Il filosofo di campagna, libretto, Loreto, Sartori, 1769 (Civitanova, Il filosofo in villa)

 la figlia mi chiedeste
 e la ragion vorreste;
 la mia ragion sta qui,
105non posso dir sì,
 perché vuo’ dir di no.
 
    Se non vi basta ancora
 un’altra ne dirò;
 rispondo: «Signor no.
110Perché la vo’ così».
 E son padron di dirlo;
 la mia ragion sta qui.
 
 RINALDO
 Sciocca ragione, indegna,
 d’anima vil, dell’onestà nemica.
115Ma non vo’ che si dica
 che io soffra un tale insulto,
 che io debba andar villanamente inulto;
 o Eugenia sarà mia,
 o tu, padre inumano,
120ti pentirai del tuo costume insano.
 
    Taci, amor, nel seno mio,
 finché parla il giusto sdegno
 o prendete ambi l’impegno
 i miei torti a vendicar.
 
 SCENA IV
 
 LESBINA e LISETTA
 
 LESBINA
125Deh se mi ami, o Lisetta
 vuol è che tu m’aiuti.
 LISETTA
                                         Io v’offerisco
 quel che so, quel che posso.
 LESBINA
 Va’, corri, ritrova Rinaldo e dille
 che in quest’oggi Tritemio
130mi vuol per sua consorte
 ma io nol voglio e scelgo anzi la morte.
 LISETTA
 Tutto per voi farò, di più m’impegno
 far valere per voi l’arte e l’ingegno.
 LESBINA
 E ben ti sarò grata.
 LISETTA
                                      In questa casa
135stanca son d’annoiarmi,
 voi dovreste pensare a maritarmi.
 LESBINA
 Sì volentieri, tosto che Rinaldo
 mio sposo alfin sarà, vo’ sodisfare
 ancor il tuo desio.
 LISETTA
140Non vedo l’ora di maritarmi anch’io.
 
    Di questa poverella
 abbiate carità;
 io sono un’orfanella
 che madre più non ha.
145Voi siete gentilina,
 vedete, signorina,
 ch’io cresco nell’età,
 
    la vostra Lisettina
 vorrebbe, poverina,
150sapete, m’intendete,
 movetevi a pietà.
 
 SCENA V
 
 LESBINA, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Pensar devo a me stessa, ai numi il giuro,
 non sarò d’altri, se non ho Rinaldo.
 Ecco che vien Tritemio.
 DON TRITEMIO
155Chi è qui?
 LESBINA
                       Non ci vedete?
 Per ora ci sono io.
 DON TRITEMIO
                                   Cara Lesbina
 oggi sarai mia sposa;
 è ormai tempo di stare in allegria.
 LESBINA
 Che dite, voi mio sposo?
 DON TRITEMIO
160Che forse vi dispiace?
 LESBINA
                                           Anzi mi piace...
 ma...
 DON TRITEMIO
             Che ma...
 LESBINA
                                 Non so dir che cosa sia,
 con licenza signor, voglio andar via.
 DON TRITEMIO
 Fermatevi un momento.
 (Si vede dal rossor ch’è figlia buona).
 LESBINA
165Eccomi ad ubbidirvi.
 DON TRITEMIO
 Dimmi, mi porti amore?
 LESBINA
 Ah non lascia spiegarmi il mio rossore.
 
    Compatite, signor, s’io non so,
 son così... Non so far all’amor.
170Una cosa mi sento nel cor
 che col labro spiegar non si può.
 
    Miratemi qua,
 sapete cos’è?
 Voltatevi in là,
175lontano da me.
 
    Voglio partire, mi sento languire.
 Ah, col tempo spiegarmi saprò.
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, indi LISETTA, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Si vede chiaramente
 che la natura in lei parla innocente.
 LISETTA
180Signor? Un cavaliere
 col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. Col notaro!
 Qualcheduno che bisogno ha di denaro.
 RINALDO
185Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco...
 RINALDO
 Compatite se ardisco
 replicarvi l’incommodo... Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro
190il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
 titolo, parentela e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco signore
 l’istromento rogato
195d’un ricco marchesato;
 ecco l’albero suo, da cui si vede
 che per retto cammino
 vien l’origine sua dal gran Pipino.
 DON TRITEMIO
 Oh capperi! Che vedo?
200Quest’è una cosa bella in verità.
 RINALDO
 Mostrategli i poderi,
 mostrategli sinceri i fondamenti.
 CAPOCCHIO
 Questi sono istromenti
 di compre, di censi e di livelli.
205Questi sono contratti buoni e belli.
 
