e grazioso,
 quando si mostra avaro,
 alla donna non puol esser mai caro.
 CONTE
 Dunque con i miei vezzi
260io non posso da voi sperar affetto?
 MADAMA
 Per me vi parlo schietto,
 se mi volete innamorar da buono,
 fate che della borsa io senta il suono.
 CONTE
 Sarà dunque un amor interessato.
 MADAMA
265Sarà l’amor che dalle donne è usato.
 CONTE
 Parmi di sentir gente.
 MADAMA
                                           Ah dite piano,
 poiché tengo un germano
 ch’è piuttosto cervello stravagante;
 se ci sente vorrà far l’arrogante.
 CONTE
270Tiriamoci più in qua. Torniamo un poco
 al discorso di prima.
 Per esempio, volendo
 darvi un segno d’amor, quest’orologio,
 dite, saria opportuno?
 MADAMA
275Ah sì ne ho perduto uno
 simile appunto a quello.
 CONTE
 Guardate con che grazia io vel presento.
 MADAMA
 Oh che grazia gentil! Siete un portento.
 CONTE
 Mi vorrete poi bene?
 MADAMA
                                         Uh tanto, tanto.
 CONTE
280Vi piace il volto mio?
 MADAMA
                                         Siete un incanto.
 CONTE
 
    Vezzosa gradita,
 mio dolce tesoro.
 
 MADAMA
 
 Per voi, Bellavita,
 io smanio, io moro.
 
 A DUE
 
285Che dolce contento
 ch’io provo, ch’io sento!
 Che brio! Che beltà!
 
 CONTE
 
    Ohimè sento gente.
 
 MADAMA
 
 No no, non è niente.
290Sarà mio fratello.
 
 CONTE
 
 Ha poco cervello,
 tremar ci farà.
 
 MADAMA
 
    Non tema di nulla;
 stia fermo, stia qua.
 
 PARPAGNACCO
 
295   Padron riverito. (Esce)
 
 CONTE
 
 Son servo obligato.
 
 PARPAGNACCO
 
 È tutto compito. (A madama)
 
 CONTE
 
 È assai ben creato. (A madama)
 
 MADAMA
 
 Sorella gli sono,
300spiacermi non sa.
 
 PARPAGNACCO, CONTE
 
    (Fratello più buono
 di lui non si dà). (Ciascuno da sé)
 
 MADAMA
 
    Per fino ch’ei parte,
 celatevi là. (Piano a Parpagnacco)
 
 PARPAGNACCO
 
305È troppa bontà.
 
 MADAMA
 
    Andate in disparte,
 che poi partirà. (Piano al conte)
 
 CONTE
 
 È troppa bontà.
 
 PARPAGNACCO, CONTE
 
    Gli son servitore.
310ma con libertà. (Si ritirano)
 
 MADAMA
 
    Oh questa sì ch’è bella!
 M’hanno creduto affé.
 
 MACACCO
 
    Non c’è più più nessuno,
 to... to... to... tocca a me.
 
 MADAMA
 
315   E questo bel Macacco
 da me cosa vorrà?
 
 MACACCO
 
    Mia ca... ca... ca... ca... cara.
 
 MADAMA
 
 Mio be... be... be... be... bello.
 
 A DUE
 
 Son qua qua qua qua qua.
 
 PARPAGNACCO, CONTE
 
320   Un altro suo fratello
 codesto ancor sarà?
 
 MACACCO
 
 Son qua qua qua qua qua.
 
 MADAMA
 
    Or sono nell’imbroglio,
 non so cosa sarà.
 
 PARPAGNACCO, CONTE
 
325   Eh ben quanti fratelli
 avete, mia signora?
 
 MADAMA
 
 Padroni cari e belli,
 io non glielo so dir.
 
 PARPAGNACCO
 
    Voi siete menzogniera.
 
 CONTE
 
330Voi siete lusinghiera.
 
 A DUE
 
 Scoperta siete già.
 
 MADAMA
 
    Andate, che vi mando,
 andate via di qua.
 
 MACACCO
 
 Co... cosa mai sarà?
 
 TUTTI
 
335   Che razza maledetta,
 che rabbia che mi fa.
 
 Fine della parte prima
 
 
 PARTE SECONDA
 
 SCENA PRIMA
 
 Giardino.
 
