Il filosofo di campagna, libretto, Livorno, Coltellini, 1768

 quel che senza ragion sospetta male.
 DON TRITEMIO
 Messer Nardo da bene,
 compatite se troppo trattenuto
 m’ha un domestico impaccio;
415vi saluto di core.
 NARDO
                                 Ed io vi abbraccio.
 DON TRITEMIO
 Or verà la figliuola.
 NARDO
                                      È già venuta.
 DON TRITEMIO
 La vedeste?
 NARDO
                         Gnorsì, l’ho già veduta.
 DON TRITEMIO
 Che vi par?
 NARDO
                         Mi par bella.
 DON TRITEMIO
                                                   È un po’ ritrosa.
 NARDO
 La fanciulla va ben sia vergognosa.
 DON TRITEMIO
420Disse niente? Parlò?
 NARDO
                                        Mi disse tanto
 che sperare mi fa d’esser amato.
 DON TRITEMIO
 È vero?
 NARDO
                  È ver.
 DON TRITEMIO
                                (Oh ciel sia ringraziato). (Da sé)
 Ma perché se n’andò?
 NARDO
                                           Perché bel bello
 amor col suo martello
425il cor le inteneriva
 e ne aveva rossor.
 DON TRITEMIO
                                   E viva, e viva.
 Eugenia, dove sei? Facciamo presto;
 concludiamo l’affar.
 NARDO
                                       Per me son lesto.
 DON TRITEMIO
 Chi è quella?
 NARDO
                           È mia nipote.
 
 SCENA XII
 
 LA LENA e detti, poi LESBINA
 
 NARDO
430Che volete voi qui? (Alla Lena)
 LA LENA
                                       Con sua licenza,
 alla sposa vorrei far riverenza.
 DON TRITEMIO
 Ora la chiamarò.
 NARDO
 Concludiamo le nozze.
 DON TRITEMIO
                                           Io presto fo. (Parte)
 LA LENA
 Signor zio, com’è bella?
 NARDO
435La vedrai. È una stella.
 LA LENA
 È galante e graziosa?
 NARDO
 È galante, è gentile ed amorosa.
 LA LENA
 Vi vorrà ben?
 NARDO
                            Si vede
 da un certo non so che
440che l’ha la madre sua fatta per me.
 Appena ci siam visti,
 un incognito amor di simpatia
 ha messo i nostri cuori in allegria.
 
    Son pien di giubilo,
445ridente ho l’animo,
 nel sen mi palpita
 brilante il cor.
 
 LA LENA
 
    Il vostro giubilo
 nelle mie viscere
450risveglia ed agita
 novello ardor.
 
 LESBINA
 
    Sposino amabile, (Esce da una camera)
 per voi son misera;
 mi sento mordere
455dal dio d’amor.
 
 NARDO
 
    Vieni al mio seno,
 sposina mia.
 
 LA LENA
 
 Signora zia,
 a voi m’inchino.
 
 A TRE
 
460Dolce destino,
 felice amor!
 
 LESBINA
 
    Parto, parto; il genitore.
 
 NARDO
 
 Perché partir?
 
 LESBINA
 
                              Il mio rossore
 non mi lascia restar qui. (Entra nella camera di dov’è venuta)
 
 NARDO
 
465   Vergognosetta
 la poveretta
 se ne fugì.
 
 LA LENA
 
    Se fossi in lei,
 non fuggirei
470chi mi ferì.
 
 DON TRITEMIO
 
    La ricerco e non la trovo.
 Oh che smania in sen io provo!
 Dove, diavolo, sarà?
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
475   L’ho cercata su e giù;
 l’ho cercata qua e là.
 
 NARDO, LA LENA
 
 Ah ah ah. (Ridono)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete? Come va?
 
 NARDO
 
 Fin adesso è stata qua.
 
 DON TRITEMIO
 
480Dov’è andata?
 
 LA LENA
 
                             È andata là. (Accenna ov’è entrata)
 
 DON TRITEMIO
 
 Quando è là, la troverò
 e con me la condurrò. (Entra in quella camera)
 
 NARDO
 
    Superar il genitore
 potrà ben il suo rossore.
 
 LA LENA
 
485Non è tanto vergognoso
 il suo core collo sposo.
 
 A DUE
 
 Si confonde nel suo petto
 il rispetto coll’amor.
 
 LESBINA
 
    Presto, presto, sposo bello,
490via porgetemi l’anello,
 che la sposa allor sarò.
 
 LA LENA
 
 Questa cosa far si può.
 
 NARDO
 
 Ecco, ecco, ve lo do. (Le dà un anello)
 
 LESBINA
 
    Torna il padre, vado via.
 
 NARDO
 
495Ma perché tal ritrosia?
 
 LESBINA
 
 Il motivo non lo so.
 
 LA LENA
 
 Dallo sposo non fuggite.
 
 LESBINA
 
 Compatite, tornerò. (Torna nella camera di prima)
 
 NARDO, LA LENA
 
    Caso raro, caso bello!
500Una sposa coll’anello
 ha rossor del genitor.
 
 DON TRITEMIO
 
    Non la trovo.
 
 NARDO, LA LENA
 
                              Ah ah ah. (Ridendo)
 
 DON TRITEMIO
 
 Voi ridete?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        È stata qua.
 
 LA LENA
 
 Collo sposo ha favelato.
 
 NARDO
 
505E l’anello già le ho dato.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla figlia?...
 
