Il filosofo di campagna, libretto, Cremona, Ricchini, [1760]

 perciò non perderò.
 Penare, signor no;
 soffrir, gridare, oibò.
 
    Voglio cantare;
800voglio suonare;
 voglio godere
 fin che si può.
 
 RINALDO
 Galantuomo, siete voi
 quello che Nardo ha nome?
 NARDO
                                                    Signorsì.
 RINALDO
805Cerco appunto di voi.
 NARDO
                                          Eccomi qui.
 RINALDO
 Ditemi; è ver che voi
 aveste la parola
 da don Tritemio per la sua figliuola?
 NARDO
 Sì signore, l’ho avuta;
810la ragazza ho veduta;
 mi piace il viso bello
 e le ho dato stamane anco l’anello.
 RINALDO
 Sapete voi qual dote
 recherà con tai nozze al suo consorte?
 NARDO
815Ancor nol so...
 RINALDO
                             Colpi, ferite e morte.
 NARDO
 Bagatelle, signor! E su qual banco
 investita sarà, padrone mio?
 RINALDO
 Sul dorso vostro e il pagator son io.
 NARDO
 Buono. Si può sapere
820almen per cortesia
 perché vossignoria
 con generosità
 allo sposo vuol far tal carità?
 RINALDO
 Perché di don Tritemio
825amo anch’io la figliuola,
 perché fu da lei stessa
 la sua fede promessa a me suo sposo,
 perché le siete voi troppo odioso.
 NARDO
 Dite da ver?
 RINALDO
                          Non mentono i miei pari...
 NARDO
830E i pari miei non sanno
 per puntiglio sposare il lor malanno.
 Se la figlia vi vuol, vi prenda pure;
 se mi burla e mi sprezza, io non ci penso,
 so anch’io colla ragion vincere il senso.
835Vi ringrazio d’avermi
 avvisato per tempo;
 ve la cedo, signor, per parte mia,
 che già di donne non v’è carestia.
 RINALDO
 Ragionevole siete
840giustamente dal popolo stimato;
 filosofo chiamato con ragione,
 superando sì presto la passione.
 Voi l’avete ceduta. A don Tritemio
 la cosa narrerò tutta com’è;
845e se contrasta, avrà da far con me. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 NARDO, poi LESBINA
 
 NARDO
 Pazzo sarei davvero,
 se a costo di una lite,
 se a costo di temere anche la morte
 procurar mi volessi una consorte.
850Amo la vita assai;
 fuggo, se posso, i guai;
 bramo sempre la pace in casa mia;
 e non intendo altra filosofia.
 LESBINA
 Sposo, ben obbligata.
855M’avete regalata.
 Anch’io, quando potrò,
 grata mostrarmi ben con voi saprò.
 NARDO
 No no, figliuola cara,
 dispensatevi pur da tal finezza.
860Quand’ho un poco di bene, mi consolo
 ma quel poco di ben lo voglio solo.
 LESBINA
 Che dite? Io non v’intendo.
 NARDO
                                                    Chiaramente
 dunque mi spiegherò.
 Siete impegnata, il so, con altro amico
865e a me di voi no me n’importa un fico.
 LESBINA
 V’ingannate, lo giuro; e chi è codesto
 con cui da me si crede
 impegnata la fede?
 NARDO
                                      È un forestiero
 che mi par cavaliero,
870giovane, risoluto, ardito e caldo.
 LESBINA
 (Ora intendo il mister; sarà Rinaldo).
 Credetemi, v’inganna.
 Vostra sono e sarò, ve l’assicuro.
 A tutti i numi il giuro;
875non ho ad alcuno l’amor mio promesso.
 Son ragazza e ad amar principio adesso.
 NARDO
 Eppure in questo loco,
 tutt’amor, tutto foco,
 sostenne il cavaliero
880che voi siete sua sposa.
 LESBINA
                                             Ah non è vero.
 Di mendace e infedel non vuo’ la taccia.
 Lo sosterò di tutto il mondo in faccia.
 Qualch’error vi sarà, ve lo protesto.
 Tenero cuore onesto
885per voi serbo nel petto;
 ardo solo per voi di puro affetto.
 NARDO
 (Impossibile par ch’ella m’inganni).
 LESBINA
 Tenera sono d’anni
 ma ho cervello che basta e so ben io
890che divider amor non può il cor mio.
 Voi siete il mio sposino;
 e se amico destino a voi mi dona,
 anche un re lascierei colla corona.
 NARDO
 S’ella fosse così...
 LESBINA
                                  Così è purtroppo.
895Ma voi siete pentito
 d’essere mio marito;
 qualch’altra donna amate
 e per questo, crudel, mi discacciate.
 NARDO
 No, ben mio, no carina,
900siete la mia sposina; e se colui
 o s’inganna o m’inganna o fu ingannato,
 dell’inganno sarà disingannato.
 LESBINA
 Dunque mi amate?
 NARDO
                                       Sì, v’amo di core.
 LESBINA
 Siete l’idolo mio.
 NARDO
                                  Siete il mio amore.
 