 Il marchese PARPAGNACCO da una parte, il conte BELLAVITA dall’altra
 
 PARPAGNACCO
 
    Corpo di Bacco!
 Son Parpagnacco.
 
 CONTE
 
 Femmina ardita,
340son Bellavita.
 
 A DUE
 
 Le mie vendette
 teco vo’ far.
 Ecco il rivale,
 lo vo’ sfidar.
 
 CONTE
 
345   Ponete mano.
 
 PARPAGNACCO
 
 Fuori la spada.
 
 A DUE
 
 Brutto villano,
 ti vo’ scannar.
 
    Alto, ferma, tira, vieni. (Si azzuffano)
350Oh che poltrone,
 non sa tirar!
 
 SCENA II
 
 Il baron MACACCO e detti
 
 MACACCO
 Co... co... co... cosa fate?
 PARPAGNACCO
 Lasciatelo ammazzar.
 CONTE
                                          Non mi tenete.
 MACACCO
 Ama... ma... ma... ma... ma...
355ma... mazzatevi pur quanto volete.
 PARPAGNACCO
 Ma tu pur sei rivale?
 CONTE
 Tu pur Vezzosa adori?
 CONTE, PARPAGNACCO
 Voglio cavarti il cor; cedila o mori.
 MACACCO
 No no no, ca... ca... ca... cari fratelli,
360ve la ce... ce... cedo;
 non voglio andar per quelle luci belle
 a farmi bu... bu... bu... bucar la pelle.
 CONTE
 Ehi tiratevi in qua,
 ditem’in confidenza,
365siete voi di Vezzosa innamorato?
 MACACCO
 So... sono e non so... sono;
 ma io son buo... buono,
 non ho ge... gelosia
 e ho gusto d’ama... mare in compagnia.
 PARPAGNACCO
370Eh ehm, signor barone,
 una parola in grazia.
 MACACCO
                                        Ve... ve... vengo.
 PARPAGNACCO
 Amate veramente
 voi pure la Vezzosa?
 MACACCO
 Vi dirò una co... cosa,
375l’amo anch’i... ch’i... ch’i... ch’io
 ma di voi non pre... prendo soggezione,
 io sono un buon co... co... co... compagnone.
 CONTE
 Venite qua, sentite,
 di voi poco m’importa.
380Mi basta che colui vada in malora.
 MACACCO
 Lascia... scia... scia... sciate
 fa... fa... fa... fare a me.
 PARPAGNACCO
                                            Caro Macacco,
 non ho finito ancor.
 MACACCO
                                       La la va lunga.
 PARPAGNACCO
 Io di voi son contento.
385Non vorrei che colui venisse qui.
 MACACCO
 Sì sì sì sì sì sì sì sì sì sì.
 CONTE
 Un poco di creanza, padron mio, (A Parpagnacco)
 voglio parlar anch’io.
 PARPAGNACCO
 Quest’azione non è da cavaliero.
 MACACCO
390Ma mi mi son venuti
 in cu... cu... cu... cu... cupola da vero.
 CONTE
 
    Vi prego di core (A Macacco)
 di farmi un favore.
 Parlate a madama,
395pregate per me.
 
    Eh bene! Che c’è? (A Parpagnacco che ascolta)
 Che bella creanza!
 Sentite, direte
 ch’io l’amo e l’adoro,
400ch’ell’è il mio tesoro,
 che andarle vorrei
 a far riverenza.
 Ma che impertinenza! (A Parpagnacco)
 Tiratev’in là.
405M’avete capito? (A Macacco)
 V’aspetto poi qua.
 
    Potete anche dirle
 la gran differenza
 che passa e che v’è
410tra quello e fra me.
 Io son tutto grazia;
 di lui malagrazia
 maggior non si dà.
 Un po’ di creanza, (A Parpagnacco)
415tiratev’in là.
 
 MACACCO
 Su... subito va... vado.
 PARPAGNACCO
 Sentite ancora me.
 MACACCO
                                     Non po... po... posso.
 PARPAGNACCO
 Un galantuom s’ascolta.
 MACACCO
 Pa... pa... pa... parlarete un’altra volta.
 PARPAGNACCO
420Una sola parola e poi andate.
 MACACCO
 V’ho inte... te... te... te... teso
 se... senza che che che che che parlate.
 