    Nel Quattrocento,
 sei possessioni,
 nel Cinquecento,
 quattro valloni;
210anno millesimo,
 una duchea;
 milletrentesimo,
 una contea;
 emit etcaetera.
 
215   Case e casoni,
 giurisdizioni,
 frutti annuali,
 censi e cambiali,
 sic etcaetera
220cum etcaetera. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 DON TRITEMIO, RINALDO e poi LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 La riverisco etcaetera, vada,
 vada signor notaro, a farsi etcaetera.
 RINALDO
 Di Lesbina mi crede dunque degno?
 DON TRITEMIO
 Degnissimo,
225se vi vorrà Lesbina, io son contento.
 RINALDO
 Io vi prendo in parola.
 DON TRITEMIO
 Ben chiamerò la figliola. Ehi Lesbina?
 LESBINA
 Eccomi, che comanda?
 DON TRITEMIO
 Sentimi, quel signore
230ti vorrebbe in isposa, tu che dici?
 LESBINA
 Tra le donne felici
 la più lieta sarò, padre amoroso,
 se Rinaldo che adoro avrò per sposo.
 DON TRITEMIO
 Oh! Che parlare è questo?
 RINALDO
235Udiste? A richiamar vado il notaro.
 DON TRITEMIO
 No no, lei non s’incommodi. Ingrata!
 E tu così rispondi?
 LESBINA
 Senta... Io per me...
 DON TRITEMIO
                                       Non voglio più sentire,
 oggi vuo’ la tua man, s’ha da finire.
 LESBINA
 
240   E voi, vi contentate
 vedermi sì languire?
 Né può questo mio pianto
 per movervi a pietà?
 
 DON TRITEMIO
 
    Qual rospo alle sassate
245tu mi vedrai indurire;
 vi vuol altro che pianto,
 per movermi a pietà.
 
 LESBINA
 
    Ah cielo e che tormento!
 Oimè, il core, oimè!
250Io già ne vengo men.
 
 DON TRITEMIO
 
    Intenerir mi sento.
 Oimè... il core... oimè!
 Il pianto già mi vien.
 
 A DUE
 
    Ma no! Risoluzione.
 
 LESBINA
 
255Per farvi sazio appieno,
 or ora da un balcone
 io giù mi butterò.
 
 DON TRITEMIO
 
    Alla buonora, buttati.
 
 LESBINA
 
 A un pozzo d’aqua pieno
260ad affogarmi andrò.
 
 DON TRITEMIO
 
    Su buon viaggio, affogati.
 
 LESBINA
 
 Colle mie mani proprie,
 sì che mi scannerò.
 
 DON TRITEMIO
 
    Tu te ne vai in chiacchiare;
265fa’ presto, presto, scannati.
 
 LESBINA
 
 Ma quest’è un’empietà.
 
 DON TRITEMIO
 
 Per te finita è già.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 A DUE
 
    Siamo amanti sventurati,
 dall’amor abbandonati.
270Né troviamo a tanto affanno
 né soccorso né pietà.
 
 EUGENIA
 Che dite signor Rinaldo
 dell’ingiusto rigor del padre mio?
 RINALDO
 Eugenia il provo anch’io,
275Lesbina egli mi niega per consorte
 ed io senza di lei son presso a morte.
 EUGENIA
 Il mio Leandro ancor fu rigettato,
 quando in isposa al padre mi ha cercato.
 RINALDO
 Dunque che far potremo?
 EUGENIA
                                                  Io non lo so;
280so ben che dal dolore
 non ha pace, né calma, questo core.
 
    Misera a tante pene
 come resisto, oh dio!
 Il crudo affanno mio,
285ah! tollerar non so.
 