905   Tutto vostro sarò io,
 voi sarete l’idol mio,
 di quel cor né men tantino
 alcun altro non avrà.
 
 LESBINA
 
    Un tantin di questo core
910vuo’ donar al mio contino,
 niente niente poverino
 saria troppa crudeltà.
 
 NARDO
 
    Non signora.
 
 LESBINA
 
                              Ma perché?
 
 NARDO
 
 Lo vogl’io tutto per me.
 
 LESBINA
 
915   Il contino ancor m’adora,
 vuo’ donargli, acciò non mora,
 un tantin di questo cor.
 
 NARDO
 
    La signora è l’amor mio,
 vuo’ donarle dunque anch’io
920un tantin della mia fé.
 
 LESBINA
 
    Non signore.
 
 NARDO
 
                              Ma perché?
 
 LESBINA
 
 La vogl’io tutta per me.
 
 NARDO
 
    Patti chiari e si decida,
 o d’accordo si divida
925o d’un solo sia l’amor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Cosa dice il vostro cor?
 
 LESBINA
 
 Due bellezze amar potrei.
 
 NARDO
 
 E lo stesso anch’io farei.
 
 LESBINA
 
 Ma il mio cor non ha costanza
930la rivale a tollerar.
 
 NARDO
 
    Mia signora, quest’è l’usanza,
 serbar fede, sopportar.
 
 LESBINA
 
    La gelosia può farmi tremar.
 
 NARDO
 
 Quest’è la via di farla cascar.
 
935   Che dite?
 
 LESBINA
 
                        Non so.
 
 NARDO
 
 Dividere?
 
 LESBINA
 
                      Ah no.
 
 NARDO
 
    Vorreste ancora voi
 far come fanno tante
 con dieci far l’amante
940e tutta aver da noi
 la nostra fedeltà?
 
 LESBINA
 
    Così andrebbe bene.
 
 NARDO
 
 Ma questo non conviene,
 ma questo non si fa.
 
 LESBINA
 
945   Ma dunque, che facciamo?
 
 NARDO
 
 O tutto o dividiamo.
 
 LESBINA
 
 Dividere poi no.
 
 NARDO
 
    Tutto vostro è questo cor.
 
 LESBINA
 
 Tutta vostra è la mia fé.
 
 A DUE
 
950E per altri non ve n’è.
 Tutto a me.
 Tutto a te.
 Per la gente non v’è niente
 né già mai ve ne sarà.
 