    V’ho ca... ca... ca... ca... capito. (A Parpagnacco)
 Pa... pa... pa... parlerò.
425Voi sarete se... servito. (Al conte)
 Il mezzan vi fa... farò;
 
    son di buon co... co... co... core,
 l’accialin vi ba... ba... ba...
 ba... ba... ba... ba... batterò. (Parte)
 
 SCENA III
 
 Il CONTE ed il MARCHESE
 
 CONTE
430Veramente voi siete il bel soggetto.
 PARPAGNACCO
 Oh che gentile aspetto!
 Che amabile figura!
 CONTE
 Che gran caricatura!
 PARPAGNACCO
                                        Ah gobbo!
 CONTE
                                                             Ah monte!
 Oh che caro marchese!
 PARPAGNACCO
                                            Oh che bel conte!
 CONTE
435Che sì, che il mio bastone
 ti rompe quel gobbone.
 PARPAGNACCO
 Che sì, che sì, che con un temperino
 ti taglio quel gobbino.
 CONTE
 Io timore non ho.
 PARPAGNACCO
                                   Non ho paura.
 CONTE
440Faccia di bernardon.
 PARPAGNACCO
                                         Brutta figura.
 
 SCENA IV
 
 MADAMA vestita alla veneziana e detti
 
 MADAMA
 Ola, ola, fermeve,
 cossa diavolo feu?
 Dixé, cossa gh’aveu?
 Se ve dixé più robba,
445la stizza ve farà crescer la gobba.
 PARPAGNACCO
 Veneziana gentil, chi siete voi?
 CONTE
 Cercate voi di me?
 MADAMA
 Domando tutti do. Son vegnua qua
 per parte de madama, mia parona,
450a farve riverenza
 e a dirve do parole in confidenza.
 PARPAGNACCO
 Dite, dite.
 CONTE
                      Parlate.
 PARPAGNACCO
 V’ascolto con diletto.
 CONTE
 Mi balza il cor per l’allegria nel petto.
 MADAMA
455La sa che tutti do sé innamorai
 per ela spasemai.
 Anca ela la dixe
 che sé le so raixe,
 la ve vuol tutti do per so morosi
460ma ghe despiase assae che sié zelosi.
 Savé che zelosia
 dal mondo xe bandia.
 No la se usa più. Nualtre donne
 savé che la volemo a nostro modo.
465Chi ne sa segondar
 qualcossa pol sperar.
 Ma chi troppo pretende e xe ustinà
 lo mandemo ben ben de là da Stra.
 Donca penseghe ben,
470o amarla in compagnia, se la ve preme,
 o andarve a far squartar tutti do insieme.
 PARPAGNACCO
 (Il dilemma va stretto).
 CONTE
 (Non v’è la via di mezzo).
 PARPAGNACCO
 (O star cheto o lasciarla).
 CONTE
475(O soffrire un compagno o non amarla).
 MADAMA
 (Son due pazzi a consiglio).
 PARPAGNACCO
 (Che faccio?)
 CONTE
                            (A che m’appiglio?)
 PARPAGNACCO
 Conte.
 CONTE
                Marchese.
 PARPAGNACCO
                                     Che facciamo noi?
 CONTE
 Cosa pensate voi?
 PARPAGNACCO
480Penso che si può amare in compagnia.
 CONTE
 Penso al diavol mandar la gelosia.
 MADAMA
 (Eccoli già cangiati.
 Affé ci son cascati).
 PARPAGNACCO
 Andate da madama.
 CONTE
485E ditele in mio nome...
 PARPAGNACCO
 Che d’amarla con altri io mi contento.
 CONTE
 Pur che non lasci me, n’ami anche cento.
 MADAMA
 Bravi, cusì me piase,
 star da boni compagni. Za la donna
490gh’ha el cuor come i meloni;
 una fetta per un contenta tutti.
 Cari i mi cari putti,
 chi crede d’esser solo se ne mente.
 Che le donne d’un sol no xe contente.
 PARPAGNACCO
495Dunque andiam da madama.
 MADAMA
 No no, aspettela qua,
 che za la vegnirà. Lassé che vaga
 mi dalla mia parona
 a portarghe sta niova cussì bona.
 
