Il filosofo di campagna, libretto, Venezia, 1755 (Trieste)

10so che di me si parla,
 per le vie, per le piazze e per le case;
 in ogn’angolo alfin della città
 non si fa che parlar di mia beltà.
 Io però non son pazza;
15non mi fo vagheggiar per ambizione;
 non cerco cicisbei belli e graziosi
 ma ricchi, di buon core e generosi.
 So che la gioventù passa e non dura,
 onde chi non proccura
20per tempo stabilir la sua fortuna
 arriva la vecchiezza
 ed allora può dirsi: «Addio bellezza». (Torna il servo e le parla piano)
 Come! Chi è? Il marchese Parpagnacco;
 venga, venga, è padrone. (Parte il servo)
25Costui fa il signorone,
 benché nato villan, ma non importa;
 in oggi chi ha denaro in quantità
 porta nel suo taschin la nobiltà. (Vien il marchese Parpagnacco)
 PARPAGNACCO
 Riverente m’inchino
30a quella bella grazia
 che di farmi languir non è mai sazia.
 MADAMA
 Io faccio riverenza
 a quei vezzosi rai
 che di farmi penar non cessan mai.
 PARPAGNACCO
35Ah madama Vezzosa,
 siete molto graziosa!
 MADAMA
 Ah Parpagnacco mio,
 siete tutto bellezza e tutto brio!
 PARPAGNACCO
 Non dico per lodarmi
40ma dacché son marchese