 SCENA XIV
 
 LA LENA e detti
 
 LENA
955Signor zio, signor zio, che cosa fate?
 Lontano discacciate
 colei che d’ingannarvi ora s’impegna,
 d’essere vostra sposa non è degna.
 LESBINA
 (Qualche imbroglio novello).
 NARDO
                                                       Ha forse altrui
960data la fé di sposa?
 LENA
                                      Eh signor no.
 Quel ch’io dico lo so per cosa vera,
 ella di don Tritemio è cameriera.
 LESBINA
 (Ah maledetta!)
 NARDO
                                 È ver quel ch’ella dice? (A Lesbina)
 LESBINA
 Ah misera infelice!
965Compatite se tanto
 amor mi rese ardita.
 Finsi il grado, egli è ver, perché v’adoro.
 Per voi languisco e moro.
 Confesso il mio fallire
970ma vogl’essere vostra oppur morire.
 NARDO
 (Poverina!)
 LENA
                         Vi pare
 che convenga sposare
 a un uom come voi femmina tale?
 NARDO
 Non ci vedo alcun male.
975Per me nel vostro sesso,
 serva o padrona sia, tutt’è lo stesso.
 LESBINA
 Deh per pietà donate
 perdono all’error mio.
 NARDO
 Se mi amate di cor, v’adoro anch’io.
980Per me sostengo e dico,
 ed ho la mia ragione,
 che sia la condizione un accidente.
 Sposar una servente
 che cosa importa a me, se bella e buona,
985peggio è assai s’è cattiva una padrona.
 
    Se non è nata nobile
 che cosa importa a me?
 Di donna il miglior mobile
 la civiltà non è.
990Il primo è l’onestà;
 secondo è la beltà;
 il terzo è la creanza;
 il quarto è l’abbondanza;
 il quinto è la virtù
995ma non si usa più.
 
    Servetta graziosa
 sarai la mia sposa,
 sarai la vezzosa
 padrona di me.
 
 SCENA XV
 
 LESBINA e LA LENA
 
 LENA
1000(Mio zio, ricco sfondato
 non si puole scordar che vile è nato).
 LESBINA
 Signora, mi rincresce
 ch’ella sarà nipote
 d’una senza natali e senza dote.
 LENA
1005Certo che il zio poteva
 maritarsi con meglio proprietà.
 LESBINA
 Che nella nobiltà
 resti pregiudicato
 certamente è un peccato. Imparentarmi
1010arrossire dovrei
 con una contadina come lei.
 LENA
 Son contadina, è vero,
 ma d’accasarmi spero
 con un uomo civil, poiché dal pari
1015talor di nobiltà vanno i denari.
 LESBINA
 Udita ho una novella
 d’un somar che solea
 con pelle di leon andar coperto.
 Ma poi dal suo ragghiar l’hanno scoperto.
1020Così voi vi coprite
 talor con i denari
 ma siete nel parlar sempre somari. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LENA sola
 
 LENA
 Se fosse in casa mia
 questa signora zia, confesso il vero,
1025non vi starei con essa un giorno intero.
 Sprezza la contadina;
 vuol far da cittadina,
 perché nata in città per accidente,
 perché bene sa far l’impertinente.
1030Eppur quando ci penso,
 bella vita è la nostra ed onorata!
 Sono alla sorte ingrata,
 allorché mi lamento
 d’uno stato ripien d’ogni contento.
 
1035   Son buona buona
 fino a quel segno
 ma se mi accendo,
 ma se mi sdegno
 quella petegola
1040farò tremar.
 
    La si vorrebbe
 metter con me.
 Ah mi fa ridere
 povera semplice,
1045questo gran merito
 in lei non v’è.
 
    Se un’altra volta
 vuol provocarmi
 saprò rifarmi,
1050saprò parlar;
 quella petegola
 farò tremar. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 Camera in casa di don Tritemio.
 