 SCENA II
 
 RINALDO, poi LESBINA, indi LISETTA frettolosa
 
 RINALDO
 Rinaldo, e che risolvi?
 Seguirai a soffrir tanto rigore.
 LESBINA
 Deh se mi amate o caro
 ite lontan da queste soglie, oh dio!
290Temo che vi sorprenda il tutor mio.
 RINALDO
 Il suo rigor troppo vi vuole oppressa,
 deh pensate a voi stessa.
 LESBINA
                                               Ai numi il giuro
 non sarò d’altri, se di voi non sono,
 per or vi basti aver il cuore in dono.
 RINALDO
295Gradisco il vostro core.
 LISETTA
 Ritiratevi presto mio signore.
 RINALDO
 Perché? Che v’è di nuovo?
 LISETTA
 Or or verrà il notaro.
 RINALDO
                                         Ed a che fare?
 LISETTA
 Don Tritemio l’ha mandato a chiamare,
300perché vuole adrittura
 tra lui e Lesbina fare una scrittura.
 RINALDO
 A tempo m’avvisasti.
 LESBINA
                                         E perché?
 RINALDO
 Prevenirò il notaro,
 per ingannar costui senza riparo.
 
305   Caro amor, tu vedi appieno
 quale ardor mi accende il seno,
 tu proteggi, tu difendi
 così bella fedeltà.
 
    Idol mio, mio caro bene,
310avran fine le tue pene;
 spero sì che goderai
 la bramata libertà.
 
    Quando un cor si trova unito
 alla fede e alla costanza,
315sempre avrà qualche speranza
 di goder la sua beltà.
 
 SCENA III
 
 LESBINA e LISETTA
 
 LISETTA
 V’ama da ver Rinaldo
 e par mezz’impazzito.
 LESBINA
 Forse è la prima volta
320che di donna leggiadra il viso bello
 faccia perdere agl’uomini il cervello?
 Pare che siamo nate sol per questo,
 da quanto accenno intenderete il resto.
 
    Donne, donne siamo nate
325per far l’uomo delirar.
 Amorose ci mostriamo
 e sappiamo poi perché.
 
    Ma poi quando a tu per tu
 siamo lì per dir di sì,
330si rigetta in tutta fretta
 l’accettata servitù.
 
 SCENA IV
 
 LISETTA sola
 
 LISETTA
 Affé che dice il vero
 e pur quando ci penso
 bella vita è la nostra ed onorata,
335sono alla sorte ingrata,
 allor che mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
    La pastorella al prato
 col gregge se ne va,
340colle agnelline allato,
 cantando in libertà.
 
    Se l’innocente amore
 gradisce il suo pastore,
 la bella pastorella
345contenta ognor sarà.
 
 SCENA V
 
 LESBINA e DON TRITEMIO
 
 DON TRITEMIO
 Senti Lesbina mia, se voi pensate
 alla vostra fortuna, al vostro bene
 scegliere un uom posato vi conviene.
 LESBINA
 E questo è il genio mio.
 DON TRITEMIO
350Dunque oggi sarà fatto
 delli nostri sponsali il bel contratto.
 LESBINA
 Ma dite un poco...
 DON TRITEMIO
                                    Che?
 LESBINA
                                                Voi siete vecchio...
 DON TRITEMIO
 Che dite? Di voi mi meraviglio;
 vecchio! E se ancor io fossi,
355amor mi fa rinascere;
 egli è padre di tutti,
 dona forza e vigore;
 ogni cosa si muove per amore.
 
    Quando gl’augelli cantano,
360amor li fa cantar;
 e quando i pesci guizzano,
 amor li fa guizzar.
 
    La pecora, la tortora,
 la passera, la lodola
365amor fa giubilar.
 
 LESBINA
 Egli è ben sciocco e pazzo, se ciò crede;
 non l’intendo né mai l’intenderò,
 perché Rinaldo fedel sempre amerò.
 
    Ah! Se in ciel benigne stelle
370la pietà non è smarrita,
 o toglietemi la vita
 o lasciatemi il mio ben.
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO e detta, poi CAPOCCHIO e RINALDO
 
 DON TRITEMIO
 Lesbina, ecco il notaro.
 LESBINA
                                            Oh dio! Che pena?
 CAPOCCHIO
 Che cosa s’ha da fare?
 DON TRITEMIO
375Del nostro matrimonio una scrittura.
 LESBINA
 Ma la mia carta dotale dove sta?
 DON TRITEMIO
 Nel scrigno mio serrata
 ma a prenderla or vado.
 LESBINA
 S’ingannarlo potrò sarò contenta.
 RINALDO
380Eccomi qua Lesbina.
 LESBINA
 A tempo pur giungesti.
 RINALDO
 A noi signor notaro cominciate.
 CAPOCCHIO
 Subito ma il regalo preparate.
 