500   Sieu tanto benedetti
 oh cari sti gobetti!
 Staremo allegramente
 in pase tra de nu.
 
    Caro quel muso,
505caro colù!
 
    Via che la vaga
 de chi è sti mondi?
 Tutti i xe nostri,
 tutto è per nu.
 
510   Caro quel gobbo,
 caro colù!
 
    Mi za son donna Betta
 che gh’ha la lengua schietta.
 Se vu saré zelosi,
515redicoli saré.
 
    E chi è zelosi...
 Za m’intendé... (Parte)
 
 SCENA V
 
 Il CONTE ed il MARCHESE
 
 PARPAGNACCO
 Dunque sarem d’accordo,
 dunque andaremo insieme
520alla conversazion?
 CONTE
                                    Sì, non mi preme.
 Venite da madama,
 venga il terzo ed il quarto ed anco il quinto,
 so che il merito mio sarà distinto.
 PARPAGNACCO
 Sapete, signor conte,
525perché una tal risposta
 diedi alla cameriera?
 Perché la mia maniera,
 il mio garbo, il mio tratto
 darà a voi, darà a tutti scaccomatto.
 CONTE
530Veramente voi siete un bel Narciso.
 PARPAGNACCO
 Oh che leggiadro viso!
 Che grazia avete voi?
 Lo giuro da marchese,
 siete una figurina alla chinese.
 
535   Se vi guardo ben bene nel volto,
 voi mi fate di risa crepar.
 Quel visino così disinvolto
 è una cosa che fa innamorar.
 Che ti venga la rabbia nel dorso;
540guarda l’orso, mi vuole graffiar.
 
    Pretension veramente da pazzo,
 con quel grugno voler far l’amor.
 Zitto, zitto; non tanto schiamazzo,
 che madama vi vuole sposar,
545oh che matto che sei da ligar.
 
 CONTE
 Cotanta impertinenza
 io soffrire non voglio.
 PARPAGNACCO
                                          Siate buono.
 Che, s’io caccio la spada,
 griderete pietà, soccorso invano.
 CONTE
550Misero voi, s’io torno a metter mano.
 PARPAGNACCO
 Ma vien madama.
 CONTE
                                    Non ci vegga irati.
 PARPAGNACCO
 Lo sdegno sospendiam.
 CONTE
                                             Cessino l’onte.
 PARPAGNACCO
 V’abbraccio, amico.
 CONTE
                                       Ed io vi bacio in fronte.
 
 SCENA VI
 
 MADAMA servita da MACACCO e detti
 
 MADAMA
 Bravi, così mi piace.
555Amici in buona pace.
 PARPAGNACCO
 Madama, son per voi.
 CONTE
 Son qui, son tutto vostro.
 MADAMA
 Aggradisco d’ognun le grazie sue;
 ma vi voglio d’accordo tutti due.
 PARPAGNACCO
560Io per me son contento.
 CONTE
 Di farlo io non mi pento.
 MACACCO
 Ed io non sche... sche... scherzo,
 se se se siete due, fa... farò il terzo.
 MADAMA
 Caro il mio Parpagnacco,
565contin grazioso, amabile Macacco,
 venite tutti tre,
 che male già non v’è.
 Mentre c’insegna l’odierna moda
 che il galantuom lasci goder e goda.
 PARPAGNACCO
570Io per vostro riguardo il tutto accordo.
 CONTE
 Io sarò, se il volete, e cieco e sordo.
 MACACCO
 Ed io per per fa... fa... farvi piacere
 vi farò da ca... ca... ca... candeliere.
 MADAMA
 Andiamo dunque uniti
575a cantare e a ballare
 e per divertimento
 venga ognuno a suonar qualche istromento. (Parte)
 PARPAGNACCO
 Sì, vengo e suonerò
 con madama gentil quanto potrò. (Parte)
 CONTE
580Corpo di Bacco, anch’io
 voglio suonar coll’istrumento mio. (Parte)
 MACACCO
 Ed io pur, che che che non son merlotto,
 voglio suo... suo... suonar il ciffolotto. (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 PARPAGNACCO con chitarra, il CONTE con violoncello, MACACCO con flauto e MADAMA con cembalo
 
 PARPAGNACCO
 
    Oh bella cosa ch’è
585l’amar e non temer!
 Che amabile goder
 in buona società!
 