 DON TRITEMIO e LESBINA
 
 DON TRITEMIO
 Che ardir, che petulanza?
 Questo signor Rinaldo è un temerario.
1055Gli ho detto civilmente
 ch’Eugenia è data via;
 egli viene a bravarmi in casa mia.
 LESBINA
 Povero innamorato!
 Lo compatisco.
 DON TRITEMIO
                              Brava?
1060Lo compatisci?
 LESBINA
                               Anch’io
 d’amor provo il desio.
 Desio però modesto;
 e se altrui compatisco, egli è per questo.
 DON TRITEMIO
 Ami ancor tu, Lesbina?
 LESBINA
                                             Da questi occhi
1065lo potete arguire.
 DON TRITEMIO
 Ma chi?
 LESBINA
                  Basta... (Guardando pietosamente don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                                  Ma chi? (Amoroso)
 LESBINA
                                                   Nol posso dire. (Mostrando vergognarsi)
 DON TRITEMIO
 Eh, t’intendo, furbetta;
 basta, Lesbina, aspetta
 ch’Eugenia se ne vada
1070a fare i fatti suoi
 ed allor pensaremo anche per noi.
 LESBINA
 Per me come per lei
 si potrebbe pensar nel tempo stesso.
 DON TRITEMIO
 Via pensiamoci adesso.
1075Quando il notaro viene,
 ch’ho mandato a chiamar per la figliuola,
 farem due cose in una volta sola.
 LESBINA
 Ecco il notaro appunto;
 e vi è Nardo con lui.
 DON TRITEMIO
                                       Vengone a tempo.
1080Vado a prender Eugenia, in un momento
 farem due matrimoni e un istromento. (Parte)
 
 SCENA XVIII
 
 LESBINA; poi NARDO e CAPOCCHIO notaro, poi DON TRITEMIO
 
 LESBINA
 Oh, se sapessi il modo
 di burlar il padron, far lo vorrei.
 Basta, m’ingegnerò;
1085tutto quel che so far, tutto farò.
 NARDO
 Lesbina, eccoci qui; se don Tritemio
 ci ha mandati a chiamar perch’io vi sposi,
 lo farò volentier ma non vorrei
 che vi nascesse qualche parapiglia,
1090qualche imbroglio novel tra serva e figlia.
 LESBINA
 La cosa è accomodata.
 La figliuola sposata
 sarà col cavalier che voi sapete
 ed io vostra sarò, se mi volete.
 NARDO
1095Don Tritemio dov’è?
 LESBINA
                                         Verrà a momenti.
 Signor notaro intanto
 prepari bello e fatto
 per un paio di nozze un sol contratto.
 CAPOCCHIO
 Come? Un contratto solo
1100per doppie nozze? Oibò.
 Due contratti farò, se piace a lei,
 che non vuo’ dimezzar gli utili miei.
 LESBINA
 Ma facendone un solo
 fate più presto e avrete doppia paga.
 CAPOCCHIO
1105Quand’è così, questa ragion m’appaga.
 NARDO
 Mi piace questa gente,
 della ragione amica,
 ch’ama il guadagno ed odia la fatica.
 LESBINA
 Presto dunque, signore,
1110finché viene il padrone,
 a scriver principiate.
 CAPOCCHIO
 Bene, principierò;
 ma che ho da far?
 LESBINA
                                    Scrivete, io detterò.
 CAPOCCHIO
 
    In questo giorno, etcaetera,
1115dell’anno mille, etcaetera,
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono? (A Lesbina)
 
 LESBINA
 
 I nomi sono questi...
 (Oimè, vien il padron).
 
 DON TRITEMIO
1120Ehi, Lesbina?
 LESBINA
                             Signore.
 DON TRITEMIO
 Eugenia non ritrovo.
 Sai tu dov’ella sia?
 LESBINA
                                     No certamente.
 DON TRITEMIO
 Tornerò a ricercarla immantinente.
 Aspettate un momento,
1125signor notaro.
 LESBINA
                             Intanto
 lo faccio principiare. Io detto, ei scrive.
 DON TRITEMIO
 Benissimo.
 NARDO
                        La sposa
 non è Lesbina? (A don Tritemio)
 LESBINA
                                Certo;
 le spose sono due.
1130Una Eugenia si chiama, una Lesbina.
 Con una scritturina
 due matrimoni si faranno, io spero;
 non è vero, padrone?
 DON TRITEMIO
                                         È vero, è vero. (Parte)
 LESBINA
 Presto, signor notar, via seguitate.
 NARDO
1135Terminiamo l’affar.
 CAPOCCHIO
                                       Scrivo, dettate.
 