    In questo giorno, etcaetera,
385dell’anno mille, etcaetera
 promettono, si sposano...
 I nomi quali son?
 
 LESBINA
 
 I nomi son questi,
 oimè, vien il tutor!
390Andate presto là. (Rinaldo si retira)
 
 DON TRITEMIO
 Ehi! Lesbina.
 LESBINA
                            Signore.
 DON TRITEMIO
 La carta non ritrovo,
 sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                    No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente,
395aspettate un momento signor notaro.
 LESBINA
 Intanto lo faccio principiare, io detto
 e lui scrive.
 DON TRITEMIO
                        Benissimo.
 LESBINA
 Presto signor notar, via seguitate.
 RINALDO
 Terminiamo l’affare.
 CAPOCCHIO
                                         Scrivo, dettate.
 
400   In questo giorno, etcaetera,
 dell’anno mille, etcaetera
 promettono, si sposano...
 I nomi quali son?
 
 LESBINA
 
 I nomi son questi,
405Lesbina con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 RINALDO
 
 Uniti ambi saranno
 in questo giorno et anno,
 promettono... si sposano...
 
 CAPOCCHIO
 
410La dote qual sarà?
 
 RINALDO
 
    La dote di Lesbina
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Lesbina mille scudi,
 pro dote cum etcaetera.
415Lesbina quanto avrà?
 
 RINALDO
 
 Scrivete; di Lesbina
 la dote eccola qua,
 
    due mani ben leste
 che tutto san far.
420Scrivete; duemila
 si pon calcolar.
 
    Un occhio modesto;
 un animo onesto;
 scrivete; seimila
425li voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 RINALDO
 
 Fermate; cassate;
 tremila per questo
430ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
 saran cinquemila;
 ma dite di che?
 
 LESBINA, RINALDO A DUE
 
435Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
 che dote di quella
440più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli! Son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato,
 arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, RINALDO A DUE
 
445   Il contratto è bell’e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signore.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfida donna ingrata,
 dov’è la fé giurata.
 Empio Rinaldo, indegno,
450perfido traditor!
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete; non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 RINALDO
 
    Cosa dice?
 
 DON TRITEMIO
 
                          Non lo so!
 
 LESBINA
 
455Sottoscriva.
 
 DON TRITEMIO
 
                         Signor no.
 
 TUTTI
 
    Oh! che caso, oh! che avventura.
 Si sospenda la scrittura,
 che da poi si finirà.
 
 LESBINA, RINALDO A DUE
 
    Il tutore è già restato.
 
 DON TRITEMIO
 
460Me meschino! Son restato
 freddo, freddo, sconsolato.
 
 A TRE
 
                        dal piacere
 E il mio core
                        dal dolore
                        giubilar.
 sento in petto
                        palpitar.
 
 Fine del secondo atto
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Notte. Strada.
 
 RINALDO e CAPOCCHIO
 
 RINALDO
 Tant’è signor notaro,
465l’ultimo sforzo alfin convien tentare.
 CAPOCCHIO
 Quand’uno è in ballo, gli convien ballare.
 RINALDO
 Lesbina è già avvertita e ancor Eugenia,
 Leandro in casa sua ambe le aspetta;
 voi altro non farete
470che immantinente stendere il contratto.
 CAPOCCHIO
 Eccolo qui, l’avevo mezzo fatto.
 RINALDO
 Ma già l’ora è arrivata, attenti stiamo.
 Ritiriamoci qui e non parliamo.
 
 SCENA II
 
 LESBINA travestita da uomo. EUGENIA e detti da parte
 
 LESBINA, EUGENIA A DUE
 
    Soavi zefiri,
475figli d’amore,
 deh! secondate
 del nostro cuore
 l’ardor sincero,
 la fedeltà.
 
 EUGENIA
480Misera, a che m’induce
 un eccesso d’amor, tremo e pavento.
 LESBINA
 Datevi pace; alfine
 andiamo a farci spose.
 EUGENIA
 Ah! Non lo credo ancora.
 RINALDO
485Idol mio su partiam senza dimora;
 ecco qua Capocchio,
 questo vi condurrà dal signor Leandro.
 LESBINA
 Partiamo dunque Eugenia.
 EUGENIA
                                                    Sì, partiamo.
 RINALDO
 Aspettatemi là, se pur v’aggrada.
 CAPOCCHIO
490Precedetemi entrambi, io fo la strada.
 LESBINA, EUGENIA A DUE
 
    Soavi zefiri,
 figli d’amore,
 deh! secondate
 del nostro core
495l’ardor sincero,
 la fedeltà.
 