 CONTE
 
    Che bell’amar così
 senza tormento al cor!
590Oh che felice amor,
 che gusto ognor mi dà!
 
 MACACCO
 
    Ca... ca... ca... caro amor,
 be... bella libertà!
 Do... donne di bon cor
595fa... fate carità.
 
 MADAMA
 
    Chi vuol amar con me
 content’ognor sarà;
 ma pensi ognun per sé,
 ch’io voglio libertà.
 
 A QUATTRO
 
600   Viva l’amore, viva il buon core,
 viva l’amarsi con libertà.
 
 PARPAGNACCO
 
    Senti, senti il chitarrino,
 dice: «Evviva il dio bambino».
 
 CONTE
 
 Senti, senti il violoncello,
605dice: «Evviva il viso bello».
 
 MACACCO
 
 Se... senti il ciffoletto,
 dice: «Evviva un bel visetto».
 
 MADAMA
 
 Ed il cembal, senti, senti,
 dice: «Evviva i tre contenti».
 
 TUTTI
 
610   Viva, viva l’allegria,
 bell’amar in compagnia.
 Che piacere al cor mi dà
 questa cara libertà.
 
 Fine dell’intermezzo
 
 
 
 LI TRE GOBBI
 
 
    Intermezzo per musica.
    In Modena, per gli eredi di Bartolomeo Soliani stampatore ducale, con licenza de’ superiori.
 
 
 PERSONAGGI
 
 MADAMA VEZZOSA
 (signora Rosa Brunelli milanese)
 PARPAGNACCO
 (signor Giuseppe Andrioli bolognese)
 BELLAVITA
 (signor Pietro Brunelli milanese)
 MACACCO
 (signor Federigo Rubini)
 UNA CAMERIERA che non parla
 
 
 INTERMEZZO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 VEZZOSA con cameriera
 
 VEZZOSA
 
    Alla tuoletta
 mi vado a porre.
 E cosa dite?
 Non farò bene?
5O certo sì.
 Mi vuo’ conciare
 ma da mia pari
 un bel toppè.
 
 Per tutte le botteghe
10so che di me si parla,
 per le vie, per le piazze e per le case,
 in ogni angolo alfin della città
 non si fa che parlar di mia beltà.
 Io però non son pazza,
15non cerco cicisbei belli e graziosi
 ma ricchi, di buon core e generosi.
 So che la gioventù passa e non dura,
 onde chi non procura
 per tempo stabilir la sua fortuna
20arriva la vecchiezza
 ed allora può dirsi: «Addio bellezza». (Esce un servo che parla piano a madama)
 Come? Chi è? Il marchese Parpagnacco?
 Venga, venga, è padrone.
 Costui fa il signorone,
25benché nato villan; ma non importa.
 Oggidì chi ha denaro in quantità
 porta nel suo taschin la nobiltà.
 
 SCENA II
 
 PARPAGNACCO, VEZZOSA e cameriera
 
 PARPAGNACCO
 Riverente m’inchino
 a quella bella grazia
30che di farmi penar mai non è sazia.
 VEZZOSA
 Riverente m’inchino
 a quei vezzosi rai
 che di farmi penar non cessan mai.
 PARPAGNACCO
 Ah, madama Vezzosa,
35siete molto graziosa.
 VEZZOSA
 Ah, Parpagnacco mio,
 siete tutto bellezza e tutto brio.
 PARPAGNACCO
 Non faccio per lodarmi;
 ma da che son marchese
40faccio maravigliar tutto il paese.
 Quand’era alla montagna,
 d’essere mi pareva un contadino;
 ora d’esser mi pare un ballerino.
 VEZZOSA
 Certo che un uomo siete
45veramente ben fatto;
 v’è un certo non so che dietro alla schiena
 ma è una cosa da niente e non dà pena.
 PARPAGNACCO
 Sì, vi dirò il perché; come ricolma
 di pesanti pensieri ho la mia mente,
50par che il dorso s’incurvi e non è niente.
 VEZZOSA
 Niente, niente, signor, lo dico anch’io;
 anzi grazia le dà quel monticello
 e poi chi ha del denaro è sempre bello.
 PARPAGNACCO
 Denar, voi lo sapete,
55feudi, ville, campagne,
 palazzi, servitù, sedie e carrozze,
 ori, argenti, diamanti e ricche spoglie
 non mi mancano mai; voi lo sapete,
 io possiedo un tesoro.
 VEZZOSA
60(Certamente ha costui la gobba d’oro).
 PARPAGNACCO
 Una cosa mi manca.
 VEZZOSA
                                        E cosa è mai?
 Lei ha feudi e campagne,
 palazzi, servitù, sedie e carrozze,
 ori, argenti, diamanti e ricche spoglie.
 PARPAGNACCO
65Mi manca, lo dirò, una bella moglie.
 VEZZOSA
 Ritrovarla convien; una tal donna
 saria ben fortunata,
 se la trovi, signore.
 PARPAGNACCO
                                     Io l’ho trovata.
 VEZZOSA
 E chi è mai? Sarà sicuro
70giovane, come lei, graziosa e bella.
 PARPAGNACCO
 Lo volete saper? Voi siete quella.
 VEZZOSA
 Io da vero? Lo credo? Oh me felice!
 Oh che sorte, che grazia, oh che contento!
 Quasi impazzir dall’allegria mi sento.
75(Se mi credi, minchion, la sbagli affé;
 voglio la borsa tua, non voglio te).
 PARPAGNACCO
 Questa vostra allegrezza
 m’empie il cor di dolcezza,
 sudo, smanio e deliro,
80rido per il contento e poi sospiro.
 