    In questo giorno, etcaetera,
 dell’anno mille etcaetera,
 promettono... si sposano...
 I nomi quali sono?
 
 LESBINA
 
1140I nomi sono questi:
 Eugenia con Rinaldo
 dei conti di Pancaldo.
 
 NARDO
 
 Dei Trottoli Lesbina
 con Nardo Ricottina.
 
 CAPOCCHIO
 
1145Promettono... si sposano...
 La dote qual sarà?
 
 LESBINA
 
    La dote della figlia
 saranno mille scudi.
 
 CAPOCCHIO
 
 Eugenia mille scudi
1150pro dote cum etcaetera.
 
 NARDO
 
 La serva quanto avrà?
 
 LESBINA
 
 Scrivete; della serva
 la dote eccola qua.
 
    Due mani assai leste
1155che tutto san far.
 
 NARDO
 
 Scrivete; duemila
 si puon calcolar.
 
 LESBINA
 
    Un occhio modesto,
 un animo onesto.
 
 NARDO
 
1160Scrivete; seimila
 lo voglio apprezzar.
 
 LESBINA
 
    Scrivete; una lingua
 che sa ben parlar.
 
 NARDO
 
 Fermate; cassate.
1165Tremila per questo
 ne voglio levar.
 
 CAPOCCHIO
 
    Duemila, seimila,
 battuti tremila,
 saran cinquemila...
1170ma dite di che...
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
 Contenti ed affetti,
 diletti per me.
 
 A TRE
 
    Ciascuno lo crede,
 ciascuno lo vede
1175che dote di quella
 più bella non v’è.
 
 DON TRITEMIO
 
    Corpo di satanasso!
 Cieli, son disperato!
 Ah! M’hanno assassinato.
1180Arde di sdegno il cor.
 
 LESBINA, NARDO A DUE
 
    Il contratto è bello e fatto.
 
 CAPOCCHIO
 
 Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Dove la figlia è andata?
 Dove me l’han portata?
1185Empio Rinaldo, indegno,
 perfido rapitor.
 
 CAPOCCHIO
 
    Senta, senta, mio signor.
 
 DON TRITEMIO
 
 Sospendete, non sapete?
 Me l’ha fatta il traditor.
 
 LESBINA
 
1190   Dov’è Eugenia?
 
 DON TRITEMIO
 
                                   Non lo so.
 
 NARDO
 
 Se n’è ita?
 
 DON TRITEMIO
 
                       Se n’andò!
 
 CAPOCCHIO
 
 Due contratti?
 
 DON TRITEMIO
 
                              Signor no.
 
 CAPOCCHIO
 
    Levo Eugenia cum etcaetera,
 non sapendosi etcaetera
1195se sia tornata o no etcaetera.
 
 TUTTI
 
    O che fatto, o che avventura!
 Si sospenda la scrittura,
 che dopoi si finirà.
 
    Se la figlia fu involata,
1200a quest’ora è maritata.
 E presente la servente,
 quest’ancor si sposerà.
 
 Fine dell’atto secondo
 
 
 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Luogo campestre con casa rustica di Nardo.
 