 SCENA III
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
 Or venga don Tritemio
 a involarmi il mio ben; io non pavento
 ed ho cuor d’incontrar ogni cimento.
 
500   Guerrier che valoroso
 nell’assalir si veda
 quand’ha in poter la preda
 perderla non saprà.
 
 SCENA IV
 
 Camera.
 
 DON TRITEMIO, poi LISETTA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia, sgraziata
505dove sei? Non ti trovo. Ah se l’indegna
 mi capita alle mani
 la vo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Lisetta dove sei?
 LISETTA
 Eccomi a voi signor. Che m’imponete?
 DON TRITEMIO
510Va’ presto da un dottore
 e fa’ che qui ne venga prestamente;
 poi trovami altra gente
 che cerchin da per tutto mia figliola.
 E quell’indegna di Lesbina ancora.
 LISETTA
515Che! Forse son fuggite.
 DON TRITEMIO
 Sì, mia Lisetta.
 LISETTA
 Per servirvi più ben, io corro in fretta (Parte)
 DON TRITEMIO
 La notte già s’avanza. Mi tormenta
 la rabbia, la paura e il sonno ancora.
520Che s’ha da far? Pazienza, almen sediamo
 finché viene il dottore
 e la rabbia ed il sonno distogliamo.
 
    Di sotto un arboscello,
 con la sua pastorella
525sedeva il pastorello;
 quello diceva a quella:
 «Oh dio! Come sei bella»;
 quella diceva a quello:
 «Mio car tu sei più bello»;
530no no, la pastorella,
 sì sì, il pastorello
 comincia a litigar. (S’addorme)
 
 SCENA V
 
 LESBINA, RINALDO e LEANDRO che non parla, con altri uomini armati
 
 LESBINA
 
    Nel sfidar quel traditore
 la fierezza nel mio core
535forza accresce al mio valor.
 
 Amici, ecco l’indegno, di qui dentro
 rapir dovrassi e voglio...
 DON TRITEMIO
 Chi va là? Sior dottore ben venga...
 RINALDO
 Taci.
 DON TRITEMIO
540Non rifiato né men.
 RINALDO
                                       Olà! Si porti
 là dentro e si rinchiuda
 in quel basso terren; avete inteso?
 DON TRITEMIO
 Come! In mia casa, farmi un tale insulto?
 LESBINA
 Non parlar più, camina.
 DON TRITEMIO
545Che caminar, non vi è bastato, indegni,
 l’avermi già involato e figlia e sposa?
 Che volete anche da me?
 RINALDO
                                                Orsù per forza
 strascinatelo là.
 DON TRITEMIO
                               Ah no, non fate;
 destino maledetto! Or vado via
550ma sentite... Non parlo... Oh che martire!
 La cosa a bastonate va a finire.
 
    Per carità lasciatemi
 un sol momento in pace...
 Or parto, se gli piace,
555che razza maledetta!
 Ma ne farò vendetta...
 Or vado signorsì.
 
 SCENA VI
 
 RINALDO e LESBINA
 
 RINALDO
 Par che camini ben il tuo disegno,
 or penserà Leandro a fare il resto.
 LESBINA
560Ormai sicuri siamo e tu in segno
 del mio fedel amor ricevi il pegno.
 RINALDO
 Del nostro matrimonio
 invochiamo Cupido in testimonio.
 LESBINA
 
    Lieti, canori augelli
565che tenerelli amate,
 deh! Testimoni voi siate
 del mio sincero amor.
 
 RINALDO
 
    Alberi, piante e fiori,
 i vostri ardori ascosi
570insegnino a due sposi
 il natural amor.
 
 LESBINA
 
    Par che l’augel risponda:
 «Ama lo sposo ognor».
 
 RINALDO
 
    Dice la terra e l’onda:
575«Ama la sposa ancor».
 
 LESBINA
 
    La rondinella,
 vezzosa e bella,
 solo il compagno
 cercando va.
 
 RINALDO
 
580   L’olmo e la vite,
 due piante unite,
 ai sposi insegnano
 la fedeltà.
 
 LESBINA
 
    Io son la rondinella
585ed il rondon tu sei.
 