    Quegli occhietti belli belli
 m’hanno fatto innamorar,
 quei labbretti cari cari
 mi potrebbero consolar.
85Quel che vedo e che non vedo
 mi fa sempre sospirar.
 
    Occhi vezzosi,
 labbri amorosi,
 ah non mi fate
90più delirar.
 
    Di penar omai son stanco,
 del mio mal chiedo pietà;
 il marchese Parpagnacco
 di madama ognor sarà.
 
95   Sì, vezzosetta,
 cara, caretta,
 non saprei... non vorrei...
 che mi avesse ad ingannar.
 
 VEZZOSA
 Io ingannarvi, signor? Mi meraviglio.
100In casa mia non vien nessuno al mondo.
 Io non sono di quelle... Eh faccia grazia,
 dov’ha comprato mai quel bel diamante
 spiritoso e brillante?
 Certamente è un incanto.
 PARPAGNACCO
105Le piace?
 VEZZOSA
                     Signorsì, mi piace tanto.
 PARPAGNACCO
 Padrona.
 VEZZOSA
                    Mi meraviglio.
 PARPAGNACCO
                                                 Eh via.
 VEZZOSA
                                                                 No certo.
 PARPAGNACCO
 Mi fa torto.
 VEZZOSA
                        Ma poi, non vo’, non vo’...
 PARPAGNACCO
 Eh via, lo prenda.
 VEZZOSA
                                   Via, via lo prenderò.
 PARPAGNACCO
 Dunque, mia cara sposa... (Esce una comparsa)
 VEZZOSA
                                                   Con licenza...
110Il barone Macacco
 mi viene a visitar; non so che dire,
 farlo indietro tornar non è creanza;
 venga pur, ch’io l’attendo in questa stanza. (Parte la comparsa)
 PARPAGNACCO
 Oh gioia mia diletta.
 VEZZOSA
115Son imbrogliata assai, vien mio fratello,
 uomo senza cervello e assai manesco,
 se vi trova con me, voi state fresco.
 PARPAGNACCO
 Dunque che deggio far?
 VEZZOSA
                                              Io vi consiglio,
 per fuggire il periglio,
120nascondervi colà.
 PARPAGNACCO
                                  Poi se mi trova?
 VEZZOSA
 Lasciate fare a me,
 difendervi prometto.
 PARPAGNACCO
 Che mi spiani la gobba io già m’aspetto. (Parte)
 VEZZOSA
 Vi vuol un po’ d’ingegno
125a far l’amor con questo e con quell’altro
 e vi vuol pronto labbro ed occhio scaltro.
 