 EUGENIA e RINALDO
 
 EUGENIA
 Misera! A che m’indusse
 un eccesso d’amor? Tremo, pavento.
1205Parlar mi sento al core,
 giustamente sdegnato, il genitore.
 RINALDO
 Datevi pace, alfine
 siete con chi v’adora;
 siete mia sposa.
 EUGENIA
                                Ah non la sono ancora.
 RINALDO
1210Venite al tetto mio; colà potrassi
 compire al rito e con gli usati modi
 celebrare i sponsali.
 EUGENIA
                                       Ove s’intese
 che onesta figlia a celebrare andasse
 dello sposo in balia nozze furtive?
1215No, non fia ver, Rinaldo;
 ponetemi in sicuro;
 salvatemi l’onore
 o pentita ritorno al genitore.
 RINALDO
 Tutto farò, per compiacervi, o cara;
1220eleggete l’albergo ove pensate
 d’essere più sicura.
 L’onor vostro mi cale, io n’avrò cura.
 
 SCENA II
 
 LA LENA di casa e detti
 
 LENA
 Questa, se non m’inganno,
 di don Tritemio è la figliuola.
 EUGENIA
                                                        Dite.
1225Pastorella gentile è albergo vostro
 questo di dove uscite?
 LENA
                                           Sì signora.
 EUGENIA
 Altri vi son?
 LENA
                          Per ora
 altri non v’è che io
 ed un uomo da ben, qual è mio zio.
 EUGENIA
1230Siete voi maritata?
 LENA
 Sono fanciulla ancora
 ma d’esserla son stanca.
 RINALDO
 (Sia malizia o innocenza, ella è assai franca).
 EUGENIA
 D’una grazia pregarvi
1235vorrei, se nol sdegnate.
 LENA
 Dite pur, comandate.
 EUGENIA
 Vorrei nel vostro tetto
 passar per un momento.
 LENA
 Sola passate pur, che mi contento.
 RINALDO
1240Perché sola? Son io,
 pastorella gentile, il di lei sposo.
 LENA
 Davvero? Compatite.
 Ho ancor qualche sospetto.
 Perché non la portate al vostro tetto?
 RINALDO
1245Vi dirò...
 EUGENIA
                    Non ancora
 son contratti i sponsali.
 Correr una bugia lasciar non voglio.
 LENA
 Me n’avvidi che v’era un qualche imbroglio.
 EUGENIA
 Deh per pietà vi prego...
 LENA
1250Che sì, che al genitore
 l’avete fatta bella?
 EUGENIA
 Amabil pastorella,
 voi non sapete al core
 quanto altero comandi il dio d’amore.
 LENA
1255(Mi fa pietà). Sentite,
 v’offro l’albergo mio ma con un patto
 che subito sul fatto
 in mia presenza e d’altro testimonio
 si faccia e si concluda il matrimonio.
 EUGENIA
1260Sì sì, ve lo prometto.
 Andiam nel vostro tetto se vi aggrada.
 LENA
 Precedetemi voi, quella è la strada.
 EUGENIA
 Andiam Rinaldo amato.
 L’innocente desio seconda il fato.
 
1265   È dolce diletto
 d’un’alma ch’è amante
 seguire costante
 il caro suo ben.
 
    Il padre placato,
1270il fato concedi;
 oh dio! tu vedi
 qual cor chiudo in sen. (Entra in casa di Nardo)
 
 SCENA III
 
 RINALDO e LA LENA
 
 RINALDO
 Ninfa gentile, al vostro cor son grato.
 In braccio al mio contento
1275per voi andrò... (In atto di partire)
 LENA
                                Fermatevi un momento.
 Se grato esser volete,
 qualche cosa potete
 fare ancora per me.
 RINALDO
                                       Che non farei
 per chi fu sì pietosa a’ desir miei?
 LENA
1280Son contadina, è vero,
 ma ho massime civili e buona dote;
 son di Nardo nipote,
 maritarmi vorrei con civiltà.
 Da voi, che siete un cavalier compito,
1285secondo il genio mio spero un marito.
 RINALDO
 Ritrovar si potrà.
 LENA
                                  Ma fate presto;
 se troppo in casa resto
 col zio, che poco pensa alla nipote,
 mi priverà fors’anche della dote.
 