 RINALDO
 
 Tu sei la vite bella,
 io l’olmo esser vorrei.
 
 LESBINA
 
    Rondone fido
 nel caro nido
590vieni, t’aspetto.
 
 RINALDO
 
 Prendimi stretto
 vite amorosa,
 diletta sposa.
 
 A DUE
 
    Soave amore,
595felice ardore,
 alma del mondo,
 vita del cor.
 
    No, non si trova,
 no, non si prova
600più bella pace,
 più caro ardor. (Entranno in casa)
 
 SCENA VII
 
 Giardino.
 
 EUGENIA e LISETTA
 
 EUGENIA
 Ancor non vien Leandro.
 LISETTA
                                                Non temete.
 Spero che tutto andrà a perfezzione.
 EUGENIA
 Don Tritemio che fa?
 LISETTA
                                          È già serrato
605in una stanza oscura.
 EUGENIA
 Povero padre!
 LISETTA
                             E non avrà paura,
 mi ha detto il sior Leandro
 che viviate pur quieta e senza pena.
 EUGENIA
 Sì, vuo’ sperar che alfine amor pietoso
610darà tregua al martir e al cuor riposo.
 
    Viverò se tu lo vuoi,
 cara parte del mio cor;
 
    ma se amor negar mi puoi,
 come oh dio, vorrai ch’io viva,
615se mi fai morir così? (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LISETTA sola
 
 LISETTA
 Per mezzo di Capocchio, in men d’un giorno
 secondo il genio mio, spero un marito.
 Perché se perdo il fior di giovinezza,
 presto dell’età più non si apprezza.
 
620   Ogn’anno passa un anno,
 l’età non torna più.
 Passar la gioventù
 io non vorrei così.
 Ci penso notte e dì.
 
625   Vorrei un giovinetto,
 civile, graziosetto,
 che non dicesse un no,
 quando gli chiedo un sì. (Parte)
 
 SCENA ULTIMA
 
 DON TRITEMIO da una parte. CAPOCCHIO dall’altra, poi EUGENIA e LEANDRO, LESBINA e RINALDO e LISETTA
 
 DON TRITEMIO
 M’è riuscito fuggir, ah se gli trovo...
 CAPOCCHIO
630Dove andate signor?
 DON TRITEMIO
                                        Vo’ andar là dentro,
 per veder che si fa.
 CAPOCCHIO
                                      Vel dirò io,
 finito è l’instrumento,
 si fan due matrimonii.
 DON TRITEMIO
 Questi sposi chi son?
 CAPOCCHIO
                                         La vostra figlia
635col cavalier Leandro.
 DON TRITEMIO
 E l’altro? (Oh che gran caldo).
 CAPOCCHIO
 È la vostra Lesbina con Rinaldo.
 DON TRITEMIO
 Come? Lesbina! Ohimè! Io non lo credo.
 CAPOCCHIO
 Eccoli, tutti quattro.
 DON TRITEMIO
                                       Ahi cosa vedo?
 EUGENIA
 
640   Ah genitor perdono.
 
 RINALDO
 
 Tritemio, per pietà.
 
 LESBINA
 
    Sposa signor io sono.
 
 LISETTA
 
 Quest’è la verità.
 
 DON TRITEMIO
 
    Perfidi scelerati.
645Vi siete accommodati;
 senza la figlia mesto,
 senza la sposa resto,
 che bella carità.
 
 LISETTA
 
    Quando di star vi preme
650con una sposa insieme,
 ecco per voi son qua.
 
 DON TRITEMIO
 
    Per far dispetto a lei,
 per far crepar colei,
 questa mi sposerà.
 
 TUTTI
 
655   Sia per diletto,
 sia per dispetto,
 amore al core
 piacer darà.
 
 
 Fine dell’opera
 
 
 IL FILOSOFO DI CAMPAGNA
 
 
    Drama giocoso per musica da rappresentarsi in Vienna nell’estade dell’anno 1763.
    Nella stamperia di Ghelen.
 
 
 DECORAZIONI
 
    Atto primo: giardino; casa rustica in campagna; salotto con diverse porte.
    Atto secondo: camera; casa rustica sudetta; camera sudetta.
    Atto terzo: casa rustica sudetta.
 
 
 PERSONAGGI
 
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