 NARDO, LA LENA
 
                          Signorsì.
 
 DON TRITEMIO
 
 Alla sposa?
 
 NARDO, LA LENA
 
                        Messersì.
 
 DON TRITEMIO
 
    Quel ch’è fatto fatto sia.
 
 A TRE
 
 Stiamo dunque in allegria,
510che la sposa vergognosa
 alla fin si cangierà;
 e l’amore nel suo core
 con piacer trionferà.
 
 Fine dell’atto primo
 
 
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera di don Tritemio.
 
 EUGENIA e LESBINA
 
 LESBINA
 Venite qui, signora padroncina;
515tenete questo anello;
 ponetevelo in dito.
 Fate che il genitore ve lo veda;
 lasciate che la sposa egli vi creda.
 EUGENIA
 Tu m’imbrogli Lesbina e non vorrei...
 LESBINA
520Se de’ consigli miei
 vi volete servir, per voi qui sono.
 Quando no, vel protesto, io v’abbandono.
 EUGENIA
 Deh non mi abbandonare, ordina, imponi;
 senza cercar ragioni
525lo farò ciecamente;
 ti sarò, non temer, tutt’obediente.
 LESBINA
 Quest’anello tenete.
 Quel che seguì sapete;
 e quel che seguirà
530regola in avvenir ci porgerà.
 EUGENIA
 Ecco mio padre.
 LESBINA
                                 Presto;
 ponetevelo al dito.
 EUGENIA
 Una sposa son io senza marito. (Si mette l’anello)
 
 SCENA II
 
 DON TRITEMIO e dette
 
 DON TRITEMIO
 A che gioco giochiamo? (Ad Eugenia)
535Corro, ti cerco e chiamo;
 mi fugi e non rispondi?
 Quando vengo da te, perché ti ascondi?
 EUGENIA
 Perdonate, signor...
 LESBINA
                                      La poveretta
 è un pochin ritrosetta.
 DON TRITEMIO
                                           Oh bella affé,
540si vergogna di me, poi collo sposo
 il suo cuore non è più vergognoso.
 LESBINA
 Vi stupite di ciò? Si vedon spesso
 simili meraviglie.
 Soglion tutte le figlie,
545ch’ardono in sen d’amore,
 la modestia affettar col genitore.
 DON TRITEMIO
 Basta; veniamo al fatto. È ver che avesti
 dallo sposo l’anello? (Ad Eugenia)
 LESBINA
                                        Signorsì.
 DON TRITEMIO
 Parlo teco. Rispondi. (Ad Eugenia)
 EUGENIA
                                         Eccolo qui. (Mostra l’annello a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
550Capperi! È bello assai.
 Non mi credevo mai
 che Nardo avvesse di tai gioie in dito.
 Vedi se t’ho trovato un buon marito?
 EUGENIA
 (Misera me, se tal mi fosse!) (Da sé)
 DON TRITEMIO
                                                        Oh via,
555codesta ritrosia scaccia dal petto;
 queste smorfie oramai mi fan dispetto.
 LESBINA
 Amabile sposina,
 mostrate la bocchina un po’ ridente.
 EUGENIA
 (Qualche volta Lesbina è impertinente). (Da sé)
 DON TRITEMIO
560È picchiato, mi par.
 LESBINA
                                       Vedrò chi sia.
 (Ehi, badate non far qualche pazzia). (Piano a Eugenia e parte)
 
 SCENA III
 
 DON TRITEMIO, EUGENIA, poi LESBINA che torna
 
 EUGENIA
 (È molto s’io resisto). (Da sé)
 DON TRITEMIO
 Affé non ho mai visto
 una donna di te più scimunita.
565Figlia che si marita
 suol esser lieta, al suo gioir condotta,
 e tu stai lì che pari una marmotta?
 EUGENIA
 Che volete ch’io dica?
 DON TRITEMIO
                                          Parla o taci,
 no me n’importa più.
570Sposati e in avvenir pensaci tu.
 LESBINA
 Signor, è un cavaliero
 col notar della villa in compagnia
 che brama riverir vossignoria.
 DON TRITEMIO
 Vengano. (Col notaro? (Da sé)
575Qualchedun che bisogno ha di denaro).
 LESBINA
 (È Rinaldo, padrona. Io vi consiglio
 d’evitar il periglio). (Piano ad Eugenia)
 EUGENIA
                                        (Andiam Lesbina). (A Lesbina)
 Con licenza. (S’inchina a don Tritemio)
 DON TRITEMIO
                          Va’ pure.
 EUGENIA
                                             (Ahi me meschina!) (Da sé e parte con Lesbina)
 
 SCENA IV
 
 DON TRITEMIO, poi RINALDO e CAPOCCHIO notaro
 
 DON TRITEMIO
 Se denaro vorrà, gliene darò,
580purché sicuro sia con fondamento
 e che almeno mi paghi il sei per cento
 ma che vedo? È colui
 che mi ha chiesto la figlia. Or che pretende,
 col notaro che vuol? Che far intende?
 RINALDO
585Compatite signor...
 DON TRITEMIO
                                      La riverisco.
 RINALDO
 Compatite se ardisco
 riplicarvi l’incommodo. Temendo
 che non siate di me ben persuaso,
 ho condotto il notaro,
590il qual patente e chiaro
 di me vi mostrerà
 titolo, parentele e facoltà.
 DON TRITEMIO
 (È ridicolo invero).
 CAPOCCHIO
                                      Ecco, signore,