1290   Ci vuol maniera, ci vuol giudicio
 con certa razza d’innamorati
 che credon fare li spasimati.
 Ma se ci mettono poi nell’impegno
 alfin burlati si fan restar. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA IV
 
 RINALDO solo
 
 RINALDO
1295Di Nardo nell’albergo,
 che fu già mio rival, ci porta il fato;
 ma Nardo ho ritrovato
 meco condiscendente e non pavento;
 ed ho cuor d’incontrare ogni cimento.
 
1300   Si cangia la mia sorte
 con più sereno aspetto;
 né più mi sento in petto
 la speme col timor.
 
    D’amore le ritorte
1305più fiere della morte
 si fanno un dolce oggetto
 al core e alla mia fé. (Entra nella casa suddetta)
 
 SCENA V
 
 DON TRITEMIO e poi LA LENA
 
 DON TRITEMIO
 Figlia, figlia sgraziata,
 dove sei? Non ti trovo; ah se Rinaldo
1310mi capita alle mani
 lo vuo’ sbranar, come fa l’orso i cani.
 Invan l’ho ricercato al proprio albergo;
 sa il cielo se il briccon se l’ha nascosta
 o se via l’ha portata per la posta.
1315Son fuor di me; son pieno
 di rabbia e di veleno.
 Se li trovassi, li farei pentire.
 Li vuo’ trovar, se credo di morire.
 LENA
 Signor, che cosa avete
1320che sulle furie siete?
 Fin là dentro ho sentito
 che siete malamente inviperito.
 DON TRITEMIO
 Ah! Son assassinato.
 M’han la figlia involato;
1325non la trovo, non so dov’ella sia.
 LENA
 E non vi è altro?
 DON TRITEMIO
                                 Una minchioneria!
 LENA
 Eugenia, vostra figlia,
 è in sicuro, signor, ve lo prometto.
 È collo sposo suo nel nostro tetto.
 DON TRITEMIO
1330Là dentro?
 LENA
                       Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Collo sposo?
 LENA
                          Con lui.
 DON TRITEMIO
                                           Ma Nardo dunque...
 LENA
 Nardo, mio zio, l’ha caro,
 per ordin suo vo a prender il notaro. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 DON TRITEMIO, poi NARDO
 
 DON TRITEMIO
 Oh questa sì ch’è bella,
1335Nardo, a cui l’ho promessa,
 me l’ha fatta involar? Per qual ragione.
 Sì sì, l’ha fatta da politicone.
 Eugenia non voleva...
 Rinaldo pretendeva...
1340Ei l’ha portata via.
 Anche questa sarà filosofia.
 NARDO
 Io creppo dalle risa.
 Oh che caso ridicolo e giocondo!
 Oh che gabbia de pazzi è questo mondo!
 DON TRITEMIO
1345(Eccolo qui l’amico). (Vedendo Nardo)
 NARDO
                                         (Ecco il buon padre).
 DON TRITEMIO
 Galantuomo, che fa la figlia mia?
 NARDO
 Bene, al comando di vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Rapirmela mi pare
 una bella insolenza.
 NARDO
1350La cosa è fatta e vi vorrà pazienza.
 DON TRITEMIO
 E lei, quella sfacciata,
 cosa dice di me.
 NARDO
                                Non dice niente.
 DON TRITEMIO
 Non teme il padre?
 NARDO
                                      Non l’ha neanco in mente.
 DON TRITEMIO
 Basta, chi ha fatto il male
1355farà la penitenza.
 Dote non ne darò certo, certissimo.
 NARDO
 Sì sì, fate benissimo.
 Stimo que’ genitori,
 cui profittan dei figli anco gli errori.
 DON TRITEMIO
1360Dov’è? La vuo’ veder.
 NARDO
                                          Per ora no.
 DON TRITEMIO
 Eh lasciatemi andar...
 NARDO
                                           Ma non si può.
 DON TRITEMIO
 La volete tener sempre serrata?
 NARDO