 SCENA III
 
 MACACCO, detta e cameriera
 
 MACACCO
 Madama,
 vi chiedo perdono. (Tartagliando)
 VEZZOSA
 Del barone Macacco io serva sono.
 MACACCO
130Cosa fate?
 VEZZOSA
 Io sto bene.
 MACACCO
 Non mi corbellate.
 VEZZOSA
 Pensi lei, signorsì,
 parlo anch’io qualche volta così.
 MACACCO
135Io sono innamorato
 di voi, mia bella,
 viver non posso
 senza chiamar aita
 da voi che siete la mia vita.
 VEZZOSA
140(Che ti venga la rabbia;
 oh, che brutta figura!
 Questo può dirsi un mostro di natura).
 MACACCO
 Le ragazze
 mi corron dietro,
145vorrian che follemente
 l’amassi; ma non fanno niente.
 VEZZOSA
 Caro signor Macacco,
 quando lei fosse sposo,
 sarebbe poi geloso?
 MACACCO
                                       Pensate;
150vorrei che la mia sposa
 fosse corteggiata
 e spiritosa chiamata.
 VEZZOSA
 Non vi saria pericolo
 che le facesse torto,
155poiché più bel di lei
 che si trovi nel mondo io non saprei.
 MACACCO
 Io son ben fatto,
 son bello; in conclusione
 non sono un cornacchione.
 VEZZOSA
160(Che faccia da castrone). (È battuto)
 Mi permette?
 MACACCO
                             Sì signora, sì.
 VEZZOSA
 (Oh questa è bella affé!
 Se quest’altro sen vien, saranno tre).
 Caro signor barone,
165con buona permissione,
 un altro cavalier vuol visitarmi,
 onde la prego in libertà lasciarmi.
 MACACCO
 Fate pure,
 so anch’io l’usanza.
170Mi ritiro in questa stanza. (Parte)
 VEZZOSA
 Questo sarebbe il caso
 per una a cui piacesse
 di vivere al gran mondo;
 ha la vita piegata e il capo tondo.
 
 SCENA IV
 
 BELLAVITA, detta e cameriera
 
 BELLAVITA
175Al volto porporino
 di madama Vezzosa umil m’inchino.
 VEZZOSA
 Io dalle grazie sue resto stordita
 e riverisco il conte Bellavita.
 BELLAVITA
 Permetta, anzi conceda
180che prostrato si veda
 il prototipo ver de’ rispettosi,
 l’infimo de’ suoi servi generosi.
 VEZZOSA
 Signor, lei mi confonde.
 Vorrei dir... ma non so...
185Per andar alla breve io tacerò.
 BELLAVITA
 Quel silenzio loquace
 quanto, quanto mi piace; ella tacendo
 col muto favellar va rispondendo
 ed io, che tutto intendo,
190il genio suo comprendo,
 ella vuol favorirmi ed io m’arrendo
 ed accetto le grazie e grazie rendo.
 VEZZOSA
 Non mi dica di più; lo so, lo credo.
 Lo capisco, lo vedo.
195Lei è tutto ben fatto,
 lei è tutto gentil. (Lei è un bel matto).
 
    Nel mirar quel vago ciglio
 che fa guerra a più d’un cor,
 quell’occhietto vezzosetto,
200con quel labbro di cinabro,
 dove scherza il dio d’amor,
 
    che diletto sento in petto,
 nol provai giammai finor.
 (Se lo crede l’animale,
205quanto è matto in verità).
 
 BELLAVITA
 Senta, signora mia, per dire il vero
 io sono un cavaliero
 ameno e disinvolto,
 se lei m’osserva in volto,
210un certo non so che vi vederà
 che s’accosta di molto alla beltà.
 Circa la grazia poi, non fo per dire,
 osservi la presenza,
 col piè sempre in cadenza.
215Nelle braccia grazioso,
 nel gestir manieroso.
 Si può dire ch’io sia cosa gradita
 e poi, che serve, il conte Bellavita.
 VEZZOSA
 Già si sa, già si vede,
220la sua vita ben fatta è cosa rara,
 vezzi e grazie da lei ciascuno impara.
 Ella con favorirmi mi fa onore,
 cerimonie non fo, son di buon core.
 BELLAVITA
 Viva, viva il buon core.
225Anch’io l’affettazione
 odio nelle persone;
 parlar mi piace naturale affatto,
 perciò dal seno estratto
 il più divoto e caldo sentimento,
230trabocca dalle labbra il mio contento.
 
    Vezzosa amabile
 io bramo l’onore
 de vu servir;
 ma l’alma mia
235di gelosia
 fate morir.
 
    (Io già mi avveggo
 che pena e langue,